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Autore: laisaxrem    06/11/2021    0 recensioni
Visto che domani è San Valentino, visto che ieri in bacheca su Tumblr mi è saltato fuori un post con una lista di cinquanta tipi di baci per un “writing prompts”, oggi ho deciso di fare un po’ di esercizi di scrittura a tema romantico. Userò questi prompt (probabilmente non tutti) e vediamo cosa salta fuori. Saranno tutte storielle molto brevi anche perché non voglio starci in ballo per anni: è un esercizio di scrittura quindi voglio farli in fretta e senza pensarci su troppo (ed ho un paio di giorni di vacanza dal lavoro e voglio sfruttarli al meglio).
Voglio anche cercare di usare il meno possibile la KakaSaku o, meglio ancora, non usarla affatto: insomma, sono sempre la prima coppia a cui penso quando mi viene in mente una scena (non per niente sono la mia OTP) perciò stavolta voglio provare a dedicarmi alle altre coppie di This Is Us.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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Kakashi.
Se risponderai a questa lettera dicendomi che di nuovo tarderai sappi che non importa, capisco perfettamente. I doveri di Hokage vengono prima, te l’ho sempre detto.
Anche perché ormai ho qualcun’altro a tenermi caldo il letto di notte, quindi non mi sei più necessario.
Sakura

DATA: Sabato 5 Settembre 1686
TITOLO: Kiss me Slowly - Parachute

Relationships: Haruno Sakura/Hatake Kakashi
Characters: Hatake Kakashi, Haruno Sakura, Ninken
Additional Tags: Prompt 46 - A lingering kiss before after a long trip apart, I’m an idiot, I had read wrong, so I corrected the prompt, I said you that I’m an idiot

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Era stato un mese lungo e faticoso. Kakashi era stato convocato dal Daimyō e quella che doveva essere una breve visita di meno di una settimana si era trasformata in trentaquattro giorni di lontananza non solo dal suo amato Villaggio ma soprattutto dalla sua amata sposa. Ovviamente quando si era reso conto che non sarebbe tornato a casa nei tempi prestabiliti aveva fatto mandare un falco messaggero a Sakura assicurando che sarebbe tornato entro la fine della settimana. Aveva dovuto spedire altri due messaggi di questo tenore ed alla fine, al venticinquesimo giorno, aveva convocato Pakkun chiedendogli di passare a trovare Sakura, assicurarsi che stesse bene, e magari rimanere con lei fino al suo ritorno.

Ora che finalmente vedeva i cancelli del Villaggio, Kakashi accelerò il passo. Nella tasca della divisa sentiva lo scricchiolio della carta dell’ultimo biglietto che sua moglie gli aveva mandato e che aveva letto e riletto negli ultimi giorni.

Kakashi.

Se risponderai a questa lettera dicendomi che di nuovo tarderai sappi che non importa, capisco perfettamente. I doveri di Hokage vengono prima, te l’ho sempre detto.

Anche perché ormai ho qualcun’altro a tenermi caldo il letto di notte, quindi non mi sei più necessario.

Sakura

Appena l’aveva letta per un attimo era rimasto sconcertato. Poi era scoppiato a ridere ed aveva preso carta e penna per rispondere… cosa che non aveva mai fatto perché il Daimyō l’aveva chiamato d’urgenza. Da lì era tornato nei suoi appartamenti solo per buttarsi a letto qualche ora e farsi una doccia veloce al mattino seguente. Tre giorni dopo, finalmente, il Daimyō gli aveva dato il permesso di tornare al Villaggio. Kakashi non se lo era fatto ripetere due volte ed era partito l’indomani quando ancora il sole non era sorto. Per tutto il viaggio aveva costretto la sua scorta a mantenere un passo sostenuto; il suo obiettivo era tornare a casa entro sera: voleva arrivare prima che Sakura andasse a letto, voleva prenderla tra le braccia e stringerla a sé e baciarla fino ad addormentarsi.

Peccato che non avesse fatto i conti con i suoi due babysitter. Genma aveva iniziato a borbottare di un’ipotetica storta alla caviglia a metà mattina ma Kakashi l’aveva ignorato. Non aveva potuto ignorare, invece, l’insistente chakra di Tenzō che un paio d’ore dopo aveva iniziato a brillare in ondate come di fuoco; era un chiaro segno d’allarme del taichō della squadra ANBU e per un poco Kakashi era riuscito ad ignorarlo. Era quasi mezzogiorno quando aveva dovuto cedere sotto alle insistenti pulsazioni di chakra ed aveva segnalato a Genma e Sai di fermarsi per il pranzo; aveva concesso loro poco più di quaranta minuti, soprattutto perché Kakashi si era reso conto che la testa aveva iniziato a fargli male e aveva bisogno di riposare (oh, avrebbe escogitato un modo per farla pagare a Tenzō, quello era sicuro).

Avevano fatto altre due pause, con il sommo sconforto di Kakashi (anche se, man mano che il sole calava all’orizzonte, gli era sempre più chiaro che le probabilità di riuscire a tornare al Villaggio prima di sera erano scarse o nulle) ed era buio quando finalmente varcarono i cancelli di Konoha.

Kakashi non avrebbe voluto fare altro che lasciar lì la sua scorta e scappare a casa ma sapeva di dover passare prima dall’ufficio: l’indomani mattina presto avrebbe dovuto incontrare il Consiglio al completo ed aggiornarli perciò aveva bisogno di avere tutti i documenti in ordine. Shikamaru l’attendeva lì ed una parte di Kakashi si stupì (era tragicamente ben oltre il suo solito orario); ma da un lato era grato perché grazie al suo aiuto sbrigò le ultime faccende nella metà del tempo.

Quasi due ore più tardi Kakashi chiuse il fascicolo che aveva davanti con un sospiro.

«Mi dispiace, Shikamaru, ma per oggi devo davvero andare», annunciò lanciando un’occhiata preoccupata all’orologio da parete. Merda.

Il suo giovane amico annuì e si mise a radunare ordinatamente i fogli.

«Sakura sarà arrabbiata, eh?»

«Mmm… Forse», concesse lui. Poi sorrise e aggiunse: «Mi ha scritto di aver trovato qualcun’altro per scaldarle il letto».

Dopo un secondo di stupore (Kakashi era contento di averlo detto anche solo per vedere la sua solita espressione annoiata lasciar spazio ad un paio di occhi spalancati) Shikamaru rise e si massaggiò la nuca distrattamente.

«Buona fortuna, allora».

Troppo esausto per correre ma con il chakra ad un livello spaventosamente basso, Kakashi soppesò le sue alternative e, con un cenno di saluto a Shikamaru, afferrò lo zaino e usò lo Shunshin per lasciare l’ufficio e ricomparire fuori da casa sua (sapeva che Tenzō odiava quando lo faceva e quella consapevolezza fu abbastanza per compensare il forte capogiro che lo colpì all’atterraggio).

Quando aprì la porta d’ingresso venne accolto dal buio e dal silenzio.

«Tadaima», annunciò a bassa voce mentre posava con delicatezza lo zaino sul mobiletto nel genkan e metteva in ordine i sandali.

Per la prima volta in un mese Kakashi sentì di riuscire a respirare perfettamente e la stanchezza e la frustrazione che si era portato appresso per tutto quel tempo scemarono via dal suo corpo.

Una parte di lui non voleva altro che correre in camera e svegliare Sakura, perdersi nel suo abbraccio e sentire la sua pelle calda contro la sua, le sue dita sottili ma forti accarezzargli i capelli. Non per fare sesso (non credeva di avere le energie in quel momento) ma semplicemente per sentirla. Ma l’altra parte sapeva che era tremendamente tardi e Sakura aveva il brutto vizio di strafare in ospedale e in Accademia e ovunque la chiamassero, perciò meritava ogni minuto di sonno che riusciva a ritagliarsi.

Però…

Però Kakashi aveva bisogno di sentire la sua voce. Dannazione.

Sospirando andò nel bagno del piano terra e si lavò rapidamente usando le doccette: era stanco ma non così stanco da portarsi a letto lo sporco del viaggio ed al contempo non voleva rischiare di svegliare Sakura usando la doccia al piano di sopra.

Un asciugamano attorno alla vita ed uno attorno al collo, Kakashi salì le scale a passo felpato ed andò verso camera loro. Il fusuma era aperto ed appena si affacciò sulla soglia l’uomo si rese conto che Sakura non aveva mentito, nella sua lettera: in effetti sua moglie non era sola nel loro letto.

Con lei c’era una montagna di cani.

Sakura era nella sua metà del letto, stesa su un fianco, le lenzuola tutte raggrumate in fondo, Pakkun sdraiato pancia all’aria sotto alla sua mano destra. Bull era accoccolato ai suoi piedi, le zampe anteriori intrecciate alle gambe di lei, ed occupava quasi tutta la parte inferiore del letto mentre gli altri sei ninken erano disposti attorno a loro: Bisuke aveva il muso premuto contro la schiena di Sakura, Akino era per metà disteso su Bull, Shiba a pancia all’aria occupava quasi metà del letto costringendo Ūhei a rimanere rannicchiato in un angolo mentre Urushi era riuscito a ritagliarsi uno spazio tutto suo sul cuscino di Sakura e la coda a ciuffo di Guruko spuntava da sotto il lenzuolo. Infine una piccola macchia nera era acciambellata sul cuscino accanto alla testa rosa di Sakura, la coda distesa a sfiorarle il collo: Yoru, la loro micina di nemmeno tre mesi.

Kakashi rimase a fissare la scena a bocca aperta per un momento, le palpebre che sbattevano veloci, e poi una risata gli sfuggì dalle labbra. La bloccò immediatamente ma ormai era tardi. Sakura si mosse e aprì gli occhi e dopo qualche secondo lo mise a fuoco.

«Mmm? Kakashi?» mugolò, la voce roca di sonno.

Lui si avvicinò e s’inginocchiò sul pavimento, una mano che andava a sfiorarle la spalla lasciata nuda dalla maglia larga che indossava. Quel breve contatto fu come un balsamo per Kakashi: sapeva che Sakura gli era mancata ma fino a quel momento non si era davvero reso conto di quanto.

«Scusa. Non volevo svegliarti», sussurrò, sporgendosi in avanti per baciare delicatamente la pelle che aveva appena accarezzato.

Gli occhi di Sakura si fissarono nei suoi e Kakashi si perse in quel verde, tanto quasi da non accorgersi delle sue dita che gli accarezzavano il volto lentamente, dolcemente, come per memorizzare ogni sua curva ed ogni angolo.

Kakashi non riuscì più a trattenersi e si sporse in avanti fino a baciarla. Nemmeno aprì la bocca, troppo esausto per pensare di approfondire il contatto, e Sakura non protestò. Eppure quel bacio a fior di labbra, uno dei più casti che si fossero mai scambiati senza l’impaccio della maschera, durò un’infinità di secondi, le labbra che si sfioravano e si ritraevano per poi avvicinarsi di nuovo in una lenta danza.

Infine Sakura sospirò e poggiò la fronte contro la sua per un secondo.

«Quando sei arrivato?»

«Meno di due ore fa. Sono dovuto passare in ufficio», rispose Kakashi, le dita che percorrevano la pelle di Sakura in lenti movimenti. Poi il suo sguardo venne attratto dal movimento di una coda e sorrise. «Allora non scherzavi quando hai detto che c’era qualcun’altro a tenerti caldo il letto, eh?»

«Già», ridacchiò Sakura mentre le sue dia imitavano quelle di lui. «In effetti forse tengono un po’ troppo caldo», aggiunse lei, accennando col capo alle lenzuola abbandonate sul fondo del letto.

«Possiamo sempre andarcene, ragazzina», giunse il grugnito da Pakkun.

Il piccolo ninken aprì gli occhi e li scrutò col suo cipiglio severo ma Kakashi sapeva che era solo una farsa.

«Assolutamente no», ribatté Sakura, dando una piccola grattatina al pelo marrone del più anziano dei suoi ninken. «Voi non ve ne andate da qui, stanotte».

«Oh. Allora io prendo un futon…» iniziò Kakashi, incerto. Perché più guardava più era evidente che i ninken occupavano tutto lo spazio nel letto e che non c’era posto anche per lui.

Doveva ammetterlo, era deluso. Sì, la vista di Sakura e dei cani accoccolati insieme gli scaldava il cuore, ma dopo trentaquattro giorni di lontananza Kakashi non voleva altro che stringerla tra le braccia ed addormentarsi al suono del suo respiro.

«Dove pensi di andare?» lo bloccò Sakura, afferrandolo per un polso, come se temesse di vederlo scomparire. «C’è spazio anche per te, sai?»

«C’è?»

«C’è. Forza, Rokudaime-sama, vieni qui», l’incitò Sakura

Kakashi esitò ancora un poco, cercando di capire dove in effetti potesse stendersi. Su Bull, come quando era solo un bambino di sei anni? O forse poteva convincere Shiba a dormire un poco più composto così da ritagliarsi un angolo di materasso?

«Smetti di fare il prezioso ed unisciti a noi», lo rimproverò Pakkun mentre stirava oziosamente le zampe e cambiava lievemente posizione. Alle sue parole gli altri ninken si mossero quel tanto da creare uno spazio alle spalle di Sakura, piccolo ma sufficiente per Kakashi per allungarsi accanto a sua moglie e abbracciarla. «Oppure vai nell’altra stanza: ci pensiamo noi a tenere compagnia a Sakura», aggiunse ancora il suo vecchio amico. Poi chiuse gli occhi.

Cedendo alle parole di Pakkun e al sorriso di Sakura, Kakashi si alzò e si liberò degli asciugamani umidi. Aveva già un ginocchio sul letto, i suoi occhi che cercavano la via migliore per raggiungere il suo posto senza calpestare qualche orecchio o qualche coda, quando venne interrotto da due occhi marroni che lo fulminavano con lo sguardo.

«Mettiti un paio di mutande addosso, prima», ringhiò Pakkun a voce più alta di prima. E Kakashi si rese conto che in effetti non aveva mai indossato un paio di boxer, dopo essersi lavato. «Cosa sei, un selvaggio?»

Sakura e Kakashi si fissarono per un secondo, poi entrambi scoppiarono a ridere.

  
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