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Autore: laisaxrem    15/12/2021    1 recensioni
Doveva essere una semplice missione di scorta. E allora perché aveva le mani coperte del sangue di Kakashi?
Genere: Angst, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genma Shiranui, Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Yamato, Yugao Uzuki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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DATA: Giovedì 15 Luglio 1681
TITOLO: Wannabe - Spice Girls


Kakashi aveva ricordi frammentari degli ultimi giorni.

Ricordava l’attacco di Yūgao piuttosto chiaramente (ma un po’ meno il momento in cui Sakura l’aveva strappato dalle accoglienti braccia della morte); aveva qualche flash della notte che avevano passato in una grotta perché Tenzō aveva deciso di concentrarsi nel tenere fuori gioco Tora e Marēyamaneko ed aveva rifiutato l’offerta di Sakura di dargli un po’ di chakra del suo Byakugō per permettergli di creare una baracca di fortuna (qualcosa sulla linea del “conserva-il-tuo-chakra-per-quell’idiota-del-nostro-Hokage”, davvero offensivo); poi ricordava di essersi ritrovato alle porte del Villaggio mentre il sole calava tra gli alberi, aggrappato alle spalle di Genma, e poi ancora in ospedale, con Tsunade che gli tagliava la maglia senza troppe cerimonie e nonostante le sue flebili proteste.

Aveva dormito lì, quella notte, sotto lo sguardo vigile della Godaime, sorvegliato a vista da un numero imprecisato di ANBU nascosti nell’ombra e da Naruto e Shikamaru (chi diavolo li aveva chiamati?), consapevole che Tenzō e Genma e Sakura non erano lì.

Quando si era svegliato quel pomeriggio si era sentito come nuovo, come se nulla fosse successo. Bè, forse “come nuovo” era un po’ un’esagerazione; oltre alla stanchezza sentiva ogni muscolo del suo corpo pesante quanto uno dei rospi giganti di Jiraiya-sama e non era una sensazione piacevole. Senza contare il mal di testa terrificante che gli pulsava dietro gli occhi, e la bocca riarsa, e… d’accordo, forse non stava proprio bene. Per distrarsi si guardò attorno nella stanza un po’ in penombra a causa delle tende tirate.

Naruto dormiva sulla sedia, un po’ di saliva che gli colava dall’angolo della bocca spalancata, ma Tsunade e Shikamaru lo fissavano come dei segugi che avevano puntato la preda, e Kakashi si preparò all’attacco.

Ma i secondi scorrevano e nessuno dei due aprì bocca.

«Ok, dite quello che dovete dire e facciamola finita», sospirò infine, portandosi a sedere lentamente, testando le nuove, sensibili cicatrici che gli attraversavano il petto e che prudevano da morire.

«Cosa dovremmo dire?» chiese Shikamaru, le sopracciglia nere incurvate in un modo che lo faceva assomigliare più che mai a suo padre.

«Non so. Di solito mi rimproverate», buttò lì Kakashi, allungando la mano per prendere il bicchiere d’acqua posato sul comodino: pronunciare quelle poche parole aveva trasformato la sua bocca nel deserto di Suna.

«A piccoli sorsi», lo redarguì Tsunade, afferrandogli il polso e trattenendolo per un secondo. «E non fare troppo lo spiritoso, ragazzino. Se non fosse stato per la mia apprendista saresti cibo per i vermi, adesso», aggiunse, la voce a metà tra il compiaciuto e l’amareggiato.

«Dove sono Sakura, Tenzō e Genma?»

«Li ho mandati a casa ieri sera. Puzzavano», rispose lei, ma un sorriso le curvava le labbra. «Ho detto loro di ubriacarsi e scopare un po’. Immagino scopriremo presto se hanno seguito il mio suggerimento».

A quelle parole Kakashi sentì una fitta di gelosia che si affrettò a seppellire in profondità. Non aveva alcun diritto di essere geloso di Sakura. Lei non era sua, e se voleva far sesso con due dei suoi migliori amici aveva tutto il diritto di farlo. Tutto il diritto…

In quell’istante la porta della sua stanza si aprì e sulla soglia comparvero proprio Sakura, Tenzō e Genma. E merda, era geloso eccome. Il sorriso che si dipinse sul volto della giovane donna quando lo vide sveglio e seduto l’aiutò a gestire meglio quel sentimento che odiava.

«Ehi. Sei vivo», esordì Sakura, avvicinandosi al suo letto e prendendogli il polso. Kakashi sapeva che era solo per misurargli le pulsazioni, ma non riuscì comunque ad impedire al suo cuore di accelerare un poco il ritmo. Merda. «Vedo che uno dei tuoi cani da guardia non ha fatto il suo dovere», aggiunse, lanciando un’occhiataccia a Naruto.

«Chi hai chiamato “cane da guardia”, ragazzina?» ringhiò Tsunade, sollevando i piedi e poggiandoli senza grazia sul bordo del letto, le braccia incrociate al petto ed un cipiglio in viso. «Piuttosto, hai dormito questa notte? Hai le occhiaie».

«Mmm. Non molto», ammise Sakura, e il cuore di Kakashi, che prima batteva rapido, quasi gli si fermò nel petto. «Abbiamo ascoltato il tuo consiglio, shishō». Ecco. Cazzo. «Ci siamo sbronzati da morire. Sono crollata sul divano di Genma ed ho un mal di schiena terrificante», aggiunse Sakura, lasciandogli il polso e sedendosi sul letto accanto ai piedi della Godaime. «Ti ritengo responsabile, shishō».

«Sì, certo, non hai dormito perché ti sei ubriacata. Certo», rilanciò Tsunade, un angolo della bocca che iniziava a sollevarsi in un ghigno. «Vorresti dirmi quindi che non hai avuto il piacere di intrattenerti con l’albero di Tenzō?»

«Tsunade-sama!» guaì il suo kohai e Kakashi non riuscì a trattenere un sorriso per il violento rossore sulle sue guance.

Ma le continue implicazioni di una possibile relazione sessuale erano decisamente troppo, perciò si schiarì la gola e tornò alle cose importanti.

«Allora, che ne è stato di Tora e Marēyamaneko?»

All’istante la leggerezza della conversazione scemò per lasciare spazio ad un’aria tesa. Sakura, in particolare, pareva sul punto di assassinare qualcuno.

«Se ne sta occupando la T&I», rispose Shikamaru, avvicinandosi al letto.

«Cos’hanno estratto, per ora?» indagò Kakashi, consapevole che secondo il protocollo avrebbe dovuto far sgomberare la stanza prima di affrontare il discorso; ma si fidava di ognuna di quelle persone come si fidava di sé stesso.

Shikamaru gli porse tre biglietti sui quali c’erano solo poche parole nell’elegante grafia di Ino.

 
Shikamaru, sto lavorando sulla faccenda. Ti faccio sapere.
 
 
È un casino. Seriamente. Merda.
 
 
Appena Kakashi-sensei sarà libero di muoversi mandalo qui. Tipo ieri andrebbe bene.


Dannazione.

Senza fare altre domande, Kakashi spinse le gambe giù dal letto ma non fece in tempo a darsi il colpo per alzarsi in piedi perché le mani piccole ma forti di Sakura lo bloccarono afferrandogli le spalle.

«Cosa pensi di fare?» gli sibilò lei nell’orecchio, chinandosi per spingerlo a sdraiarsi di nuovo. Ma nonostante i brividi che gli percorsero la schiena (e combattendo contro il rossore che iniziava a tingergli le orecchie), Kakashi non le permise di farlo.

«Devo sistemare questa faccenda, Sakura».

«Ciò che devi fare è riprenderti dal tuo quasi assassinio, Kakashi!» ribatté lei, gli occhi verdi che scintillavano di rabbia e preoccupazione e qualcos’altro che Kakashi non capì. «Lascia che ci pensi Shikamaru. O Tsunade-shishō», aggiunse, cercando ancora di costringerlo ad allungarsi sul letto.

Ma aveva passato già fin troppo tempo in quel letto d’ospedale. Non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno a Sakura, di impedirgli di compiere il suo dovere. Perché per quanto odiasse il ruolo che gli era stato imposto nemmeno due anni prima, era deciso ad onorare l’Ufficio che era stato il sogno del suo sensei.

«Sono l’Hokage», ruggì, indurendo lo sguardo ed afferrandole il polso per allontanare la sua mano dalla sua spalla (consapevole che non aveva alcuna possibilità di farlo, se Sakura non avesse ceduto di sua spontanea volontà). «E farò ciò che va fatto».

All’improvviso il clima nella stanza cambiò e sul viso di Sakura passò qualcosa, veloce, e dopo una manciata di secondi lo lasciò andare e fece qualche passo indietro, andando a posizionarsi accanto alla finestra, dritta come un fuso, i muscoli della braccia e delle gambe tesi come se fosse pronta ad attaccare chiunque avesse osato avvicinarsi a lui con intenzioni poco simpatiche. E qualcosa in Kakashi si spezzò e, come aveva imparato a fare quando era solo un bambino, mise a tacere quella parte di sé ed andò avanti come se nulla fosse successo.

 
***


Kakashi ci impiegò un tempo ridicolmente lungo per lasciare l’ospedale e raggiungere la sala dell’interrogatorio in cui Yūgao era rinchiusa, Shikamaru che lo seguiva come un’ombra silenziosa. Forse aveva sottostimato il trauma che il suo corpo aveva subito durante l’attentato, dopotutto.

Nel corridoio buio c’erano due persone. Uno era Morino Ibiki,;alto, avvolto nel suo solito trench nero, era una visione che incuteva terrore (ma Kakashi sapeva che era una facciata. Ibiki era uno degli uomini più dolci che avesse mai conosciuto, specialmente quando era in compagnia di sua moglie o delle sue figlie). L’altra, decisamente più minuta e con una lunga coda bionda, era Yamanaka Ino. Dopo la morte di suo padre durante la Guerra, Ino aveva dovuto assumere il ruolo di capo del Clan Yamanaka ma non aveva rinunciato ai suoi desideri e alla sua carriera di ninja. Aveva iniziato l’addestramento nella T&I meno di un anno prima e Ibiki, che aveva notato immediatamente il suo talento, l’aveva presa sotto la sua ala e aveva iniziato ad istruirla personalmente. Ibiki gli aveva più o meno detto, una sera davanti ad un bicchiere di sake, che aveva intenzione di lasciare il suo posto di capo della sezione e che vedeva qualcosa in Ino che gli faceva pensare che potesse essere lei a prendere il suo posto in pochi anni; perciò Kakashi si rivolse alla ragazza invece che al suo vecchio amico.

«Ino, rapporto», disse, la voce un po’ più dura di quanto avesse voluto, ma gli doleva immensamente la testa, probabilmente per la forte perdita di sangue, ed aveva voglia di finirla in fretta.

Non voleva ammetterlo ma essere attaccato dai suoi ANBU l’aveva ferito emotivamente più di quanto avesse fatto fisicamente. Yūgao in particolare… Si conoscevano da anni e l’aveva considerata un’amica, perciò il suo tradimento era quello che faceva più male in assoluto. E una parte di lui, quella parte che non era mai riuscito a sopprimere da ragazzino, nonostante i suoi innumerevoli tentativi, quella parte che si affezionava alle persone, stava strillando ininterrottamente dall’istante in cui la katana lo aveva trafitto e tutto ciò che voleva era farla tacere.

«Yakushi Hinoto è una traditrice», comunicò la giovane, un’espressione rabbiosa evidente sul suo volto. «Non ho dubbio alcuno. Ma c’è qualcosa che blocca i suoi ricordi quando è priva di sensi e necessito della tua autorizzazione per interrogarla mentre è sveglia».

«Concessa. E Tora?»

«Nella mente di Uzuki-san c’è un sigillo molto potente. Un sigillo di controllo», rispose Ino, la fronte corrucciata, gli occhi azzurri seri.
Aspetta, cosa?

«Un sigillo di controllo?» chiese, incapace di nascondere la sorpresa.

Ibiki annuì ed un’ombra passò sul suo volto pieno di cicatrici.

«Non ho mai visto nulla di simile», spiegò, la voce roca di stanchezza (ed ora che ci faceva caso, c’erano dei cerchi scuri sotto ai suoi occhi). «Ci siamo messi tutti quanti a far passare ogni rotolo in archivio, ma niente».

«Pensiamo sia stato quello a farle fare ciò che ha fatto», continuò Ino, massaggiandosi stancamente il volto, e Kakashi sentì una fitta di rimorso nel vederli così esausti. «So che è stato posizionato parecchio tempo fa ma non capisco come né da chi. E non so come sia stato attivato, due giorni fa, perciò la stiamo tenendo sedata».

«Puoi scioglierlo?» chiese Kakashi, cercando di nascondere la trepidazione e soprattutto di seppellire la fitta di gioia che l’aveva colpito alla realizzazione che forse, forse Yūgao non l’aveva tradito, che forse non aveva perso l’ennesima persona cara.

Ino parve riflettere seriamente sulla domanda.

«Sì», annuì infine, una scintilla a rianimarle gli occhi azzurri. «Mi ci vorrà tempo e potrei aver bisogno dell’aiuto di qualche membro del mio Clan, ma sì, posso scioglierlo».

«Allora fallo», ordinò Kakashi, la fatica parzialmente svanita dal suo corpo a quel pensiero. «Avrai tutto ciò che ti servirà. Voglio risolvere questa faccenda. Voglio sapere chi c’è dietro».

Voglio sapere chi ha tentato di uccidermi”.
  
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