M. M.
Dalla finestra io vedo questo albero spoglio
con i suoi rami secchi e doloranti
per la secolare stanchezza
per aver tanto sopportato il peso delle foglie
e tanto udito il grido del vento
mi fido di questo albero, della sua saggezza,
tanto quanto ho fiducia nella primavera che poi ritorna
modesta, silenziosa
dopo ogni inverno
e questo albero in cui io credo con tutta me stessa
nel silenzio della sera nebbiosa mi parla
mi dice che ci saranno altre luci, altre voci,
altri occhi da incrociare nel cammino scomposto della vita
e nella sua frenetica stasi
dice che mi slancerò ancora in avanti, per poi ritornare sui miei passi
che ci saranno preghiere per chi se ne va e per chi rimane,
giorni come questo in cui il freddo raggiungerà le ossa
altre stelle da cercare nel buio della notte,
altre coordinate da seguire,
porte a cui bussare
altri campi in cui seminare la paura che nutriamo per questo mondo
che nella sua immobilità continua a girare
e la speranza che, con o senza di noi, non smetta mai di farlo
ci saranno mille e mille volte ancora
in cui vorremo dire qualcosa e non ne avremo il coraggio
a volte sarà tardi
altre con sorpresa scopriremo di arrivare in tempo e ci godremo, semplicemente, il viaggio
dalla finestra io vedo questo albero spoglio,
con i suoi rami secchi e doloranti
per la secolare stanchezza
sofferente per il peso dei suoi anni
che implacabili l'hanno reso esausto
nel suo silenzio io scavo a mani nude
cercando un dolore lontano
che mi appartiene
come mi appartengono queste mani con cui sto scrivendo