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Autore: douce hope    05/09/2021    1 recensioni
Quando sei Cupido è facile credere che l'amore possa nascere tra chiunque.
Di certo ne è convinta Amanda, il cui diletto è aiutare i suoi compagni di scuola a conquistare il cuore della persona amata.
Ma quando al suo cospetto si presente Michele, taciturno, altezzoso e imperturbabile, Amanda capirà che le frecce nel suo arco non sono sempre così facili da scoccare, soprattutto se il bersaglio è la ragazza più bella della scuola.
Tra amici problematici, figuracce continue e sentimenti irrazionali, Amanda comprenderà che l'amore non è semplice come credeva e che quando Cupido scocca la sua freccia, non hai più via di scampo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Mia mamma dice sempre che vivo più sulle nuvole che sulla terra ferma.

Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non mi sono mai offesa per questa affermazione.

Che male c'è a sognare ad occhi aperti?

Su quelle nuvole immagino tante cose: diplomarmi con un bel cento (anche se mancano ancora due anni), eseguire un assolo al saggio di danza, e incontrare l'amore.

Il romanticismo scorre nelle mie vene a pari passo del sangue, ma ciononostante sono sempre stata selettiva.

Ho sempre voluto un ragazzo serio al mio fianco, non ha alcun senso per me iniziare un qualcosa di precario e temporaneo.

Forse è per questo che non ho mai dato un bacio a qualcuno.

Molti alla mia età mi considererebbero pesante, infondo l'adolescenza è il periodo delle esperienze, dei drammi, dei tira e molla, dei baci dati in discoteca agli sconosciuti e delle foto di coppia postate su Instagram e che il mese dopo si lasciano.

Ebbene io non voglio quello, voglio l'amore che ho sempre letto nei libri.

Magari non sarà così eclatante come viene descritto, ma almeno è sincero.

Questo è uno dei motivi che mi ha spinto ad essere Cupido. 

Voglio che tutti incontrino la persona giusta per loro, e anche se non sarà per sempre e non vivranno felici e contenti, proveranno sentimenti genuini.

Vittoria non ha mai approvato il mio ruolo di Cupido, sebbene sia stata la prima che abbia fatto innamorare.

O meglio, aprire gli occhi.

Io non faccio innamorare nessuno, non ho questo superpotere, però faccio in modo che possa succedere.

Prima di tutto è importante conoscere i soggetti in questione e trovare delle affinità.

Gli opposti si attraggono ma i simili non rompono le scatole.

Di seguito mi impegno a creare le giuste circostanze per far incontrare e conoscere la coppia.

Non siamo fatti per amare chiunque, ma spesso sono anche le situazioni di contorno che fanno la differenza.

Fortunatamente sono sempre riuscita nel mio intento e diverse coppie in questa scuola si sono create grazie al mio intervento.

Considerando il mio modus operandi, come avrei potuto aiutare Michele Costa?

Più penso alla sua proposta, più mi rimprovero per la mia idiozia.

Come posso aiutare un ragazzo di cui conosco solo il nome e che non sopporto?

Il secondo dopo aver accettato mi sono resa conto che per completare il lavoro dovrò passare del tempo con lui.

Devo essere a conoscenza dei suoi gusti, delle sue passioni e dei suoi interessi.

Insomma della sua persona a trecentosessanta gradi.

Poi mi chiedo come gli sia venuto in mente di affidarsi a me.

Si è visto allo specchio?

Non ha di certo bisogno del mio aiuto per conquistare una ragazza.

Ovviamente oltre l'aspetto fisico è importante anche il carattere, ma quell'aria misteriosa che si porta dietro non lo rende di certo noioso.

Ogni minuto che passa mi pento maggiormente della mia scelta.

«Michele Costa innamorato?» mi chiede Vittoria sorpresa.

Dopo aver pranzato velocemente l'ho chiamata in cerca di conforto. Sa benissimo quanto quel ragazzo non mi vada a genio e inoltre conosce Rebecca meglio di me; è fondamentale ai fini di questa storia.

«A quanto pare» rispondo con tono funereo.

In questo momento vorrei solo prendere una pala e sotterrarmi.

«Questa sì che è una novità!» commenta entusiasta.

Forse non si rende conto della gravità della situazione.

Posso comprendere il suo stupore, infondo sembra che Michele viva in un mondo tutto suo dove le ragazze non hanno accesso.

Una Laura al maschile insomma.

«Capisci che ha chiesto il mio aiuto? E io gli ho detto anche sì!»

Mia sorella maggiore Samanta mi definisce sempre una regina del Melodramma e infondo non posso darle torto.

Mi piace pensare positivo in ogni occasione, ma quando qualcosa mi preoccupa diventa una faccenda di Stato.

«Amy non è nulla di diverso rispetto a passate richieste» cerca di consolarmi Vittoria dall'altra parte.

Invece è diverso.

Almeno per me.

«Vic, non so se te ne sei mai resa conto, ma io e Michele non ci sopportiamo!» le faccio notare dato che sembra aver dimenticato questo dettaglio.

Eppure ogni volta che ci troviamo nella stessa stanza, lei è accanto a me.

«Se ha chiesto il tuo aiuto evidentemente non gli stai così antipatica» 

Mi prendo qualche secondo per elaborare il suo punto di vista.

Ripenso alla prima volta che ci siamo incontrati, due mani che si stringono e lui che si allontana.

Ripenso alle volte seguenti, ai miei timidi saluti tra i corridoi e i suoi occhi fissi davanti a sè.

Ripenso a tutte le altre occasioni in cui ci siamo incontrati, io che lo ignoro e lui che fa altrettanto.

Non è di certo l'atteggiamento di un ragazzo che prova simpatia nei miei confronti.

Inoltre non ho mai capito da cosa nasca quest'astio. Cerco di essere gentile con tutti e non ho mai assunto un comportamento scorretto nei suoi riguardi.

Forse è un'antipatia spontanea, un po' come un colpo di fulmine al contrario.

Può capitare infatti che determinate persone non ci facciano buona impressione al primo colpo.

Evidentemente io ne ho fatta una pessima ai suoi occhi perché nell'ultimo anno la conversazione più lunga che abbiamo avuto è stata di cinque frasi.

«AMANDA VIENI QUI!» sento mia madre chiamarmi dalla cucina.

Sbuffo per l'interruzione e del relax post pranzo rovinato.

In questa casa non si possono avere un paio d'ore di pace.

«Vic devo andare, mia mamma mi sta chiamando» la informo cominciando ad alzarmi dal letto dov'ero beatamente stesa.

«Vabene, ma stai tranquilla, ti aiuto io con Rebecca!» mi dice allegramente.

È incredibile come sembri più entusiasta del diretto interessato.

«Grazie, a domani» la saluto riconoscente e poso il telefono sul letto.

Quando arrivo in cucina trovo mia madre seduta al tavolo insieme a mia sorella Samanta.

Stanno parlando a bassa voce e non riesco a comprendere l'argomento della conversazione.

Quando mia madre mi vede sulla soglia si schiarisce la voce e ciò induce mia sorella a voltarsi nella mia direzione.

«Che succede?» chiedo guardinga.

Sebbene mi abbiano chiamata loro, ho la sensazione di aver interrotto una conversazione importante.

A differenza mia Samanta è sempre stata molto aperta ed estroversa.

Quando qualcosa la fa star male lo dice espressamente, quando è triste motiva il suo stato d'animo, e quando è felice lo si vede chiaramente.

Anche questo lato del suo carattere le ha permesso di costruire un rapporto così stretto con mia madre, fatto di confidenze e consigli.

Io invece, a differenza sua, non racconto mai nulla.

Forse perché infondo non c'è nulla di entusiasmante da raccontare o forse perché non mi sento a mio agio nel farlo.

Ad ogni modo questo atteggiamento mi insospettisce.

Samanta punta i suoi occhi azzurri su di me per qualche secondo, poi si alza dalla sedia.

«Mi accompagni a comprare un vestito? Mamma non può» mi chiede avvicinandosi. 

«A che ti serve?» 

Fare shopping alle quattro di pomeriggio non mi eccita particolarmente, soprattutto se ciò implica andare al centro commerciale.

«Domani sera devo andare ad una festa di un amico di Ludovico» spiega brevemente.

Ludovico è il suo fidanzato storico, stanno insieme dai tempi del liceo, e considerando che mia sorella sta per laurearsi alla triennale, direi che è un tempo abbastanza lungo.

Ricordo ancora quando lo presentò alla famiglia: una delle poche occasioni in cui l'ho vista seriamente preoccupata.

Fortunatamente Ludovico piacque subito ai miei e non è stato difficile affezionarsi a lui, anche se quando litigano Samanta diventa ingestibile.

«Non può accompagnarti lui?» chiedo nella speranza di evitare una sessione di shopping.

Si parte da un vestito e si arriva a tutto il negozio.

«No altrimenti non te lo avrei chiesto» risponde con tono leggermente innervosito.

Che simpatia.

Io e mia sorella abbiamo quel tipico rapporto amore-odio e mi sa che adesso siamo nella fase "non ti sopporto".

Di base andiamo d'accordo, ma quando due caratteri sono quasi totalmente opposti, le discussioni sono inevitabili.

Onde evitare litigi inutili decido di accompagnarla anche se tra tre ore ho lezione di danza.

Spero solo di fare in tempo.

 

«Che te ne pare di questo?» mi chiede Sam mostrandomi un vestito verde e leggermente scollato. 

Lo osservo un paio di secondi per poi decretare un semplice «Carino».

Odio i centri commerciali.

Odio l'aria condizionata sparata a palla neanche fossimo in pieno agosto e in questo momento sto odiando anche mia sorella che non riesce a decidersi.

Siamo qui da due ore e abbiamo girato un totale di cinque negozi.

Sto facendo forza su tutta la mia (poca) pazienza, ma il mal di testa non aiuta e nemmeno Samanta che mi guarda con disappunto.

«Lo stai dicendo di tutti i vestiti che ti mostro» 

«Perché sono tutti carini» mi giustifico.

Infondo è la verità, anche se alcuni non li ho nemmeno osservati con attenzione.

«Vado a provarlo, ho capito» dice cominciando ad andare verso i camerini.

Finalmente.

Mentre Sam prova il vestito recupero il telefono abbandonato nella borsa da un paio d'ore e trovo alcuni messaggi.

Uno è di Laura che mi chiede un confronto sugli esercizi di matematica, un altro è di mia madre che ci avrà dato per disperse, e un ultimo messaggio da parte di un numero sconosciuto.

Lo apro immediatamente. 

"Possiamo parlare domani mattina prima delle lezioni?

-Michele"

Rileggo quel messaggio un paio di volte con un nodo alla gola.

Mille pensieri mi vorticano nella testa.

Prima di tutto: come ha avuto il mio numero?

Secondo: di cosa deve parlarmi?

Terzo: cosa gli devo rispondere?

Questo ragazzo non smette di stupirmi, e se fino a ieri pensavo di essere solo un moscerino che gli dava fastidio, adesso non so più in cosa credere.

Prima mi ignora, poi chiede il mio aiuto e adesso manda messaggi.

E come abbia avuto il mio numero resta sempre un mistero.

«Che te ne pare?» Samanta esce dal camerino improvvisamente distraendomi. 

Mi concentro su di lei e la osservo mentre si posiziona davanti allo specchio.

È davvero bellissima, e il vestito leggermente aderente le calza a pennello.

«Stai benissimo» le rispondo sincera.

Samanta è di una bellezza smagliante e quest'abito non fa che risaltarla.

Sebbene ai miei occhi appari stupenda la vedo scrutarsi allo specchio con aria scettica.

Alza il vestito per coprirsi il seno e poi lo riabbassa perché troppo corto.

«Non è troppo scollato?» mi chiede intimorita.

La scollatura a cuore non è per niente generosa, il petto si intravede pochissimo e la fascia in maniera delicata ed elegante.

L'abito non è affatto volgare e questa domanda mi stupisce.

È sempre stata un tipo eccentrico, le piace mettersi in mostra e soprattutto non ha vergogna del suo corpo.

«Assolutamente no, altrimenti te lo avrei detto» le rispondo cercando di convincerla.

Si gira di spalle e continua ad osservarsi con aria critica.

C'è qualcosa che non la convince.

«Non mi piace» sibila infatti alla fine.

Faccio per ribadire il mio parere ma si dilegua velocemente nel camerino senza lasciarmi parlare.

Oggi è particolarmente strana e sospetto che c'entri qualcosa la conversazione con mia madre.

Di cosa stavano parlando?

Perché non posso esserne anche io partecipe?

Essere la minore di casa non è sempre così semplice , perché è come se avessi due madri invece che una e Samanta non si apre quasi mai con me.

Non che io lo faccia, ma vorrei che sapesse che io sono sempre pronta ad ascoltarla.

Mentre rifletto su cosa possa aver scatenato questo comportamento in mia sorella sento il suono di una notifica.

"Allora?"

È ancora Michele.

Ma cosa vuole da me oggi?

Decido di salvare il suo numero in rubrica per evitare di visualizzare suoi messaggi futuri prima del tempo e replico velocemente.

"Vabene"

Quando Samanta esce dal camerino noto la sua faccia funerea e le propongo di andare in un altro negozio.

«Non importa, so che devi andare a danza»

Non riesco a vederla in questo modo, con gli occhi spenti così come il sorriso.

«Mi ha appena chiamato l'insegnante, ha detto che la lezione di oggi è annullata» le dico indicando il telefono ancora stretto nella mano.

Mi fissa per qualche secondo non bevendosi la mia bugia.

«Non è vero» dice sicura delle sue parole.

«È verissimo!» Affermo alzando le mani per suggerire la veridicità delle mie parole.

Finalmente vedo un sorriso comparire sulle sue labbra e di riflesso la imito.

«Vabene andiamo, compro qualcosa anche a te»

Mi prende a braccetto e usciamo dal negozio pronte ad altre ore di shopping.

Povera me.


 

Ansia.

Ho sempre odiato questa parola, che seppur breve raccoglie mille sensazioni diverse.

Proprio come l'amore.

L'ansia accompagna quasi interamente l'adolescenza, e quasi in ogni occasione fa capolino senza chiedere il permesso.

Interrogazione a sorpresa? Ansia.

Saggio di danza? Ansia.

Primo appuntamento? Ansia.

Ansia, ansia, ansia.

Che brutta sensazione.

In una relazione la frase che scatena la più grande delle ansie è "Dobbiamo parlare"

Puri brividi.

In sedici anni di vita non mi sono mai ritrovata in quest'ultima situazione (uno dei vantaggi di essere tristemente single dall'anno zero) ma credo che chiunque l'abbia sperimentata non deve essersi sentito molto diversamente da me in questo momento.

Sono le sette e cinquanta del mattino e sto aspettando Michele vicino il campetto.

Quel "possiamo parlare" mi ha scombussolato più del previsto e non faccio che pensarci da ieri pomeriggio.

Mi guardo intorno e non mi sorprende vedere solo pochi studenti con zaino in spalla e con ancora la forma del cuscino sul viso.

C'è chi chiacchiera e chi si limita ad ascoltare in religioso silenzio, chi invece con le cuffiette nelle orecchie si è estraniato da tutto il resto.

Di norma appartengo a quest'ultima categoria, ma oggi la mia routine è stata stravolta, a cominciare dalla sveglia suonata prima del solito.

Ho fatto un'abbondante colazione (infondo è il pasto più importante della giornata), mi sono lavata con calma e ho trascorso il restante tempo a decidere cosa indossare.

A un certo punto mi sono rimproverata da sola, stavo spendendo tempo a scegliere cosa mettere solo perché mi dovevo vedere con Michele.

Che stupida.

Mi vede tutti i giorni a scuola con i miei soliti jeans e maglietta, non c'è nulla di diverso in quest'incontro.

A parte il fatto che deve parlarmi di non si sa cosa, si intende.

Dio, quanto odio questa sua aria di mistero che deve incutere a tutti.

A me piace la chiarezza e la trasparenza, detesto quando qualcuno si nasconde nelle parole o svia un discorso a proprio piacimento.

Ecco un altro motivo per cui io e Michele non possiamo andare d'accordo.

Neanche lo avessi invocato mentalmente lo vedo varcare il cancello della scuola e guardarsi intorno.

Indossa un giubbino di jeans, e un paio di pantaloni color kaki.

Come al solito i capelli leggermente riccioluti sono sistemati a regola d'arte.

Mi chiedo quanto tempo impieghi la mattina per pettinarli; sicuramente più di me dato che li spazzolo per circa quindici secondi.

Quando finalmente mi vede ho un leggero sussulto.

Non sono abituata ad essere osservata da lui.

Un'altra cosa che mi infastidisce è la sua abilità di incutermi disagio.

È un ragazzo come tanti altri, ma quando è nei paraggi mi sento sempre sotto pressione.

Sarà quell'indifferenza che riempie i suoi tratti, o il fatto che sia un amico così stretto di Alessandro, ma quando siamo nella stessa stanza ho sempre i nervi a fior di pelle.

Sarà facilissimo aiutarlo date le premesse.

Prima che me ne accorga me lo ritrovo davanti e i suoi occhi scrutano la mia figura.

Come sempre la sua espressione non fa trapelare nulla.

Non sia mai che un emozione lo percuoti.

«Ciao» saluto per prima.

Sono ansiosa di sapere cos'ha da dirmi così potrò entrare felicemente in classe.

«Ciao» ricambia il saluto.

Aspetto qualche secondo in attesa.

La mia espressione eloquente evidentemente lo induce a parlare.

«Volevo solo ringraziarti per il tuo aiuto»

Dopo un secondo di smarrimento cerco nei suoi occhi un segno di menzogna.

Nulla.

Mi sta ringraziando davvero?

Ammetto che questa è l'ultima cosa che mi sarei aspettata da lui, ma contrariamente al solito mi sorprende in positivo.

Sarà tante cose, ma questo prova che non è maleducato.

E alla mia età è già molto.

«Figurati» mi limito a rispondere.

Non mi è ancora chiaro il perché di quest'incontro all'agente segreto, ma decido di tenermi il dubbio.

«Volevo sapere anche come hai intenzione di procedere» continua.

Bella domanda.

Devo solo dirgli: 
"Michele dato che sei apatico come un armadio e non so nulla di te dobbiamo passare del tempo insieme, stessa cosa vale per Rebecca.
Ma tranquillo è tutto sotto controllo.
Ah e per la cronaca, non ti sopporto"

Facile no?

Decido di essere parzialmente sincera.
L'importante è essere chiari ed evitare malintesi.

«Ci sto pensando, però ho già qualcosa in mente»

E quel qualcosa prevede l'aiuto di Vittoria.

Annuisce senza nulla da aggiungere.

«Però..» riprendo attirando nuovamente la sua attenzione, «devo conoscere qualcosa di te. Sei disposto ad aprirti con me?» gli domando seria.

Fissa i suoi occhi nei miei senza esitazione, come mai l'ho visto.

«Tutto per conquistarla» afferma solennemente.

Bene, che il piano abbia inizio.

   
 
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