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Autore: Mr Lavottino    05/08/2021    7 recensioni
*STORIA AD OC*
Zoey si ritrova rinchiusa all'interno di un luogo sconosciuto, con in tasca una carta raffigurante una volpe. Scopre, purtroppo, che è vittima di un sadico gioco nel quale l'obiettivo è uccidere proprio la volpe.
Dal testo:
- C’era una volta una volpe dal pelo rosso lucente. La volpe era ben voluta all’interno del bosco ed era considerata la regina incontrastata di quelle terre. Nessuno osava mettere in discussione l’autorità della volpe, perché tutti la amavano ed erano soddisfatti del modo in cui regnava sul bosco.
Tuttavia, un giorno un lupo osò sfidare la volpe. La volpe, che era buona e caritatevole, decise di accettare la sfida del lupo. Organizzò quindi una competizione all’interno del bosco, alla quale avrebbero partecipato tutti gli animali, perché era giusto che tutti avessero le stesse possibilità di vittoria.
La competizione consisteva in una caccia, alla quale parteciparono diversi animali. Il primo che avrebbe ucciso la volpe sarebbe stato il vincitore ed avrebbe ottenuto il titolo di re del bosco. -
Genere: Horror, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio, Duncan, Nuovo Personaggio, Zoey
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Un ragazzo in sovrappeso, il leggio insanguinato, Duncan morto e lei nelle mani di una figura ricoperta di sangue che voleva ucciderla. Queste immagini le passarono per la testa come un treno sui binari.
- Che cazzo stai facendo? – Duncan guardò Zoey con un sopracciglio alzato ed un accenno di sorriso in volto. La ragazza ci mise un bel po’ a togliere le mani da davanti al viso e ad aprire gli occhi, chiusi istintivamente per la troppa paura.
- Non vuoi – si bloccò subito. Sentiva il respiro mancarle – uccidermi? – chiese con sguardo tremante. Duncan puntò gli occhi verso il soffitto, come se ci stesse pensando su.
- No, direi di no. – piegò la testa di lato e continuò a guardarla con sguardo stranito. A quel punto Zoey provò a tirarsi su cercando di far leva sulle sue gambe tremanti. Ancora non aveva metabolizzato cosa fosse accaduto, ma era certa che quell’annuncio era l’inizio di una caccia all’uomo, o meglio animale, con lei come bersaglio principale.
- Vogliono ammazzarmi. – sussurrò, mentre il cuore in petto riprendeva a battere con forza – Perché?- chiese, prima di scoppiare a piangere di colpo. Duncan, quasi infastidito dalla scena, si girò di spalle e fece finta di nulla.
- Immagino sia vero – confermò poi. Zoey aumentò l’intensità dei singhiozzi, ma Duncan la sovrastò con la sua voce – Tuttavia, io non so perché devo farlo. E se c’è una cosa che odio è che mi si dica cosa devo fare. – sbatté con forza il tubo sul pavimento e puntò gli occhi verso la cassa.
- Quindi non mi ucciderei? – Zoey appoggiò una mano sul muro per farsi forza e guardò fissa l’altro, che si lasciò andare ad una risatina.
- Questo non posso promettertelo con certezza, ma per adesso non intendo farti del male. – Duncan alzò le spalle – Piuttosto, cerchiamo di capire come uscire di qui e, magari, trovare qualche arma. –
- Arma!? – ripeté Zoey sgranando gli occhi.
- Scusami, ma con cosa pensi di difenderti? Stai certa che non cercheranno di ammazzarti con baci e carezze. – ironizzò lui, grattandosi e scuotendo la testa al tempo stesso.
- Hai ragione. – constatò Zoey, per poi avvicinarsi al leggio al centro della stanza. Il suo sguardo cadde sulla copertina in pelle sopra la quale c’era un’incisione con caratteri dorati – “Il segreto della volpe”. – lesse ad alta voce. Duncan si girò verso di lei e la guardò come se fosse un fantasma.
- Riesci a leggere quei caratteri? – domandò, indicandola con l’indice tremante. Zoey, sulle prime, non capì precisamente cosa volesse dire. Per lei, quei caratteri erano perfettamente comprensibili.
- Certamente. – disse, piegando la testa da un lato – Perché, tu non ci riesci? – aggiunse poi con sorpresa.
- Ovvio che non ci riesco. Mica è scritto in inglese! – borbottò Duncan, infastidito dal tono della rossa. Zoey sfogliò le pagine del libro, costatando come effettivamente riuscisse a leggere senza problemi quel tipo di scrittura. Una pagina in particolare attirò la sua attenzione, dove c’era l’illustrazione di una volpe rossa.
- “La volpe aveva poteri unici ed indistinguibili, riusciva a vedere il domani e, quindi, a vedere il flusso d’acqua che scorreva nel suo verso. Estasia, conquista e raggira; furba ed elegante, si muove con scaltrezza ed audacia verso il suo obiettivo.” – lesse, con un po’ di fatica.
- Che cazzo significa? – chiese Duncan, cercando di cavarne un ragno dal buco.
- Non ne ho idea. – Zoey scosse la testa e riprese a sfogliare le pagine finché non trovò l’illustrazione di un lupo – Guarda, qui c’è il tuo animale. – toccò la figura con un dito ed intimò Duncan di andarle vicino.
- Che dice? – domandò, mentre con gli occhi analizzava la bellissima illustrazione colorata a regola d’arte.
- Niente, sono solo delle illustrazioni. – Duncan sbatté gli occhi diverse volte, poi guardò Zoey alla ricerca di un qualche dettaglio aggiuntivo – Non c’è scritto nulla. –
- Che palle! – sbatté il tubo contro il leggio e lo fece cadere in avanti.
- Il libro! – Zoey riuscì ad afferrarlo al volo, mentre il pezzo di legno cadde sul pavimento. L’eco del colpo riecheggiò per qualche secondo, poi lentamente ritornò il silenzio.
- Qui dentro c’è qualcuno! – una voce maschile, proveniente dal corridoio, attirò la loro attenzione. Zoey sbiancò immediatamente. Duncan le fece cenno di mettersi dietro di lui, dopodiché entrambi puntarono gli occhi sulla porta in attesa che si aprisse.
Ci volle quasi un minuto intero, come se la persona fuori non riuscisse a spingere la maniglia. Non appena il cigolio della porta si fece più forte, Zoey afferrò istintivamente la manica di Duncan con forza. La porta si spalancò, ma nessuno fece il suo ingresso nella stanza.
Duncan, a quel punto, si fece di qualche passo in avanti, così da avere una perfetta visuale sull’entrata e lì, appoggiato allo stipite con il fiatone, trovò un ragazzo in sovrappeso dai capelli biondi che, ansimando, faceva del suo meglio per non morire d’infarto dopo lo sforzo fisico.
-Finalmente – un respiro profondo – ho trovato – un altro respiro profondo – qualcuno. – concluse, per poi guardare Duncan con un sorriso. Aveva il volto sudato e completamente rosso, mentre con i suoi occhi scuri cercava di mettere a fuoco la persona che aveva davanti.
Zoey si fece un passo in avanti per vedere la scena e venne prontamente fulminata con lo sguardo da Duncan. Non ci pensò due volte, dopo aver visto gli occhi infuriati del moro, si nascose dietro ad uno scaffale posto sul fondo della stanza.
- Cavolo, è stata una camminata davvero lunga! – il biondo si tirò su con fatica, si asciugò il sudore con la mano e poi si avvicinò verso di Duncan, al quale porse proprio la mano sudaticcia ed appiccicosa – Io mi chiamo Owen. – si presentò, attendendo che l’altro ricambiasse il gesto di cortesia.
- Da dove vieni? – Duncan non si preoccupò delle presentazioni, né tanto meno dello stringergli la mano. Rimase fermo in ipertensione squadrando Owen da cima a fondo.
- Che vuol dire da dove vengo? Ero in giro per il corridoio alla ricerca della volpe. – spiegò, con una normalità tale da far raggelare il sangue nelle vene di Zoey. Le sue paure erano fondate: là fuori c’era davvero gente che voleva ucciderla.
- Hai trovato niente di interessante? – domandò Duncan, cercando nel frattempo di pensare ad un modo per cacciarlo senza destare sospetti. Zoey era nascosta, ma non poteva comunque farlo restare lì per troppo tempo e nemmeno poteva mandarlo via senza una valida motivazione.
- Niente di niente, questa è la prima porta che ho trovato in dieci minuti di camminata. – Owen alzò le spalle e si aggiustò i capelli arruffati con la mano – Tu che animale sei? Io sono l’orso. – estrasse la carta dalla tasca e gliela mostrò tutto soddisfatto.
- Il lupo. – Duncan fece lo stesso.
- Bravo, vedo che non menti. – si complimentò Owen lasciandolo un po’ stranito.
- Comunque qui non c’è niente, se vuoi puoi riprendere la ricerca. – Duncan gli fece cenno di tornare fuori, ma Owen scosse la testa.
- Assolutamente no! Più siamo e meglio è, il nostro obiettivo è quello di cacciare tutti insieme la volpe. – sorrise Owen, per poi fare un altro passo dentro la stanza. Duncan guardò Zoey con la coda dell’occhio e tirò un forte sospiro.
- Senti un po’, grassone. – si mise davanti a lui per bloccargli la vista dello scaffale incriminato – Mi spieghi un po’ questa storia della caccia alla volpe? – Owen lo guardò confuso, un po’ come aveva fatto Zoey con lui quando le aveva detto di non saper leggere quei caratteri.
- Mi vuoi dire che in realtà non sai nulla di quello che sta succedendo? – chiese Owen, spalancando la bocca per la sorpresa.
- No, non so nulla. So della caccia solo perché quello sciroccato ci ha –
- Non chiamare sciroccato il nostro signore! – tuonò Owen, sovrastando le parole di Duncan. L’espressione sul suo volto si era fatta dura ed infuriata, tanto che Duncan non poté nascondere la pelle d’oca. Poco dopo, tuttavia, Owen tornò docile e mansueto come prima – Va bene, se non sai il perché siamo qui te lo spiegherò io: la volpe è benevola, talmente benevola che vuole che tutti noi possiamo prendere il suo posto. Per questo siamo qui. – spiegò, dando al moro uno strano senso di dejà vu.
- Mi hai praticamente fatto il riassunto di quanto ha detto quel co – lo sguardo di Owen si incupì – coltissimo uomo. – Owen sorrise e Duncan capì di essersi risparmiato un urlo in pieno volto.
- Chiunque ucciderà la volpe avrà avverato il suo più grande desiderio! Capisci cosa significa? – Owen lo guardò dritto negli occhi con espressione sognante.
- Direi proprio di no. – Duncan non poté far altro che grattarsi la testa, sempre più confuso dallo strano modo di comportarsi dell’altro.
- Che potrei chiedere cibo infinito! – Owen intrecciò le dita delle mani ed iniziò a lasciarsi andare ad un lungo elenco di pietanze – Pizza, pasta, poutin, porridge, paella – l’elenco era talmente vasto che dopo poco Duncan non riuscì a stargli dietro, si preoccupò più di voltarsi di tanto in tanto per cercare di tenere d’occhio Zoey.
- Dannazione, quest’idiota non vuole proprio andarsene. – pensò, sempre più seccato.
- Amico, posso farti una domanda? – chiese Owen, interrompendo di colpo il suo lungo elenco.
- Dimmi. – Duncan alzò un sopracciglio e lo guardò.
- Perché ogni tanto ti guardi dietro? – Duncan sudò freddo. L’aveva decisamente sottovalutato – Non è che stai nascondendo qualcosa? – l’espressione di Owen si fece cupa ed inquietante – Chi c’è la dietro? – il biondo fece un passo avanti, ma Duncan gli appoggiò una mano sulla pancia per fermarlo.
- Aspetta un attimo. Chi ti ha dato il permesso di entrare? – assottigliò lo sguardo cercando di impaurirlo. Per tutta risposta, Owen lo spinse con forse addosso al muro e poi si avviò di prepotenza verso lo scaffale dietro al quale era nascosta Zoey. La rossa non poté far altro che poggiarsi entrambi le mani sulla bocca per cercare di rimanere il più in silenzio possibile, mentre l’altro girellava nelle sue vicinanze con intenzioni tutt’altro che amichevoli.
Owen perlustrò la zona muovendo rapidamente gli occhi da un punto all’altro della stanza, poi si fermò di colpo, abbandonò l’espressione cupa e tetra e tornò il ragazzo allegro e gentile di poco prima.
- Oh, quindi non c’era nessuno. Scusami, sono stato troppo avventato. – disse ridendo, mentre guardava Duncan che si alzava a fatica. Si girò poi verso lo scaffale, dietro il quale era nascosta Zoey, ed i suoi occhi si illuminarono – Questo libro lo conosco! – afferrò un libricino dalla copertina gialla e, proprio nel momento in cui le sue dita paffute toccarono la carta, il suo sguardo cadde accidentalmente verso quello di Zoey, che lo stava osservando terrorizzata.
Fu un istante, una frazione di secondo. Zoey vide volare via lo scaffale e si ritrovò Owen davanti a lei, senza nulla fra di loro. La ragazza sgranò gli occhi per la paura, mentre l’aggressore si crogiolava in un sorriso diabolico che lasciava ben intendere le sue intenzioni.
- Sei tu. – disse poi, senza riuscire a trattenere una risata – Tu sei la volpe! – Zoey provò a scuotere la testa in segno di dissenso – No, lo percepisco! Sei tu la volpe. Mi basta guardarti negli occhi per capirlo! – Owen alzò un pugno per colpirla. Zoey non poté far altro che mettere i bracci davanti al volto per difendersi in attesa di venire colpita, ma, poco prima che il pugno di Owen andasse in porto, Duncan lo colpì con il tubo di ferro facendolo cadere per terra. Il biondo cadde per terra ed una grossa chiazza di sangue iniziò a formarsi sul pavimento andando a macchiare tutti i libri sparsi per terra.
- Gli avevo detto di non entrare. – disse Duncan, guardando la scena con il fiatone senza il minimo accenno di rimorso. Alzò poi gli occhi verso di Zoey, nel frattempo scoppiata in lacrime – C’è mancato poco. –
Zoey, lentamente, riprese lucidità e a quel punto le tornò di nuovo la sensazione di dejà vu. Guardò il corpo di Owen steso per terra e capì di aver già vissuto, in qualche modo, quella scena. Sapeva che Owen era ancora vivo, se lo sentiva. E si sentiva pure che se Duncan non avesse agito subito lui l’avrebbe ucciso. Il respiro di Zoey si fece sempre più forte, fino a quando non rischiò di svenire per agitazione. Però non poteva. Perché se l’avesse fatto Owen li avrebbe uccisi entrambi.
- Non è morto. – sussurrò.
- Che? – domandò Duncan, che non era riuscito a sentire ciò che aveva detto. Zoey gli afferrò la maglietta e si tirò verso di lui.
- Non è morto. Se non fai qualcosa ora, se non lo fai ci ammazza, se non lo fai moriamo entrambi. Lo so, l’ho visto, sbrigati, per piacere finiscilo. Fai qualcosa. – iniziò a dire con voce tremante. Duncan, sempre più preda della confusione, le appoggiò le mani sulle spalle e la scosse per qualche secondo.
- Dannazione, riprenditi! Non capisco un cazzo di quello che dici! – le urlò in faccia, riuscendo in qualche modo a farle calmare.
- Uccidilo. – disse soltanto.
- È già morto. Non lo vedi il sangue? – obiettò Duncan, alzando gli occhi al cielo. Zoey aumentò la presa sulla sua maglietta.
- Ti dico che è ancora vivo! L’ho visto! – urlò, facendolo quasi spaventare. A quel punto Duncan, per farla smettere, si scostò bruscamente da lei, afferrò il tubo e si avvicinò al corpo di Owen. Il sangue si era espanso per quasi due metri, tanto che le scarpe di Duncan erano finite col macchiarsi di quel rosso cremisi. Duncan alzò il tubo e fece per colpirlo, ma in quell’istante Owen si sollevò da terra e cercò di aggredirlo. Seppur colto alla sorpresa, Duncan riuscì ad evitarlo e gli andò subito in contro. Il biondo provò ad afferrare il leggio da terra, senza però riuscirci. Duncan lo colpì al braccio con talmente tanta violenza da spezzargli l’osso.
Owen si lasciò andare ad un urlo di dolore disperato e scoppiò a piangere. Si lasciò cadere per terra, finendo per imbrattarsi tutti i vestiti di sangue, e cercò di indietreggiare verso il muro, ma il sangue non gli permise di far leva sul pavimento per strisciare all’indietro.
- Ti prego, non farlo! – disse poi, con la voce rotta dal pianto – Se la uccidiamo tutti noi avremmo una ricompensa! Saremo tutti quanti ricompensati. – mise il braccio sano davanti al volto e Duncan non ci pensò due volte prima di spezzargli anche quello – Ahia! – gridò, con tutta la forza che aveva in gola – Perché lo fai?! Perché la stai proteggendo? – chiese Owen a quel punto. Duncan ghignò e quel ghigno permise ad Owen di capire con chi avesse davvero a fare. Quella non era l’espressione di una persona razionale, non lo era affatto.
- Proteggere lei? – ripeté, per poi abbassarsi alla sua altezza – No, non ti sto uccidendo per proteggerla. – scosse la testa e si lasciò andare ad una grassa risata – Sono due i motivi per cui stai per morire: il primo è perché sei entrato nella stanza quando ti avevo detto di non farlo. – Duncan si fece serio tutto d’un tratto – Il secondo, quello più importante, è per avermi sbattuto contro quel cazzo di muro. – indicò la parete con il pollice. Detto ciò, alzò il tubo e lo colpì con forza fino a spezzargli il cranio. Fu solo quando la testa di Owen fu totalmente aperta che smise di colpirlo, mentre il sangue continuava a sgorgare a litri sul pavimento e sul cadavere dello sventurato. I brandelli dei denti si erano mischiati con le cervella, gli occhi erano stati spappolati e pezzi di scheletro si erano conficcati all’interno di quello che rimaneva della sua lingua, il tutto condito con qualche capello biondo imbrattato di sangue che era finito dentro la sua mascella spaccata.
Zoey, dal canto suo, era rimasta in silenzio per tutta la scena. Si era lasciata andare solo dopo che Duncan aveva finito quella tortura, finendo per vomitare sul pavimento per il disgusto, l’ansia e la paura che aveva provato. Il suo rigurgito si mescolò al sangue di Owen e questo, per poco, non la portò a vomitare di nuovo.
- Tu, mia cara, mi devi delle spiegazioni. – Duncan si avvicinò verso di lei e le tese il tubo, sul quale erano ancora appiccicati dei pezzi di cervello del povero malcapitato.
- Cosa? – domandò, scostandosi bruscamente dall’arma del delitto.
- Come sapevi che non era morto? – il ragazzo inclinò leggermente la testa di lato tenendo lo sguardo fermo su di lei. Zoey ci pensò su per un po’, poi appoggiò una mano sulla tempia ed iniziò a massaggiarla.
- L’ho visto prima, poco dopo l’annuncio. Nella mia testa sono apparse dei ricordi in cui quel tipo ci uccideva entrambi. – confessò. Duncan sbuffò, con lo sguardo perso nel vuoto. Quel discorso non aveva affatto senso, così come non l’aveva quello che era successo poco prima. Il viso di Zoey si illuminò tutto d’un tratto – Ah, giusto, mi era già successo. Io, in qualche modo, già sapevo che ti avrei incontrato. –
- Non ci sto capendo niente, onestamente. – Duncan si grattò la testa – Comunque sia, ce ne occuperemo a tempo debito. –
 
Kaylee vagava per il lungo corridoio buio senza una meta precisa. I suoi occhi azzurri si disperdevano in quel posto claustrofobico alla ricerca di un qualsiasi dettaglio che avrebbe potuto aiutarla ad orientarsi, ma la luce tentennante non le permetteva di avere un vista ottimale. Si passò una mano fra la folta chioma bionda fino a toccarsi il collo.
Non aveva ancora incontrato nessuno, nonostante stesse camminando ormai da parecchio tempo. Per di più, era anche indifesa e senz’armi. Lei, con il suo discreto metro e sessantaquattro ed i suoi quaranta chili contati, non era certo in grado di difendersi da sola in un luogo del genere. Il suo obiettivo, fin dall’inizio, era stato quello di trovare un’arma da poter usare, ma la cosa si era rivelata fin troppo difficile.
Si morse le carnose labbra rosse e proseguì nella passeggiata, cercando di elaborare qualche strategia momentanea per difendersi. L’unico oggetto che aveva con se era la sua carta, ma non era né abbastanza affilata, né tantomeno resistente per poter essere usata come arma di difesa.
Poteva pur sempre far affidamento su quello che aveva imparato nei suoi vari anni di studi. Dopotutto lei era Kaylee Boucher, giovane psicologa in erba che lavorava presso la clinica privata di MacLean dopo essersi laureata a pieni voti. Ne aveva imparati di trucchetti per dissuadere le persone, tuttavia nessuno faceva al caso suo.
Perché quello a cui stava partecipando, alla fine, era un gioco di squadra. Otto contro uno. Sulla carta le bastava non incontrare subito la volpe per farla franca, dato che gli altri giocatori erano tutti, più o meno, alleati con lei.
La probabilità di scontrarsi subito col nemico era di zero virgola quattordici. Fu proprio quel pensiero ottimista a spingerla ad osare un tantino di più. Capì che girovagare a casaccio fra i corridoi non sarebbe stato affatto il modo migliore per riuscire a trovare qualcuno.
- C’è nessuno? – urlò. Attese in silenzio per qualche istante, prima di riprovare. Ancora silenzio. Poi, dal fondo del corridoio, sentì un brusio – C’è qualcuno? – si fece qualche passo avanti e più andava avanti e più il brusio si faceva forte. Variò la sua andatura da semplice camminata ad una marcia veloce, sempre senza distogliere minimamente lo sguardo da davanti a se. Doveva pur sempre essere prudente.
- Ti dico che l’ho sentita! Sta venendo qualcuno verso di noi. – Kaylee si fermò solo quando i suoi occhi si abbatterono contro quelli dei proprietari delle voci che aveva sentito in lontananza. Erano due ragazzi: uno era alto quasi due metri, dai folti capelli neri, gli occhi scuri, la barba incolta ed una cicatrice sulla fronte che Kaylee riuscì ad intravedere nonostante la distanza e la luce. Aveva una pelle pallida ed era, nonostante l’altezza, esile e leggermente incurvato in avanti. Tutto il contrario rispetto al ragazzo accanto a lui, quello, di palesi origine latine, era robusto, dalla carnagione abbronzata, gli occhi verdi ed i capelli corti e castani.
I due guardarono Kaylee come se fosse una creatura sconosciuta. Lei stessa riconosceva di fare un certo effetto, non capitava tutti i giorni di imbattersi in una bionda con gli occhi azzurri dalle curve marcate e dal volto angelico. Quasi tutti restavano ammaliati la prima volta che la vedevano.
- Le carte. – Kaylee non perse tempo. Estrasse la sua, tenendola con il retro rivolto verso di loro, in attesa che anche loro facessero lo stesso. I due si scambiarono una rapida occhiata, poi eseguirono il comando.
A quel punto, Kaylee rivelò la sua carta, sulla quale era raffigurato una tigre. I due cacciarono un sospiro di sollievo, poi ruotarono le rispettive carte mostrando un gufo per il ragazzo latino e un leone per quello pallido.
- Fantastico, quindi siamo alleati. – anche Kaylee, finalmente, smise di tenere i muscoli irrigiditi e si tranquillizzò. Si avvicinò a loro e gli porse la mano – Io sono Kaylee, piacere di conoscervi. – nessuno dei due, però, rispose al suo gesto.
- Il tuo potere. – il pallido la squadrò da cima a fondo. La ragazza spalancò gli occhi, poi li batté velocemente cercando di ricomporsi. L’avevano appena fregata. Si mordicchiò il labbro, poi alla fine, sotto gli sguardi sospettosi degli altri, rispose.
- Leggo il passato. – non c’era nessun motivo per mentirgli. I due si scambiarono un cenno di intesa.
- Io sono Mark. – disse il latino.
- Io Luke. – aggiunse l’altro.
- I vostri poteri? – domandò prontamente Kaylee – Voi sapete il mio, è giusto che io sappia i vostri. – i ragazzi ci pensarono per qualche secondo.
- Il mio è simile al tuo, vedo il presente. – spiegò Luke ridendo e mostrando i denti leggermente ingialliti dal fumo.
- Sono una specie di radar. Capisco dove gli altri si nascondono. Più o meno. – Kaylee guardò Mark inclinando leggermente la testa.
- Che significa “più o meno”? – il latino balbettò per qualche secondo alla ricerca delle parole più opportune.
- Non è che ho una cartina in testa. Semplicemente riesco intuitivamente a capire dove si trovano. – aggiunse, cercando di essere il più chiaro possibile. Il volto di Kaylee si illuminò all’improvviso.
- Perfetto! Allora cerca di capire dov’è la volpe. – disse la bionda, con un grosso sorriso stampato in volto.
- Non posso farlo. – Mark scosse la testa – Ho bisogno del contatto visivo per poter applicare il mio potere. – il sorriso sul volto di Kaylee si spense.
- Cara mia, temo che tu abbia preso questo giochetto troppo alla leggera. – questa volta fu Luke a sorridere – Siamo numericamente in vantaggio, ma è abbastanza chiaro che nulla ci sarà regalato. I nostri poteri, presi singolarmente, sono perfettamente inutili. – concluse, scuotendo la testa.
- L’avevo capito. – Kaylee sbuffò – Dobbiamo trovare gli altri e tutti assieme far fuori la volpe. – la ragazza batté un pugno sul palmo della mano e digrignò i denti. Se solo avesse ucciso la volpe, finalmente, sarebbe tornato tutto come tre anni prima. Avrebbe ricevuto l’aiuto che desiderava per poter finalmente condurre una vita normale. Ed era proprio la posta in palio a renderla fiduciosa: così come lei, anche gli altri avevano un qualcosa che desideravano ardentemente, quindi non c’era il rischio di doppi giochi.
- Wow, qui abbiamo un Napoleone versione femminile. Cazzo, i tuoi piani sono davvero ben studiati ed ingegnosi. – la prese in girò Luke, guardandola con un sorriso strafottente. Kaylee aprì la bocca per rispondergli a tono, ma venne fermata da Mark.
- Invece di tirarci frecciatine a vicenda, sarebbe meglio iniziare a cercare in giro. Stando qua buttiamo solo tempo. – il latino incominciò a camminare venendo seguito dai due. Kaylee si limitò a destinare un’occhiataccia verso Luke per fargli capire che non sarebbe finita lì, poi filò in silenzio dietro Mark.
Fu una camminata lunga e noiosa, caratterizzata da luci balbettanti, mura scrostate e tubature gocciolanti dal soffitto. Non di certo un ambiente caldo ed affettuoso. Così come non era né calda, né affettuosa la porta grigiastra che si ritrovarono davanti, quasi indicata da una luce opaca che sembrava fare da cartello di segnalazione alla stanza.
- Finalmente, cazzo! – esclamò Luke, prima di afferrare con forza la maniglia ghiaccia. Aprì la porta con un gesto secco e davanti a se trovò quello che aveva tutta l’aria di essere la stanza di antiquato di un museo. Appese alle pareti c’erano quadri raffiguranti diversi animali, da semplici ritratti di lupi, orsi, gufi e volpi a vere e proprie scene  crude di animali che si azzannavano a vicenda.
- Chi ha decorato questa stanza non aveva un gran senso del gusto. – costatò Mark guardandosi attorno. Oltre ai quadri, c’erano diverse vetrate poste ai lati e al centro della stanza, proprio come in un museo. I tre incominciarono a girare e si resero conto di aver fatto jackpot. Dentro alle vetrate c’erano coltelli, oggetti affilati ed armi di vario tipo.
- Beh, abbiamo avuto fortuna, non c’è che dire. – Luke appoggiò una mano sul vetro e si lasciò andare ad un lungo sorriso mentre osservava i coltelli. Uno cadde subito al suo occhio: aveva il manico rosso, ad occhio e croce in ferro, decorato da vari ghirigori in oro ed una lama seghettata ed appuntita.
- Come facciamo a prenderli? – chiese Kaylee – Spacchiamo la vetrata? – aggiunse, indicando una sedia con la quale avrebbero potuto farlo. Mark e Luke si guardarono e, proprio mentre Luke stava andando a prende la sedia, il latino lo fermò.
- Aspetta. – appoggiò la mano sulla sua spalla ed indicò un oggetto al centro della stanza che fino a quel momento nessuno di loro aveva minimamente calcolato. Sembrava un parchimetro, ma quando i tre si avvicinarono si resero conto che c’era qualcosa di strano.
Sullo schermo, dalla luminosità appena visibile, c’era scritta la frase “Inserire la carta nello spazio apposito”. I tre si guardarono, poi Luke estrasse la sua carta del leone e la mise all’interno dell’incavo contornato da una lucina verde. Sullo schermo apparve un’immagine di caricamento, poi la carta riuscì fuori dal buco ed un rumore alle loro spalle li fece girare.
Da una delle vetrate era caduto un oggetto. Luke si avvicinò e notò come il coltello che aveva adocchiato poco prima era per terra, proprio sotto la vetrata. Si abbassò e notò una sporgenza sotto il legno, segno che l’arnese fosse uscito da lì.
- È come una macchinetta delle merendine. – spiegò, invitando gli altri due a fare lo stesso.
- Modo curioso di armarsi. – scherzò Mark, prima di inserire la sua carta. Si ripeté lo stesso processo di prima, questa volta osservato con attenzione da un incuriosito Luke. Da una vetrata qualche metro più distante dalla precedente cadde un’accetta.
Dopodiché toccò a Kaylee. Il caricamento fu più lungo del solito, poi, finalmente, dalla stessa vetrata di prima cadde un coltello svizzero.
- Questo può essere utile. – costatò la bionda rigirandoselo fra le mani. C’era un cacciavite, un apribottiglie, un cavatappi e due tipi di coltelli differenti.
- Piuttosto, vediamo quanto credito hanno le nostre carte. – Luke girò la sua carta fra le mani e si avvicinò nuovamente alla macchinetta. Inserì il pezzo di carta ed attese con impazienza il caricamento. La macchinetta si lasciò andare ad un lungo beep, poi spuntò una luce rossa e la carta venne rigettata – “Transazione negata”. – lesse Luke – Beh, non ci resta che spaccare le vetrine. – il moro alzò le spalle.
- No, non facciamo cazzate. – lo bloccò Mark – Questo teatrino sembra fatto apposta per farci avere solo un’arma a testa. Evidentemente è quello che loro vogliono. – aggiunse.
- Wow, sei più intelligente di quanto mi aspettassi. – Kaylee si lasciò andare ad un sorrisetto che venne, più o meno, ricambiato dall’altro. Non le piaceva per nulla Kaylee, anzi, a primo impatto le dava l’aria di essere una ragazza di cui non poteva fidarsi. Aveva un atteggiamento passivo aggressivo che gli ricordava quello dei suoi compagni delle superiori.
- Hai poco da sfottere, Einstein dei poveri. – Luke, che dal canto suo aveva già inserito la bionda nella sua black list, non si fece scrupoli ad intervenire.
- Sia dia il caso che sono una psicologa. E, per essere precisa, ho preso la laurea con il massimo dei voti. Se c’è un cervello che funziona è proprio il mio. – Kaylee si batté l’indice sulla testa.
- Oh, Cristo, quanto vorrei tu fossi la volpe. – Luke si leccò le labbra e rigirò il coltello fra le mani.
- Invece di rompere –
- Mi sentite? Ehi, riuscite a sentirmi? Oh, giratevi, dannazione!
- Che cos’è stato? – Kaylee iniziò a guardarsi intorno alla ricerca della voce che aveva appena sentito dentro la testa – L’avete sentito anche voi? – Mark e Luke si guardarono negli occhi, poi scossero la testa in segno di dissenso.
- Ora hai pure le allucinazioni? – la sfotté Luke.
- Ho sentito una voce dentro la testa che mi diceva di girarmi. – spiegò, senza smettere di guardarsi attorno in modo maniacale. Era una voce maschile, bassa e leggermente affannata.
- Potrebbe essere uno dei nostri alleati. – ipotizzò Mark.
- Non penso ci sia altra spiegazione. – Kaylee non poté far altro che confermare la tesi del latino, mentre con la coda dell’occhio setacciava la stanza.
 
 
Un immenso tunnel di corridoio stretti ed illuminati male. Uno scenario che gli ricordava vagamente un film che aveva visto al cinema qualche anno prima, un semplice horror da quattro soldi con l’assassino assettato di sangue ed un gruppetto di adolescenti che doveva sopravvivere.
In quel caso, però, era il contrario. Ed era anche la vita vera.
Jasper cominciò a sbuffare. Iniziava ad essere stanco, camminava da più di venti minuti ed il suo fisico in sovrappeso non lo aiutava di certo. Sentiva le gambe doloranti ed il fiato mancargli ad ogni passo di troppo. Per di più la sua chioma bionda, lunga fino alle spalle, si attaccava alla sua fronte sudata dandogli una sgradevole sensazione di sporco. Il solo pensiero di avere i capelli umidi e sudaticci lo mandava in tilt, ma in quel momento aveva altro di cui preoccuparsi.
Affondò le dita paffute nelle palpebre che coprivano gli occhi celesti tendenti al grigiastro e si lasciò andare ad un lungo sospiro, che interruppe facendo scivolare la mano lungo le guancie morbide fino alle labbra, bloccando così la fuoriuscita di aria dalla sua bocca.
Avrebbe potuto usare la sua abilità per farsi trovare immediatamente dagli altri, ma l’idea di essere noto ai quattro venti non lo aizzava particolarmente. Voleva incontrare i suoi “colleghi”, ma ancora di più voleva evitare una qualsiasi situazione pericolosa. Non poteva rischiare di morire, non con suo figlio che lo aspettava a casa.
- Fermo dove sei. – una voce alle sue spalle lo colse alla sprovvista. Ironico che si fosse fatto prendere di sorpresa proprio mentre cercava di essere il più prudente possibile. Jasper fece come indicatogli. Rimase immobile senza muovere un muscolo, tenendo lo sguardo fisso verso la fine buia del corridoio davanti a lui.
Sentì diversi passi venire verso di lui.
- Che animale sei? – chiese poi la persona alle sue spalla. Jasper fece per girarsi, ma venne prontamente richiamato – Non muoverti! Sono armato. – il biondo si frizzò sul posto.
- Il panda. – rispose, cercando di parlare con il tono più alto possibile.
- La carta. – intimò quello. Jasper mosse con lentezza la mano sinistra fino ai pantaloni, dai quali estrasse la carta raffigurante un panda stilizzata. La girò verso il suo interlocutore e sentì nuovamente rumore di passi avvicinarsi verso di lui. Ci fu un attimo di silenzio, poi Jasper sentì l’altro sbuffare – Niente, non sei tu. – a quel punto il biondo si girò e ad i suoi occhi apparve un ragazzo alto quanto lui, dagli occhi blu mare e dai capelli scuri arruffati. Ciò che cadde subito all’occhio di Jasper fu il fisico allenato e piazzato, completamente il contrario del suo.
Il moro lo guardò di sfuggita, poi riprese a camminare verso la fine del corridoio, come se fosse un turista in visita al Duomo che, per puro caso, aveva scambiato uno sguardo con il biondo. Jasper balbettò qualche istante prima di riuscire a fermarlo. Mosse due passi e lo chiamò a se.
- Aspetta! – il moro si fermò di colpo – Dove stai andando? – chiese Jasper.
- Sto cercando la volpe. – rispose l’altro senza nemmeno girarsi.
- Beh, penso che la stiamo cercando tutti. Secondo me è meglio andare insieme. – Jasper fece altri due passi in avanti. Il moro sembrò pensarci su per qualche secondo, sotto lo sguardo stranito di Jasper. Non era normale che esitasse così tanto.
- Hai ragione. La stiamo cercando tutti. – finalmente si girò verso di Jasper ed i loro occhi chiari entrarono in contatto – Ma per ragioni diverse. – concluse, glaciale come l’Antartide.
- Che intendi dire? – in quel momento il cervello di Jasper era andato completamente in bratta. Non riusciva esattamente a capire cosa passasse per la testa del tizio che aveva di davanti, ma istintivamente la sua fronte aveva iniziato a sudare, come se percepisse un pericolo imminente dietro l’angolo.
- Io la volpe la voglio salvare. – il moro alzò le spalle e si lasciò andare ad una risatina. Fu a quel punto che Jasper iniziò ad avere paura. Se lo sentiva, quel tizio lo avrebbe ucciso. Sentiva che sarebbe stata l’ultima persona a vedere prima di morire. Si fece un passo indietro, sotto l’occhio vigile dell’altro – Non preoccuparti, non ho intenzione di farti del male. Voglio solo proseguire per la mia strada. – mosse la mano per fargli capire che non c’era nulla da temere. Jasper deglutì un boccone amaro come il veleno e riprese a respirare con calma.
- Posso venire con te? – domandò, seppur con tono esitante – Anch’io non ho ancora deciso cosa voglio fare. L’idea di dover uccidere una persona mi spaventa. – confessò, mentre con una mano si asciugava il sudore dalla fronte.
- Alan. – disse il moro, lasciandolo confuso – Io sono Alan. Tu? – lo invitò con la mano ad andare verso di lui.
- Io sono Jasper. – rispose il biondo poco prima di incamminarsi verso di lui. Jasper fece per tendergli la mano, ma in quel momento un rumore alle loro spalle li colse alla sprovvista. Jasper, per qualche secondo, provò le stesse sensazioni di qualche minuto prima.
- Finalmente ho trovato qualcuno! – dal buio del corridoio fece il suo ingresso un ragazzo alto, dai capelli castani scuro ricci e dagli occhi color miele. I suoi tratti egiziani risaltarono subito agli occhi dei due, in particolare la forma degli occhi leggermente a mandorla e la carnagione ambrata. Jasper ed Alan lo guardarono avvicinarsi in silenzio, entrambi spiazzati dalla sua presenza.
Le mascelle scolpite, il fisico allenato e la barba ben fatta mettevano loro parecchia suggestione. Sembrava quasi un personaggio dei film, troppo idealizzato anche solo per essere vero.
- Piacere di conoscervi, io sono Seth. – si presentò ponendo la mano verso i due. Jasper la accettò, seppur con riluttanza, venendo travolto da una forte stretta, mentre Alan si limitò ad alzare la testa in cenno di saluto. Quel tipo, senza nemmeno conoscerlo, già non gli piaceva per nulla.
- Alan e Jasper. – Alan liquidò rapidamente le presentazioni per poter andare subito al sodo – Che animale sei? – chiese, senza scostare gli occhi da lui nemmeno per un singolo istante.
- Sono un affascinante e letale serpente. – Seth estrasse di tasca la carta e, con il petto gonfio d’orgoglio, la mostrò ai due, che si limitarono a fare lo stesso cercando di non far trasparire il loro disagio – Quindi la volpe non è fra noi. – sbuffò Seth, per poi massaggiarsi la barba. Spostò lo sguardo verso i due e capì subito che non si fidavano minimamente di lui. Alan lo guardava quasi con astio, come se percepisse un’aura malvagia in lui, e Seth capì subito che manipolarlo sarebbe stato difficile.
Invece Jasper sembrava un cucciolo spaventato. E lui con i cuccioli spaventati sapeva esattamente come giocarci.
- Andiamo Jasper, abbiamo da fare. – Alan prese Jasper per un polso e lo trascinò con se verso la fine del corridoio. Seth, preso alla sprovvista, chiuse gli occhi ed usò il suo potere.
 
ANGOLO AUTORE:
E questo è il primo. Il secondo devo ancora scriverlo, quindi non so quando verrà pubblicato. Per di più, sto rimettendo mano alla sceneggiatura, quindi… beh, capirò come fare.
Allora cari miei, iniziamo subito a fare delle precisazioni: ho cambiato gli animali, perché così ho potuto dargli un minimo senso logico. Ho cambiato – o meglio cambierò – anche alcuni tratti dei vostri OC, o perché troppo complessi da inserire nella storia o per esigenze di trama. Insomma, userò la clausola Aya AHAHAHAHAH
Detto ciò, spero che la morte di Owen possa farvi capire lo spirito con il quale inizio questa storia. Oh, sì.
Per di più ci sono i poteri! Non avevo mai scritto una storia del genere, quindi… sì, dai, secondo me ci sta. Poi, oh, ho in mente dei pezzi per questa storia che non sto a dirvi. Roba forte, credo. Dipenderà da come la percepirete, ma nella mia testa sono davvero esplosive.
Vediamo… ho altro da dire? No, penso proprio di no. Per adesso ci lasciamo così. Alla prossima!
   
 
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