Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: cityoftheflower    30/09/2021    1 recensioni
«È meglio così. Niente rapporti seri, il mio cuore è già impegnato a soffrire per altro. È pericoloso innamorarsi.» spiegò, sostando l’auto di fronte casa.
«Però amare non implica automaticamente soffrire» dissi, chissà se per convincere lui o dissuadere me.
«Eppure spesso è così. Ma non esserne gelosa, se vuoi c'è spazio anche per te» rispose con un sorrisetto irritante che gli si faceva strada tra le labbra piene.
«Lo sai che sei disgusto a volte, vero?»
Lui rise: «dai sto scherzando, è divertente infastidirti! Ma tanto per chiarirci, a te non credo che concederei quel tipo di spazio.» aggiunse tornando improvvisamente serio.
«Perché?»
«Perché saresti un pericolo.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nuovi arrivi in città


In seguito all’episodio del parcheggio Jimin si era fatto più vicino, ma allo stesso tempo più schivo.
Quando aveva rialzato la testa dalla mia spalla e si era asciugato le guance con la manica della camicia bianca che indossava, mi aveva preso entrambe le mani e ci aveva posato sopra un bacio umido.
«Grazie» aveva detto riconoscente «sto’ bene adesso, non preoccuparti. Meglio se ci mettiamo al lavoro, non posso lasciare sempre tutto nelle mani di Yoongi» aveva aggiunto come se niente fosse successo.
Abbozzando il sorriso che consuetamente indossava e facendomi un occhiolino mi aveva voltato le spalle per avviarsi all’entrata. Dal canto mio ero rimasta a guardarlo stordita fin quando non aveva aperto la porta e si era voltato per farmi un cenno del capo invitandomi a seguirlo, a quel punto avevo obbedito riluttante ma dentro di me qualcosa si agitava, era il mio relitto che salpava per l’oscuro continente di Park Jimin.
Non avevo nessuna cartina con me né una bussola, stavo per ritrovarmi in un mare dai fondali misteriosi e così vasto da sembrare senza fine. E nonostante avessi intravisto quasi per sbaglio il luccichio che proveniva da una sponda lontanissima, con delusione mi resi conto che per il momento c’era solo l’acqua scura.     
Non pretendevo che mi dovesse a tutti i costi una qualche spiegazione sui motivi per cui era crollato in quel modo, soprattutto se non voleva, ma sui miei vestiti erano rimaste le grinze che avevano fatto le sue dita quando ci si erano aggrappate disperate, la mia spalla era umida a causa delle sue lacrime e sul mio collo percepivo ancora il suo respiro affannato, il suo corpo scosso contro il mio. Mi sentivo usata.
Nel corso della serata avevo visto i due amici parlottare fitto tra una pausa e l’altra e quanto meno loro sembravano essersi chiariti. Tuttavia, il turno di Yoongi finiva un’ora prima del mio e così se ne era andato senza che avessi la possibilità di chiedere almeno a lui se avessi un qualche diritto di preoccuparmi; ma del resto in cuor mio sapevo che molto probabilmente mi avrebbe detto chiaro e tondo che quello non era un compito che gli spettava.
Intanto Jimin – quando ne aveva avuto la possibilità – era tornato a punzecchiarmi come al solito e nonostante la scomoda sensazione che provavo alla bocca dello stomaco ogni qual volta mi si avvicinava, se non altro sembrava essergli tornata la voglia di scherzare e così lo assecondai. Ma quella notte feci davvero fatica ad addormentarmi, così come quelle avvenire; e anche quando finalmente riuscivo ad abbandonarmi alla stanchezza, poi venivo tormentata da una serie di sogni caotici che riuscivano a svegliarmi sempre prima della sveglia, lasciandomi soltanto con una manciata di ore di riposo ogni volta.
Nel sogno più ricorrente mi trovato sulla sponda di un lago nel quale scorgevo appena il tetto di una casa sommersa, si trovava proprio al centro e in qualche modo sentivo di doverci andare. Non appena questo desiderio sorgeva, un bambino appariva al mio fianco e mi prendeva per mano, guardava l’acqua con esitazione come se ne avesse paura e infatti le sue piccole dita si stringevano con forza attorno al mio palmo.
«Andiamo» gli dicevo per fargli coraggio e così lui si immergeva meno timoroso, dal momento che era anche l’unico a conoscere la strada per la casa sul fondale. Prima di bussare alla porta mi rivolgeva sempre uno sguardo innocente accompagnato da un sorriso timido ed incerto, come se fosse sinceramente felice di accompagnarmi ma allo stesso tempo temesse che nessuno venisse più ad aprire.
Dentro c’era sempre una donna, aveva dei lunghissimi capelli neri fluttuanti e un bianco vestito. Ci accoglieva con affetto per offrirci del tè freddo e mi mostrava sempre una foto, quella del bambino che mi teneva per mano e mi strattonava appena verso di lui.
«Voglio andarmene» diceva ancora prima che la donna posasse i bicchieri sul tavolo «il mio sogno morirà con lei. Lo perderò per sempre.»
«Signorina» disse questa volta una voce che risuonava ovattata come quella del bambino sott’acqua. «Signorina Kim, si sente bene?» udii distintamente dopo che qualcuno mi tirò una gomitata, probabilmente Haneul. Rialzai la testa di scatto e mi ritrovai la faccia del professore di fronte, che con un cipiglio severo mi squadrava al di là degli occhiali posti sulla punta del naso.
«M-mi scusi, professor Jung» balbettai di fronte al suo sguardo intransigente, lui si rimise dritto stringendo così tanto le labbra che parvero diventare un’unica linea dritta. Brutto segno.
«Dorme durante le mie lezioni, signorina?» chiese retorico mentre arrossivo e sprofondavo nella mia sedia. «Non pensavo di essere noioso fino a questo punto. Questa è un’aula universitaria, non è obbligata a rimanere se non riesce a tenere nemmeno gli occhi aperti.» continuò tagliante, mentre la miriade di occhi presenti nella grande sala mi osservava in milioni di modi differenti, a seconda dell’individuo a cui appartenevano.  
«Mi scusi, sono veramente dispiaciuta» ripetei mortificata.
«Vada a rinfrescarsi le idee in cortile, signorina. L’aria è molto suggestiva, la lieve brezza che soffia sta facendo venire giù molti petali di ciliegio oggi, potrebbero suscitarle maggiore interesse del sottoscritto» disse facendomi capire senza troppi giri di parole che dovevo lasciare l’aula. Raccolsi velocemente le poche cose che avevo sparpagliate sulla mia parte di banco infilandole nella borsa e mi alzai in silenzio per dirigermi verso l’uscita, sperando inutilmente di diventare invisibile.
Ma il professor Jung non aveva ancora finito con me: «Su, allocco mio, muta la tua espressione! Questa è pioggia di primavera.» citò «Sa dirmi almeno di chi sono questi versi, signorina Kim?» chiese aspro, proprio nel momento in cui afferravo la maniglia della porta con un sollievo che durò solo una frazione di secondo.
Mi voltai con il cuore in gola: «Kobayashi Issa, professore. Il consiglio del colombo.» risposi tesa, ricordando anche il titolo della poesia. Lui parve molto colpito e alquanto soddisfatto al tempo stesso, nonostante il secondo sentimento fece più in fretta a nasconderlo del primo.
«Molto bene, questo vuol dire che non sono sempre così soporifero. La cosa mi rincuora.» fece un sorriso tirato «Lei promette bene. Ma stia attenta, perché la prossima volta non sarò così indulgente» mi avvisò e con un gesto della mano mi congedò.
Giunta nel corridoio deserto presi un profondo respiro passandomi una mano tra i capelli, mi lasciai cadere contro il muro con il cuore che ancora mi batteva forte e la testa più pesante che mai.
«Maledetto Park Jimin!» mi ritrovai a pensare, perché del resto era colpa sua. Quella sera si era portato via qualcosa, lasciando al suo posto uno spiraglio aperto da cui a poco a poco continuavo a perdere diverse altre cose. Il sonno era decisamente una di queste.  
Con un sospiro affranto decisi di seguire il consiglio del professore e presi la strada del cortile inondato dai petali. Una volta fuori individuai la prima panchina libera – non che ce ne fossero di occupate, dal momento che metà ateneo era nel pieno delle lezioni – e presi posto, pronta ad immergermi in una profonda riflessione riguardo le mie azioni.
«Evie-ssi!» e invece eccolo lì. Kim Namjoon aveva appena alzato il braccio e sventolava una mano nella mia direzione, facendomi desiderare ardentemente che una voragine si aprisse proprio lì davanti e mi risucchiasse nelle profondità del pianeta. Purtroppo, non accadde nulla e lui si avvicinò a passo svelto seguito da un ragazzo che non avevo mai visto prima. 
«Come fai a sapere sempre dove mi trovo?» gli chiesi senza una particolare espressione, lui rise.
«Non lo sapevo, è una coincidenza. Facevo una passeggiata con il mio amico proprio da queste parti! E, a proposito, te lo presento: lui è Hoseok, Hobi per gli amici. Proprio oggi è tornato a Busan!» disse contento, con il suo solito fare da bambinone. «E Hobi, non crederai mai a quello che sto per dirti ma lei è Evie, viene dall’America ed è l’amica di Jimin!» spiegò con fin troppo entusiasmo, ignaro del fatto che solo a sentire quel nome il mio stomaco tendeva a contorcersi su sé stesso.
Anche quel ragazzo, come tutti gli altri che gravitavano attorno alla vita di Park Jimin, era molto bello. Sembrava appena uscito da una rivista americana degli anni ‘90, il suo stile era decisamente hip hop; i vestiti gli calzavano laghi, le scarpe erano grandi e indossava molti accessori tra anelli e collane, i suoi capelli erano di un castano probabilmente più chiaro del suo colore naturale e strigliato da alcune ciocche di un biondo chiaro. Poi Hoseok scoppiò a ridere ed inaspettatamente fece ridere anche me. Era una risata cristallina e gioviale, sinceramente divertita e piena di buon umore da regalare.
«Non ci avrei mai scommesso sul fare la tua conoscenza! È un vero piacere, chiamami pure Hobi!» disse allegro con un inchino che ricambiai volentieri.
«Un giorno dovrete spiegarmela questa cosa. Comunque, è un piacere anche per me» risposi con un sorriso spontaneo ma che si spense quasi sul nascere, dal momento che Namjoon ci mise molto poco per realizzare che a quell’ora mi sarei dovuta trovare in aula.
«Come mai sei qui fuori?» mi chiese lo studente più brillante del campus, nonché il mio tutor. Dov’era quella voragine?
«Ehm…» mi grattai la testa in imbarazzo «questa notte ho dormito malissimo e così mi sono addormentata in aula. Il professore mi ha sbattuto fuori…» mormorai con un’alzata di spalle.
«That’s my bad girl!» mi canzonò Namjoon «Dovresti stare più attenta, Evie. E chi sarebbe il professore che si è offeso così tanto?» aggiunse curioso.
«Il professor Jung. E sono certa che se avesse potuto mi avrebbe ucciso con le sue stesse mani» commentai affranta, ripensando allo sguardo da cecchino che mi aveva rivolto quando avevo riaperto gli occhi. Di punto in bianco i due ragazzi cominciarono a ridacchiare tra di loro e Namjoon fece un cenno all’amico come per invitarlo a dire qualcosa.
«Lo so. È un tipo un po’ burbero ma anche di buon cuore, te lo assicuro. Sono certo che se gli spiegherai la situazione capirà senza problemi. Nel caso non dovesse funzionare, magari io e Namjoon potremmo farci quattro chiacchiere» fu la risposta di Hoseok con un radioso sorriso di conforto ed un occhiolino complice.
«Lo conoscete?» chiesi aggrottando le sopracciglia, lui annuì per entrambi.
«Beh sì, è mio padre» ribatté poi divertito. Rimasi a fissare entrambi per un lungo attimo decisamente senza parole ed evidentemente la mia espressione ai loro occhi doveva sembrare parecchio buffa, perché le loro risate riecheggiarono nel cortile deserto per qualche minuto.
«Evie, sei proprio uno spasso!» commentò Namjoon con un’amichevole pacca sulla spalla «Ci sarai anche tu domani sera al locale?» aggiunse, io gli rivolsi una semplice occhiata confusa che lui colse come un invito a spiegarsi meglio. 
Mise un braccio intorno alle spalle dell’amico: «Hobi non è l’unico del nostro gruppo ad essere tornato in città, dopo due lunghi anni siamo di nuovo tutti qui. Ci raduniamo al Magnate per festeggiare le nostre star appena rincasate» continuò lusingando chiaramente Hoseok che cercò di scrollarselo di dosso senza successo.
«Smettila, io non sono una star! Al massimo il nostro hyung presto lo sarà!» si lamentò, Namjoon invece si aprì in un grosso sorriso che evidenziò le sue adorabili fossette.
«Sta facendo il modesto» disse rivolgendosi a me «Hobi è un ballerino fantastico, è fa parte di una famosa agenzia su a Seoul!» il diretto interessato mi rivolse un sorriso timido.
«Anche tu hai frequentato la famosa accademia di Busan?» gli chiesi, cercando di trovare il nesso fra tutti loro. Il ragazzo annuì, ma prima che potessi chiedergli ulteriori dettagli, nel cortile si riversarono gli studenti appena emersi dalle lezioni e Namjoon si defilò quasi nello stesso momento, alla ricerca della restante parte dei membri che rappresentavano gli studenti per una riunione del comitato.
«Mio padre mi aspetta per pranzo. Allora spero di rivederti presto, Evie» mi salutò Hoseok con un altro inchino.
«Chi era quello?» chiese Haneul appena sbucata al mio fianco.
«Molto carino! Come lo chiamiamo?» aggiunse Lisa che lo guardò allontanarsi con una certa curiosità, anche perché non passava inosservato.
«Jung Hoseok. È un amico di Namjoon e il figlio del professore» spiegai ancora atterrita dall’ennesima coincidenza che affiorava nella mia vita.
Haneul si mise a ridere: «Cavoli! Il professor tutto d’un pezzo ha un figlio così eccentrico? Questa voglio proprio approfondirla!» fu il suo commento divertito.

La sera successiva, quando giunsi al Magnate, mi aspettai fin da subito di trovarci Namjoon e la restante parte del numeroso gruppo di amici a fare baldoria, ma in realtà non vidi nessuno di loro per tutta la durata del mio turno. Yoongi non accennò niente sulla presunta rimpatriata e come ogni sera svolse la sua parte di lavoro con un’espressione cupa e a tratti irascibile, niente di insolito.
Nemmeno Jimin sembrò particolarmente incline ad informarmi dei loro piani, ma del resto non mi aspettavo niente da nessuno dei due; ero semplicemente curiosa. Tuttavia, il mio giovane datore di lavoro era solare come non lo vedevo da giorni, sembrava quasi splendere di luce propria mentre si muoveva tra i tavoli con una maestria e una leggiadria tale che chiunque avrebbe potuto intuire i suoi eccellenti trascorsi nella danza.
La caffetteria chiuse i battenti intorno alle ventitré circa, il solito orario. Poco dopo vidi Yoongi togliersi il grembiule e gettarlo su una sedia con uno sbuffo e senza rendermene conto mi ritrovai a seguire il successivo scambio di battute che avvenne tra loro.
«Allora, vado a prenderlo e torno» disse Yoongi a Jimin, che cogliendo la sua espressione scocciata si mise a ridere.
«Non strapazzarlo troppo, lo tratti sempre male» lo rimproverò divertito, l’altro gli rivolse uno sguardo gelido.
«Se lui fosse responsabile almeno un quarto di quanto dovrebbe, non avrebbe bisogno di essere ospitato da me. E lui si permette anche di perdermi le chiavi di casa! Dovrà regalarmi un’intera cassa di quel vino prima di tornarsene a Seoul, del resto lo pagheranno…prima o poi» borbottò più a sé stesso che all’amico, scuotendo la testa mentre usciva dalla porta.
«Yoongi abita qui vicino» fece Jimin, rivolgendosi a me di punto in bianco «sta ospitando un nostro amico, ma è rimasto chiuso fuori.» continuò mo’ di spiegazione «Questa sera non potrai avermi tutto per te, i miei amici hanno organizzato una specie di raduno» aggiunse infine con un sorrisetto. In parte era vero, da quando mi aveva usato come un appiglio per rialzarsi letteralmente dall’asfalto, dopo la chiusura del locale, non faceva altro che ronzarmi intorno fin quando non me ne tornavo a casa. Ma non avrei mai detto che lui fosse tutto per me, visto che – quando c’era – avevo lo sguardo irritante di Jiwoo sempre puntato sulla schiena e la vedevo continuamente struggersi per attirare l’attenzione del ragazzo. Ma, nonostante fossi intimamente arrabbiata con Jimin, continuavo ostinatamente ad assecondarlo, a tenere a bada le emozioni irruente che desideravo scagliargli contro. Forse perché, in fin dei conti, quelle attenzioni mi piacevano.
Mezz’ora più tardi il primo ad entrare fu Namjoon che mi salutò con la solita esuberanza, seguita dal figlio del professor Jung e gli altri due ragazzi che avevo visto almeno una settimana prima, dunque in successione: Hoseok, Taehyung e Jungkook ai quali feci un inchino cortese prima di recarmi in cucina per aiutare il resto del personale nelle ultime faccende.
In sala li sentii trafficare con un paio di tavoli e ordinare al barista precisamente: alcol a fiumi. E dieci minuti dopo proprio lui venne a cercarmi, aprì le porte della cucina e mi rivolse uno sguardo di scuse.
«Evie, per favore, verresti ad aiutarmi a servirgli da bere? Poi prometto che ti lascerò andare!» disse unendo le mani a mo’ di preghiera come fosse disperato, facendomi ridere. Tornai in sala per soccorrere Jungsu e proprio quando riempii il vassoio con l’ultimo bicchiere, la porta d’ingresso si spalancò con uno slancio facendo sobbalzare tutti.
«Guardate un po' chi è tornato per girare un drama proprio in questa città?!» annunciò entusiasta un ragazzo facendo un’entrata decisamente spavalda, seguito dal ritorno di Yoongi che invece aveva tutta l’aria di volerlo strozzare.
«JIN HYUNG!!» urlarono in coro i ragazzi seduti intorno al lungo tavolo di fronte al bancone, alzando tutti insieme i bicchieri per poi buttare giù in un sorso l’alcol all'interno, in onore al nuovo arrivato.
«Ora che sei famoso ci fai aspettare?» lo canzonò Namjoon. Yoongi alzò un sopracciglio prendendo posto intorno al tavolo: «Lasciamo perdere. Versatemi da bere.» ordinò sfinito.
«Ho sentito che hai ricevuto un ruolo importante, questa volta!» esordì Taehyng con un sorriso, alzandosi per mettere un braccio intorno alle spalle del nuovo ragazzo. 
«Questa volta sei il fattorino delle pizze?» lo prese in giro Jungkook.
«Io scommetto che è l’addetto alle pulizie impiccione» propose Hoseok.
«No stronzetti, sono il fioraio sotto casa della protagonista! Ho molte comparse!» protestò saccente puntando un dito contro entrambi.
«Allora questa volta hai un'intera pagina del copione tutta per te, dobbiamo fare un altro brindisi in tuo onore!» continuò Taehyung ridendo prima che Jin lo spingesse via.
In seguito al via libera di Jungsu, approfittai della pausa che facevano sempre tutti dopo aver ingoiato quel famoso liquore e mi intromisi timida.
«Ehm...Jimin? Dal momento che non c'è più niente da fare qui, io andrei...» dissi arrossendo quando calò il silenzio e tutti gli sguardi corsero a me.
«Non ti va di restare con noi?!» chiesero tre persone nello stesso momento: Jimin, Namjoon e Yoongi.
«E tu chi sei?» domandò invece il famoso “Jin hyung” facendosi avanti verso di me, probabilmente incuriosito dal fatto che quei tre avessero appena esteso l’invito a qualcuno che non c’entrava niente con loro.
«Oh, ma lei è Evie» rispose invece Taeyhung con un sorrisetto così simile a quello di Jimin che per un attimo mi chiesi se quei due non si fossero appena scambiati di ruolo. O di cervello.
«Evie? Ci siamo già conosciuti, sei una mia fan?» continuò Jin sinceramente confuso.
«Come non accorgersi del tizio sullo sfondo» sentii Yoongi commentare e dovetti seriamente trattenermi dal ridere. Non perché cogliessi fino in fondo il senso della sua frase, ma per il pesante sarcasmo con cui si espresse e con il quale mi faceva inevitabilmente ridere ogni volta.
«Evie è la mia amica americana, Jin Hyung» precisò allora Jimin con evidente soddisfazione, quando l’amico assunse l’ormai consueta espressione che accompagnava la notizia della mia esistenza. 
«Ah, allora esiste!» appunto. Esclamò Jin scatenando nuove risatine «Perdonami Evie, sono anni che Jimin si vanta di avere un'amica in America, ma nessuno gli ha mai creduto. Mi tocca chiedere scusa allora» concluse facendo un inchino e facendo ridere anche me. Nessuno di loro si era mai scusato per quell’affermazione, se non altro constatai che Jin era il più accorto dell’allegra comitiva.
«Ti perdono e per questo ti credo anche io» rispose Jimin con un sorriso beffardo.
«In che senso?» ribatté l’amico sospettoso.
«Ti credo quando dici di avere un vero ruolo questa volta. E che ti pagheranno…» gli altri ripresero a ridere mentre Jin lentamente diventava rosso dal collo in su.
«Per vostra informazione questo è un vero lavoro! La paga è davvero buona ed è un modo per mostrare la mia bella faccia, si comincia così! E comunque, al tavolo 16 ti chiamano» disse più calmo d'un tratto, indicando alle spalle di Jimin.
«Ma se non c'è nessuno!» ribatté lui divertito, senza nemmeno voltarsi.
«Ma vedo che si trova nei pressi di uno spigolo interessante su cui battere la testa, dovresti avere premura dei tuoi clienti e vedere se fa male in prima persona! Se vuoi ti aiuto io!» propose Jin e questa volta mi unii alle risate generali.



Angolo Autrice 

Cari lettori, grazie per essere ancora qui! Anche questo capitolo è transitivo, ovviamente mancavano ancora all'appello Jin e JHope, dunque dovevo rimediare! Eccoveli serviti, spero che abbiamo retto le aspettative ahahah
Comunque gli amici di Jimin saranno fondamentali per lo sviluppo della storia e in particolare della loro storia, quella che prima o poi...chissà, magati inizierà tra i nostri protagonisti!
Fino ad allora, spero che quello che scriverò vi piacerà! A presto e grazie ancora! 

 

Stay tuned, Anna. 

  
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