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Autore: laisaxrem    06/11/2021    0 recensioni
Kakashi e Gai devono occuparsi di Megumi, Aki e Metal per tre giorni. Verrà in aiuto anche Genma.
Questa fic partecipa al Kakashi Bingo 2021 (prompt: Kekkei genkai) e al Genma Week 2021 (prompt: Children, and Summons, and Sitters, oh my). In particolare il primo capitolo è un po’ introduttivo, il secondo è per il Bingo ed il terzo (ma anche parte del secondo) per Genma. Enjoy.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gai Maito, Genma Shiranui, Kakashi Hatake, Metal Lee, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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DATA: Sabato 18 Giugno 1693

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Genma si era fermato per la notte.

Come avessero fatto Gai e Kakashi a convincerlo ancora non lo sapeva. Aveva deciso di dare la colpa al whisky così dannatamente buono che Kakashi gli aveva offerto la sera precedente (un regalo di uno dei Kage, Genma non ricordava quale).

In quel momento Gai era in bagno e Kakashi era uscito a comprare alcune verdure per il pranzo perciò Genma era solo in soggiorno con i bambini. Per fortuna stavano giocando nel salottino e Genma era seduto sul divano con un libro sulle gambe e la tv accesa in sottofondo. Dopotutto non era terribile come pensava, anzi in un certo qual modo era rilassante: bastava lanciare loro un’occhiata ogni tanto ed il gioco era fatto. Davvero non sapeva com’era stato possibile per Gai e Kakashi perdere Aki, il giorno precedente. Ah, dilettanti. A lui sicuramente non sarebbe successo nulla del genere, nulla di preoccupante. Kami-sama erano solo bambini e lui un tokubetsu jōnin con decenni di esperienza sulle spalle.

Oh, quanto si sbagliava.

«Ojiji, ojiji, guarda!»

Genma sollevò gli occhi e vide Megumi corrergli incontro con suo fratello per mano e Metal che trotterellava dietro di loro. Erano tremendamente carini e Genma avrebbe voluto avere una macchina fotografica per immortalare quel momento (ora capiva perché Kakashi aveva migliaia di fotografie dei suoi figli, nel computer e sul cellulare e sparpagliate in ogni angolo della casa).

«Che c’è, bambina?» chiese, chiudendo il libro che stava leggendo.

«Guarda, guarda!» ripeté lei prima di spingere in avanti il piccolo Aki. «Fagli vedere, Aki-chan».

Lui, gli occhioni verde scuro spalancati in modo quasi comico, si posò una mano sulla gola e poi soffiò… ghiaccio. Soffiò ghiaccio.

«Mer-»

«Hai visto? Non è bellissimo?» chiese Metal, gli occhi scuri che scintillavano mentre afferrava con le manine un po’ di ghiaccio ed iniziava a compattarlo come una piccola palla di neve.

«Ah. S-sì», balbettò Genma, gli occhi sgranati, incredulo.

Doveva essere finito in un qualche universo parallelo, per forza.

«Adesso possiamo fare le granite!» esclamò Megumi, saltellando e battendo le mani.

«Cosa? No!» la bloccò Genma immediatamente. Ma che diavolo?! «Non puoi usare tuo fratello come macchina per il ghiaccio!» la rimproverò perché davvero, che problemi avevano i bambini moderni?

«Perché? A lui non dispiace, vero Aki-chan?» protestò la bambina, il faccino corrucciato.

Il bambino annuì con aria solenne.

«Basta che posso mangiarle anche io», specificò producendo altro ghiaccio.

«No. No! Assolutamente no».

«Perché no?» chiese Aki, gli occhioni verdi sgranati che sembravano volerlo trapassare da parte a parte. Ah merda.

«Perché… non è moralmente corretto, usare una persona come se fosse un oggetto», spiegò, cercando di essere ragionevole.

«Cosa vuol dire “moralmente”».

«Quindi se mi siedo su papà…» iniziò piano Metal. «Allora sono cattivo?» chiese infine, gli occhi che iniziavano ad inumidirsi.

«Cosa… NO! Non è ciò che intendevo. Non è… Non piangere Metal». Non aggiunse un “ti prego” perché lui era adulto, era un jōnin, per la miseria, e non avrebbe pregato un bambino di sei anni di non piangere. Perché poteva gestirlo, poteva gestire un bambino che piangeva. Giusto? Sì, giusto, giusto. Assolutamente sì. «Ti prego, Metal, non piangere», bisbigliò dopo qualche secondo, perché davvero, era disperato. Non aveva idea di come gestire un piccolo umano in lacrime.

«Non… s-sto piangendo», ribatté questi, il visino serio, la concentrazione evidente.

«Un po’ sì, Me-chan», constatò Megumi, tirandogli la manica per farlo voltare verso di lei.

In effetti… Merda, doveva agire in fretta.

«Che ne dite se ne riparliamo con calma più tardi?» propose Genma, l’ansia che gli cresceva nel petto. Aveva bisogno di tempo: doveva riorganizzarsi, valutare la strategia d’attacco migliore ma soprattutto sperare nel rapido arrivo dei rinforzi. «Adesso andate a giocare ancora un po’ che poi dovremo preparare il pranzo, ok?» li incitò, scompigliando loro i capelli come aveva visto fare milel volte a Kakashi, Sakura e Gai.

I tre bambini annuirono e Megumi prese per mano Aki e Metal, che si stava sfregando gli occhi pericolosamente gonfi di lacrime, e tornò nel salottino dove giacevano abbandonati colori e costruzioni e qualche arma giocattolo.

Genma si lasciò sprofondare nel divano e sospirò, portandosi le mani al volto e massaggiandosi gli occhi per scongiurare il mal di testa che iniziava a premere dietro alle palpebre.

«Ehi Genma, tutto bene? Mi sembri pallido», giunse la voce di Gai e Genma spalancò gli occhi e li fissò sul suo amico che aveva un’espressione lievemente preoccupata sul viso.

«Non – osare mai più lasciarmi da solo con queste bestie», piagnucolò. Sì, piagnucolò! Che vergogna.

«Cos’è successo?»

«Aki, vieni qui», chiamò. E il bambino lasciò i blocchi di legno che stava impilando accuratamente e si avvicinò a loro due. «Fagli vedere, piccolo», lo spronò, indicando la propria gola.

Ed il bambino obbedì, inondando l’aria con una nuvoletta di cristalli di ghiaccio.

E Gai rise. Quel maledetto.

«Oh Aki-chan, è meraviglioso!» e lo prese per la vita e lo fece ballonzolare in aria sopra la sua testa, inondando così il salotto di risa cristalline. E dopo avergli scompigliato i capelli lo rimandò a giocare con gli altri bambini.

«Ti odio», commentò Genma, facendolo esplodere in una delle sue risate roboanti.

All’improvviso si sentì la porta d’ingresso aprirsi e Kakashi annunciare che era ritornato.

«Kakashi, grazie al cielo sei qui!» esclamò Genma quando il Rokudaime varcò la soglia del soggiorno carico di borse della spesa. «Gai è completamente pazzo e non capisce la gravità della situazione», affermò, lanciando un’occhiataccia al suo ex compagno di squadra che rispose con l’ennesimo sorriso a trentadue denti.

«Cos’è successo?» chiese Kakashi, l’ansia evidente nei suoi occhi scuri che scattarono immediatamente ai bambini che giocavano tranquilli sui tatami.

«Tuo figlio sputa ghiaccio», comunicò Genma e questo gli ottenne di nuovo tutta l’attenzione di Kakashi che ora lo guardava con gli occhi strabuzzati.

«Lui cosa?»

«Tuo figlio. Sputa. Ghiaccio!»

«Non è possibile, non ha nemmeno tre anni e ha risvegliato il kekkei genkai solo ieri, non può averlo sviluppato già fino a quel punto», protestò Kakashi, scuotendo il capo come se lui avesse appena detto che Icha Icha Paradise era il peggiore dei libri di Jiraiya-sama.

«Bè a quanto pare è un fottutissimo genio come il suo fottutissimo padre», sbottò lui, innervosito.

Perché quei due non lo prendevano mai sul serio?

«Genma, mi sembri un filino agitato», lo derise Kakashi, il sorriso evidente sul volto anche se ancora indossava la maschera.

«Ma mi hai sentito? Aki. Sputa! GHIACCIO!»

«Sì, ho sentito», disse Kakashi, il tono ora completamente diverso, il sorriso quasi sparito. Quel bastardo gli mise persino una mano sulla spalla con fare rassicurante nello stesso modo in cui aveva preso in braccio Aki il giorno precedente. «Ma adesso calmati».

«Come faccio a calmarmi?» ribatté Genma, anche se iniziava a sentirsi un po’ stupido. Forse stava davvero reagendo in modo esagerato. Però… che cavolo, perché Gai e Kakashi l’avevano presa così bene? Lui era sconvolto! «Lui –»

«Sputa ghiaccio», l’interruppe Kakashi, con un sorriso. «Ok, ok. Che ne dici di andare a prepararti un tè così magari ti calmi?»

«Un tè?!» domandò incredulo lui, scuotendo il capo. «Un tè. Ridicolo. Mi serve qualcosa di decisamente più forte», aggiunse, lanciandogli un’occhiataccia.

Kakashi, quell’infame, rise e lo sospinse verso la cucina con un semplice «Serviti pure». Oh sì, Genma aveva intenzione di prenderlo in parola.


«Mai più», dichiarò Genma mentre trangugiava l’ultima goccia di whisky dal suo bicchiere per poi cullarselo in grembo come se la sua sanità mentale dipendesse da quel pezzo di vetro.

«Oh, andiamo, Genma», rise Gai, che gli sedeva accanto, dandogli una pacca sulla spalla. «Badare alla prossima generazione è sinonimo di Giovinezza».

«Mai più».

Avevano passato il pomeriggio cercando di impedire a Megumi e Metal di usare Aki come una macchina per il ghiaccio. Impresa non affatto facile anche perché i bambini si divertivano un mondo e a Kakashi si spezzava il cuore ad interrompere i loro giochi. E tuttavia non potevano rischiare che il kekkei genkai di Aki andasse fuori controllo. Perciò sì, era stato un pomeriggio lungo, per tutti e tre.

«Ok, mi raccomando, non dite a Sakura cos’è successo», ricordò loro Kakashi. «Gliene parlerò io con calma quando saremo soli».

«Non siamo mica pazzi», lo schernì Genma, con una risata mentre appoggiava il bicchiere sul tavolino. «Certo che parlerai tu a Sakura. Non mi è nemmeno passato per la mente, ci tengo al mio pene, grazie tante».

Kakashi stava per ribattere quando uno sfarfallio di chakra e la porta d’ingresso che si apriva lo distrassero. Sakura era tornata e con lei c’era Lee. Senza volerlo sentì le labbra stendersi in un sorriso.

«Dove sono i miei bambini?» urlò Sakura dal corridoio ed immediatamente Megumi e Aki balzarono in piedi e le corsero incontro, seguiti a ruota da Metal.

Le risate dei tre erano una meraviglia da sentire e Kakashi sentì il suo cuore scaldarsi.

Una manciata di secondi dopo Lee comparve sul fusuma del salotto con Metal aggrappato alla sua schiena come una scimmietta; Sakura era dietro di loro, trascinata per le mani dai loro due figli.

«Oh, ciao Genma», lo salutò Sakura quando si accorse della sua presenza mentre si lasciava sospingere sul divano accanto a Kakashi. «Allora com’è andata? È successo qualcosa di eccitante mentre ero via?» chiese sua moglie a lui e ai suoi due amici.

«Tutto normale», risposero i tre in coro.

«Esatto, nulla di straordinario», aggiunse Kakashi con un sorriso. «E tu che non ti fidavi a –»

«Kāchan, kāchan, lo sai che Aki-chan ha sputato ghiaccio?» l’interruppe Megumi, saltellando davanti a loro.

«Ha COSA?!?»

«Merda», sussurrò Genma.

Sì, merda davvero.

  
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