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Autore: MrStank    12/06/2021    0 recensioni
Il bar era poco illuminato e c’erano poche persone all’interno, il che era piacevole considerando le circostanze. Peter non aveva voglia di essere circondato da europei ubriachi dopo la lotta contro gli Elementali. Certamente non aveva fatto molto. Mysterio aveva fatto la maggiorparte del lavoro, incluso il quasi morire solo per salvare il mondo. Questo è qualcosa che Tony avrebbe fatto. Qualcosa che ha fatto in realtà. La sua mente lo portò a riflettere, smorzando ulteriormente il suo umore. «Stai bene, ragazzo?» chiese Mysterio, «Sembri turbato per uno che ha appena salvato il mondo».
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Peter rise senza umorismo. «Io non ho fatto niente, il merito è tutto tuo».
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«Oh, andiamo. Non è vero». Mysterio posò la sua birra vuota vicino al bicchiere mezzo pieno di limonata di Peter. Le loro braccia si sfiorarono nel processo causando a Peter un leggero brivido. Ci fu semplicemente qualcosa in quel tocco che lo fece sentire tutto formicolante e caldo. Scosse la testa e cercò di ignorare la sensazione.
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Si tratta della traduzione di "Iscariot" di heckyheck_icravedeath.
La storia, presente in originale su AO3, è pubblicata con il permesso dell'autrice.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Quentin Beck/Mysterio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera!
Riporto in testa i tag inseriti dall'autrice su AO3: Peter Parker Needs a Hug, Peter Parker Angst, Peter Parker Needs a Break, Quentin Beck Being a Jerk, Villain Quentin Beck, he's a bitch but a hot one, The Author Regrets Everything, Author Is Sleep Deprived, Angst, Dubious Consent, First Time, it's not very descriptive, I cannot handle writing in-depth when it's smut, I tried though please accept my sad attempt at it, Spider-Man: Far From Home (Movie), Even Dead I'm The Hero, those fucking glasses, Parker is a Mess, Aged-Up Peter Parker, Emotional Manipulation.

Buona lettura ❤

 

Il bar era poco illuminato e c’erano poche persone all’interno, il che era piacevole considerando le circostanze. Peter non aveva voglia di essere circondato da europei ubriachi dopo la lotta contro gli Elementali. Certamente non aveva fatto molto. Mysterio aveva fatto la maggiorparte del lavoro, incluso il quasi morire solo per salvare il mondo. Questo è qualcosa che Tony avrebbe fatto. Qualcosa che ha fatto in realtà. La sua mente lo portò a riflettere, smorzando ulteriormente il suo umore. «Stai bene, ragazzo?» chiese Mysterio, «Sembri turbato per uno che ha appena salvato il mondo».

Peter rise senza umorismo. «Io non ho fatto niente, il merito è tutto tuo».

«Oh, andiamo. Non è vero». Mysterio posò la sua birra vuota vicino al bicchiere mezzo pieno di limonata di Peter. Le loro braccia si sfiorarono nel processo causando a Peter un leggero brivido. Ci fu semplicemente qualcosa in quel tocco che lo fece sentire tutto formicolante e caldo. Scosse la testa e cercò di ignorare la sensazione.

«Certo», rispose Peter con una piccola scrollata di spalle, non fidandosi a dire altro senza mettersi in imbarazzo. E anche perché non c’era molto altro da dire. Davvero non aveva fatto niente durante il combattimento. Quasi in modo simile a come era stato durante la battaglia contro Thanos. Che razza di eroe che era.

Il silenzio cadde tra i due, lasciando Peter a pensare ancora un po’. Soprattutto a Tony, come era solito fare. Non riusciva a togliersi dalla testa l’eroe deceduto, non importava quanto si sforzasse di dimenticare. Voleva solamente una pausa. Una pausa. Gli venne quasi da ridere. Sapeva che non l’avrebbe avuta, Peter Parker non avrebbe mai avuto una pausa.

Questa era un’altra cosa. Sarebbe dovuta essere una vacanza e in qualche modo si era trasformata in un devi salvare il mondo! Abbiamo bisogno che tu lo faccia!  Tutto grazie a Nick Fury e la sua gang di men in black.

Alla faccia del suo ‘Grande Piano’ per dire ad MJ quello che sentiva. Di quel passo non sarebbe mai stato in grado di farlo. Forse era una buona cosa. Non voleva trascinarla in tutta la merda di Spider-Man. Lei non ne aveva bisogno.

Mysterio si spostò sulla sedia per essere completamente di fronte a Peter e poi disse: «Cosa vorresti?»

«Huh?» Peter alzò un sopracciglio, confuso.

«So che questo», Mysterio indicò la tuta di Peter, «Non è quello che vuoi al momento, quindi cosa vorresti?»  

Oh. Mettendola così, Peter sapeva quello che voleva. Voleva tornare alla sua vacanza. Voleva dire a MJ quello che provava. Voleva lasciare le preoccupazioni e le cose associate all'Uomo Ragno da parte per un po'. Voleva respirare senza che ci fosse una pressione sul suo petto causata da tutto lo stress e dalle responsabilità. Voleva essere un normale adolescente per una volta volta nella sua vita. Solo per una volta. Ma aveva davvero importanza quello che voleva? Era cosciente che non avrebbe potuto averlo. Non era così che funzionava il mondo. Avrebbe dovuto vivere la vita del supereroe, questo era quanto. Non avrebbe mai potuto condurre una vita normale.

«Che importanza ha? Non lo avrò mai», sbuffò Peter in un sospiro e si passò una mano fra i capelli.

«Non puoi pensare così. Magari le cose cambieranno. Non si sa mai, Peter». Quella di Mysterio era una valida osservazione, ma d’altronde i supereroi non avevano mai davvero la vita che avrebbero voluto. Bastava guardare Steve Rogers. O Natasha Romanoff. O anche Tony Stark. Tutti loro avevano dovuto fare cose che non volevano fare. Tutti loro avevano dovuto vivere vite che erano decisamente l’opposto rispetto a quelle che avrebbero voluto. Perché sarebbe dovuto essere diverso per Peter?

«Mysterio… o… um… Signor Beck, io sono un supereroe. Devo costantemente salvare il mondo. Non avrò mai la vita che vorrei». Inoltre, la vita che Peter avrebbe voluto includeva un Tony Stark vivo e, a quanto pareva, quello certamente non sarebbe accaduto.

«Per favore, chiamami Quentin». Myster… Quentin mostrò per un attimo un sorriso a Peter - che era un sorriso piuttosto bello - poi tornò serio. «E questo è vero, ma tutto può succedere. Tu ti attacchi letteralmente ai muri e se questo è possibile, allora anche vivere una vita normale potrebbe in qualche modo esserlo». Un’altra valida osservazione.

«Voglio dire… questo è vero».

«Vedi? Fidati di me su questo. Le cose si risolveranno alla fine e tu avrai quello che vorrai», insistette e quel bel sorriso tornò sulle sue labbra. Peter non poté fare a meno di ricambiare il sorriso e in quel momento decise di riporre tutta la sua fiducia in Quentin.

Prima che Peter potesse dire un’altra parole, una donna gli batté leggermente una mano sulla spalla tenendo in mano i suoi occhiali. «Ti sono caduti, tesoro?»

Merda. «Sì, è così». Prese gli occhiali e controllò che non ci fossero graffi o crepe. Non si sarebbe mai perdonato se li avesse rotti a causa di una sua disattenzione. «Grazie». Fece un piccolo sorriso alla donna prima di tornare agli occhiali e fare un altro controllo per essere sicuro che fossero a posto.

Una volta che fu certo che non ci fosse nessun danno, li mise davanti a sé e sospirò. Nessuno sarebbe mai stato in grado di essere all’altezza di Tony. Specialmente Peter. Era un diciottenne che non aveva assolutamente idea di quello che stava facendo. Questo non urlava certamente scegli me! Sarò il prossimo Iron Man!

«Provali». Quentin fece un gesto verso gli occhiali, riportando Peter alla realtà.

Lui sbuffò una risata e si dimostrò d'accordo anche se non aveva esattamente voglia di indossarli. Ma quando li mise, apparì il fantasma di un sorriso. Era bello averli addosso. Si sentiva vicino a Tony, in un certo senso.

«Cosa ne pensi?» chiese mentre nascondeva una smorfia.

«Posso essere onesto con te?» Oh no. Peter lasciò uscire un respiro e iniziò a giocare con le sue dita. Stava davvero male? Se era così, non voleva realmente saperlo. Lo avrebbe fatto sentire peggio di quanto non si sentisse già. Ma non voleva nemmeno che gli mentisse. Non quando erano coinvolti quegli occhiali e Tony.

«Sì». La sua voce suonò così piccola che lui la odiò. Aveva davvero importanza? Erano solo occhiali. Ma erano gli occhiali di Tony. Quindi sì, aveva importanza. Importava molto.

«Non sono male». Ok… «Ma non ti stanno proprio bene». Eccola lì. La cosa che faceva male. Non ti stanno proprio bene. Figuriamoci. Lui non era Tony. Niente che Tony avesse fatto gli sarebbe stato bene. Era semplicemente così. E così sarebbe sempre stato.

Peter lottò per mantenere il sorriso sul suo volto. Non si sarebbe potuto mostrare debole di fronte ad un altro supereroe. I supereroi non dovevano essere deboli. Non dovevano piangere.

«Provali tu», offrì Peter. Avrebbe distolto l’attenzione dal modo in cui stava con gli occhiali ed era quello che voleva disperatamente. Inoltre, pensava che gli occhiali sarebbero stati molto più adatti a Quentin. Era naturalmente bello e - secondo Peter - gli occhiali rendevano le persone ancora più belle.

«No. Non posso».

Peter tese gli occhiali a Quentin. «Provali e basta».

Dopo qualche istante, Quentin emise un sospiro sconfitto. «D’accordo». Afferrò lentamente gli occhiali, facendo sfiorare le loro mani. Il calore e il formicolio tornarono e Peter si morse il labbro inferiore. Non sapeva il perché di quella sensazione… Beh, aveva un paio di idee, ma non sapeva quale fosse vera e quale no. E, ad essere sinceri, non voleva scoprirlo.

«Allora… Come sto?» Quentin gli sorrise ampiamente e gli fece l’occhiolino. Gli fece davvero l’occhiolino.

Peter fece fatica a respirare dopo quello.

«Io… uh.. stai… molto bene». Fissò l’uomo di fronte a lui e si sentì come ipnotizzato. Non pensava che fosse possibile per Quentin divenire ancora di più uno spettacolo per gli occhi, eppure eccolo lì. Quentin sembrava… non c’era nemmeno una parola per descriverlo. Niente avrebbe potuto descrivere quanto fosse bello in realtà. «Ti stanno decisamente bene».

«Grazie». Il suo sorriso si ampliò. «Non mi aspettavo questa come risposta. Gli occhiali di solito non mi fanno sembrare bello».

«Allora chiaramente non stavi provando gli occhiali giusti. Questi ti stanno davvero bene». Peter avrebbe voluto prendersi a schiaffi per averlo detto. Avrebbe potuto fare dei complimenti all'uomo se avesse voluto, ma non in quel modo. Quello era flirtare e lui sicuramente non stava cercando di farlo.

«È così?» Il sorriso di Quentin si fece stuzzicante.

«… um...» Peter sentì il suo viso riscaldarsi. Avrebbe voluto dare la colpa all’aria, ma il bar era tutt’altro che bollente. Era caldo, ma di un calore dolce. Non abbastanza da rendere la sua faccia così rossa come era diventata, il che era piuttosto spiacevole perché anche Quentin ne era consapevole e sembrava trovarlo divertente. Si lasciò sfuggire qualche risata mentre Peter nascondeva il viso fra le mani, cosa che fu un peccato perché aveva davvero una bella risata e appena il pensiero prese forma nella mente di Peter, lui arrossì ancor di più.

Quentin smise di ridere qualche momento dopo e Peter lo prese come il momento adatto per scoprire il viso. Ad ogni modo, evitò il contatto visivo. Sapeva che avrebbe iniziato ad arrossire nuovamente se avesse guardato Quentin negli occhi ed era quello che voleva prevenire. Si era già messo in imbarazzo abbastanza.

«Ecco i tuoi occhiali». Quentin si tolse gli occhiali e li posò accanto a Peter. «Tienili al sicuro. Per Tony». Peter iniziò ad annuire, ma si fermò quando un’idea lo colpì.

«Tienili».

«Cosa?»

«Tienili. Puoi tenerli al sicuro meglio di come potrei fare io». Era vero. Quentin era Mysterio, un vero supereroe. Era un adulto e qualcuno che sapeva realmente quello che stava facendo. Avrebbe potuto fare cose migliori con quegli occhiali di quanto avrebbe mai potuto fare Peter. Avrebbe potuto tenerli al sicuro meglio di come Peter avrebbe mai potuto fare. Aveva semplicemente senso.

«Quante limonate hai bevuto Peter? Non posso prendere questi occhiali. Lui li ha dati a te. Si è fidato di te », disse Quentin, ogni traccia del suo sorriso era sparita.

«Ma io sono solo un ragazzo. Tu non lo sei». Quentin aprì la bocca per dire qualcosa, ma Peter lo precedette. «E lui si è fidato che io prendessi la giusta decisione riguardo ad essi. La decisione giusta è darli a qualcuno di più esperto ed intelligente di me. E quello sei tu. Ha senso».

«Non sono più intelligente-»

«Quentin, andiamo. Alla fine funziona per entrambi. Il mondo sarà nelle tue mani: sano e salvo. E io so che tu vuoi tenere questo mondo al sicuro. E io sarò in grado di vivere una vita in qualche modo normale, come hai detto tu. È perfetto».

«Non credo-» Peter ignorò l’obiezione e si mise gli occhiali.

«EDITH?»

«Sì, Peter?»      

«Trasferisci tutti i poteri a Quentin Beck».

«Peter, aspetta. Per favore».

«Ho bisogno di una conferma» La voce di EDITH venne ignorata da entrambi.

«Cosa c’è che non va?» Peter guardò Quentin con la confusione negli occhi. Non capiva quale fosse il problema. Stava semplicemente dando a Quentin un paio di occhiali. Un importante paio di occhiali, sì, ma comunque. Confidava che Quentin facesse la cosa giusta con essi.

«Penso che dovremmo andare a fare una passeggiata. L'aria fresca ci farebbe bene. E potremmo parlarne meglio, lontano dalle persone». Peter fece un piccolo cenno e scivolò dalla sedia. Si diresse verso la porta con Quentin subito dietro di lui.

Una volta che furono fuori, Quentin lo condusse per una strada che sarebbe stata totalmente silenziosa se non fosse stato per il rumore dei loro passi. Ciò rese Peter leggermente nervoso. Odiava il silenzio. Gli ricordava del Mondo delle Anime. Gli ricordava tutto il dolore che aveva causato quella situazione.

«Non sei un fan del silenzio?» Quentin si voltò per guardare Peter. Sembrava di essere genuinamente preoccupato del suo benessere. Era piacevole che gli importasse davvero e che non fosse tutto professionale come Fury. Ed era piuttosto carino il modo in cui gli occhi di Quentin mostravano la sua preoccupazione. No, smettila. Si rimproverò mentalmente. Non è carino. «Peter?» Giusto, gli aveva fatto una domanda. 

«Oh, uh, non proprio. Non da quando...» Alzò la mano e schioccò le dita, sottintendendo quella situazione. Non voleva dirlo apertamente. Il nome Thanos gli lasciava un orribile sapore in bocca.

«Merda. Mi dispiace». Quentin gli lanciò uno di quegli sguardi e Peter lo odiò. Ne riceveva già abbastanza di quelle occhiate. Non ne aveva bisogno di altre. Specialmente non da Quentin, l’unica persona che non lo aveva trattato come un bambino.

«È ok».

«Possiamo andare da qualche parte con un po’ di rumore di sottofondo se vuoi», offrì con un piccolo sorriso.

«Uh, sì per favore. Grazie». Peter gli fece il miglior sorriso possibile. Quentin annuì e si avviò in un'altra direzione.

C’era ancora silenzio in quel momento, quindi Peter guardò gli occhiali cercando di distrarsi con essi. Lo aiutò con il suo problema, ma solo perché ne creò un altro. Li stava dando via. Il solo pensiero gli faceva sprofondare il cuore. Erano l’unica cosa che gli rimaneva di Tony. Aveva le tute, ma non era lo stesso. Gli occhiali gli erano stati dati in segno di fiducia e di amore. Le tute erano più che altro qualcosa per proteggere Peter, visto che a volte non si dimostrava molto intelligente. Erano comunque una dimostrazione di affetto, ma non era la stessa cosa degli occhiali.

Sapeva che era stupido pensare così. Non poteva tenerli. Avrebbe essenzialmente impedito al mondo di essere al sicuro. E quella sarebbe stata una cosa davvero egoista da fare. Ne era consapevole. Ma comunque non poteva evitare di pensarlo. Sarebbe potuto essere stupido ed egoista, ma lo avrebbe comunque pensato. Così come avrebbe continuato a pensare a Tony, qualunque cosa fosse successa.

Una porta si aprì e Peter finalmente staccò lo sguardo dagli occhiali e mise in pausa i suoi dubbi. Fu allora che realizzò che c’era un debole suono di musica e di persone che parlavano e che era stato Quentin ad aprire la porta. Era la porta di un hotel che appariva piuttosto lussuoso. «Dove siamo?» 

«All’hotel in cui alloggio. Fury l’ha predisposto per me». Quentin si diresse verso l’ascensore. «Ho pensato che fosse un buon posto dato che c’è un bar non lontano da qui con la musica e tutto il resto, così non sarà troppo tranquillo per te. E potremo parlare in un posto più privato».

«Ottima idea. Grazie». Peter salì nell’ascensore e guardò Quentin prendere il bottone con scritto il numero quattro.

«Nessun problema, Pete». Pete. Il modo in cui lo disse fece provare a Peter la sensazione che aveva avuto tutta la notte: calore e formicolio. La sensazione che gli faceva battere il cuore un po’ più velocemente. La sensazione che in quel momento lo portò a sorridere come un un idiota, cosa che cercò di nascondere guardando da un’altra parte. Cercò di far sembrare che stesse esaminando le pareti dell’ascensore, ma era consapevole che Quentin sapesse che non era così. Ad ogni modo, era grato che l'uommo non avesse commentato. Non aveva nemmeno idea di quello che avrebbe potuto dire. E conoscendosi, probabilmente avrebbe peggiorato la situazione se avesse parlato. Era una cosa che succedeva spesso.

L’ascensore fece un suono strano, segnalando il loro arrivo al quarto piano. Quentin uscì per primo, invitando Peter a seguirlo lungo il corridoio a destra. Si fermò di fronte alla stanza numero 413. «È una bella stanza, ti piacerà». Aprì la porta con facilità e lasciò che Peter entrasse per primo.

Peter non sapeva esattamente cosa aspettarsi quando entrò nella stanza, ma sicuramente non quello che vide. C'era un grande letto bianco con comodi cuscini in cima, appoggiati contro la parete più lontana, con due comodini su ogni lato. Le lampade che li corredavano erano piccole ma carine. A Peter piacevano molto. Gli piaceva anche il quadro che era appeso sopra il letto. Si abbinava bene con le tende che si trovavano ai lati della finestra alla destra del letto. Due sedie bianche, un divano beige e un tavolo di vetro erano posizionati di fronte alla finestra, dando alla stanza un aspetto perfetto. La vista dalla finestra rendeva la stanza ancora più perfetta. C'era anche un bagno a lato, ma Peter non ci fece caso. Stava mettendo tutta la sua attenzione sul divano che sembrava incredibilmente comodo. «È... Wow».

«Sapevo che ti sarebbe piaciuta». Quentin sorrise e poi si sistemò sul divano che Peter aveva adocchiato. Peter lo raggiunse e non fu nemmeno lontanamente deluso quando si sedette. Era il miglior divano su cui si fosse mai seduto in tutta la sua vita. Stava quasi per appisolarsi quando sentì gli occhiali tra le mani. Fu allora che si ricordò che erano lì per parlare di essi e di tutte le cose che da essi derivavano. Un sospiro gli sfuggì dalle labbra. Non avrebbe voluto affrontare i suoi dubbi e il suo egoismo, ma doveva farlo. Non poteva essere codardo.

«Quindi… Gli occhiali...» Peter si morse il labbro inferiore.

«Sei sicuro al cento per cento di volerlo fare?»

«No… non proprio». Ammise con gli occhi bassi. «È stupido. Davvero stupido, ma questi occhiali sono l’unica cosa che mi è rimasta di lui e io… non so se posso darli via».

«Hey, guardami». Peter lo fece. «Non è stupido. Per niente. Hai tutto il diritto di sentirti così».

«Ma è così egoista da parte mia. Il mondo ha bisogno di essere al sicuro e se li tenessi gli impedirei di esserlo».

«Peter, non è egoista pensare a te stesso per una volta». Quentin gli mise una mano sul braccio. «Devi di preoccuparti per te ogni tanto. Devi concentrati su quello che è bene per te, ogni tanto».

Peter cercò di concentrarsi su quelle parole. Ci provò davvero. La situazione era seria ed era necessario che lui ascoltasse. Ma scoprì che l’unica cosa su cui era in grado di concentrarsi era la mano di Quentin sul suo braccio. Era calda e morbida, cosa che Peter trovò sorprendente. Aveva pensato che sarebbe stata più callosa, dato che era un supereroe e tutto il resto. Non che si stesse lamentando, era molto piacevole. Avrebbe scommesso che sarebbe stato più piacevole se avesse tenuto la mano di Quentin. Avrebbe scommesso che sarebbe stato ancora più piacevole se la mano di Quentin gli avesse toccato il viso e se le sue labbra fossero state premute contro- woah, woah, woah. Ma che cazzo? Questo non è un pensiero che avresti dovuto fare, Peter. Si disse mentalmente mentra lasciava il suo volto accigliarsi. Quentin era solo un amico. Peter doveva smettere di pensare a qualsiasi cosa che fosse diversa da quella.

Prima che qualcos’altro potesse passargli per la testa su quell’argomento, venne scosso per la spalla. «Mi stai almeno ascoltando?» La voce di Quentin riportò Peter alla realtà.

«Sì, certo che ti sto ascoltando», mentì Peter. Non voleva dire no, mi dispiace. Stavo solamente pensando a come sarebbe stato baciarti haha. Quindi, che menzogna sia. Ma sapeva anche che Quentin avrebbe capito subito. Peter era un pessimo bugiardo e Quentin non era stupido.

«No, non lo stai facendo», lo incalzò Quentino, proprio come aveva sospettato.

«Mi dispiace. Mi sono solo… perso nei miei pensieri». Non proprio una bugia questa volta.

«D’accordo. Solo sappi che non sei obbligato a darmeli. Va bene se vuoi tenerli. Sono tuoi». Giusto, quella era una decisione doveva essere presa in fretta. Eppure continuava a far vagare la sua mente su quanto fossero vicini. Non così tanto, ma le loro ginocchia si sfioravano e la mano di Quentin era ancora appoggiata sulla spalla di Peter. Tutto quel contatto faceva sì che il pensare risultasse davvero difficile. Apparentemente così tanto che Quantin dovette scuoterlo nuovamente per riuscire a farlo ragionare correttamente. «Peter?»

 «… Scusa. Sono un po’... non concentrato».

«Ovviamente». Nel suo tono non c’era traccia di irritazione. Risultava più che altro divertito, il che sorprese Peter. La maggior parte delle persone si sarebbe arrabbiata con lui per aver avuto la testa da un’altra parte più d'una volta durante la conversazione, non divertita. «A cosa è dovuto?» Uh-

«Nessun motivo...»

«Uh huh». Dannazione.

Peter si lasciò sfuggire una risata nervosa e si grattò la nuca, un’abitudine che aveva preso da Ben. Non sapeva cosa dire o cosa fare. Non poteva assolutamente dire il vero motivo. Le cose sarebbero peggiorate molto in fretta. Ma non voleva nemmeno mentire. Lo aveva già fatto e Quentin aveva notato le sue bugie. Quindi era essenzialmente bloccato.

«Lo sai che puoi dirmi tutto, vero?» chiese Quentin mentre si avvicinava di più, portando le loro ginocchia a toccarsi completamente. Peter inalò bruscamente l’aria. Se Quentin si fosse avvicinato maggiormente Peter era sicuro che sarebbe morto.

«Io… Lo so». La sua voce vacillò troppo per i suoi gusti. Sperò ardentemente che Quentin non se ne accorgesse. Ma non era così ingenuo da pensare che sarebbe successo, così distolse lo sguardo. Non voleva vedere la reazione che avrebbe avuto.

Per qualche istante fu circondato da un silenzio che gli causò un po’ di panico. Ma il vero panico arrivò quando Quentin mosse la sua mano dalla spalla di Peter per appoggiarla sulla sua guancia facendolo poi girare nuovamente verso di lui. «Pete, stai bene? Mi stai un po’ preoccupando».

«Io, uh...» Peter inciampò nelle sue parole, non sapendo cosa dire se non ti prego, baciami. Le labbra di Quentin erano proprio lì. Non ci sarebbe voluto molto per sporgersi in avanti- no. Smettila.

Quentin gli rivolse uno sguardo interrogativo. «Per favore, dimmi cosa c’è che non va». Sei troppo vicino. Avrebbe voluto dire, ma non lo fece. Al contrario, rimase in silenzio, il che gli valse un cipiglio e un «Peter ».  

Ora, c’erano un sacco di cosa che avrebbe potuto dire o fare per risolvere la situazione, o almeno per migliorarla un po’. Ma per qualche motivo la sua mente gli disse: scappa. E fu quello che fece. «Dovrei andare».

«Cosa?»  

«Probabilmente sono tutti preoccupati per me, quindi dovrei andare». Peter si alzò e porse a Quentin gli occhiali. «Abbi buona cura di loro». Non poteva essere egoista e tenerli. Il mondo doveva essere al sicuro. Lui sarebbe stato bene. Aveva le tute di Tony e sarebbero dovute bastare.

«Peter-» iniziò Quentin, ma Peter lo interruppe.

«Ci vediamo in giro, Quentin». Si sentiva in colpa. Davvero. Ma era meglio così. Se fosse rimasto avrebbe rovinato la loro amicizia e non era quello che desiderava. Aveva rovinato abbastanza cose, questa doveva essere sulla lista. Inoltre, era lì solo per gli occhiali e dato che aveva deciso di darli a Quentin, non c’erano davvero altre ragioni per cui dovesse rimanere.

Si avviò verso la porta, ma prima che potesse raggiungerla Quentin lo afferrò per un polso. «Aspetta. Per favore». Sentì i suoi sensi di ragno attivarsi. Vattene e basta. Non aspettare. Sii furbo, Peter.

Stava per fidarsi dei suoi sensi e semplicemente andarsene, ma Quentin dovette rendergli le cosa difficili. «Ti prego ». Era così tranquillo, così implorante. Fece sì che Peter si voltasse a guardarlo, cosa che fu uno sbaglio. Quegli occhi sembravano così tristi. Sembravano volere disperatamente che lui restasse. Come avrebbe potuto semplicemente andarsene quando gli veniva rivolto uno sguardo così?

«Io...» Lasciò uscire un respiro. «Cinque minuti. Resterò per cinque minuti. Tutto qui, però».

Quentin annuì, ma non si mosse. Rimase di fronte a Peter con la sua mano ancora avvolta attorno al suo polso. «Allora...» Si avvicinò di un passo.

Peter non aveva idea di cosa cazzo stesse succedendo. «Allora…?» 

Gli occhi di Quentin sfarfallarono fino alla labbra di Peter e si mosse ancora di qualche passo, in modo da essere estremamente vicino. La mano che non stava tenendo il polso di Peter si posò sul suo mento e lo portò ad inclinare la testa verso l’alto.

Oh Dio, oh Dio, oh Dio.

«C… cosa stai facendo?» chiese anche se aveva un’idea abbastanza chiara di quello che Quentin stesse facendo. Era solo in preda al panico. Era quello che succedeva sempre in ogni situazione.

«Nulla». Quella era una cazzata e Peter stava per farglielo notare quando Quentin colmò lo spazio tra di loro, premendo le labbra sulle sue.

Peter rimase congelato per alcuni secondi prima che il suo cervello avesse finalmente il buonsenso di suggerirgli: ricambia il bacio, idiota. E lo fece, nonostante ci fosse un piccolo dubbio in fondo alla sua mente. Il dubbio gli stava dicendo: non vuoi realmente questo. Pensi di volerlo solo perché è la prima persona che ti mostra affetto reale da quando Tony è morto e tu vuoi affetto.

In parte era vero: non aveva ricevuto molto affetto dalla morte di Tony. Era come se tutti avessero paura di toccarlo. Come se pensassero che si sarebbe rotto se lo avessero fatto. May più di tutti. Lei lo abbracciava ancora, gli baciava la fronte e quant’altro, ma era tutto così incerto. Lo odiava. Non era un bambino e non si sarebbe spezzato. Era ferito, sì, ma questo non lo rendeva un oggetto fragile.

Quentin non lo trattava in quel modo. Quentin lo trattava come un essere umano capace. Quentin non era così esitante nelle sue azioni. Non aveva paura di rompere Peter e a Peter questo piaceva. Avrebbe voluto che tutti fossero così.

Fu in quel momento che Peter realizzò che il suo dubbio era fondato. Voleva così disperatamente dell’affetto che non gli importava chi fosse a darglielo e questa non era esattamente una buona cosa. Lo rendeva vulnerabile e stupido. Lo metteva in condizione di essere ferito dalle persone.

Cosa ti fa pensare che Quentin non ti farà del male?  Gli sussurrò il dubbio facendolo tendere leggermente. E cosa ti fa pensare che questo significhi qualcosa? Magari per lui è solo una cosa del momento. Non puoi leggergli la mente. Potrebbe star pianificando di farti del male. Il dubbio era fondato. Non sapeva niente di tutto questo. E non lo voleva nemmeno. Era solo in carenza di affetto. Era solo disperato.

«Stai bene?» Quentin rivolse a Peter uno sguardo confuso, simile a quello di un cucciolo.

«Devo andare». Fece un passo per allontanarsi. «Sono passati più di cinque minuti». Sapeva che era una cosa cattiva da dire, ma non avrebbe potuto dire la verità. Avrebbe fatto male e non voleva ferire Quentin più di quello che sapeva avrebbe fatto.

«Peter-»

«Posso andare? Per favore?» Peter voleva renderla facile. Voleva solo far finta che tutto questo non fosse successo. 

«Perché?»

«Perché… Io...» scosse la testa e liberò il polso dalla presa di Quentin. «Ho solo bisogno di andare». Si girò e si allontanò per aprire la porta.

Ma ovviamente le cose non sarebbero state così facili.

Quentin fu davanti alla porta prima che Peter potesse afferrare la maniglia, bloccandogli la sua unica uscita. Ottimo. «Questo non è giusto, sai: scappare via senza dirmi perché». Ci fu un silenzio - Peter non riuscì a dire nulla - poi Quentin sospirò. «Ci tengo a te, Peter. Mi piaci. E penso...»

«Aspetta. Io ti piaccio? Nel senso che ti piaccio davvero? »

«Ti ho appena baciato, no?» 

«Sì, ma non è stata una cosa del momento? Intendevi sul serio? »

«Sì, sul serio, Peter»

«Oh». Questo non cambia molto. Continui a non volerlo. Sei solo disperato e lui è qui, pronto a darti l’affetto che vuoi. Il dubbio sibilò. E il dubbio aveva ragione, ma Peter non riusciva a preoccuparsene. Piaceva a Quentin. Ed era meraviglioso baciarlo. Era meraviglioso avere quelle mani su di lui.

Peter si decise e fece un passo avanti. Passò un braccio attorno al collo di Quentin e unì le loro labbra. Fu un bacio veloce, ma riuscì a far capire il concetto. E solo per confermare il tutto disse: «Sì».

Gli occhiali che si trovavano sul tavolo emisero un ding, segnalando che il trasferimento era stato completato.

Lo ignorarono per dare il via ad un altro bacio. 

Peter lasciò un braccio attorno al collo di Quentin e lasciò che l’altro si muovesse verso i capelli di lui. Giocò con essi, tirandoli di tanto in tanto. A sua volta, Quentin lasciò che le sue mani andassero sulla vita di Peter e lo avvicinassero, in modo che i loro corpi fossero premuti l’uno contro l’altro.

Da lì, le cose si intensificarono.

E poi Peter si sentì sciocco per aver pensato che baciarsi fosse bello. Baciarsi non era niente in confronto a quanto fosse bello avere Quentin che tracciava lenti e stuzzicanti baci lungo il suo corpo. Baciarsi non era niente in confronto a quanto fosse bello vedere Quentin fare meraviglie con quella bocca su certe parti del suo corpo. Baciarsi non era niente in confronto a quanto fosse bello sentire Quentin dentro di lui mentre lo accarezzava dolcemente, sussurrandogli dolci parole all'orecchio. Oh, ma la parte migliore erano i suoni che uscivano dalla bocca di Quentin. Erano suoni bellissimi che spinsero Peter sempre più vicino al limite.

Presto Peter seppe che non sarebbe durato ancora per molto. Cercò di esprimerlo, ma le uniche vere parole che riuscì a tirar fuori furono: «Quentin… Io… Cazzo » Per fortuna, Quentin era un fottuto dio e sapeva quello che Peter stava cercando di dire.

«Lo so… Anch’io...» La voce di Quentin era suonava assolutamente distrutta e questo fu ciò che portò Peter oltre il limite. E Quentin lo seguì subito dopo.

Mantennero la posizione per qualche istante prima che Quentin si spostasse per sdraiarsi accanto a Peter sul letto. Si girò a guardare il ragazzo con un pigro sorriso sulle labbra. Quello era sicuramente il sorriso che Peter preferiva su Quentin. «Come ti senti?»

«Benissimo ». Peter ricambiò il sorriso prima di mettersi a sedere. «Ma ho bisogno di pulirmi».

«Quella è la porta del bagno», disse Quentin indicandola con un dito. Peter annuì, si alzò e si diresse verso il bagno con il sorriso ancora sulle labbra.

Non appena arrivò in bagno, si voltò a guardarsi allo specchio e il sorriso si spense. Non per il suo aspetto. Non gli importava di quello. No, era perché la sua mente stava facendo di nuovo quella cosa stupida. È appena successo. E non puoi tornare indietro. Ben fatto, Peter Benjamin Parker. Lo hai fatto con qualcuno solo perché ti ha mostrato affetto una sola fottutissima volta. Scommetto che prima o poi ti fregherà e ti odierai un bel po’ per tutto questo.

Peter scosse la testa. Quentin non avrebbe fatto nulla per fregarlo. Quentin era una brava persona. Ci teneva a Peter. Era tutto a posto.

Si pulì e poi si diresse di nuovo verso Quentin, che ora era in piedi con una camicia e dei pantaloni addosso. Ne aveva un'altra in mano e gliela lanciò quando lo vide entrare di nuovo nella stanza. «Puoi indossare quella. Ho anche dei pantaloni per te». Prese un paio di pantaloni e glieli porse.

«Grazie». Indossò entrambi gli indumenti prima di mordersi il labbro inferiore. «Odio dovermene andare in fretta, ma penso che di essere stato via troppo a lungo e qualcuno lo avrà già notato».

«D’accordo, capisco. Solo sta attento al ritorno, va bene?» Quentin sembrò così genuino che i pensieri precedemente formulati da Peter quasi scomparvero.

Quasi.

C’era ancora una piccola parte della sua mente che gli urlava contro. Sei così stupido! Questa è la cosa peggiore che avresti potuto fare! Hai bisogno di prendere il controllo della tua vita! Non puoi andare in giro e permettere a chiunque di fare quello che vuole con te solo perché hai bisogno di affetto e attenzioni! Sei così stupido!

Ma quella parte era abbastanza piccola perché lui facesse finta che non esistesse. Per il momento, almeno.

«Sicuramente». Peter rivolse a Quentin un sorriso dolce. «E… um… grazie. Per tutto».

Quentin non disse nulla in risposta. Invece, camminò verso Peter e gli diede un ultimo bacio sulle labbra. Peter sorrise dolcemente e si voltò per uscire dalla porta.

E tutto finì lì. O almeno Peter pensò che quella fosse la fine.

Ma se ne andò troppo in fretta. Avrebbe dovuto indugiare.

Se avesse indugiato, avrebbe visto le labbra di Quentin arricciarsi in un ghigno sinistro. Avrebbe sentite una risata sprezzante lasciare quelle labbra mentre Quentin guardava gli occhiali. Avrebbe sentito Quentin dire: «No Peter. Grazie a te ».



Innanzitutto un ringraziamento (più o meno) a heckyheck_icravedeath per avermi permesso di tradurre la sua storia.
Per il resto, mi dispiace, non so cos'altro dire.
Praticamente è esattamente quello che mi ha trasmesso Far From Home: sofferenza, incertezza e speranza (che è stata brutalmente infranta). Non so voi, ma io sono stata mezza traumatizzata dal film.
Detto questo, spero che non mi vogliate troppo male e che vi uniate a me nel comunicare all'autrice quanto sia un orribile essere umano (https://archiveofourown.org/works/31901440). Grazie di cuore a chi vorrà lasciare kudos e commenti, a presto❤
   
 
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