Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Golden Bonnie    28/08/2021    0 recensioni
Pensava di farcela. Pensava che sarebbe riuscito a tenere tutto sotto controllo. Pensava che le sue precauzioni fossero state abbastanza. Pensava che si sarebbe portato il suo segreto nella tomba. Pensava male.
Pensava di farcela. Pensava che sarebbe riuscito a resistere alla tentazione. Pensava che sarebbe riuscito a mantenere la sua promessa. Pensava che sarebbe riuscito a mettere la sicurezza e gli interessi degli altri prima dei propri desideri. Pensava male.
Gabriel ed Adrien hanno ormai da tempo imparato a convivere una seconda vita nascosta agli altri. Una vita misteriosa ed insospettabile. Ma la verità viene sempre a galla prima o poi. E più essa viene repressa, più mostruosi saranno i suoi effetti.
Genere: Avventura, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nathalie Sancoeur, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3 – La verità

Adrien diede un’occhiata alla sveglia. Erano le tre del mattino. Il caffè era riuscito a tenerlo ben sveglio per tutto il tempo. Si alzò, e scese dal letto. Si diresse verso la porta ed uscì. Vagò un po’ per l’abitazione, finché non arrivò di fronte alla porta della camera di suo padre. Toccò la maniglia. La porta non era chiusa a chiave. Entrò, cercando di fare il meno rumore possibile. Fortunatamente, anche se suo padre non dormiva molto, quando dormiva aveva il sonno pesante. Se si fosse mosso con cautela, avrebbe potuto evitare di svegliarlo. Ciò che cercava era sul comodino. Avvicinandosi sulle punte dei piedi, prese il pesante mazzo di chiavi. Suo padre prese a rigirarsi nel letto. Avrebbe dovuto fare presto. Suo padre non l’avrebbe mai perdonato se l’avesse visto in quel momento. Si allontanò e si lasciò dietro la camera di Gabriel. Una volta arrivato alla porta dello studio, provò tutte le chiavi finché non riuscì ad aprirla. Attraversò la stanza, e si fermò di fronte al quadro, tentando di ricordarsi la combinazione. Dopo qualche tentativo fallito, ci riuscì. La pedana sotto i suoi piedi si abbassò, e si ritrovò circondato dall’oscurità, in attesa di raggiungere qualunque fosse il posto segreto in cui suo padre era andato. Si sentiva un po’ colpevole. Da un lato, c’era una forza dentro di lui, quasi incontrollabile che lo spingeva a voler comprendere tutto, come se la sua vita dipendesse da quello. Dall’altro, sapeva che c’erano segreti che dovevano rimanere tali. Non gli sarebbe assolutamente piaciuto che qualcuno scoprisse i suoi. E certamente non sarebbe piaciuto a suo padre. Fin da quando era piccolo, gli aveva sempre detto di non mettere il naso negli affari degli altri. Ma lì era diverso, pensava Adrien. Qualunque cosa stesse facendo suo padre, non aveva certo intenzione di spifferarla a tutti. Avrebbe tenuto tutto per sé. Finalmente, l’oscurità si dissipò, sia pur leggermente. Si trovava in un qualche posto, ma non avrebbe saputo dire dove con esattezza. Guardandosi intorno, vide delle farfalline bianche svolazzare.

La porta dello studio era già aperta. Natalie doveva essere entrata per prendere qualcosa. Gabriel entrò all’interno della stanza, con passo lento. Si fermò di fronte al quadro e premette i pulsanti. La pedana sotto di lui scese, facendolo sparire nel buio. La prima volta che aveva fatto quel viaggio si era leggermente spaventato, temeva che ci sarebbero stati malfunzionamenti e che sarebbe rimasto bloccato. Ma ora non aveva più paura. Sapeva che l’intero meccanismo era stato costruito ad arte in modo perfetto. Era efficiente, e, soprattutto, era sicuro. Dopo qualche attimo, si ritrovò già nel suo covo. “Nooroo” disse al suo piccolo kwami. “Sì, maestro” rispose lui timoroso. “Alzatevi, ali della notte” disse lo stilista, mentre il kwami veniva risucchiato all’interno del suo miracouolous, la spilla che teneva sempre con sé. Il suo costume si formò sopra la sua pelle, inclusa la maschera per coprirsi il volto. Ora non era più Gabriel Agreste, il freddo e abile stilista dal passato misterioso che non usciva mai di casa. Ora era Papillon, il supercattivo più temuto di Parigi. Quella volta era stato davvero fortunato, perché giusto pochi secondi dopo essersi trasformato sentì una fortissima emozione negativa vicino a lui. Solitamente doveva aspettare diversi minuti, talvolta anche ore prima di trovare qualcuno. Ora, oltre l’emozione negativa in sé, iniziò a percepire anche la sua fonte ed il luogo dove si trovava. Era… No, no, non può essere disse Gabriel fra sé e sé. Si trattava di Adrien… ed era lì. Non era possibile. Adrien era senz’altro al sicuro in camera sua. Sarebbe subito tornato per controllarlo. Si levò la spilla, tornando al suo aspetto originario, e se la mise in tasca. Ora che non aveva più il rigido tessuto della maschera a coprirgli il volto, riuscì a sentire qualcosa. Un singhiozzo soffocato. Proprio dietro di lui. Si girò. E si trovò a faccia a faccia con suo figlio. “Adrien” disse, correndo incontro a lui, ma il ragazzo lo respinse immediatamente con le mani. “Sentimi” disse Gabriel. Per la prima volta da molto tempo si sentiva debole, circondato, senza potere. Sconfitto dal destino. Ancora una volta. “Non voglio sentire niente” disse Adrien, i cui occhi si erano iniziati a bagnare di lacrime “Non l’avrei mai creduto. Tu. Sei stato tu a fare tutto, tu a rischiare così tante vite, per cosa poi, per cosa? Più potere? Cos’è che ti manca? Sei ricco, sei famoso, cosa volevi ottenere?”. “Tu non capisci” disse Gabriel “La fama ed i soldi non valgono niente quando uno è nel mio stato. Darei via tutto, tutto quanto pur di avere ciò che voglio”. “Anche gli altri, vero? Sacrificheresti chiunque pur di avere ciò che vuoi. Non hai idea di quante volte sono stato quasi ucciso dai tuoi mostri, vero?”. “Ma…”. “Non hai capito!” gli disse Adrien “Non voglio avere più niente a che fare con te. Mai più. Voglio solo uscire da questo schifo di posto. Ti odio”. Gabriel si sentì spezzare il cuore. Aveva perso già sua moglie. Non poteva permettersi di perdere anche suo figlio. Non in quel modo. Adrien si era seduto per terra. Aveva la schiena appoggiata al muro, e le mani sul viso. Stava piangendo. Gabriel gli si avvicinò. “Ora cosa vuoi fare?” chiese sprezzante “Uccidere anche me?”. Gabriel si fermò. Era davvero caduto tanto in basso che suo figlio potesse anche solo immaginare che lui potesse fare una cosa del genere? La sola idea lo riempiva di tristezza. Avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle, abbandonare il malefico mostro che era divenuto. Ma non poteva. Non avrebbe demorso. Lo doveva ad Emilie. Ed anche ad Adrien. Restò fermo ed in silenzio per qualche attimo, poi si chinò, e poggiò un braccio sulle spalle di Adrien. “Ti capisco. Ma vorrei che anche tu capissi me”. Adrien lo guardò negli occhi, senza dire una parola. “Se solo sapessi”. “Spiegamelo, allora” disse Adrien. “D’accordo. Lo trovo giusto. Non sei più un bambino, dopotutto. Sono sicuro che comprenderai perfettamente”. “Seguimi” aggiunse, alzandosi.

Mentre camminava insieme a suo padre, Adrien rimase in silenzio tutto il tempo. Sapere che suo padre fosse capace di tale malvagità lo aveva lasciato disorientato, triste, abbandonato. Era proprio l’uomo a cui, nonostante tutto, aveva sempre guardato come un modello ed un’ispirazione, come qualcuno di forte, come un eroe, ad essere la mente dietro tutti i machiavellici piani e nemici che aveva affrontato. Gabriel si fermò. Adrien si accorse che, proprio di fronte a loro, c’era una bara di cristallo. Con al suo interno un corpo appartenente a qualcuno che conosceva fin troppo bene.

“Mamma” disse Adrien, quasi istintivamente. “Proprio lei” rispose Gabriel, osservando la donna immobile all’interno della teca “Ho fatto tutto per lei. È rimasta vittima di un incidente terribile. Non potevo accettare che se ne fosse andata così presto, che mi avesse lasciato, che ci avesse lasciato entrambi. L’immortalità non esiste, lo so. Tutto, ad un punto o ad un altro, finisce, ma io volevo solo un po’ di tempo in più. Volevo fare in modo che tu non crescessi senza il suo affetto. Solo io so quanto ti voleva bene. È sempre stata un genitore migliore di me. La ragione per cui per così tanto tempo ho cercato i miracoulous, i gioielli magici di Ladybug e Chat Noir, è perché so che, se li avessi avuti, avrei potuto esprimere un desiderio. Uno qualsiasi. Avrei potuta riportarla indietro, capisci, Adrien? Non ho mai voluto fare del male a nessuno, capisci? Volevo solo quei miracoulous, e l’unico modo che io avevo per prenderli era attraverso il mio miracouolous. Assecondavo le pulsioni ed i desideri più oscuri delle persone, così che loro in cambio potessero fare qualcosa per me”. Si fermò per un attimo, poi continuò “Ho cercato sempre di tenere i miei mostri, come li chiami tu, sotto controllo, di evitare che facessero troppo danno, ma a volte questo era semplicemente impossibile. Non ti biasimo per la tua reazione. È naturalissima. Sei sempre stata una persona così gentile, così onesta. Tua madre sarebbe fiera di te. Se vuoi farmi arrestare, la decisione è tua. Ma sappi che se farai così non la rivedrai mai più”.

Adrien non aveva idea di che cosa fare. Da un lato, il suo senso di giustizia gli diceva di fare ciò che era necessario, anche se questo significava danneggiare sé stesso. Ma nel suo cuore c’era una seconda voce, ancora più forte della prima, che gli diceva invece di non intervenire, di dare a suo padre la possibilità di completare la sua missione. La verità è che, dietro quell’immagine di ragazzo bello, attraente, simpatico e gentile, soffriva molto. Voleva tanto una famiglia normale, voleva tanto riabbracciare sua madre, voleva tanto vedere suo padre di nuovo allegro e felice come al solito. Voleva tornare a vivere una vita felice e spensierata, almeno finché sarebbe stato adolescente. Ed ora il destino gli stava offrendo quella possibilità su un piatto d’argento. Non poteva rifiutare. “Hai fatto bene, papà” disse infine.

Gabriel non poteva credere alle sue orecchie. Ce l’aveva fatta. Adrien era finalmente dalla sua parte. Si era tormentato moltissimo negli ultimi giorni, dover tenere tutto nascosto a suo figlio lo faceva stare malissimo. Ora non aveva più bisogno di farlo. “Sono felice di questo” disse ad Adrien, e fece per andarsene. “A proposito” disse Adrien, abbassando gli occhi e guardando il pavimento “Anch’io avrei un segreto che vorrei rivelarti”. Gabriel si girò nella sua direzione “Cosa intendi?”.

Era un segreto che aveva giurato di non rivelare mai a nessuno. Che si era assicurato di tenere nascosto a tutti i costi. Eppure, ora sentiva che era finalmente il momento di aprirsi. Non avrebbe potuto fare altrimenti. Era tempo di smettere di essere un supereroe. Anche se avesse tenuto tutto segreto ancora per un po’, non ce l’avrebbe più fatta a combattere i supercattivi creati da Papillon sapendo che, così facendo, stava solo impedendo il ritorno di sua madre, e portando suo padre sempre più lontano dalla tanto agognata speranza. “Sono io Chat Noir”. “Cosa?” disse Gabriel, spalancando la bocca. “Ma non è possibile” disse suo padre “Io ti ho visto insieme a Chat Noir quella volta. Come…. Com’è possibile?”. “Era stato solo un trucco” rispose Adrien “Forse un giorno te lo spiegherò meglio. Ad ogni modo intanto tieni questo” disse, porgendogli il suo anello “È tuo ora”. Gabriel lo prese e lo indossò. “Scusami se non l’ho detto prima ma…”. “Non fa niente” disse suo padre. “Solo un’ultima cosa” disse Adrien “Il mio Kwami, Plagg, trattalo bene”. Plagg ancora dormiva, ignaro del destino che lo aspettava. “Lo farò certamente” rispose Gabriel. “E un’altra cosa.” Aggiunse Adrien “Riguardo Ladybug, cerca se possibile di non farle del male”. “Tu e lei siete amici, giusto?” chiese Gabriel. Adrien arrossì e girò lievemente la testa di lato. “Capisco” disse allora suo padre “Tranquillo. Come ho detto, non ho mai voluto fare del male a nessuno. Volevo solo mettere le mie mani sui miracouolous. Cercherò di fare in modo che le persone a cui dò i poteri non siano troppo violenti con lei”. “Sentimi, Adrien” continuò poi “So che non te lo dico spesso, ma… ti voglio bene”. Lo abbracciò. Era da tanto che non lo faceva. Adrien lo ricambiò. Per la prima volta, si sentivano davvero uniti. “Anche io” rispose Adrien “Ti voglio bene”.

Fuori, la prima luce dell’alba illuminava la città semideserta. Una città che, da quel giorno, avrebbe avuto un eroe in meno. Una città a cui erano state voltate le spalle proprio da una delle due persone che tanto ammirava e da cui tante volte era stata difesa. Ma questo ancora nessuno lo sapeva.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Golden Bonnie