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Autore: Yunomi    20/06/2021    1 recensioni
"I pianti, le isterie, i lanci di innocenti gerani oltre i balconcini, gli sguardi accesi dalla passione e dal fuoco che non si placava mai, né con il sesso né con le conversazioni alle tre di notte, aggrovigliati come senatori romani tra le lenzuola bianche, le sigarette, i vizi dannosi, le corse in Corvette. L’amore. Quell’amore deleterio, malsano, quell’amore che mi aveva consumata come un fiammifero e che mi aveva ridotta ad un pugnetto di ossa stanche, il cui unico sostentamento era costituito da niente di più che libri e sigarette. No. Non più"
Sequel assolutamente non richiesto di Big God. La lettura è fortemente consigliata per capirci qualcosa.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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From Eden

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Dunque?”

“Eh, Linda. Dunque questa è la situazione.”

Il jet lag non aiuta affatto a rendere le conversazioni meno difficili: anzi, sortisce l'opposto dell'effetto sperato: assottiglia i nervi e lima la pazienza. La donna squadrava Lucifer con il pugno stretto intorno al trolley, esausta, il collo bloccato dall'aria condizionata e il trench imperlato di gocce di pioggia. Sospirò profondamente, pensando che stava decisamente diventando vecchia.

“Avrete pur pensato a fare qualcosa?”

“E cosa si può fare? Thomas è chiuso nel suo studio da due giorni, Molly in camera sua. Non mangiano, non parlano. Immagino che nemmeno dormano.”

Linda sospirò e si appoggiò i palmi sugli occhi.

Delle dita delicate le circondarono i polsi e glieli scostarono gentilmente dal viso: davanti a lei, un viso da fata, affilato e scaltro. “Salve, cara. Non credo ci siamo ancora presentate. Sono la Papessa.”

La battuta sarcastica con cui avrebbe voluto commentare quel nome le si spezzò in gola; Linda non potè fare a meno di sorriderle, invece, attratta da quegli occhi magnetici. “Linda. Linda Martin.”

“Ho sentito moltissimo parlare di lei.”

“Diamoci del tu, per favore.”

“Okay, ora possiamo concentrarci?”, disse Lucifer, mulinando le braccia come un forsennato.

Le due donne si voltarono al ralenti verso di lui e gli scoccarono un'occhiata che voleva dire zitto, caro. Ora parlano i grandi.

Lucifer sbuffò e mise il broncio.

“E Chloe?”, chiese Linda, rivolgendosi direttamente alla Papessa.

“Chloe è stata mandata a fare una serie di trattamenti SPA contro la sua volontà. Abbiamo tutta la giornata a disposizione.”, stilò la Papessa, in un pacato brodo di giuggiole.

“Molto bene. Devo dire che è abbastanza elettrizzante.”, confessò Linda, senza riuscire a trattenere un brivido di emozione. Certo si sarebbe aspettata di tutto, in vita sua, tranne di poter assistere finalmente al matrimonio del Diavolo.

“Vedessi il vestito...”, fece la Papessa. “Un incanto.”

Lucifer stava iniziando ad innervosirsi, ora: si guardò intorno, nel pacato brulicare tipico degli aeroporti alle prime luci dell'alba, e, sbuffando, consultò un orologio da polso che non indossava. “Possiamo darci una mossa?”

Linda alzò gli occhi al cielo e gli mollò il trolley tra i piedi. “Guarda che ti devi sposare, non fare l'esame di maturità. Datti una calmata.”

“Sì, ma Thomas...”

“Ci penso io, a quello.”, intervenne la Papessa.

“E Molly...”

“Anche a lei ci penso io.”

“Tu devi solo pensare a farti bello...”, disse Linda, che si sentì improvvisamente ristorata dalla presenza della donna.

“...e prepararti psicologicamente.”, concluse la Papessa, scoccandogli un'occhiata saggia.

“Al resto ci pensiamo noi.”, aggiunse.

Lucifer deglutì a vuoto, e temette il peggio.

 

 

 

 

 

Boys, when my baby found me
I was three days on a drunken sin
I woke with her walls around me
Nothin' in her room but an empty crib
And I was burnin' up a fever
I didn't care much how long I lived
But I swear I thought I dreamed her
She never asked me once about the wrong I did

(Work Song, Hozier)

 

 

 

 

 

 

“Dunque?”, chiese Molly, osservandosi gli anelli.

Non era certa di avere la forza necessaria per alzare gli occhi dalle proprie mani, ma sapeva che avrebbe dovuto inventarsela. A quel punto, la persona che stava davanti a lei era una sconosciuta. Un territorio inesplorato infestato di spettri che somigliavano terribilmente a quelli che le rimboccavano le coperte da bambina. In effetti, era proprio quello che si sentiva lei in quel momento: una bambina. Una bambina da sola costretta a fronteggiare un esercito di fantasmi.

Sospirò.

Si accese una sigaretta.

Sbuffò una nuvola di fumo in direzione del suo interlocutore.

L'uomo le rivolse uno sguardo trafitto da mille pugnali, trattenuto a stento da una diga di ghiaccio che anche lui, in qualche modo, si era dovuto inventare per poter reggere quella conversazione. Non era messo tanto meglio di lei, si disse Molly, ma per una volta volle giocarsi la carta della differenza di età, e permettere a lui di aprire quella conversazione che aveva tutto l'aspetto di una danse macabre.

“Dunque... cosa vuoi sapere?”, chiese Thomas, muovendosi a disagio sulla poltrona del suo studio. Dall'altra parte, Molly fumava, un posacenere di cristallo in equilibrio precario sulla coscia; osservava la stanza, le linee delle mensole, i libri, i fogli sparsi sulla scrivania.

Si alzò, reggendo il posacenere tra le dita, e iniziò ad analizzare i ripiani della libreria. Una bella libreria, solida, in legno di acero massiccio. Le venne in mente l'armadio dei cent'anni ne Il giardino di ciliegi, di Chekov: un grosso mobile pieno di generazioni e generazioni di libri con una targa che recava l'anno di produzione. Un simbolo. Un punto fermo che centinaia di mani avevano toccato, contro cui si erano appoggiate centinaia schiene e che centinaia di dita avevano sfiorato, come stava facendo lei in quel momento, procrastinando il più possibile l'inevitabile, girando attorno ai problemi con ampie giravolte da derviscio. All'armadio dei cent'anni probabilmente si erano appoggiati anche gli animi pesanti dei protagonisti di quel dramma, un gruppo di aristocratici russi, immaturi e malinconici, che non facevano altro che caricare un vecchio armadio piegato dal tempo di tutte le gioie della loro vita; quello, o anche una piantagione di ciliegi.

Stupidi illusi. Molly sapeva che la felicità non prende mai la forma di nessun oggetto. Non è fatta di materiale refrattario, ma prende la forma di ciò che la contiene: un ciliegio può essere abbattuto, un armadio smontato. Una casa venduta. Per questo lei aveva sempre preferito affidare tutto alle persone; le persone se ne vanno, certo; ma non possono liberarsi di quelle schegge di felicità che tu gli hai affidato. Possono lasciarti, ma avranno un pezzetto di te addosso per sempre, volenti o nolenti; e tu di loro. Un piccolo pegno che ti permette di ricordare che la parte migliore di te esiste ancora, addosso a qualcuno come una foglia secca, fulgida e indistruttibile, e continua a splendere tra i viluppi cerebrali come una supernova. Anche quando tu ti senti spento.

L'uomo che sedeva affranto nella sua poltrona come se stesse aspettando di sentire il suo nome dal boia, odorava di estati italiane, agrumi che così dolci non ne aveva mai assaggiati e di rimpianto. Che, nel caso ve lo steste chiedendo, sa di anguria, naftalina e foglie bagnate.

Molly sfiorò la costa di un libro e si lasciò invadere le narici dal profumo di carta antica: la vecchia collezione dei sonetti di Shakespeare che Thomas amava così tanto.

Sorrise, nostalgica. Le venne in mente di quando, una volta, Thomas le stava leggendo il sonetto 18 nella vasca da bagno: lei aveva la testa sul cuore, le braccia di Thomas la circondavano come un equatore e la sua barba le pizzicava leggermente il collo, quando lui scendeva a baciarlo. “Shall I compare thee to a summer's day? No, a summer's day's not a bitch.”, aveva declamato lui, storpiando volutamente i versi. Erano scoppiati a ridere e per poco il libro non era finito nella vasca; dopo averlo messo al sicuro a terra, Molly si era girata su di lui e avevano fatto l'amore ridendo.

“Non voglio sapere se la ami ancora, se è questo che ti stai domandando.”, disse lei all'improvviso, allontanando la mano dal libro come se avesse preso la scossa. Si girò verso di lui perché sentiva il suo sguardo bucarle la nuca.

“Non la amo.”, rispose Thomas, secco.

“Non mi interessa.”

“Cosa posso dire, allora?”, chiese lui, torturando il bracciolo con le dita.

“Puoi dire che ti dispiace.”

“Mi dispiace.”

“Che sei uno stronzo.”

“Sono uno stronzo.”

“Che non ha significato nulla.”

Thomas tacque. Molly piegò la testa di lato, e una lunga ciocca bionda le scivolò dalla spalla; aspirò dalla sigaretta, meditabonda.

“Dimmi qualcosa che non so.”, disse. Ci pensò un po' su, poi si corresse. “Qualcosa che pensi che io non sappia.”

Thomas si appoggiò sullo schienale della poltrona; poi si portò in avanti, giungendo le mani sotto il mento. Decise di alzarsi in piedi, e versò ad entrambi due abbondanti bicchieri di gin. Distilled for the eradication of seemingly incurable sadness, recitava l'etichetta.

“Ti dico qualcosa che credi di sapere.”, ribatté lui, dopo aver preso un sorso avido. Molly fece lo stesso.

“Dillo, dunque.”

“Tu credi che io sia un brav'uomo. Credi che non avrei mai potuto farti del male, consapevolmente o inconsapevolmente. Credi che è stato un momento di debolezza, un errore, un caso isolato. Non sono un brav'uomo, bambina, ma pensavo almeno di non essere un disonesto o un insincero; eppure...”

“Eccoti qua.”, continuò lei, stirando un sorriso.

Thomas si appoggiò alla libreria con la spalla. “Mi dicevi che sono l'opposto di Lucifer. Che con me potevi stare tranquilla, che non dovevi mai preoccuparti di niente. Ho cercato ogni giorno di essere quel tipo di uomo per te: ho ricacciato tutto lo schifo che sono in un angolino per concederti uno spazio pulito e illuminato dove potessi stare serena. Al sicuro. Ma il fatto è che se sei fisiologicamente uno stronzo, un egoista, tutto ciò che puoi fare è costruire una diga intorno a ciò che più ami, per evitare che tutto lo schifo che hai dentro lo travolga. Non ho mai saputo diventare un uomo migliore, ma ho dovuto cercare di esserlo, per te. Quantomeno sembrarlo. E credimi, amore. Credimi. Ci ho provato.”

“Lo so.”, disse Molly con dolcezza.

Thomas sbatté gli occhi, confuso. La guardò prendere di nuovo posto nella poltrona, accavallare le gambe, prendere un tiro dalla sigaretta – un tiro lunghissimo, come una canzone. Sembrava piccolissima, nel suo maglione verde scuro, e a Thomas si squarciò il petto ancora di più.

“Mi detesti?”, le chiese, muovendosi con circospezione.

“No.”, disse lei. “Non potrei neanche se volessi. E l'ho voluto.”

Thomas sentì il pugnale che aveva nel petto smuoversi di poco e deglutì a secco.

“Cosa vuoi fare, adesso?”, le chiese di nuovo, inquietato da quei lunghi silenzi. Voleva che urlasse; che gli tirasse addosso quel fermacarte appuntito, che piangesse. Voleva che desse un senso a tutto quel dolore che sentiva ruggire dentro le proprie tempie. E invece, Molly fumava in silenzio, osservando quella stanza come se volesse dirle addio, accarezzando i libri e i soprammobili con occhi dolci e insondabili.

Quando era tornato a casa dopo essersi confrontato con Lucifer, Molly aveva appoggiato la bambina in grembo alla Papessa e gli aveva chiesto gentilmente se avesse tempo di scambiare due parole, con un'aria di pacata compostezza addosso e gli occhi delle martiri che osservano chi scaglia la prima pietra.

“Vorrei che facessimo l'amore.”, rispose Molly, e Thomas per poco non cadde per terra dallo stupore.

“No, io... no. Non posso.”, sussurrò lui.

La ragazza spense la sigaretta nel posacenere e si avvicinò a lui: gli prese il viso tra le dita come se fosse un uccellino ferito, e Thomas chiuse gli occhi, sentendosi scavare dentro il petto con una trivellatrice.

“Perché?”, le chiese sottovoce, sforzandosi di non cadere a terra come uno straccio. Non riusciva nemmeno a toccarla.

Lei gli prese le braccia e se le portò intorno alla vita. “Cos'è, hai paura di rompermi?”, chiese.

Lo baciò, ma lui si scostò. “Ti prego.”

“Cosa, Thomas? Mi preghi di cosa?”

Allontanò il viso da quello dell'uomo; non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi. “Non mi vuoi?”

“Non merito questo.”

“E cosa meriti?”

“Un pugno. Una bestemmia. Di essere chiuso fuori di casa. Di non vedere mai più questa casa, la bambina... questi occhi.”

“Ah. Una reazione normale, quindi. Ma vedi, amore mio, la tua è una pretesa assurda: io non sono normale.”

Provò di nuovo a baciarlo, ma lui non ricambiò nemmeno questa volta. Molly sospirò e si allontanò. Le mani di lui caddero inermi come quelle di un morto.

“Mi puoi almeno guardare?”, domandò la ragazza.

L'uomo alzò su di lei un viso da spettro di sé stesso.

“Non posso amarti anche al posto tuo.”, disse lei, incrociando le braccia. “Ti guardo, e vedo un ragazzino imbavagliato e spaventato, tenuto in ostaggio dalla versione adulta di sé stesso, quella che la vita ha preso a calci, ha bastonato, tradito, vivisezionato, torturato, strozzato e calpestato. Hai cercato di ammazzarlo, quel ragazzino che vedo ogni tanto sbucare nei tuoi occhi, ma non ce l'hai fatta. Sei stato un ragazzo magro magro che non riusciva a mettere su un muscolo, intelligente e rumoroso, sempre pronto a dire una parola gentile a chi ne avesse bisogno. Coinvolgevi anche i più taciturni, i disillusi, i sarcastici. Eri tumultuoso, frizzante. Irreprensibile e recidivo in tutte le cose belle della vita. Quello che preferiva sempre chiedere il perdono piuttosto che il permesso.

Una volta, al mare, mi dicesti che l'unico consiglio che sentivi di potermi dare era: Balla. Balla di più. Sul momento mi hai fatto innervosire perché ho pensato: che razza di salmo da cioccolatino; ma poi ho capito che avevi ragione. Bisogna ballare come se non ci fosse nessuno, e fare così tanto gli stupidi da farsi venire il mal di pancia, a furia di ridere. Bisogna fare l'amore anche se i jeans non si chiudono più sulla vita, e bere sempre un altro bicchiere se il tuo amico se ne versa un terzo. Bisogna fumare una, cento sigarette se ne si ha voglia, e praticare religiosamente l'empatia e la tenerezza.

Quello che mi disse queste cose era il ragazzino rantolante sulla cui gola ora invece stai premendo un ginocchio. Non so se Margaret ti abbia convinto a eliminarlo, se sia stata la vita o semplicemente tu stesso. Ma so che avevi ragione allora. E avevi ragione anche quando mi hai detto che l'amore non è una cosa complicata, ma complessa: che quando si vuole davvero, non è vero che si fa quel che si può, ma proprio al contrario si fa quello che non si può. La volontà va sempre oltre l'ostacolo delle capacità, vere o presunte. Hai guardato con saggio distacco la relazione tra Lucifer e Chloe, e io ho sempre ammirato il modo in cui li osservavi e li prendevi in giro. Sapevi che stavano facendo logaritmi inutili dove in realtà tutto era semplice; io ti amo perché tu l'amore me l'hai resa una cosa semplice. Anche quando era tutt'altro che facile. Anche adesso.”

Thomas crollò sulle ginocchia e appoggiò il capo in grembo alla ragazza, pregando silenziosamente che le sue dita arrivassero a carezzargli i capelli, come avevano sempre fatto. Aspirò a fondo il profumo di bucato del suo vestito e sentì le lacrime pizzicargli gli occhi. Mai prima d'ora si era sentito così immeritevole.

“Mi hai chiuso una porta in faccia.”, disse Molly.

“Non ti volevo, lì dentro. Non è un posto per te, lì dentro.”

“Non lo è neanche per te.”

“Io so muovermi.”

“Ne sei certo? Sei così sicuro di poter prendere sempre tutto di petto, da solo?Certo che è così.”, si rispose la ragazza, ferma come un obelisco, “Certo, perché nel caso fosse tutto troppo e non ce la facessi, puoi infilarti a letto per settimane a osservare la polvere addensarsi nel buio. La Papessa mi ha raccontato.”

Thomas alzò il viso verso di lei e la guardò dritta negli occhi. “Perdonami. Ti prego, perdonami.”

Molly lo fissò con uno sguardo indecifrabile e opaco: sembrava di guardare la pioggia al di qua di una finestra appannata. Sapeva che non stava parlando del tradimento, né di Margaret. Le stava chiedendo perdono per averla sottovalutata. Sospirò. Gli accarezzò il volto e piegò la testa di lato. Tacque.

Thomas ebbe l'impressione di essere sul punto di morire.

“Eri così occupato a fare di tutto pur di non essere come Lucifer che alla fine ti sei dimenticato di essere te stesso.”

Si alzò, lasciandolo in ginocchio davanti alla libreria.

“Andiamo a prepararci, ora. Linda sarà qui a minuti.”, esalò lei, stanca, piegata come una spranga di ferro, eppure impossibile da spezzare.

Thomas si alzò. “Potrai mai perdonarmi?”, le chiese, mentre lei apriva la porta.

Molly si voltò leggermente, la mano ancora stretta intorno alla maniglia, e sospirò pesantemente. Lo guardò da sopra la spalla. “Non penso che sia questo il punto. Penso che debba perdonarti tu, per stare meglio.”

 

 

 

 

 

Darlin',

don't you stand there watching,

won't you
Come and save me from it
Darlin',

don't you join in,

you're supposed to drag me away from it

Any way to distract and sedate
Adding shadows to the walls of the cave

(Sedated, Hozier)


 


 



 

 

Honey, you're familiar from my mirror, years ago

Idealism sits in prison, Chivalry fell on its sword

Innocence died screaming, honey ask me, I should know

I slithered here from Eden, just to sit outside your door

(From Eden, Hozier)

 

 

 

 

Lucifer si stava aggiustando i polsini del completo buono, e gli tremavano le mani. Aveva fatto e disfatto il nodo alla cravatta almeno cinque volte, e nessuna di queste lo aveva soddisfatto.

Nella cornice dello specchio, la sua immagine gli ricambiava uno sguardo infervorito da un nervosismo che non aveva mai provato prima. Era un fremito sottopelle che gli dava forti pulsazioni nelle vene, dietro gli occhi, intorno alle pareti dello stomaco. Sbuffò e si snodò ancora una volta la cravatta.

“Vieni qui. Stai tremando peggio della California.”

Molly fece la sua apparizione mariana nello specchio e Lucifer esalò un sospiro che non si era reso conto di star trattenendo.

“Piccola.”, disse, voltandosi verso di lei: indossava l'accappatoio di spugna e un esercito di bigodini nei capelli, ma gli occhi erano appannati, sfocati. Come se fossero stati privati di qualcosa di importante.

“Su, non guardarmi così.”, disse Molly, ma le si spezzò lievemente la voce. Si schiarì la gola e si mise in punta di piedi per fargli il nodo della cravatta.

Lucifer si sentì appassire. Le fermò le mani, stringendole. “Mi dispiace così tanto.”

“Non oggi, ti prego. Oggi è la vostra giornata. E sarà meraviglioso.”, sussurrò lei, liberandosi con delicatezza dalle dita di Lucifer. Gli annodò la cravatta in silenzio, cercando di evitare lo sguardo di lui. “Fatto.”

Sospirò. Ormai non riusciva a fare altro.

La sua mano indugiò sul suo petto per qualche secondo di troppo: alzò gli occhi verso Lucifer, che era alto, felice e che le voleva così bene, e non riuscì a trattenere una lacrima.

“Sono stanca. Stanca da morire.”, disse, rispondendo ad una domanda che Lucifer non aveva avuto il cuore di articolare.

La guardava con occhi traboccanti di compassione; di sofferenza pura, vera, e Molly si sentì un'egoista.

“Ti prego, non guardarmi così. Mi fai sentire una vedova.”, cercò di scherzare lei.

“Mi basta una parola, Molly.”, disse Lucifer, fermo. “Una parola e lo rivolto come un calzino. Davanti a tutti. Davanti a Dio, se è necessario. Sai che lo farei.”

“Va bene una parola qualsiasi? Tipo prosciutto?”, disse lei, sorridendo.

Lui non disse niente, e la fissò dritto negli occhi; Molly gli accarezzò il petto e abbassò il capo.

“Ora vai, devo finire di prepararmi.”, disse poi, indugiando ancora un secondo con le dita sulla camicia. La sensazione della pelle di lui sotto il tessuto le trasmetteva un senso di calma che non percepiva da tempo.

Fece per tornare in camera; tornò sui suoi passi poco dopo.

“Lucifer?”

“Dimmi, piccola.”

“Puoi farmi una cortesia?”

“Tutto quello che vuoi.”

Esitò un istante. Lucifer era un uomo sereno, ora. O quantomeno, era un uomo che aveva capito come fare per raggiungere la serenità, un atto di fede alla volta. Si morse un labbro.

“Molly?”

“Puoi darmi un bacio?”

 

 

 

 

 

What's the difference if I say

I'll go away
When I know I'll come back on my knee someday
For whatever my man is,

I am his

forever more

(Barbra Streisand)

 



 

Chloe Decker era confusa.

Era tornata da una seduta di massaggi in uno dei centri benessere più esclusivi del centro e ora si sentiva una donna nuova. Era riuscita, per qualche ora, a smettere di pensare al lavoro, a Molly e Thomas; alla peculiare caparbietà con cui la vita si impegnava a mettere a tutti loro i bastoni fra le ruote.

E ora si trovava nella casa di Belsize Park, vuota: nessun rumore, nessuna luce accesa.

Era andata in camera sua, e la confusione si era moltiplicata dentro numeri inimmaginabili quando si era trovata davanti al letto un enorme porta abiti bianco, su cui era appoggiato un bigliettino: Indossami.

“Cosa ca...”, si disse, guardandosi intorno.

“Fai quel che ti dice.”, disse una voce alle sue spalle. Si voltò verso la porta. Era comparsa la Papessa, in elegante completo tre pezzi e i capelli raccolti in un elaborato chignon. Sorrideva furbescamente, e la osservava come se sapesse tutto, perchè sapeva tutto. Sempre.

“Cosa significa?”, chiese Chloe, sventolando il biglietto.

“Significa che ti devi vestire.”, ribatté lei, sibillina. “Ti aspetto qui fuori.”

 

 

 

 

It's a beutiful night

we're looking for something dumb to do

 

 

 

 

Hey, baby

I think I wanna marry you

 

 

 

Accarezzava le pieghe di quel bell'abito bianco, davanti allo specchio, e non capiva.

La Papessa le spazzolava i capelli, materna, e l'aveva truccata senza pronunciare una sillaba: Chloe aveva smesso di insistere per cercare di capire, e aveva ceduto. Ma era comunque divorata dalla curiosità.

“Ma si può sapere cosa avete in mente.”

“Shht.”

“Ma.”
“Taci.”

“In realtà-”

“Allora?”

“Però!”

“Chloe Decker, chiudi quella fogna o ti ribalto.”, le intimò la Papessa, puntandole la spazzola contro come una rivoltella. Poi si tramutò di nuovo nella fata Serenella che era sempre stata, e le rivolse un sorriso di miele. “Sei bellissima. Ora dammi la mano.”

Chloe esitò un secondo, colpita forse inconsciamente da un dubbio: cercò la conferma negli occhi cangianti della Papessa, e la trovò, ovviamente, senza che la donna dovesse proferire parola.

“Forza.”, le disse, tendendole una mano inanellata.

Le legò un piccolo ciondolo di quarzo al collo.
“Questo qui, nella cristalloterapia, indica la fede, la bellezza innocente, e soprattutto la chiarezza.”, disse la Papessa, stringendole le spalle come una mamma. Chloe la guardò con occhi traboccanti di stupore e aprì la bocca per pronunciare qualcosa. Preferì tuttavia tacere.

“La chiarezza, Chloe Decker. La chiarezza è la vera virtù dei forti.”



 

Is it the look in your eyes?
Or is it this dancing juice?

 

Who cares, baby?
I think I wanna marry you



 

La condusse per la casa avvolta nella penombra, a braccetto; era appena mezzogiorno, e filtrava solo la luce di un sole invernale indeciso se mostrarsi o nascondersi: eppure Chloe non sentiva più freddo, nonostante il vestito lungo, semplice, le scoprisse entrambe le spalle e la schiena.

I capelli ondeggiavano intorno al suo viso, morbidi e profumati della lavanda e del rosmarino che la Papessa vi aveva intrecciato: pur non capendo, né avendo i mezzi per capire, Chloe non aveva paura. Stretta al braccio della Papessa, sentiva che avrebbe davvero potuto scontrarsi contro qualsiasi cosa.

Ora avevano davanti la portafinestra che conduceva al giardino: vedeva del movimento, dietro le tende tirate, come se il giardino avesse preso vita in una sorta di incantesimo del bosco. Piccole gemme luminose splendevano tra gli alberi, nei cespugli, tra i petali dei fiori.

“Sei pronta per il resto della tua vita, Chloe Decker?”, chiese la Papessa, strizzandole l'occhio.

Chloe si tese con tutto il corpo in un sorriso meravigliato, e la Papessa la interpretò come una risposta affermativa. “Molto bene.” disse, ed estrasse – chissà da dove – un lungo velo di tulle. Glielo sistemò tra i capelli come a voler fugare ogni dubbio; le prese il viso tra le mani e le depositò un piccolo bacio sula fronte. Chloe si sentì tornare indietro di vent'anni, almeno, e gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Davvero, Iris?”, le chiese, poco prima che la Papessa scostasse le tende.

La Papessa le sorrise, machiavellica, e le porse un elaborato bouquet di margherite e crisantemi bianchi.

Più tardi le avrebbe spiegato che le margherite sono il simbolo dell'innocenza, che deve essere sempre recuperata e coltivata scrupolosamente; i crisantemi bianchi, invece sono l'amore eterno. Indistruttibile, inscalfibile e inarrestabile; eppure fragile, delicato, fatto della stessa sostanza di cui sono fatte le risate e le torte al limone. Profumato come una promessa estiva fatta sottovoce, e intenso come il rumore dei suoi passi quando torna a casa dal lavoro.

La Papessa scostò la tenda.

Il resto della tua vita, si ripeté Chloe, avanzando un passo con gli occhi chiusi.

Un profumo fresco di fiori e un frusciare di voci le sterzarono sul viso come una carezza gentile. Poi, percepì una presenza che avrebbe sempre riconosciuto tra mille; un profumo inconfondibile di tabacco e di casa.
Chloe sorrise, e due lacrime le rigarono le guance.

Aprì gli occhi.

Lucifer era davanti a lei, elegante e radioso come un angelo, e le tendeva una mano. Chloe la prese senza nemmeno pensarci.

No, non è il resto della mia vita. E' solo l'inizio.

“Io, che amo solo te.”, disse solamente lui, con un mezzo sorriso, come a volerla rassicurare.

Non si accorse di tutto il resto fino a quando non fu al centro del giardino: qualche sedia bianca sistemata a produrre un tentativo di navata, su cui sedevano, ferventi ed emozionati, un pugno di matti: sua madre, Linda Martin, Amenadiel; la piccola Trixie che lottava coraggiosamente contro la necessità di sbadigliare, e che la guardava con un tale orgoglio che rischiò di farla esplodere. Daniel, con un sorriso di sincera gioia. La Papessa, con le mani chiuse intorno ad una Bibbia consunta, li aspettava sotto un piccolo ciliegio in fiore, cosparso di minuscole luminarie fatate. Un ciliegio in fiore in novembre, già: un piccolo miracolo. Così come la fessura che si aprì dalle nuvole, e da cui cadde come una cascata un fascio di raggi tiepidi. Nessuno aveva freddo; nessuno tremava. Era tutto perfetto.

Lucifer alzò gli occhi verso il cielo e sorrise, lievemente, scuotendo la testa. Socchiuse gli occhi, e baciò le mani di Chloe come se volesse celebrarle.

A Chloe sembrò di sentirlo sussurrare un grazie verso il cielo, fugace come un battito d'ala, e altrettanto silenzioso.

Lucifer la condusse davanti alla Papessa senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso; Chloe non sapeva cosa dire, né cosa pensare, quindi si godette il tepore di quel completo silenzio mentale e lo accettò come un regalo.

Lucifer la guardò dolcemente, mai sazio di quella visione bianca e bionda, e poi stornò lo sguardo sulla Papessa.

Una mano gentile sfiorò la schiena di Chloe: Molly si affiancò alla donna e la abbracciò, stretta. Le porse un piccolo cuscinetto di velluto a cui era legato un'assurda fede d'oro. “Volevo fare una battuta su Il Signore degli anelli, ma la Papessa ha detto che sarebbe stata di cattivo gusto.”, sussurrò la ragazza, strizzandole un occhio. Chloe le sorrise teneramente e le carezzò una guancia.

“Dopo tutto questo tempo? Dopo tutto quello che è successo?”, chiese, trovando finalmente la forza di unire i propri occhi a quelli scuri della ragazza: sospirò, Chloe, nel vederla abbassare fugacemente le ciglia folte e asciugarsi una lacrima.

“Sempre.”, disse Molly, e si sentì molto Severus Piton, ma preferì glissare.

Comparve anche Thomas, al fianco di Lucifer, e gli consegnò la fede: Molly distolse velocemente lo sguardo e lo piantò sulle proprie scarpe. Thomas la osservò, dilaniato, e cercò di respirare agevolmente.

La Papessa strinse il dorso della Bibbia e si morse un labbro.

“Lo so che tutto questo circo l'abbiamo messo su per Romeo e Giulietta di Palm Springs.”, disse, caustica, facendo ridere il piccolo capannello di invitati. Lucifer alzò gli occhi al cielo. “Ma questo è molto di più di un matrimonio. Questa è la celebrazione degli strappi, delle ferite non rimarginate, delle vulnerabilità che finalmente avete deciso di mostrarvi. Tu, Lucifer, hai accettato di accogliere questa donna nel punto più profondo della tua anima. Un luogo oscuro, paludoso, un acquitrino stagnante in cui temevi che questo meraviglioso cigno rimanesse invischiato.”

Fece una piccola pausa, gustandosi lo sguardo carico di amore che Chloe rivolse a Lucifer.

“Le hai fatto un regalo che nessun altro potrà eguagliare; e che nessun altro atto di coraggio potrà assimilargli, in vita tua. Spero che ti renda conto della potenza di questa cosa qui che stiamo per fare. Tu, Chloe, invece, hai finalmente permesso a te stessa di uscire dalla prigione che la tua stupida, infondata paura ti aveva costruito attorno. Stai respirando aria fresca per la prima volta in vita tua, e si vede. Si vede davvero tanto.”

Chloe sorrise, stringendo più forte le dita intorno a quelle di Lucifer.

“Questa cosa qui che c'è tra voi due, non tutti riescono a provarla nemmeno una volta nell'arco di una vita. Possiamo anche ammettere che sia una casualità; che sia stata una semplice coincidenza. Potrebbe essere andata in modo completamente diverso, perché la vita è un fottuto caos che noi non possiamo controllare. Rendetevi conto di questa forza, e celebratela come il miracolo che è.”

Lucifer non riuscì a trattenersi e si piegò a baciare Chloe, impetuoso, in uno scrocio di applausi.

La Papessa pestò un piede a terra. “No, no, no, non è ancora il momento! Diamine, ho detto che è il caos, non l'anarchia generalizzata!”, sbuffò, incrociando le braccia al petto.

“Cosa ci vuoi fare, Papessa.”, disse Lucifer, staccandosi dalle labbra di Chloe con una risata. “Ho una certa familiarità con la dissidenza verso le autorità ecclesiastiche.”

I convitati risero, e Lucifer fece l'occhiolino a Chloe e Molly, che scuoteva la testa.

“COMUNQUE!”, ululò la Papessa, riportando tutti al silenzio. “Nonostante questa sia una giornata per voi,”, disse indicandoli, “non pensiate che non abbia in serbo una strigliata anche questi due qui.”
Thomas incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio. “Non mi sembra proprio il luogo né il momento, Iris.”

“Se non ora, quando?”, chiese Molly, fissando i crisantemi bianchi in mano a Chloe.

La Papessa si fece da parte, abbassando il capo.

Molly alzò gli occhi verso Thomas: in quei giorni sembrava dimagrito di dieci chili, e due enormi borse violacee avevano preso residenza fissa sotto i suoi occhiali. Si avvicinò a lui e gli prese una mano.

La ragazza si sciolse i capelli, che caddero in morbide onde sulle sue spalle, e Thomas sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Una volta, mesi e mesi prima, in un pomeriggio di pioggia incastrato nella lucida superficie di lavagna del tempo, le aveva detto che ogni volta che la vedeva sciogliersi i capelli non poteva trattenersi dall'innamorarsi nuovamente di lei.

Lasciò che una lacrima gli scivolasse lungo una guancia ruvida.

“Sono un idiota.”, le disse.

“Lo sei.”

Qualcuno ridacchiò, e fu prontamente fulminato con uno sguardo al fulmicotone da parte di Lucifer.

Molly sospirò. “Ma cosa devo fare io, con te? Mi guardi come se mi avessi appena sepolta.”

“Smettila di far finta che quello che ho fatto non ti abbia minimamente scalfito.”

“Lucifer ha detto che gli bastava che dicessi una parola qualsiasi e ti avrebbe rivoltato come un calzino.”, disse Molly, teneramente. Thomas sorrise.

“Prosciutto.”, fece presente Lucifer. “Ha detto che bastava prosciutto. E io mantengo sempre la parola data.”

“Sei un uomo triste, Thomas. E probabilmente hai ragione: sei uno stronzo. Sei egoista e inconsapevolmente crudele, ogni tanto. Probabilmente mi manderai all'altro mondo.”

Thomas si irrigidì nel sentirla pronunciare quelle parole. “Senza peli sulla lingua, eh?”

“Io, invece,”, continuò Molly, glissando, “sono una ragazza di ventitré anni affamata d'amore, piena di incubi e deliri di onnipotenza, e ho una particolare e masochistica passione per le cause perse. Sono anche la madre di tua figlia, che si chiama come una lucciola, come il Vangelo, e come la prima donna. Non so funzionare normalmente, amore mio. Non mi trovo particolarmente bene con il concetto di normalità, in generale, e la realtà per me è una coperta troppo piccola che mi lascia sempre i piedi scoperti. Sono matta, matta come un cavallo, e mi sono innamorata del Diavolo e dell'uomo più pazzo e meraviglioso che abbia mai avuto la fortuna di incontrare. Un uomo che si è torto e ritorto come un verme, che ha fatto i salti mortali per cercare di tenermi lontana dalle cose che più disprezzava di sé stesso, perché le vedeva come la più grande minaccia per la persona che più amava al mondo. Lo so che chiunque altro qui dentro pensa che sia un'incosciente o una stupida; ma, Thomas, io so che tu hai fatto quello che hai fatto perché ti fai schifo. Perché pensavi che tornare da quella manipolatrice della tua ex moglie fosse comunque un'opzione migliore che mettermi di fronte alla parte peggiore di te stesso. Hai fatto con Margaret quello che Lucifer ha fatto con me: i tuoi demoni ti mordono, e non puoi scrollarteli di dosso, rischiando di infettare la persona più importante per te. Quindi li scrolli addosso a qualcun altro.”
Chloe allungò il dorso della mano a sfiorare quello di Lucifer, e lo guardò con la forza delle maree e dei venti negli occhi. Lucifer tremò leggermente. Non si sarebbe mai abituato.

Thomas piangeva, davanti a quello scricciolo di donna che sembrava quasi brillare di tanta consapevolezza. Forse era matta, sì; forse era un'incosciente, e una bambina affamata d'amore, ma era innamorata. E questo è un tipo di forza che non conviene mai sottovalutare. Per amore, solo per amore, cantava Roberto Vecchioni, ma siccome si sta parlando di matti d'amore anglofoni, nessuno ne era a conoscenza; eppure, miracolosamente, nelle pieghe più profonde di quelle coscienze sgangherate, lo sapevano. Sapevano che tutto ciò che si fa, che non si fa, e che si può e non può fare, è guidato da un'unica, assurda, intramontabile ed imperitura ragione. Almeno per quelli come loro.

Il vestito di Molly era di un azzurro chiarissimo, e sopra indossava un cardigan color crema che iniziava ad avere le maniche smangiate. La ragazza sospirò, ancora, ma per l'ultima volta. Raccolse i frammenti di quel coraggio che l'aveva sempre spinta in avanti, per inerzia inspiegabile alle leggi della fisica. Quanto aveva sofferto; quanto ancora avrebbe sofferto. Guardò Thomas negli occhi: occhi di uomo distrutto, occhi di un uomo segnati da un disprezzo che forse non l'avrebbe mai abbandonato. La vita non è un film, le persone non sono lavagne su cui si può passare una spugna bagnata: sono superfici frastagliate e irregolari, e il più delle volte se ci passi una mano sopra rischi di riempirti di tagli.

Gli aveva detto non posso amarti anche al posto tuo: ma in quel giardino, in mezzo a quelle persone che davvero non facevano altro che amarsi, amarsi male, amarsi nei modi più anticonvenzionali e indecenti, Molly capì che invece poteva. E non solo: doveva farlo. Gli prese il volto fra le mani e lo baciò, intensa e così diversa da tutto, e le venne da piangere, da quanto lo amava.

Thomas la strinse a sé, bagnandola delle sue lacrime, e vi si aggrappò come se dovesse scomparire sotto i suoi occhi.

“Tu ti odi così tanto, e non me lo avresti mai chiesto seriamente. Tu non mi chiedi mai nulla, non me lo hai mai chiesto, ed è per questo che mi sono innamorata di te.”, disse Molly, sottovoce, come se non ci fosse nessuno intorno a loro. “Quindi facciamolo a modo nostro, senza chiedere domande a cui in realtà sappiamo già rispondere: sposami e basta, Thomas Melrose.”

“Tu sei matta.”, le disse semplicemente lui.

“Quindi è un sì?”, chiese Lucifer, con le mani in tasca. Più tardi avrebbe rimproverato a Molly quel tempismo bastardo, e le avrebbe fatto un'affettuosa piazzata perché aveva rubato loro la scena. “Niente prosciutto?”

“No. Stavolta niente prosciutto.”, sussurrò Molly, riempiendosi gli occhi di quell'uomo assurdo e imperfetto.

La Papessa li dichiarò mariti e mogli come in un perfetto finale di commedia plautina; più tardi avrebbero scoperto che in realtà la Papessa non aveva alcuna validità civica come ufficiante. Dunque, come qualsiasi altra cosa che li riguardava, era stata una meravigliosa, fastosa, poetica perdita di tempo.

Nel giardino, carezzati da un tepore decisamente fuori stagione, discuteva di quante altre volte si sarebbero lanciati a capofitto in questi pantagruelici casini sentimentali; Linda disse almeno altre venticinque. Chloe taceva, la mano intrecciata a quella di Lucifer, continuando a osservare incredula il luccichio della fede dorata all'anulare sinistro.

“Quindi bisognerà rifare tutto daccapo.”, disse Lucifer, improvvisamente incline alla distruzione di ogni forma di burocrazia. Sbuffò. “Che palle.”

Chloe gli tirò una gomitata. “Giuro che non ti faccio arrivare all'altare con le tue gambe.”

“Ma sì, ma sì,”, disse la Papessa, agitando la mano che reggeva il flute di champagne, “diciamo che è stata una prova generale.”

“E chissà la prima.”, rispose Thomas, ruotando gli occhi. “Posso dire una cosa?”, aggiunse, alzandosi in piedi.

Molly lo guardava dal basso, seduta sull'erba, e lui si sentì di nuovo quel ragazzino. Una strana energia gli schioccava nei muscoli, e rimbalzava nelle vene in crescente intensità.

“Dipende dalla cosa.”, disse Lucifer, slacciandosi il nodo della cravatta. Chloe si levò le scarpe e si porto le nocche del quasi-marito alle labbra. Lucifer smise di pensare per un attimo, e disse cazzo, nella sua testa. “Qui si vorrebbe anche consumare questo matrimonio.”

“Sei triviale.”, aggiunse Linda, scuotendo la testa.

“La posso dire o no?”, insistette Thomas, facendo ridere Molly.

“E dilla.”

“Siamo dei grandissimi figli di puttana.”

“Poeta!”, urlò la Papessa, ironica.

“Siamo tutti stronzi. Io per primo sono un pezzo di merda con le gambe.”

“Sei anche un po' ubriaco, secondo me.”, disse Lucifer, ruotando gli occhi all'indietro. Un'altra gomitata da parte della sua graziosa novella sposa gli fece mancare il respiro per qualche attimo.

“Dunque?”, chiese Molly, con una leggera aria di sfida.

“Siamo strani forte. Matti, per lo più. Un po' allo sbaraglio. Oscar Wilde diceva che bisogna essere sempre leggermente improbabili, e noi lo abbiamo preso alla lettera. Siamo anche andati oltre, e ora non sappiamo più neanche cosa sia la convenienza, l'accettabilità, la normalità. E se lo dico io, che sono inglese. Eppure, porca troia.”

Glissò un veloce sguardo a Molly, che intanto aveva recuperato la piccola Eve dalle braccia di Amenadiel, e se la stringeva al petto come un tesoro. Thomas perse il filo del discorso, ma non è che gli interessasse così tanto trovarlo.

“Porca troia. Come ci vogliamo bene noi, nessun altro.”

 

 

 

 

 

Prima ero vecchia

piena di ferite

agguerrita di storiche saggezze.

Con lui, balbetto sorridendo:

un'ebete

completamente.

 

 

 

 


 

 

 

I slithered here from Eden, just to sit outside your door.

 

 

 

 

 




 



 

Questo finale è stato:

  1. frutto di un fever dream ampiamente stimolato da Roland Barthes;

  2. un inno all'amore

  3. un inno al Diavolo

  4. un inno agli uomini depressi

  5. l'urlo di una disperata che ha bisogno di tornare a Londra.

Il titolo è tratto da una meravigliosa canzone di Hozier che parla di un uomo che si sente il diavolo e si innamora della prima donna, Eva: dice di essere strisciato fuori dal giardino dell'Eden per sedersi fuori dalla porta della sua amata, e credo che non ci sia dichiarazione d'amore più profonda di questa. Quando rinunci alla perfezione per l'amore; quando abbandoni la parte migliore di te stesso per donarti totalmente a chi ami. Quando addirittura lo metti a rischio, perché diciamocelo, noi esseri umani non facciamo altro che guai e casini, e non riusciamo a non far male a noi stessi e agli altri.

Eppure, essere amati nonostante questo.

Scrivere questa storia mi ha aiutato a fare chiarezza su molte parentesi che avevo lasciate socchiuse, nella mia vita; e per un po' è stato doloroso cercare di chiuderle. Ho quindi risolto di lasciarle basculanti, così un po' di spifferi entrano comunque. Una mia adoratissima amica ha scritto una storia sugli Spifferi, e l'influenza che lei e la sua storia hanno avuto sulla mia giovane mente e il mio giovane cuore non è oggetto da trattare in poche righe sotto il finale di una fanfiction delirante su Lucifer. E infatti questo ci ha portato lontanissimo dal punto.

Il punto è:

grazie.

Grazie per avermi supportata.

Per avermi letta.

Per avermi fatta sentire ascoltata.

Per avermi dato la vostra opinione.

Mi piange sempre il cuore a dover schiacciare nella casellina completa? quando devo pubblicare l'ultimo capitolo di una storia, perché mi sembra di star facendo saltare un ponte.

Stavolta, però, niente tritolo: scrivetemi. Scriviamoci. Discutiamo di amore, di pere caramellate, di libri di semiologia, di serie TV. Parliamoci ancora. Stiamo vicini.

Siete stati tutti preziosi, e vi ringrazio dal profondo del mio gotico cuore.

Mi rituffo nella lettura di Barney Panofskij, oppure del romanzo sovietico che devo preparare per l'esame di letteratura russa contemporanea, e attendo vostre con tiepida trepidazione.

Vi bacio.

Sempre vostra,

Yunomi.

   
 
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