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Autore: Little Firestar84    26/06/2021    7 recensioni
Mesi dopo il loro incontro a Tokyo, culminato con la caduta della setta di Visualize, Patrick Jane ritorna con prepotenza nella vita di Ryo e Kaori. Il suo compito è quello di chiudere un caso troppo difficile, e troppo personale, perchè Ryo possa farlo da solo... perchè anche stavolta è negli affetti più cari che lo sweeper si vede colpito.
Genere: Romantico, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: City Hunter
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- Questa storia fa parte della serie 'The Consultant'
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...e siamo arrivati alla fine! Grazie a chi ha letto, e a chi leggerà, e sappiatelo... no, non è la fine. Ormai Patrick e Ryo a lavorare insieme ci hanno fatto il callo, e comunque si sa:  glia rchi narrativi si fanno o singoli o in trilogie! E allora, un giorno (probabilmente quest'autunno...) torneranno ia collaborare, e stavolta per aiutare il tipo di cleinte preferito dal  nostro City Hunter... una donna! E non una qualsiasi, ma l'Agente Daniels, che sarà costretta a dare la caccia al suo di consulente, Cameron Black, e al suo gemello, Jonathan,  che, con una donna misteriosa, sono alla ricerca della chiave per scoprire il tesoro nascosto dal loro bisnonno e da Houdini , una ricerca che li porterà fino a Tokyo... ma adesso, passiamo all'epilogo di questa storia!

“Ehy, ma stai ancora dormendo? Alzati che è tardi! Ma lo sai o no che ore sono?” Sorridendo, già vestita di tutto punto con un lupetto bianco e una gonna color camoscio, Kaori si lasciò cadere sul letto, accanto al compagno, e prese a fargli il solletico per farlo svegliare. Ryo, mugugnando una protesta incomprensibile, si voltò dall’altra parte, nascondendo il capo sotto al cuscino. “Ryo, dai, svegliati, io ho già ritirato la posta e sono già andata alla stazione… e c’è un XYZ nuovo di zecca! Ho appuntamento col cliente al bar del Shinsato Hotel oggi pomeriggio, magari potrebbe essere qualcosa di interessante!”

Ryo mugugnò una risposta, anch’essa intellegibile (che però la donna immaginò volesse dire qualcosa tipo Lasciami in pace che la scorsa notte ho fatto tardi con Mick, oppure non mi interessano le proposte di lavoro da parte degli uomini) e Kaori alzò gli occhi al cielo, senza però perdere il suo proverbiale sorriso: era inutile, Ryo non sarebbe cambiato mai, sarebbe stato a vita un animale notturno.

Kaori gli tirò via di dosso il sottile lenzuolo, e arrossì, imbarazzata nonostante ormai fossero anni che viveva accanto a Ryo, di cui quasi due come sua compagna di vita, quando lo trovò nudo come un verme e pronto all’azione; improvvisamente sveglio e malizioso, lo sweeper ridacchiò stupidamente, mentre cercava di abbracciare la sua donna per stamparle sul viso degli umidi baci, ma soprattutto di trascinarla su di sé. “Dai Kaori, guarda, il mio mokkori si è svegliato, hai visto? Ti ubbidisce come un cagnolino! Non lo vuoi premiare?”

“Ma, ma, Ryo, adesso…” tentò lei di divincolarsi, ma sembrava che più lei tentava di sfuggirgli, più il desiderio del suo partner si faceva sentire.

“Dai, Kaori, guarda, si ricorda perfino la prima volta che sei venuta a svegliarlo, e vuole dirti cosa voleva farti già allora! Non sei contenta, eh, eh, eh?” le disse sghignazzando, allupato. La donna rimase di sasso: per quanto potesse, a volte, credere che Ryo potesse essere serio e concentrato… c’erano dei momenti in cui tornava ad essere l’infantile ragazzino con l’erezione facile ed il desiderio assatanato fuori controllo. Il fatto che poi lui adesso se ne uscisse con quella storia dell’averla voluta già allora, dopo che per anni le aveva dato del maschiaccio, accusandola di non essere in grado di eccitarlo, la faceva andare ancora di più su di giri- e non certo nel senso positivo della cosa.

Avvertendo l’erezione premere contro il tessuto della gonna, Kaori prese da sotto alla testa di Ryo il cuscino, e glielo spiaccicò in faccia, liberandosi dalla sua morsa, innervosita dalla sua totale mancanza di professionalità e serietà. Lasciatolo solo nel letto, la donna prese a sfogliare il pacco della posta del giorno, che aveva appoggiato sul materasso: un paio di quotidiani che avrebbero letto attentamente più tardi, pubblicità, un paio di conti da pagare… e poi, una busta gialla, con affrancatura americana; sembrava avesse fatto molta strada, fosse stata sballottata da un piccolo ufficio postale all’altro, come ad impedire a chi l’avesse ricevuta di comprendere fino in fondo da dove fosse partita.

Poteva provenire da una sola persona.

Sayuri.

Le mani della sweeper presero a tremare, e quasi avesse percepito il dolore e la paura della compagna, Ryo si svegliò da quell’apparente stato di torpore, e le fu immediatamente accanto, mentre guardava, rattristata, la busta, incapace di aprirla, timorosa.

Dopo quello che era successo, una volta che le minacce di Sonia si erano rivelate per ciò che erano, promesse vuote, lei e Sayuri non si erano più parlate; sapeva che la sorella biologica la riteneva, in parte, responsabile di ciò che era accaduto a lei e Chris, che se non l’avesse cercata e trovata, se Ryo non fosse entrato con prepotenza nelle loro vite, nulla di quello che era accaduto sarebbe mai successo, ma la giovane sweeper si rifiutava di vederla così. Ryo l’aveva salvata – dalla solitudine, dal senso di incapacità che aveva provato nell’istante stesso in cui le aveva detto della morte di Hide. Le aveva dato una casa, uno scopo… una famiglia.

“Kaori?” le domandò timidamente, sfiorandole la spalla con un dito, un tocco semplice e delicato che tuttavia catturò la sua attenzione. Lei scosse il capo, e con le lacrime agli occhi aprì la busta.

C’erano solo due foto, una di un semplice matrimonio, Sayuri vestita con un abitino stile boho, davanti ad un municipio di una piccola città di provincia, forse del mid-west, e una di lei e Chris con un neonato, e null’altro; nemmeno un biglietto, nemmeno una parola, nemmeno una riga.

“Kaori…” Ryo sospirò, abbassando la mano e lasciandola cadere mollemente sul letto. “So che Sayuri ce l’ha con te perché tutta questa storia è stata colpa mia. Se tu volessi… io…. Io lo capirei, tutto qui. Lei è la tua famiglia e poi, se tu non fossi al mio fianco, non saresti sempre in pericolo, e la tua vita sarebbe molto più semplice…”

Asciugandosi le lacrime col pugno, e tirando sul naso come una bambina, la giovane donna scosse il capo, cercando di sorridere. Cercò il conforto del corpo solido del partner, cingendogli la vita con le sue esili braccia, e lui passò una mano nei capelli ramati, scompigliandoli, guadandola dolce, come se lei fosse stasta la cosa più preziosa del mondo- e per lui, lo era: lo era sempre stata.

“Ryo,  a me non interessa vivere una vita semplice se non posso farlo al tuo fianco. Amo la mia vita, questa vita e… e amo te. Sayuri potrà essere la mia famiglia di sangue, ma la conosco appena. Per me lei è una sconosciuta.” Gli disse, godendosi quelle carezze, facendo le fusa come una gattina. All’improvviso però si immobilizzò; abbassò gli occhi, ed arrossì, timida, prendendo a torcersi le dita nervosamente. “Tu sei la mia famiglia- e ormai lo sei da molti anni. E vorrei che tu lo fossi… per sempre, se lo vorrai. Se mi vorrai.”

Sollevandole il mento con un dito perché si potessero guardare negli occhi, Ryo alzò un sopracciglio, sorridendole in modo quasi enigmatico mentre le passava il pollice sulle labbra carnose. “Di solito è l’uomo che fa la proposta, sai?”

“Sì, ma se aspetto una proposta da te ho tempo di perdere altri dieci anni! Io voglio farla finché sono giovane questa cosa!” Lei gli fece la linguaccia, scrollando le spalle, sbarazzina come la ragazzina che aveva incontrato tanti anni prima: era inutile, dentro, lei sarebbe sempre rimasta la sua Sugar… e questo lui non l’avrebbe cambiato mai, per nessun motivo al mondo. Quella ragazzina lo aveva conquistato in un modo che Ryo allora non aveva capito, né pienamente compreso; la Kaori sedicenne lo aveva intenerito, quella ventenne lo aveva eccitato e sedotto, la giovane donna che era divenuta, innamoratasi di lui, lo aveva conquistato, facendo cadere tutti i muri che negli anni Ryo aveva eretto per proteggersi. “E poi mica voglio un matrimonio sfarzoso o che altro, io vorrei…” fece una pausa, e si morse il labbro cercando la parola giusta. “vorrei solo qualcosa che fosse al contempo un punto di partenza e uno di arrivo. Qualcosa di simbolico, ecco.”

Gli occhi di Kaori caddero sulla foto del nipote: non sapeva nemmeno come si chiamasse, e forse non lo avrebbe saputo mai. Tracciò i lineamenti con un’unghia, soffermandosi sugli occhi, così uguali a quelli di Sayuri, ed ai suoi, dimentica del mondo intero, anche di Ryo, che continuò ad accarezzarle i lineamenti con un tocco delicato ma eccitante allo stesso tempo.

“Sì” le disse lui, all’improvviso. Kaori alzò lo sguardo verso il compagno, che le sorrideva soddisfatto, un po’ strafottente, molto fiero di sé, e sbatté le ciglia di quei suoi grandi occhioni.

“Eh?” Ancora una volta, la donna faticava a seguire, e comprendere, i ragionamenti contorti del bel Saeba.

“Sì, ti sposo. Ci sto.” Le disse, senza perdere un filo di quella strafottenza, quel carattere tronfio che lo aveva sempre contraddistinto. “Cos’è, non ti va già più? Guarda Kaori che io adesso idea non  la cambio mica più, eh!”

“Ma… ma io non parlavo di un vero matrimonio, e poi  non sei tu quello che mi aveva detto che tu sei un clandestino senza documenti, che sei come morto, e che quindi non…” Ryo le mise un dito sulle labbra per zittirla, poi, mollemente, si lasciò cadere sul letto, braccia incrociate dietro al capo.

“Vuoi che non ci sia in giro qualcuno che non sappia hackerare un registro per infilarci un Ryo Saeba di anni…uhm, vediamo… posso arrivare ad un massimo di trentacinque anni, questa è la mia ultima offerta!” le disse, scherzoso.

Kaori rimase senza parole, e continuò a guardarlo, stupita. Tuttavia, le labbra le tremavano per l’emozione, e Ryo, intenerito oltremisura da quel comportamento, sentendosi un po’ colpevole per tutte le manchevolezze del passato, che avevano causato tanti dubbi alla donna del suo cuore, la strinse forte a se, il capo di Kaori appoggiato contro quel cuore che batteva solo per lei. “Sai, mentre eravamo a New York, guardavo quei bambini che correvano per strada, e ho pensato che io non avevo mai vissuto così, non avevo mai giocato contento sapendo che poi sarei tornato a casa da dei genitori che mi avrebbero coccolato. Non mi è mancato, perché quando conosci solo la guerra ti accontenti di quello che hai, ma… ma ho iniziato a pensare che mi piacerebbe amare qualcuno così. Se tu vuoi.”

“Ma… ma io credevo che…” Kaori non osò finire la frase, mentre combatteva strenuamente per combattere le lacrime che, traditrici, minacciavano di lasciare i suoi occhi. “Insomma, tu, tu avevi detto che, che non volevi una famiglia, che nel nostro lavoro non si possono avere figli…”

Un figlio suo e di Ryo: un sogno che Kaori aveva tenuto a lungo celato, che aveva nascosto in un angolo del suo cuore, una speranza che aveva permesso riempirle l’animo solo in rari momenti, quando lui non le era accanto, per non turbarlo o farlo sentire in colpa. Che quel sogno potesse divenire comunque realtà? Che anche lui lo volesse, dopotutto?

“Quando sono arrivato qui, c’erano tre tipi di poliziotti: i corrotti, quelli onesti che venivano fatti fuori dai corrotti e quelli che non facevano nulla perché non pensavano di avere abbastanza potere per cambiare le cose. Ma adesso… dopo tanti anni che sono qui, con Saeko e suo padre ai vertici della Polizia, con il polipone, Miki e Mick, con le Gatte che sono tornate e hanno fatto un po’ di pulizia… le cose sono cambiate. Shinjuku non è più la stessa di quando sono arrivato. E forse… forse è il momento che cambi anch’io.”

Ryo si grattò la nuca, distogliendo lo sguardo da Kaori, che tuttavia avvertiva su di sé: poteva quasi sentire il battito del cuore della sua compagna, ne percepiva l’aura emozionata, colma di affetto, che lo abbracciava e teneva il suo animo al sicuro. “Ci ho pensato, e magari potrei, non so, fare come Jane. O comportarmi da vero investigatore privato. O mettermi a fare il taglialegna in qualche sperduto paesino del Canada, per me è lo stesso. Non ti prometto rose e fiori, Kaori, forse non potrò mai uscire del tutto dal giro, e so di non essere una persona con cui è facile avere a che fare, ma ti posso giurare che ti amerò sempre, e proteggerò la mia famiglia ad ogni costo… che si tratti solo di noi due o…o dei bambini che verranno, ecco. Se li vorrai anche tu.”

“Io…. Non lo so. Non sono certa che mi piaccia l’idea di lasciare Hide e tutti gli altri, però...” La ragazza ammise  a malincuore; abbassò gli occhi, arrossendo, incapace però di nascondere il sorriso. “Ti mentirei se ti dicessi che non ci ho mai pensato, a, ecco, ad un figlio nostro.”

“Sì, effettivamente sarebbe un crimine non passare i miei meravigliosi geni di Stallone…” lui sogghignò, e lei lo colpì col cuscino in pieno volto, facendolo scoppiare a ridere mentre lei gli metteva il broncio e lo additava con i suoi soliti nomignoli, porco, pervertito, vergognoso… tutti deliziosi vezzeggiativi per le orecchie di Ryo.

E poi, lui la trascinò a letto, e tra risate, sospiri, sussurri e mugolii di piacere dimenticarono entrambi tutto, per un tempo che fu troppo breve per i loro gusti. Ma era comunque abbastanza.

E comunque, al domani ci avrebbero pensato prossimamente: forse avrebbe ripreso i contatti con la sorella di Kaori, o forse la sua famiglia sarebbe stata solamente quella che si era creata negli anni, accanto a Ryo; forse sarebbe diventata la signore Saeba, o forse no, forse lei e Ryo avrebbero continuato a fare gli sweeper o magari avrebbero cambiato lavoro, magari avrebbero avuto uno o due figli, che sarebbero cresciuti con i clan di Mick e Falcon che stavano sfornando pargoli con le loro consorti...

Kaori non lo sapeva, non c’era certezza del domani, come la vita le aveva insegnato – e a lei nemmeno importava più di tanto, era ben felice di godersi, in tutti i sensi della parola, quel momento, il suo immediato. Ryo la amava, e questo era già abbastanza.

E comunque, l’amore del suo partner era già di per sé una certezza, l’unica di cui a lei importasse qualcosa: qualsiasi cosa fosse accaduta, i loro cuori non avrebbero ceduto mai, avrebbero continuato a battere l’un per l’altra, anche oltre la vita se fosse stato necessario.



 
   
 
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