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Autore: Funlove96    19/08/2021    0 recensioni
Quattro amici e un'estate da vivere insieme, che succederà?
(NaLu/Shicca, accenni di Jerza e, chissà, forse qualche altra ship)
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Potevo inventare una descrizione molto migliore, ma la mia mente non mi aiuta molto, quindi spero di avervi incuriositi abbastanza con questa.
Questa raccolta partecipa all'iniziativa "Our summer, if we're together feel like summer" del forum Torre di Carta. Buona lettura e spero vi piaccia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shiki/Rebecca
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo quattro: With you.
Prompt: 55. Tema libero.




"Natsu!" aveva fatto in tempo a sentire, ancora addormentato, prima di saggiare il freddo pavimento, su cui era caduto dopo uno spintone da parte di Lucy che, rossa in viso, lo aveva allontanato dall'abbraccio in cui erano chiusi i due.
"Ma sei impazzita Lu? Mi hai fatto male!" si lagnò massaggiandosi la testa dolorante. Non aveva idea di che ore fossero, il sole non era ancora alto e questo poteva significare che fosse abbastanza presto, si alzò e si mise seduto sul letto, le cui lenzuola colore crema erano tutte stropicciate dato che vi avevano dormito sopra. "Che ci fai nel mio letto? E dov'è Becky?" si agitò allarmata la ragazza. Non ricordava nulla di ciò era successo, solo che avevano bevuto molto, dopodiché il buio assoluto e il risveglio abbracciata a Natsu, col viso posato sul suo petto, e per qualche minuto di dormiveglia in cui si era beata del battito tranquillo del suo cuore e del braccio che le cingeva la schiena tenendola stretta al ragazzo, ancora placidamente addormentato col naso immerso fra i suoi capelli. Ma era durato poco, perché una volta completamente sveglia si era resa conto della situazione lo aveva spinto via d'istinto arrossendo violentemente in mezzo alle fitte che le sconquassavano la testa, coprendosi il corpo alla meno peggio con le braccia nonostante l'unica cosa che le mancasse fossero le scarpe, appollaiate a terra lì accanto. "Rebecca è di là con Shiki... non ci volevate mollare e vi eravate addormentate appena vi abbiamo posato sul letto!" disse l'ultima frase con le mani alzate in un gesto di arrendevolezza, pazzate di fronte al petto e con un'espressione dispiaciuta quando vide il suo viso livido di rabbia.
"Eravate ubriachissime, vi abbiamo fermato dal buttarvi al mare e ricevere una denuncia per schiamazzi..." le sorrise comprensivo vedendola abbassare lo sguardo e, beandosi dell'immagine di lei rossa e imbarazzata -aveva sempre adorato quella parte di lei e più di una volta l'aveva provocata per farla arrossire in quel modo-, e sorrise quando lei mugugnò un 'Grazie' pregno di vergogna, guardandosi la maglia rossa su cui vi era una chiazza scura, probabilmente Lucy gli aveva sbavato sul petto durante il sonno, quando si erano ritrovati abbracciati -si passò distrattamente una mano sull'avambraccio dove lei aveva tenuto posata la testa, beandosi del calore che ancora gli pervadeva le braccia e il petto- e un "Come ti senti?" gli uscì dalle labbra, sinceramente preoccupato.
"Ora meglio..." anche se vorrei dormire un altro po', lo tenne per sé, perché avrebbe voluto dormire sì dormire, ma non tanto per il sonno. Avrebbe voluto dormire abbracciata a Natsu ancora per qualche altro minuto, e quel pensiero le fece tornare il rossore sulle guance, facendo ghignare Natsu, che dal leggero sbadiglio che la bionda fece capì che aveva bisogno di dormire un altro po'. E anche lui di voglia di iniziare la giornata non è aveva. "Mh..." si stiracchiò. "Dai Lu, dormiamo ancora un po'. È troppo presto..." e così dicendo si distese aprendo le braccia, chiaro invito che la ragazza accettò senza fare troppe storie anche se un po' rossa. Posò la testa sul petto di Natsu e si fece stringere con la promessa che avrebbero risolto con Erza non appena fossero stati tutti svegli e pronti ad affrontare l'argomento. Quello vero, quello che Lucy sapeva, non nel dettaglio, che attanagliava la mente dell'amica con mille e più pensieri, e che era certa solo Jellal avrebbe potuto toglierle dalla testa...

La testa faceva un male cane e non riusciva a muoversi. Riusciva solo a capire di essere distesa supina su un qualcosa di non ben definito, -forse un cuscino-, caldo e confortevole, che le fece strofinare il naso assonnata, e con l'intenzione di non muoversi da lì ancora per molto tempo e godersi in totale comfort quella mattina...

Almeno fin quando non sentì il peso di Plue sulle gambe, che la costrinse ad aprire gli occhi e rendersi conto che quello che aveva creduto essere un cuscino era in realtà Shiki, che sonnecchiava pesantemente, disteso proprio sotto di lei. Provò ad allontanarsi ma il braccio dell'amico che la cingeva glielo impedì, facendole capire che non sarebbe stato possibile alzarsi senza rischiare di svegliarlo. Rossa in viso e col mal di testa ancora persistente, non poté fare a meno alzare lo sguardo per scrutargli il viso rilassato, sentendo il respiro pesante che faceva alzare e abbassare il petto scultoreo su cui aveva riposato chissà per quanto tempo.
Doveva ammetterlo, il suo amico non era carino, era davvero bello. Bello con tutte le lettere in maiuscolo.
Il viso contornato dalle ciocche scure che vi svolazzavano intorno, e quella piccola cicatrice sulla guancia sinistra, frutto di un piccolo incidente avuto da bambino, gli davano un'aria da dìo greco, di quelli di cui si legge nei racconti mitologici e che pensi non possano esistere. Eppure eccolo lì, con lei che non si era mai accorta di quanto fosse cresciuto davvero, abbandonando i panni del ragazzino di un tempo per vestire quelli di un uomo dal fascino indescrivibile. Arrossì ancora a scoprirsi a fantasticare sul suo migliore amico, agitandosi involontariamente tra le sue braccia, che la strinsero appena, facendola bloccare imbarazzata. Era una posa assai intima quella e, anche se erano molto legati, non si erano mai ritrovati così vicini, e lei non aveva mai pensato al ragazzo in quel modo.
Nel perdersi in quei pensieri, non si accorse delle due pozze scure che la scrutavano, a loro volta, dalle palpebre semi aperte in due mezzelune. "S-Shiki!" si agitò ancora e lui la lasciò andare giusto in tempo prima che gli tirasse un pugno in pieno viso o un calcio negli stinchi per la foga con cui si stava dimenando, lasciando che mettesse una certa distanza tra di loro, e quando la vide sedersi sul bordo del letto si alzò a sua volta stiracchiandosi. "Come ti senti?" "Uno schifo... però immagino di doverti dire grazie..." rispose lei massaggiandosi le tempie doloranti. Di cosa fosse accaduto ricordava ben poco, solo le paure dell'amica e i drink che continuavano ad ordinare. Il tutto attorniato dalla musica alta e, dopo essere uscire da un locale di cui non ricordava neanche il nome, la leggera brezza che spezzava la calura estiva.

Dovevano essere andate da qualche parte vicino al mare data la sensazione di avere la sabbia dappertutto che le faceva prudere ogni singola parte del corpo. "Sai che non ce ne è bisogno!" esclamò in risposta, e vedendola agitarsi d'improvviso rispose alla domanda che ella non fece in tempo a porgli. "Lucy è di là con Natsu. Vi siete addormentate praticamente appena abbiamo varcato la soglia e tu non volevi lasciarmi andare... non preoccuparti vi abbiamo evitato il peggio ieri sera!" al sospiro rassegnato e imbarazzato di Rebecca, che forse stava mettendo insieme i pezzi, si alzò richiamando il Samoiedo, il quale se ne era andato ad accoccolarsi più comodamente sul letto, ormai sgombro dagli altri due, e si fece seguire verso la porta. "Noi andiamo a mangiare qualcosa, tu vieni?" "Magari faccio prima una doccia... lasciatemi i cornetti alla crema eh!" gridò quasi l'ultima frase dato che il ragazzo e il cane erano già fuori dalla porta. Aveva una fame da lupi ma prima doveva assolutamente togliersi quella sabbia di dosso e quegli strani pensieri su Shiki dalla mente. Soprattutto quelli...

Aveva un torcicollo pazzesco e il fatto di aver dormito vestito, addirittura con tutte le scarpe, non aveva certo aiutato la sua schiena ormai dolorante. Eppure Shiki non riusciva a non sorridere nel sentire sul petto, ancora vivido, il calore di quell'abbraccio in cui avevano dormito stretti lui e Rebecca. Quella notte, nonostante tutto il resto, era stata una delle migliori della sua vita, e se fosse stato possibile per lui addormentarsi così sempre sarebbe stato l'uomo più felice del mondo. Ma così non era, e guardando Plue gli diede poi una carezza sulla testa. Solo in quel momento gli venne in mente che avrebbero dovuto cercare un veterinario al più presto per lui, per una visita approfondita e per accertarsi che non avesse nessun chip. Ma fino ad allora, erano i loro stomaci a dover essere soddisfatti per primi...

Una, due, tre smorfie a corrucciarle il viso e poi il leggero brontolìo allo stomaco le fecero aprire di scatto gli occhi, che dovette subito richiudere a causa della forte fitta alle tempie che l'aveva colpita. Prese a stiracchiarsi nel letto matrimoniale, riconoscendo nella camera dai toni beige delle pareti, spezzati dal crema delle tende e il colore scuro del mogano del mobilio, quella dell'albergo dove alloggiava. Nel ricordare vagamente gli ultimi giorni, ringraziò di essere nella sua camera e di non dover affrontare Jellal -che comunque, dopo le prime domande, non le aveva fatto pressioni, e gli era davvero grata per ciò-, tirò un sospiro di sollievo, che però le si bloccò nella gola nel ritrovarsi, disteso in una posizione che le diede il mal di schiena solo a guardarlo, proprio il frutto dei suoi primi pensieri di quella mattina.
Con la testa su uno dei braccioli e le gambe sull'altro, il blu se ne stava disteso sulla poltrona color crema, sonnecchiando placido, per quanto la posizione scomoda gli permettesse di dormire tranquillo.

La rossa si alzò, con l'intenzione probabile di andarsene prima che lui si svegliasse. Lo stava facendo di nuovo, stava scappando anziché affrontare la situazione, esattamente come aveva fatto due giorni prima, e non sapeva da dove le venisse quella codardìa, ma d'altra parte non avrebbe neanche mai immaginato di reagire a quel modo do fronte ad una presunta gravidanza, e se non aveva risposto alle domande di Jellal perché avrebbe dovuto affrontare la situazione ora che lui se ne stava tranquillo lì senza neanche sapere che lei si era svegliata?

Almeno, così aveva creduto...

"È così che finisce?" la voce calda e profonda -e decisamente stanca, non solo fisicamente- la raggiunse nel momento in cui posò la mano sulla maniglia in ottone della porta, facendola bloccare sul posto. "Mi pareva di essere stata chiara... ed eri d'accordo anche tu che ci lascias-" "No!" la interruppe alzandosi dalla poltrona e fronteggiandola. Aveva uno sguardo che lei poche volte gli aveva visto. Uno sguardo deciso e arrabbiato. Lo sguardo di chi le aveva dato il tempo di calmarsi, aspettandola lì quando e come lei avesse voluto mettere fine a quella che era la loro sofferenza. Perché era sempre stato così, non potevano stare lontani l'uno dall'altra e la separazione faceva un male cane...

"Sappi una cosa Erza..." la guardò fissa negli occhi e un brivido le pervase le viscere, ricordandole ancora una volta perché lo amasse e lo volesse come compagno di vita. Almeno, fino a due giorni prima. "Sappi che se uscirai da quella porta io ti correrò dietro!" non avrebbe fatto lo stesso errore. Non dopo averla vista in quello stato poche ore prima ed averci rimuginato tutta la notte sopra. Avrebbe voluto afferrarla per le spalle e farsi dire tutto, ma volle provare ancora una volta con le parole a farsi dire cosa le fosse preso.
"Non è così semplice da risolvere Jellal..." disse stanca. Non ce la faceva più a ripensare a ciò che aveva provato pochi giorni prima, ma lui stavolta sembrava non essere d'accordo. "E com'è? No perché se non mi dici nulla non possiamo risolvere nulla!" "Magari non è destino che si risolva..." e magari non è destino che stiamo insieme, avrebbe voluto aggiungere. Lui sarebbe stato felicissimo di avere un figlio ma lei? Lei non aveva pensato per un secondo a niente di ciò a cui avrebbe dovuto pensare. Aveva rimuginato solo su mille domande e dubbi che non avevano risposta, rendendosi conto che l'instinto materno, lei, non sapeva neanche dove cercarlo. Semmai lo avesse avuto ovviamente...

"Noi due vogliamo cose diverse!" urlò quasi, avvicinandosi a lui e trovando finalmente il coraggio di affrontarlo. E Jellal l'aveva vista nei suoi occhi la Erza che tanto amava, non quella che lo aveva evitato per due giorni per un motivo che neanche gli aveva voluto dire. "Cosa vogliamo di così diverso? Tu vuoi le rose rosse io i tulipani per le decorazioni ai tavoli. Tu vuoi un menù di carne io un misto tra carne e pesce. Tu non vuoi che tua madre e mia cugina Ultear siedano allo stesso tavolo perché sono due pettegole che parlerebbero tutto il tempo di quanto ci abbiamo messo a fare il grande passo, mentre io penso che non ci sarebbero problemi..." si avvicinò di qualche passo, avrebbero potuto stringersi se solo avessero mosso ancora un solo passo...
"Sono queste le cose che non ci permettono di stare insieme? Perché in questo caso capisco il matrimonio ma non il fatto di lasciarci..." si fermò perché si rese conto che stava alzando la voce e non voleva. Non con lei. "E poi, ti conosco troppo bene..." continuò. "Tu non sei così superficiale e soprattutto sei una donna troppo intelligente per lasciarti andare a queste cose. Quindi te lo chiederò chiaro e tondo, e voglio che tu mi dica la verità Erza..." ressero l'uno lo sguardo dell'altra. Sembravano calmi, ma dentro ognuno era un vulcano pronto ad esplodere. Soprattutto Erza, che voleva andare via il prima possibile, prima che lui la vedesse piangere quelle lacrime che coraggiosamente -o fin troppo vigliaccamente- stava trattenendo. "Cosa è successo in quell'ospedale che ti ha portato a decidere che dovessimo lasciarci?" e fu lì che la ragazza non ce la fece più, lui le aveva posto una domanda sin troppo precisa. Aveva rimuginato tutta la notte su cosa potesse essere successo, non dormendo quasi per nulla, e aveva capito che doveva farselo dire perché la Erza che, da ubriaca, rischiava di fargli un occhio nero non esisteva in quel momento, sostituita da qualcuno che piangeva senza una ragione apparente, forse per una ragione che si ostinava a tenersi dentro. E allora doveva tirarla fuori, perché la sua Erza stava distruggendo loro due e, cosa peggiore, si stava distruggendo da sola per tenersi tutto dentro.

Gli occhi castani si inumidirono in fretta, facendo preoccupare il blu, ma facendogli anche capire che forse era davvero vicino allo scoprire la verità.

La stessa verità che una Erza piangente, prontamente sostenuta da lui, che l'aveva abbracciata e portata a sedersi sul letto senza mai lasciarla, gli aveva detto tra singhiozzi maltrattenuti di quanto non avrebbe mai potuto renderlo felice nel dargli un figlio, perché forse lei il senso materno non lo aveva e non lo avrebbe mai avuto. E lui era rimasto lì, ferito ad ogni parola che scorreva, come scorrevano le lacrime e il tempo...

Mezz'ora o forse di più era passata. Erza non lo sapeva dire, sapeva solo che, dopo aver pianto per chissà quanto, aveva trovato il coraggio di alzare il viso verso quello di Jellal, che le sorrideva comprensivo, tenendole le guance tra le mani mentre le scacciava le lacrime, e posandole la propria fronte sulla sua.
"Erza a me non importa se avremo dei figli o meno. Sarei al settimo cielo se ne avessimo solo perché tu ne saresti la madre..." la tranquillità disarmante, tipica di lui in alcune situazioni, le trasmise un senso di pace, che in breve prevalse -non totalmente- sul senso di colpa che sentiva pesarle nel petto. "E se un giorn-" l'indice posato sulle labbra la frenò dal finire la frase, che lui aveva già intuito quale potesse essere. "Non mi stancherò mai di te, figli o meno. È te che voglio sposare. È con te che voglio vivere. È con te che voglio amare per il resto della mia vita. Ti amo Erza, e se mi lasci perché non mi ami più va bene, me ne farò una ragione. Per quanto dolore mi possa dare rispetterò la tua decisione..." ed eccolo di nuovo quello sguardo di fuoco in grado di scioglierle le viscere. "Ma se mi lasci perché pensi che per me sia più importante che tu possa fare da madre ai miei figli e non il fatto che ti amo da impazzire allora non mi attenderò. Combatterò finché avrò fiato in corpo per farti capire quanto tu sia importante per me..." si allontanò di poco, ed entrambi sentirono un freddo inspiegabile pervaderli. "Scegli tu per cosa vuoi lasciarmi, scegli tu se vuoi che ti riporti da me o che ti lasci anda-" questa volta fu lei ad interromperlo, posando le labbra sulle sue e trascinandolo a stendersi sul letto non appena -quasi subito- lui la ricambiò, per perdersi poi in un turbine di passione e complicità che era mancata come l'aria in quelle ore. Le ultime, si giurarono tacitamente a vicenda, che avrebbero passato lontani.

Perché era così che finiva sempre, potevano stare bene solo se stavano insieme, nonostante tutti e nonostante tutto...



Angolo autrice.
E così finisce questa storia! Avevo detto accenni di Jerza ma mi sa che ce l'ho buttata dentro di prepotenza😅
Grazie al forum per l'iniziativa, e grazie di aver letto questa piccola follia estiva, uscita fuori in mezzo al caldo e uno dei miei soliti colpi di testa. Vi dò appuntamento alla prossima, che non ho idea di quando sarà.
Ciao❤️
   
 
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