Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Malia_    30/08/2009    22 recensioni
Noia.. come ogni lunedì mi ritrovai a braccia conserte sul banco dell’aula di spagnolo. E come ogni giorno, ogni lentissimo giorno, mi sentii trasportare da quei sentimenti di disgusto verso il mondo circostante. Monotonia..Le mie mattinate? Cadenzate da ritmi “normali”, immobili, o forse il termine adatto poteva essere, sì.. “privi di senso”.. la scuola era probabilmente il luogo della mia eterna sopportazione perenne.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Grazie delle recensioni ragazze!!! Sono commossa... io ero così ansiosa. E beh, lo sono ancora. Non è finita!!! Abbiamo la seconda parte della Radura... mamma mia! E dopo questa tiro un sospiro di sollievo, perchè veramente sono stata male quando l'ho scritto chiedendomi se ne era o meno all'altezza. Vi lascio alla lettura... incrocio le dita. Edward incrociale anche tu... arriverete vive alla fine?? Ai posteri l'ardua sentenza. Mali


Radura (seconda parte)

 

- E in ospedale?- Sussurrò strozzata scostandosi leggermente da me. La mia agonia… quanto ero stato stupidamente geloso, quanto avrei voluto leggerle nell’anima per capire cosa avesse pensato di me! La paura, il terrore mi avevano invaso, mentre terrorizzato avevo cercato di capire cosa le stesse passando per la testa in quel lettino. E se mi avesse giudicato un mostro? Eppure il suo sguardo mi aveva detto il contrario, mi aveva chiesto fiducia e io ero stato tentato di dirle tutto, con il disappunto dei miei fratelli. La inchiodai con lo sguardo e incatenai la sua anima alla mia avvicinando il mio viso, lento, vorace come un predatore. Adesso però non l’avrei più fatta scappare, ora sapeva.
- Ero scioccato. Non riuscivo a credere di avere corso quel rischio, di averlo fatto correre a tutti i miei, per proteggere proprio te. Come se ci fosse bisogno di un motivo in più per ucciderti-.
Quella rivelazione mi costò fatica. Entrambi sussultammo. “No”. In realtà non volevo dire questo. I suoi occhi spauriti mi guardarono e avvertii un vago senso di disagio, qualunque cosa, avrei preferito morire che farle del male, volevo che capisse questo e che non avesse paura di me. Mi morsi la bocca fissando la sua e desiderandola ardentemente, guardandola schiudersi e boccheggiare in cerca d’aria forse a causa della mia vicinanza. Le spiegai brevemente come Alice mi avesse appoggiato, come mi avessero deriso i miei fratelli per quell’assurda attrazione. Non si scompose, non batté ciglio, ma i suoi occhi correvano ai miei movimenti e alle mie labbra, spesso arrossendo.
- Il giorno dopo-. Mi bloccai afferrando una ciocca dei suoi lunghi capelli castani e portandola contro di me, attratto dal loro luccichio. Il suo corpo si avvicinò e io sorrisi sghembo - ho origliato le menti di tutte le persone con cui avevi parlato, stupito che avessi mantenuto la parola. Non ti avevo affatto capita-. La sua mano sfiorò le mie dita che fredde giocavano con i suoi capelli. Rabbrividii di piacere a quel semplice tocco. - Ma sapevo che non potevo lasciarmi coinvolgere ulteriormente da te. Ho fatto del mio meglio per starti lontano-. Deglutii veleno e abbassai il capo per raggiungere la mano che aveva bruciato con una leggera carezza la mia pelle. Con le dita toccai quella morbidezza, baciandole ad uno ad uno i polpastrelli e sentendola tremare. Un mugolio sommesso le uscì strozzato dalla gola, ma non riuscì a soffocarlo in tempo e si portò la mano imbarazzata di fronte alla bocca. - E ogni giorno il profumo della tua pelle, del tuo respiro, dei tuoi capelli, mhh... mi colpiva forte, come la prima volta-. Era un’agonia, il suo profumo mi stava uccidendo anche adesso. Portai il suo palmo contro il mio naso e inspirai quella fragranza di fresia e lavanda che tanto mi faceva impazzire, e fu Inferno, fuoco e piacere paradisiaco.
Vibrò ancora, ma non si scostò, i capelli di fronte al viso, la testa china dalla vergogna. Sentivo odore d’eccitazione tra noi, odore di passione, di sesso. E questo mi avrebbe portato alla follia, lo sapevo.
La guardai teneramente quando i suoi occhi incontrarono i miei, vergognosi.
- Perché?-. La sua voce sommessa, roca, mi fece perdere completamente la dimensione di ciò che era giusto e sbagliato.
- Isabella-. Bisbigliai chiamandola per nome. Sussultò sgranando gli occhi e lasciai la sua mano per passare le mie dita tra i suoi capelli e carezzarle leggero le labbra tumide che tanto continuavo a bramare segretamente. – Bella…-. Sfiorai ancora la sua pelle e le impedii di parlare quando tentò di farlo – arriverei a odiare me stesso, se dovessi farti del male. Non hai idea di che tormento sia stato...-. Mi bloccai ancora terrorizzato al solo ricordo. Abbassai il capo e fissai il terreno, dilaniato dall’angoscia, pensarla morta a causa mia, non me lo sarei mai potuto perdonare. Perdere l’amore della mia vita, no, non riuscivo nemmeno a pensarci, no, mai, mai! Le afferrai impulsivamente le mani e le strinsi spasmodicamente tentando di non farle male - il pensiero di te immobile, bianca, fredda... di non vederti più avvampare di rossore, di non poter più cogliere la scintilla nel tuo sguardo quando capisci che ti sto prendendo in giro... non sarei in grado di sopportarlo-. Arrossì di colpo e ansimò, poi portò i suoi occhi sulle nostre mani e strinse forte. Forse... ora… io...
- Ora sei la cosa più importante per me. La cosa più importante di tutta la mia vita-. Azzardai cercando il suo sguardo. Avvampò e un singhiozzo incredulo saturò l’aria. Per qualche momento solo il fruscio del vento e il rumore dell’acqua riempì il tempo tra noi, ma poi sembrò reagire alle mie parole e respirò a fondo.
- Sono qui-. Portò le mie mani contro il suo petto, stringendole spasmodicamente e poggiandovi il suo viso caldo, intimorita. “Abbracciami”. Qualcosa di potente si risvegliò dentro di me e trattenni il respiro affinché le ondate di piacere che mi sommersero non mi soffocassero di meraviglia. Sentivo chiaramente i suoi capelli sfiorarmi la pelle. – Sono qui…-. Ripetè con foga- il che significa che preferirei morire piuttosto che rinunciare a te-. Si morse il labbro inferiore torturandolo. – Sono un’idiota-. Mormorò infine distogliendo lo sguardo e portandolo in un punto lontano da me, troppo lontano. Non era affatto così. Era quello che volevo, averla accanto, sempre. Non l’avrei toccata se non fossi stato certo che non sarebbe stata al sicuro. “Bugiardo, tu la vuoi”.
- Certo che lo sei-. Sciolsi il contatto e la provocai malizioso. Mi lanciò addosso dell’erba appena strappata e insieme cominciammo a ridere di gusto. Era bello potersi lasciare andare per un po’. Avrei voluto fermare il tempo e godermi il suo sorriso per l’eternità. Nascosi il mio disagio e notai i suoi occhi posarsi ancora una volta sull’acqua del ruscello. Mi accovacciai a quattro zampe e mi avvicinai al suo orecchio. Avevo bisogno di dirle ciò che provavo, volevo che lei lo sapesse, con tutto me stesso.
- E così…-. Bisbigliai soffiando piano sulla sua pelle. Rabbrividì, non capii se di freddo, ma continuai - il leone si innamorò dell'agnello...-. Le confessai allora sperando che non scappasse via. Il mio respiro le solleticò il lobo e lei girò piano la testa. Le nostre labbra si avvicinarono pericolosamente, ma lei tenne il volto rivolto verso il terreno.
- Che agnello stupido-. Sussurrò senza voce, agitata. Sorrisi e con una mano le sistemai i capelli dietro l’orecchio. Mi amava… Dio, mi amava. Avrei voluto urlare nella foresta e correre per soffocare tutta quell’ansia. Quell’ammissione le costò altra energia, i suoi battiti rallentarono ancora, avrei voluto stringerla a me e invece fissai un punto indistinto della foresta scuotendo il capo.
- Che leone pazzo e masochista…-. Tremò di nuovo, ma non mi toccò. Alzò gli occhi verso di me e mi guardò come se non credesse che io potessi realmente esistere. Mi domandai cosa potesse esserci di bello in un mostro come me. Comunque rimasi in silenzio, in attesa questa volta che lei mi rivolgesse la parola, che mi chiedesse qualunque cosa. Ora che sapeva, avrebbe potuto fare di me ciò che voleva, io sarei sempre esistito solamente per lei.
- Perché…-. Tentò di parlare, ma si fermò di scatto. Le parole le morirono in gola. Non capii... stava cercando di chiedermi qualcosa ne ero certo. Con lo sguardo tentai di incoraggiarla. Ormai ero completamente perso, non le avrei potuto negare nulla.
- Sì?-. Abbozzai una smorfia sorridente e il suo cuore smise completamente di battere per qualche secondo. Era affascinata da me. Reclinai il capo verso il sole e lasciai ancora che mi colpisse. Trattenne ancora il fiato e si schiarì la voce tentando di recuperarla. Era buffa.
- Dimmi perché prima sei fuggito in un lampo da me-. La sua domanda mi lasciò interdetto. Il mio sorriso si spense improvvisamente. Non ero preparato al suo profumo, alla sua fragranza, alla sua vicinanza, non ancora almeno. Era stato come un colpo allo stomaco, come se qualcuno mi avesse schiaffeggiato e mi avesse fatto perdere consapevolezza e lucidità. Il desiderio per lei si mescolava inevitabilmente alla fame, e non ero ancora in grado di distinguerli.
- Lo sai, il perché-. Mormorai poi di nuovo sulle mie. Non me lo permise, non lasciò che mi allontanassi da lei e si avvicinò sfiorandomi le dita con una mano. Il contatto della sua pelle bollente con la mia, gelida, di ghiaccio, mi fece perdere per un momento.
- No, voglio dire, cos'ho fatto di preciso? È meglio che stia in guardia, per imparare cosa non posso fare. Questo, per esempio-. Mi accarezzò le dita una ad una, percorrendo le linee del mio palmo per dirigersi sul dorso e disegnare dei cerchi leggeri che mi fecero accapponare la pelle. Era bellissimo, doloroso, ma assurdamente piacevole. - Non crea problemi-. Terminò assorta.
- Non hai fatto niente di male, Bella. È stata colpa mia-. Mentii di getto. Assottigliò le palpebre incredula e scosse la testa. Non credeva affatto alle mie parole, ridacchiai. Si avvicinò ancora di più, lasciandomi senza respiro. Il suo profumo… mio Dio, il suo profumo. Non riuscivo a pensare ad altro che a quella fragranza dolce e piacevole che si insinuava nelle mie narici e saturava le mie vene fino a farmi salivare veleno.
- Ma se posso, voglio aiutarti, voglio renderti la vita meno difficile-. Sussurrò cauta. Averla così vicino al mio torace scoperto non mi aiutava a ragionare lucidamente. Sapevo che le piaceva il mio profumo, che l’attirava, potevo notare le sue guance arrossate e il suo naso arricciato che inspirava aria profondamente. Ero eccitato da quella situazione, mi sentivo un ragazzino.
- Bè…-. Ragionai qualche secondo, l’unico modo per farmi stare bene era averla lontana, ma era anche l’unico modo per farmi impazzire e struggere per lei, disperarmi dal desiderio, morire a causa della sua lontananza. -È stata una questione di vicinanza. Gli esseri umani sono per la maggior parte naturalmente timidi con noi, la nostra alterità li allontana... Non mi aspettavo che ti avvicinassi così tanto. E poi il profumo del tuo collo-. La osservai incuriosito soppesando attentamente la sua reazione. Aggrottò la fronte perplessa, ma non ebbe affatto paura come avevo immaginato. Tutt’altro… dopo un attimo di silenzio fece spallucce e si alzò il colletto strizzandomi l’occhio.
- D’accordo, niente collo scoperto-. Si imbronciò convinta e annuì. Il mio primo istinto fu quello di scoppiare a ridere di cuore e non resistetti. Fosse solo stato il collo ad attrarmi in lei non ci sarebbero più stati problemi, invece era qualcosa di assoluto, pelle, corpo, odore, sapore, sangue. Era una vera agonia.
- No, davvero, più che altro è stata la sorpresa-. Mi giustificai ridendo. Mi guardò sorridente. Il mio Piccolo Bambi era riuscita nell’intento di mettermi a mio agio. Il mio cerbiattino… e così voleva giocare? Alzai la mano da terra e la allungai verso il suo collo, la posai leggero sulla sua pelle e sorrisi birichino.
- Vedi? Nessun problema-. Appena consapevole di ciò che stavo facendo sgranai gli occhi e la fissai in silenzio. Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata, furioso, e le mie dita carezzarono quella morbidezza desiderose di percepirne sempre di più. Mi guardò paralizzata e io decisi di dimenticare ogni pensiero, svuotare la mente e scordare le mie paure almeno per un attimo. Tornai serio e i miei occhi la fissarono ardenti.
- Resta ferma-. Mormorai preso dall’emozione. Mi avvicinai respirando piano, lentamente, in modo esasperante tanto che sentii dolore. Dal petto una sofferenza letale mi invase tutte le membra facendomi gemere piano. Una sensazione di piacere mi colse impreparato quando le mie labbra si posarono sulla pelle del suo collo e un brivido mi scosse. Sentii il mio corpo cambiare ed emozionarsi a sufficienza da causarmi un’erezione, mi maledii mentalmente, ma non mi allontanai. Volevo sentirla contro di me, gemere piano, volevo capire cosa le piacesse, cosa la facesse stare bene e le facesse provare piacere. Un desiderio profondamente umano, forse troppo umano. Strusciai la mia guancia nell’incavo della sua spalla e lei ansimò ripetutamente, mugolando piano, musica per le mie orecchie. Mi accorsi di volere di più. Scivolai con le labbra fredde sulla sua clavicola e depositai una scia di baci scostandole i capelli. La camicia bianca che indossava era abbastanza larga e io mi concessi un contatto intimo con la sua pelle sudata dalla dura fatica e profumata. Stavo male, veramente male, ma ero in grado di controllare la bestia dentro di me, non  riuscii invece a frenare il desiderio di assaggiare il sapore della sua pelle. Schiusi la bocca e con la lingua leccai piano quella dolcezza… il veleno mi inondò il palato stordendomi. Sentivo forte il suo sangue pulsare sotto la mia lingua, il suo cuore battere all’impazzata e stavo morendo torturato dal piacere e dal dolore di percepirla abbandonata a me, mia. E poi… in lei non c’era alcuna paura, solo, assoluto, puro desiderio. La portai a stendersi sull’erba spingendola all’indietro come assetato. Non protestò, mi guardò timorosa, ma avevo più paura di lei. Timore di farle male, di desiderarla troppo, di non resistere alla tentazione della mia fame morbosa. Mi stesi sul suo corpo e appoggiai il viso contro il suo seno. Quante volte l’avevo sognato? Respirai forte e il suo profumo mi colpì allo stomaco come un pugno. Avevo bisogno di aria priva del suo odore, ma ormai ero saturo completamente di lei, ma non sazio, ne volevo ancora. Strusciai il mio naso sulla camicia detestando quell’indumento che la copriva leggermente. Il suo respiro era così veloce che pensai non sarebbe più riuscita a riprendere fiato, ma nemmeno io ero sufficientemente lucido. Mi sentivo stordito, non pensavo ad altro che ad accarezzarla, a dimostrarle il mio amore. Potevo farcela, nonostante la mia insicurezza, sapevo di potercela fare. Volevo la sua pelle, la bramavo, desideravo i suoi seni sotto la mia bocca, abbandonati alle mie labbra, ma non sapevo se ce l’avrei fatta o meno a resistere. Erano troppe le emozioni, troppa l’eccitazione. Sentivo il bisogno di esplodere, di lasciarmi andare, ma non potevo farlo. Ed era maledettamente frustrante. Le mie dita risalirono sulla sua camicia e mi permisi di sbottonarle i primi bottoni. Era troppo il bisogno del sapore e del calore della sua femminilità, ma il semplice contatto con l’incavo dei suoi seni mi fece completamente perdere il controllo. Dovevo rimanere fermo, immobile, non potevo più respirare altrimenti l’avrei morsa. Appoggiai così la testa sul suo petto, aspettando che il respiro si calmasse. Sentivo ancora il battito del suo cuore feroce, e aspettai con calma che si acquietasse come il mio spirito, nel silenzio ovattato di quella radura. Non potevo credere di averlo realmente fatto, di averla accarezzata, toccata come avevo sempre sognato e tentato di fare mentre lei dormiva serena. Ma ora lei sapeva tutto di me, mi amava, mi accettava, mi voleva nella sua vita… e mi desiderava. Sospirai quieto e rimasi immobile per minuti, o forse ore, non sapevo più cosa mi stesse succedendo, ma non mi sarei più spostato da lì. Alla fine troppo presto mi alzai.
- Non sarà più così difficile-. Terminai allora soddisfatto di me e del mio autocontrollo. Ma non ero per nulla appagato, il ruggito dentro di me continuava a bruciare le mie viscere chiedendomi qualcosa che non conoscevo.
- E’ stata dura?-. Sussurrò arrossendo. Mi sentii imbarazzato a quella domanda. Impacciato…
Guardammo entrambi il terreno con molta più attenzione del dovuto.
- Non terribile come immaginavo. E per te?-. Mormorai sentendomi un ragazzino alle prime esperienze amorose. Mi corressi… ero un adolescente alle sue prime esperienze amorose.
- No-. Rispose con foga cercando improvvisamente il mio sguardo intimorita – non è stato per nulla terribile…-. I nostri occhi si incontrarono decisi e il rossore che le imporporò le guance inevitabilmente mi incantò. – Per me-. Aggiunse poi mordendosi le labbra ripetutamente come era solita fare.
- Hai capito cosa intendo-. Bisbigliai tentando di decifrare la sua espressione. Avevo paura che lei si fosse sentita costretta, in qualche modo terrorizzata da ciò che avevo fatto, non me lo sarei mai potuto perdonare. Mi aveva fatto sentire vivo come non ero mai stato, e non volevo che lei avesse paura di me, non potevo permetterlo. Mi sorrise e il calore di quel sorriso mi incendiò di nuovo le vene, provocando in me un desiderio irresistibile di averla ancora vicina. Questa volta desideravo essere toccato da lei, volevo che comprendesse… non doveva avere timore di avvicinarsi, non le avrei mai fatto del male, piuttosto sarei morto tra sofferenze atroci, avrei morso me stesso, ma non quel tenero cerbiattino che tanto si fidava di me. Mai…
- Vieni qui-. Sussurrai roco facendola sussultare meravigliata. Le afferrai una mano e la portai contro la mia guancia. Il rossore sulle guance si accese di porpora e i suoi occhi si sgranarono, le labbra si seccarono. Ancora quella bocca… quanto avrei dovuto sopportare prima di poterla avere? La fissai serio e le premetti il palmo contro la mia pelle. – Senti?-. Le dissi poi godendo del contatto delle sue dita sul mio volto. Non c’era più molta differenza tra le nostre temperature, il sole aveva intiepidito la mia pelle. Sorrisi cercando di calmare i battiti del suo cuore di nuovo veloci, sperai che non fosse terrore.
- Resta lì-. Disse piano. Mi immobilizzai quando sentii le sue ginocchia sfiorare le mie, il suo odore femminile solleticarmi l’ istinto e il suo corpo così vicino al mio da percepire il suo seno respirare sul mio torace. Andare all’Inferno e bruciare di passione doveva essere lo stesso. Sapevo cosa voleva da me e mi abbandonai alle sue carezze chiudendo gli occhi, dovevo resistere, non dovevo pensare, riflettere a quanto il sapore del suo sangue potesse essere dolce, zuccherino, dovevo dimenticarlo. I suoi movimenti erano lenti, studiati e la ringraziai per questo. Aveva percepito il mio disagio. Con le dita sfiorò le mie guance ancora e ancora fino a farmi sfuggire un sospiro di piacere. Nessun pericolo, mi sentii tranquillo. Ma quando passò con le dita ad accarezzare le mie palpebre, l’incavo dei miei occhi, le mie occhiaie, percepii un fiume in tempesta squassarmi il petto. “Merda”. Il veleno mi inondò la bocca e un ringhio involontario uscì dalle mie labbra. Ogni più piccola parte del mio corpo reagì al suo odore. Volevo stenderla sul prato e farla mia, prendere la sua anima e succhiare il suo sangue sentendola gridare aiuto. Volevo tutto di lei fino a sfinirla di dolore e piacere. “No, Edward”. Riuscii a mascherare le mie reali sensazioni rimanendo immobile come una pietra, ma dentro di me era come se tizzoni ardenti mi stritolassero gli organi interni e gridassero desiderio. Quando i suoi polpastrelli mi toccarono le labbra avrei voluto morderla, avrei voluto cedere e affondare i canini nella tenera carne del suo polso. “Oh sì…”. Pensai eccitato, sentendo i miei jeans stringere eccessivamente. Mi permisi pensieri poco casti, la mia mente volò al suo corpo nudo intrecciato al mio e ai suoi gemiti, in questo modo riuscii a calmare la bestia, ma non l’essere umano che schiuse le labbra e soffiò sulle sue dita pregando altre carezze. Avevo bisogno di sentirla, avevo bisogno che lei mi toccasse, stava diventando come aria e senza non sarei riuscito a vivere. Quando si allontanò, aprii gli occhi e affamato la guardai. Non riuscii a controllare la mia espressione desiderosa di possederla, di fare l’amore, di nutrirmi della sua anima e mi resi conto dal suo viso che dovevo averla terrorizzata. Mi maledii e tentai di riprendere possesso delle mie emozioni.
- Vorrei... vorrei sentissi la complessità... la confusione... che provo. Vorrei che potessi comprendere-. Sussurrai roco, la mia voce irriconoscibile. Quello che si scatenava inevitabile dentro di me mi rendeva schiavo di desideri mai provati e della mia fame di vampiro. Sarebbe stato difficile spiegarle il potere ipnotico, assoluto e potente che aveva su di me. E l’attrazione, la voglia di fare l’amore, di toccarla, di essere toccato, tutto questo mi faceva impazzire sul serio.
- Spiegamelo-. Disse di getto avvicinandosi di nuovo. Possibile che non lo capisse? “Scappa Bella, scappa da me”. Allungai una mano affascinato e le presi ancora una ciocca di capelli strofinandola sul suo viso sensualmente. Mi piaceva toccarla, mi piaceva carezzare la sua pelle così calda e morbida.
- Non credo che ci riuscirei. Te l'ho detto, da una parte sento fame di te, anzi sete, da creatura deplorabile quale sono. E questo lo puoi capire, in un certo senso-. Tentai di spiegarle, completamente immerso nelle mie carezze. Abbozzai un sorriso e continuai a parlare, senza ascoltare realmente cosa le stessi dicendo. Percepivo solo lei, il suo battito, il suo sguardo intenso e la sensazione di brividi continui che la scuotevano a causa mia. Passai i miei polpastrelli sulle sue labbra, come lei aveva fatto poco prima con me e mi persi nella sensazione di quella bocca carnosa e sporgente, perfetta e arricciata che avevo imparato a venerare e desiderare ardentemente. Il sapore di Bella, sapevo che era fantastico, lo immaginavo, la sua pelle era dolce e morbida, ma il gusto di assaporarla… sarebbe stata la mia eterna ossessione. Portai il mio pollice sul suo labbro inferiore, torturandolo, lo stesso feci poi con quello superiore. Non si mosse, immobile, stordita e tremante. - Ma... ci sono altri tipi di fame. E quelli non riesco a interpretarli, mi sono del tutto estranei-. Ammisi poi. Non volevo nasconderle nulla. I miei desideri, volevo che sapesse cosa mi stava succedendo, cosa nel mio corpo si scatenasse quando le stavo vicino.
- Forse riesco a capire questo più di quanto ti aspetti-. Confessò arrossendo e abbassando gli occhi. Aggrottai le sopracciglia sorpreso dalla sua risposta. Sentivo il desiderio tra noi crescere ad ogni carezza, percepivo l’elettricità correre tra i nostri corpi e toglierci il fiato, sapevo che la mia voglia di farla mia era probabilmente la stessa che lei aveva di accogliermi. Ma questo per me era totalmente nuovo e meraviglioso. Questo era l’amore? E per lei?
- Non sono abituato a sentirmi tanto umano. Funziona sempre così?-. Le domandai avvicinando il mio capo al suo. Mi sentivo così intimamente unito a lei, così pieno di lei che ero pronto a farle qualsiasi confessione. Stavo denudando il mio spirito per amore, tutto di me, le stavo donando tutto il mio disagio e la mia umanità, il mio amore.
- Per me? No, mai. Mai prima di oggi-. Ammise portandosi una mano sulla fronte e imporporandosi di un dolce colore rosato. Capii che anche per lei non doveva essere facile provare un desiderio così intenso. Ero il suo primo ragazzo, il suo primo amore. “Male Edward, molto male”.  Le presi le piccole mani tra le mie e le strinsi forte. Era così vulnerabile, così tenera, come poteva amare un mostro come me una persona così eterea?
- Non so come fare a starti accanto in questo modo- Confessai. - Non sono sicuro di esserne capace-. Il suo sguardo si fece talmente dolce che sentii qualcosa sciogliersi dentro di me, il calore mi invase e un groppo si fermò nella mia gola impedendomi di parlare. Non volevo sembrarle ridicolo, ma dal modo in cui mi guardava sospettai un’adorazione che non meritavo affatto. Mi tranquillizzò accostandosi lentamente a me e poggiando la testa sul mio torace. Ringhiai… avevo bisogno di veleno, di saliva, la mia gola era così secca che non riuscii ad ingoiare. Avevo assoluta necessità delle sue labbra, di nutrirmi del suo odore e del suo sapore per potermi riprendere, il mio corpo lo desiderava più del dovuto. Il mio petto teso, i miei muscoli tirati, la mia erezione a chiedermi sollievo… e la mia fame, viva, pulsante, che smaniava solo per lei, tutto questo mi stava portando alla follia. Era un tunnel, un viaggio di non ritorno in cui io avrei perso tutto me stesso.
- Così va bene-. Sospirò chiudendo gli occhi e strusciando il viso sulla pelle ormai calda del mio torace. Avrei volentieri gridato la mia sofferenza. Il suo profumo solleticava le mie narici, e il suo corpo sodo le mie fantasie. Con un gesto istintivo la strinsi a me, circondandola con le braccia e posando il capo tra i suoi capelli. Morii di piacere. Quando le sue ginocchia si accovacciarono tra le mie cosce il timore che potesse sentirmi mi imbarazzò, ma quando i nostri corpi aderirono completamente dimenticai quella paura, dimenticai anche il mio nome.
-Sei molto più bravo di quanto tu voglia credere-. Ridacchiò sommessamente rilassandosi. Avrei voluto farlo anche io, ma non mi era concesso.
- Possiedo ancora istinti umani. Sono sepolti da qualche parte, ma ci sono-. La strinsi ancora più forte, provando il desiderio spasmodico di far parte di lei, di poterla considerare solamente mia. Come un animale egoista volevo segnare il mio possesso, Bella lo era, da quel momento in poi sarebbe stata solo mia. Non si scompose, girò il bacino lentamente e aderì completamente al mio corpo. Qualcosa di indescrivibile mi strinse il basso ventre e un dolore sordo si concentrò tra le mie gambe. Se solo avessi potuto di più… io… cancellai quel pensiero dalla mia mente e continuai ad accarezzare piano i suoi capelli.
- Lo sento-. Mormorò alzando le braccia e circondandomi il collo. Entrambi rimanemmo fermi e immobili senza fare nulla, continuai a controllare il mio respiro per farle sentire che le ero accanto, ma era faticoso mantenere un ritmo regolare. Giocai spesso con le ciocche ribelli che le incorniciavano il viso e lei fece lo stesso con me, accarezzandomi e cercandomi più volte. Lasciai che mi toccasse e non mi mossi fino a quando il sole non cominciò a tramontare. Era il crepuscolo. Sospirò tristemente e io compresi.
- Devi andare-. Mormorai baciandole la fronte con dolcezza. I suoi occhi non lasciarono la presa dai miei e languidi mi pregarono di non alzarmi. Avrei voluto rimanere un’eternità così, ma sapevamo entrambi che sarebbe stato meglio tornare a casa.
-Pensavo non fossi capace di leggermi nel pensiero-. Rispose stizzita facendo una smorfia imbronciata. Ridacchiai e scompigliai la massa castana dei suoi capelli scostandomi leggermente e richiudendomi la camicia.
- Comincio a vederci qualcosa-. Borbottai facendole una linguaccia. La afferrai per le spalle prima che potesse alzarsi e tutto eccitato decisi di mostrarle una cosa. Il mio sguardo di fece birichino e supplicante.
- Posso mostrarti una cosa?-. Sgranò gli occhi spaventata e ingoiò la saliva perplessa. Scoppiai ancora a ridere quando mi mostrò il suo disappunto.
- Cosa?-. sussurrò preoccupata.
- Il modo in cui io mi sposto nella foresta-. Sorrisi sghembo di fronte alla sua fronte aggrottata
-Non preoccuparti, non c'è pericolo e torneremo al pick-up molto più velocemente-. Il suo cuore fermò improvvisamente i battiti e io rimasi allibito. Aveva così paura? In fondo era divertente. Il rossore sulle sue guance mi fece capire che non era timore, ma emozione. La adorai afferrandole un polso e alzandola di scatto. Volevo condividere anche quello con lei. Tutto…
- Ti trasformi in un pipistrello?-. Domandò timidamente. Le lanciai un’occhiataccia. Come faceva a credere che mi potessi trasformare in un animale simile? Scossi la testa. Maledette leggende sul conte Dracula.
- Come se non l'avessi già sentita!-. Risi. Non mi ero mai sentito più leggero e felice. La strattonai un po’ verso di me, ma lei non seguì il mio movimento tirandosi indietro e portandosi una mano di fronte al corpo in un gesto di difesa.
-Già, immagino che te lo dicano tutti-. Mormorò nervosamente. Non potevo crederci, aveva paura di come mi spostavo tra il fogliame e non del fatto che potessi ucciderla. Quella ragazza era profondamente incoerente, ma io l’amavo proprio per questo. La veneravo.
- E dai, fifona, salta in spalla-. Mi comportai come un bambino. Aprii le braccia e aspettai che mi corresse incontro. La vidi arrossire teneramente e portarsi le dita al petto che tamburellava furioso. Ancora desiderio, ancora passione. Inclinai le braccia e mi avvicinai tirandola contro di me. I nostri corpi così si scontrarono provocando un’ondata di piacere che ci fece rimanere senza fiato. Dovevo stare attento, altrimenti sarebbe stata lei ad uccidermi e non il contrario. Mi voltai di spalle e le feci segno di aggrapparsi. Incerta saltò sulla mia schiena e io la afferrai in modo che le sue gambe mi avvolgessero il bacino e le sue braccia le spalle. Era una posizione piacevole, dovevo ammetterlo, soprattutto perché i suoi seni erano schiacciati contro di me e io potevo sentirne la consistenza e la morbidezza. Storsi la bocca, pervertito fino in fondo, non avevo il minimo dubbio. Eppure anche lei sembrò gradire il contatto perché mi abbracciò stretta e mi respirò sul collo. Piacevole, decisamente piacevole.
-Sono un po' più pesante di un normale zaino-. Sussurrò poi facendomi roteare gli occhi al cielo. La mia forza non era certo quella di un essere umano.
- Figuriamoci!-. Le risposti sprezzante. Si morse le labbra sorridendo e colpendomi la testa con la mano. Risi felice, da quanto non mi sentivo così vivo? Le presi inaspettatamente le dita e mi spinsi il palmo sul naso. Immediatamente una scarica elettrica mi attraversò il corpo e il veleno tornò a bagnarmi il palato. Ma ormai riuscivo a percepire il piacere di accarezzarle la mano, riuscivo a pensare, a rimanere lucido. Potevo rimanerle accanto senza paura.
- Sempre più facile-. Bisbigliai contento. “Via”. Senza aspettare iniziai a correre felice. Il bosco correva intorno a me e io persi cognizione di ciò che stava succedendo e della mia velocità. Era bellissimo poter sentire il vento scompigliarmi i capelli, poterle mostrare il vero me stesso. Scorsi il sottobosco e sfiorai gli alberi giocando a saltare intorno ai tronchi come se avessi dovuto scontrarmi da un momento all’altro. Per me era un vero divertimento, ma non riuscii a dimenticare la sensazione forte di sentirla sulla mia schiena. Il suo seno, le sue cosce, il suo profumo, il suo corpo, erano per me una tortura fisica e mentale. Avrei voluto tanto perdermi nel sapore della sua bocca, mi accorsi di desiderarlo così tanto che avrebbe potuto diventare una vera ossessione. La sua bocca era proibita per me, un tabù, eppure la bramavo come se fosse stata la mia unica speranza di salvezza e fonte di vita, più dello stesso sangue. Saltellai velocemente come un fantasma, senza lasciare alcuna traccia del mio passaggio e in due minuti fummo di fronte al pick-up. La lasciai troppo eccitato, volevo sapere cosa ne pensasse, emozionato.
- Elettrizzante, eh?-. Tutto contento come un ragazzino non notai immediatamente la nausea che sembrava averla colta. Cercò inutilmente di staccarsi da me, ma i suoi muscoli non risposero ai comandi, anzi si aggrapparono con più foga, quasi fosse spaventata a morte da ciò che aveva appena provato.
- Bella?-. Questa volta il mio tono fu ansioso e preoccupato. Da come muoveva la testa doveva avere forti giramenti. Forse avevo un tantino esagerato con la velocità. “Idiota”. La situazione mi accorsi era alquanto comica.
- Credo… di dovermi sdraiare-. Disse con una certa fatica, ansimante. Aspettai immobile che si calmasse e che recuperasse forza.
- Oh, scusa-. Cominciai a credere che le mie esaltazioni non portassero a nulla di buono. Dovevo stare più attento.
- Ho bisogno di aiuto, credo-. Mormorò persa. Risi soffocato. Era proprio buffa… non riuscii a rimanere serio. Sciolsi piano la sua presa strangolatrice da me e la presi tra le braccia cullandola per qualche minuto contro il mio petto. Era pallida, decisamente pallida. La trattenni per poco e la adagiai sul fogliame sedendomi accanto a lei e scostandole i capelli dalla fronte.
- Come va?-. Le chiesi permettendo che il vento le sferzasse il viso. Aveva bisogno di ossigeno. La smorfia che fece mi aiutò a capire che la situazione non era affatto migliorata e che nausea e i giramenti continuavano ad aumentare.
- Credo di avere un po’ di nausea-. Non si muoveva, ma rimaneva rigida, immobile, ogni parola le doveva costare fatica. Faticai a reprimere il desiderio di ridere. L’avevo frastornata, avevo rischiato di farla svenire a causa di una piccola corsa.
- Tieni la testa tra le ginocchia-. La aiutai a portare il capo tra le gambe e in qualche minuto sentii il suo respiro tornare regolare e il sangue iniziare a circolare normalmente. Sospirai di sollievo. Probabilmente per un umano era troppo faticoso sopportare quella velocità, avrei dovuto ricordarlo per le prossime volte.
- Forse non è stata una grande idea-. Mi avvicinai ancora e le scostai la frangia tastandole la fronte, dandole sollievo con la mia pelle di nuovo gelida. Scosse la testa, tentando di tirarmi su il morale. Non voleva demoralizzarmi e si sforzò di sembrare entusiasta. La cosa mi lasciò allibito.
- No, è stato parecchio interessante-. Mentì spudoratamente solo per farmi piacere. Decisi di provocarla un pochino per non farle pensare al suo malessere.
- Ma dai! Sei pallida come un fantasma... anzi, sei pallida come me!-. La canzonai facendole alzare la testa. I suoi occhi erano ancora chiusi, le palpebre serrate.
- Forse avrei dovuto chiudere gli occhi-. Analizzò pensierosa. Risi di gusto. Possibile che fosse così sbadata? Ovviamente sarebbe stato meglio. Scossi la testa incredulo.
-La prossima volta ricordatelo-. Le dissi giocherellone abbassando il capo e dandole un colpetto sulle ginocchia scherzoso. Si spostò allibita.
- Eh? Ma quale prossima volta?!-. Sembrava terrorizzata da quella possibilità. Non riuscii a trattenermi dal ridere. Se avessi continuato così probabilmente non avrei smesso fino a casa. Il mio piccolo Bambi era troppo buffo. Che amore…
- Spaccone-. Bofonchiò stizzita. Io? Forse un po’. Beh, ero molto veloce.  Improvvisamente le guardai il viso e il desiderio delle sue labbra tornò forte. Eravamo così vicini ora, tanto. Tentai di non pensarci, ma Bella si sporse in avanti cercandomi, ansiosa, e io ansimai.
- Apri gli occhi, Bella-. Mormorai piano, aspettando che quegli splendidi occhi nocciola mi stregassero l’anima.
I nostri visi così si incontrarono e le nostre bocche si sfiorarono vogliose. Lei non si scostò, stordita e sentii forte la consapevolezza del bisogno dentro di noi. Lo volevo… lo volevo troppo e decisi di non negarmi quella possibilità.
- Mentre correvo, pensavo…-. Proruppi sentendo il suo respiro veloce sulla mia bocca. L’emozione tra noi saturò l’aria. Il mio stomaco si contorceva dal desiderio e le sue gambe tremavano d’aspettativa. Era la quiete prima della tempesta.
- A non centrare gli alberi, spero-. Mormorò immobile socchiudendo le palpebre. Soffiai piano sul suo volto e la vidi rabbrividire. L’eccitazione aumentò, bruciò i nostri corpi portandoci ad uno stato di comunione mentale che ci avrebbe fatto morire di sete.
- Sciocca-. Bisbigliai tentando di riprendere il controllo delle mie facoltà mentali. Ma era inutile, quelle labbra color ciliegia mi chiamavano e i suoi occhi mi imploravano. - Correre per me è un gesto automatico, non è qualcosa a cui devo stare attento-. Ghignai sperando che non percepisse la mia agitazione. Portai il mio corpo più vicino al suo ed entrambi alzammo il capo, scioccati dal desiderio che ci sconvolgeva.
- Spaccone-. Mormorò ancora sorridendo leggermente. Sì, uno spaccone idiota e innamorato. Follemente innamorato. Ma ora non avevo più voglia di giocare.
Le presi il viso tra le mani facendola sussultare e la guardai intensamente negli occhi, facendola gemere. “Basta”.
- Dicevo... Pensavo a una cosa che vorrei provare-. Schiusi la bocca. Non sapevo cosa sarebbe successo, non potevo prevederlo, ma il desiderio di baciare quelle labbra mi stava ossessionando da troppo tempo, e io ero stanco di controllare quel continuo desiderio che non mi faceva respirare, che mi eccitava, che mi colpiva ad ondate lasciandomi delirante e confuso.
Non respirò, smise completamente di prendere aria, guardandomi supplicante e adorante. “Ti prego”. Sembrava implorarmi. Esitai. Lo volevo, lo agognavo e lo bramavo come non mai. Le mie mani tremarono, il veleno cominciò a fluire come un fiume in piena nelle mie vene, la sola idea di saggiare il suo sapore mi stava facendo impazzire, eccitare, godere. Piano, lentamente, esasperato, avvicinai le mie labbra alle sue, assetato, affamato, schiavo di lei, del suo corpo, e la mia bocca sfiorò la sua che gemette incantata. Ancora, mi allontanai, cieco, ancora… mi avvicinai, delirante. Di nuovo, le sfiorai la bocca con la lingua impazzendo, di nuovo… mi allontanai frustrato e arrabbiato. “Oddio”. Non resistetti. “Basta ti prego”. Era un’agonia di morte lenta. Poggiai le mie labbra brucianti contro le sue e il mio corpo reagì dissennato, un impulso di piacere e godimento mi chiuse il ventre scendendo per provocarmi un’erezione e il mio cuore sembrò pulsare di nuovo in vita. Aria… la mia bocca arse e il desiderio divenne affanno, distruzione e catastrofe. Entrambi diventammo ansiosi di gustarci, il suo sapore mi diede alla testa, le schiusi le labbra e infilai la mia lingua tra i suoi denti chiudendola sul suo sapore. Non c’era, non esisteva nulla che mi avrebbe fatto lo stesso effetto… io stavo morendo. Mi sentivo avvampare come se mi avessero immerso in un braciere ardente, non avevo via di scampo, era la morte. Non potevo e volevo scappare, volevo ma ero incatenato e non riuscivo a liberarmi, la droga fluiva in me e mi lasciava, strozzandomi, schiacciandomi, uccidendomi dentro. La passione mi sconvolse ad ondate e non riuscii a trattenere un gemito che mi dilaniò il petto. “Bella”. Mi sporsi tra le sue gambe, avevo bisogno del suo sapore, ne avevo un maledetto, dannato, estenuante bisogno, ignorai il veleno che mi inondava la bocca e quando le dita di Bella si strinsero tra i miei capelli tirandoli spasmodicamente, strappandoli quasi, mugolando famelica, capii che sarei stato spacciato. Il suo profumo… mi girò la testa e caddi in uno stato di piacere insostenibile. Dovevo fermarmi prima che la bestia prendesse il sopravvento. Non potevo continuare, nonostante lo desiderassi con tutto me stesso. Chiusi gli occhi esausto e dolorante. Mi irrigidii e bloccandomi improvvisamente. “Basta”. Mi allontanai piano, attento e aprii le palpebre guardingo. Le nostre bocche ancora si sfioravano, il mio corpo sentiva forte la necessità del suo, in tutti i sensi. Dovevo riprendere il controllo… dovevo…ma non potevo allontanarla.
- Ops -. Mormorò roca aprendo gli occhi. Affogammo l’uno nell’altra. Mio Dio, che tortura.
- “Ops” è troppo poco-. Riuscii ad articolare. Strinsi i denti quando la salivazione aumentò. Bella si  passò la lingua sulla bocca tentando di trattenere il mio sapore. “Cazzo”. Chiusi ancora gli occhi tentando di dimenticare quell’immagine. Avevo fame, fame di qualcosa troppo immenso da poter contenere. Ripresi a respirare e riaprii le palpebre incatenando oro fuso e cioccolata. Volevo sentirmi una sola cosa con lei e persi veramente la cognizione del tempo, ma non tentai di allontanarmi. Fare l’amore…
- Devo...?-. Tentò di scostarsi da me, ma il suo tentativo fu così debole da essere irreale. E poi... non volevo che si scostasse. Tutto era così confuso dentro di me, l’aria mi faceva stare così male che sembrava avessi anche io bisogno di respirare. Ma non ossigeno, lei, avevo bisogno di lei… di respirare la sua anima.
- No, è sopportabile-. Le strinsi le dita intorno viso aspettando che la fame si calmasse. L’eccitazione dovuta alla sete si calmò e rimase il desiderio di stringerla. Il mio sguardo si ammorbidì. –Per favore- La supplicai poi. – Aspetta… aspetta un attimo-. Non sapevo quale fosse il mio reale desiderio, se tenerla ancora vicina, o aspettare che la voglia scemasse, ma dubitai che fosse possibile.
- Ecco-. Mormorai finalmente tranquillo. Per quanto potessi realmente esserlo. Ero però soddisfatto del mio autocontrollo, in passato l’avrei creduto impossibile.
- Sopportabile?-. Bisbigliò ancora, molto vicina. Sorrisi e la guardai contento. Mi liberai dalla tensione ridendo e lei fece lo stesso.
- Sono più forte di quanto pensassi. È una bella notizia-. Sospirai scrollando i capelli ribelli e passandomi una mano tra le ciocche scomposte. Nonostante tutto nessuno dei due accennava a scostarsi e le nostre labbra si sfioravano ancora.
- Mi piacerebbe poter pensare altrettanto di me-. Bisbigliò respirando sulla mia bocca. Sperai non lo ripetesse altrimenti l’avrei stesa sul fogliame e non l’avrei più fatta parlare per almeno un’altra mezz’ora. “Sto impazzendo”. I nostri occhi ancora incatenati ora si parlavano d’amore. La cercavo, la afferravo, la facevo mia e la lasciavo, ansimando sulle sue guance e sulle sue labbra. Non avevo mai provato nulla si simile. Piano le nostre bocche si incontravano appena e si lasciavano, mentre giocavamo a ridere di quella situazione. Stavamo facendo l’amore.
- E dai, dopotutto sei soltanto un essere umano-. Mormorai sarcastico reclinando la testa di lato. Il mio sguardo brillò nell’improvvisa oscurità e lei sbuffò spazientita, strusciando piano il naso contro il mio.
- Tante grazie-. Rispose acida facendomi ridere. Era venuto il momento di allontanarmi, a tutto c’era un limite, ne ero consapevole. Purtroppo… Mi alzai di scatto soffrendo per l’improvvisa lontananza e le porsi immediatamente la mano per ricreare un minimo di contatto. Afferrò le mie dita grata e tentò di ritrovare l’equilibrio sulle sue ginocchia. Non ci riuscì e fu di nuovo tra le mie braccia. La strinsi a me subito. Ma come avrei fatto a stare ancora lontano da lei? Mi abbracciò stretto e in punta di piedi si abbandonò contro di me. “Wow”. Pensai come uno scemo. Nascosi il viso nell’incavo del suo collo.
- Ti senti ancora indebolita dalla corsa? O è stato il mio bacio da maestro?-. Mi sentivo così calmo, in pace con me stesso, spensierato, finalmente avevo trovato  il mio posto, ed era lì con lei. Risi ancora, mi accorsi di come il mio atteggiamento fosse molto umano e mi stupii.
- Non so, mi sento ancora imbambolata. L'uno e l'altro, penso-. Mi tenne il gioco e ridacchiò stranita. Era un’intimità così totale che dividerci mi avrebbe fatto male. Lo sapevo. Eppure dovevo farlo, per il bene di entrambi.
Mi allontanai di scatto lasciandola barcollante.
- Forse è meglio che guidi io-. Trotterellai verso il pick-up. Sicuro.
- Sei pazzo?-. Si voltò verso di me con una smorfia di pura paura. Assottigliai le palpebre. Possibile che il mio cerbiattino avesse timore solo di cose futili come la mia guida? Era divertente andare veloce.
-Sono un pilota migliore di te nella tua forma più smagliante. Hai i riflessi molto più lenti dei miei-. Annuii con aria saccente e lo sguardo da professore, incrociando le braccia al petto. Spalancò la bocca meravigliata e mi puntò un dito contro. Sapevo che l’avrei avuta vinta, ma giocare così mi faceva stare bene.
- Certo, ma non credo che i miei nervi o il mio pick-up possano farcela a sostenerti-. Mi pregò congiungendo le mani e io scossi divertito la testa. “No, no, piccolina, tu a casa ci devi arrivare sana e salva”. Ridacchiai, il mio era un no secco, categorico, non aveva via di fuga.
- E dai, Bella, un po' di fiducia-. Le parlai come ad una bambina capricciosa aprendo il palmo della mano e facendole segno di darmi le chiavi. Non si mosse e si strinse nelle spalle tentando di non cedere.
- No, nemmeno per sogno-. La guardai incredulo. Era proprio decisa a resistere, ma sapevo bene come farla desistere dalla sua decisione. Venne avanti barcollante, ancora incerta e tentò di scostarmi e superarmi per andare ad aprire lo sportello di guida. Sorrisi… allungai le braccia e la afferrai per la vita facendola ancora scontrare contro di me. Quel contatto fisico inaspettato le tolse il respiro. Le accarezzai i fianchi facendola tremare, mi stavo divertendo troppo e stavo senza dubbio esagerando.
- E dai-. Mormorai sul suo orecchio facendola gemere leggermente. Non era propriamente un modo corretto di comportarsi. Di fronte al suo silenzio ansimante parlai ancora.
- Bella, fino a questo momento il mio sforzo personale nel tentativo di salvarti la vita è stato enorme. Non permetterò certo che tu ti metta al volante nel momento in cui non riesci nemmeno a camminare in linea retta. Oltretutto, gli amici non lasciano guidare chi ha bevuto, lo sai-. Appoggiò il capo contro la mia spalla e si lasciò accarezzare. Un attentato alla mia forza di volontà e alla mia vita, ma una morte di quel genere, era proprio quella che avevo sempre desiderato in segreto.
- Pensi che sia ubriaca-. Sussurrò. Le nostre labbra si sfiorarono ancora. Eravamo entrambi ubriachi. Io di lei e lei di me, ma io avrei saputo controllarmi meglio. Ormai eravamo sotto l’effetto di una potentissima droga.
- Sei intossicata dalla mia presenza-. Ci strusciammo l’uno contro l’altro e le nostre fronti si toccarono rimanendo immobili. La vidi sospirare e prendere le chiavi, sconfitta. Aveva ceduto, le sventolò di fronte a me e le fece cadere nel vuoto. Le afferrai al volo sorridendo. Avevo proprio voglia di rilassare i miei muscoli guidando, e magari anche la mia eccitazione che non accennava a calmarsi. “Reazioni umane del cavolo”.
- Non ti posso dare torto. Vacci piano, il pick-up è un pensionato-. Ammise. La lasciai di colpo notando la sua delusione e mi diressi verso lo sportello aprendolo di scatto.
- Molto ragionevole-. Ghignai infilando le chiavi e aspettando che si avvicinasse. Rimase ferma a guardarmi per qualche minuto, indecisa sul da farsi.
- E tu?-. Reclinò il capo di lato incuriosita- Non sei nemmeno scalfito dalla mia presenza?-. La sua domanda maliziosa mi fece sgranare gli occhi e trattenere il respiro. Forse non si rendeva minimamente contro di ciò che riusciva a scatenare dentro di me, ed era meglio così. “Questa me la paghi, cerbiattino”. Il mio corpo si mosse da solo e la presi colto da un’improvvisa voglia di dimostrarle quando si sbagliasse. La portai contro il pick-up, facendole appoggiare la schiena contro la carrozzeria del furgone. Avvicinai di nuovo il volto al suo e i nostri corpi aderirono ancora. Le nostre bocche si sfiorarono ansiose di riprovare le sensazioni che ci avevano sconvolto e la passione esplose facendoci abbandonare al desiderio reciproco. “Bella”. Se l’avessi baciata ancora avrei perso completamente me stesso. Le sforai le palpebre, lento, esasperato da quella sensazione di bisogno. E poi gli occhi, la fronte, le guance, il collo, l’orecchio… mordicchiai il suo lobo assaporandone il gusto dolce-salato e leccai ansimante la sua guancia fino ad arrivare a baciare il suo mento. Si abbandonò contro il pick-up gemendo ripetutamente. Immaginai che l’Inferno fosse quello, desiderarla in quel modo spasmodico senza poterla avere. “Cristo”. Non mi fermai, ripresi a morderle le labbra e ancora... sì ancora, baciare la sua bocca leggermente, i suoi occhi, le sue palpebre, il suo collo, il suo mento, il suo orecchio. Sentivo i nostri gemiti farsi pesanti, i miei ansiti farsi ringhi rumorosi, la sua bocca scottare, il mio petto strusciarsi contro il suo. Era finita… finita…finita…
- E in ogni caso-. Tremai soffiando sulla sua pelle e facendola vibrare – I miei riflessi sono più pronti dei tuoi-. Mi allontanai lasciandola contro l’auto, delirante e sedendomi al posto di guida con un salto felino. La mia mentre faticò a riprendere la lucidità necessaria e per un attimo appoggiai il capo contro il volante. “ Sto cercando di ammazzarci per caso?”. Comunque… ammisi a me stesso, era vero, io riuscivo a controllare meglio i miei istinti e i miei desideri, almeno per ora.


   
 
Leggi le 22 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Malia_