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Autore: Cladzky    19/12/2021    3 recensioni
Quanti mesi avrà passato Cladzky nel suo isolamento auto-imposto nello spazio? Molti, ma quando sembra che gli altri autori di EFP l'abbiano dimenticato, organizzando un party a cui parteciperanno tutti i personaggi del Multiverso, ha un'improvvisa voglia di tornare a casa.
Un po' per malinconia.
Ed un po' per vendetta.
[Storia non canonica e piena di citazioni]
Questa è una storia dedicata a voi ragazzi. Yep. I'm back guys!
E spero di farvi fare due risate, va'!
Genere: Commedia, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un gigantesco mostro rettiliano poteva essere morbido? Per quanto concerneva Dz, sua madre lo era di certo. Il suo passato si era fatto sfumato, in quell’acquerello che di solito stinge i ricordi d’infanzia, dai toni di un caldo arancio, quasi tuorlo d’uovo, un eterno barcollare di piaceri lontani, privi di definizione. Però quel calore del nido materno non poteva dimenticarlo. Non doveva pensare a nulla e spendeva ogni minuto accanto a lei, come non si fossero mai separati dal concepimento. In quel momento si cingevano, adagiati a terra. Si trovava sopra di lei, ma non sapeva precisamente dove. Coricò riverso il capo cosicché l’orecchio potesse auscultare. Sentì un battito, poi la pelle sembrò gonfiarsi. Doveva essergli all’altezza di quel petto a respiri lenti. Strisciò in alto fino a incastrare la testa con il mento che le toccava la spalla e la fronte il mento, strofinandovisi sulla gola e quasi fremendo dal piacere, aggrappandosi con le braccia al collo. D’improvviso, un’ombra andò a seppiare l’atmosfera d’alba vitale di quel grembo. Si sforzò di guardare con la coda dell’occhio, ma aveva paura a staccare il muso dal profumo della madre. Qualcosa li sovrastava. Non era familiare, era qualcosa di diverso, di… alieno. La figura, in mise scura, levò al cielo due teste aggiuntive, mentre un paio d’ali si aprirono dalla sua schiena e due code si dibattevano alle sue spalle. Rintanò il viso in seno a Gojirin. Perché non si muoveva? Perché sua madre non faceva nulla per proteggerlo?

–Sveglia, Dz!– Gli gridò contro la figura draghesca. Al sentirsi chiamato in quel modo aprì di scatto gli occhi, alzandosi dacché era coricato da farsi venire il capogiro. Sotto di lui, con le spalle strette sotto i suoi palmi stava sì, un corpo caldo, ma non era certo quello di un kaiju.

–Giuly!– Gridò stavolta l’azzurro.

–Buongiorno anche a te– Si sforzò di sorridere lei.

Dz sollevò le sue mani con cautela, ancora inginocchiato a cavalcioni sul suo stomaco, sopra un divanetto della cabina armadio. Si guardò i palmi, poi il dorso di quegli arti dal tenue colore rosato. Seguì quella carne fin sopra le braccia e si rese conto di poter scorgere ogni centimetro di pelle del suo corpo. Ebbe un sussulto e cadde all’indietro, finendo nella sua tovaglia in cui si abbozzolò immediatamente. Da quella posizione ribassata poteva ora vedere l’ombra misteriosa che l’aveva svegliato. Gyber, coi suoi capelli d’albino che parevano una criniera, le code dello smoking scambiate per code vere, il vestito sbottonato che si svolazzava ai suoi lati come ali, preda del vento proveniente da una finestra aperta e due mani, che avevano accompagnato la bocca in quel richiamo, nei gesti immobili di un’altra vita, teste su colli serpentini.

–Cosa diavolo è successo?– Chiese lui, arrossendo mentre cercava di tirarsi su, poggiando un piede sulla tovaglia e sfilandosela inavvertitamente di dosso. Si riparò subito dietro le tende della finestra spalancata, mentre tentava nuovamente di coprirsi con il panno.

–Beh– Cominciò a spiegare l’antracita, provando a buttarla sul leggero –Eravamo venuti qui a cercare dei vestiti da poterti far indossare in forma umana e discutevamo del più e del meno. Poi hai cominciato a non rispondermi più e quando mi sono voltato eri stato colto da un colpo di sonno.

–Dopotutto è l’una di notte– Mugugnò Giuly, stiracchiandosi –Comincio a sentirmi stanca anch’io, di tutto quanto.

–Ma perché ero sopra di lei?– Chiese paonazzo Dz.

–Io ho proseguito a cercare– Continuò Gyber –Poi ho visto che ti eri alzato. Credo fossi sonnambulo e da quanto ne so non è mai bene svegliare i sonnambuli.

–Oppure– Osservò Giuly, stiracchiando pure le ali da gruccione –Come altri animali dotati di branchie, per te non esiste il sonno ma solo una minore attività cerebrale.

–E insomma– Riprese il ragazzo lisciandosi fra le dita i capelli bianchi –Hai cominciato a vagare per la stanza e ti si è sfilata la coperta di dosso. Ho provato a rimettertela ma continuavi a muoverti. Poi mi sono ricordato quando mi hai detto che per voi kaiju non è un problema, quindi ho lasciato perdere, fino a che non è entrata Giuly.

–Stavo cercando Gyber– Proseguì la donna alata –E Clessidrus mi ha indicato dov’eravate. Sono entrata, ho visto la situazione e stavo per andarmene, quando hai cominciato a seguirmi. Ho provato a schivarti, sono indietreggiata e sono inciampata su questo divanetto– E sbatté il palmo sul velluto –Poi…

–Poi tu sei caduto su di lei e…

–Oddio, non voglio sentire– Li implorò Dz.

–Nah– Gesticolò Giuly, roteando la mano –Ti sei solo abbarbicato come un koala, tutto qui.

–Chi non ha bisogno di un abbraccio, dopotutto?– Rise Litios, mentre sbucava nella cornice della porta, tirandosi dietro un sacco da Babbo Natale.

–Ehi, uomo da sei milioni di dollari!– Lo richiamò Gyber prima che sparisse, correndogli dietro –Che hai in quella sacca?

–I fuochi d’artificio per completare la serata.

–Non finirà come l’ultima volta, spero.

–L’ultima volta era un errore.

–Ma se ti sei messo gli occhiali da sole e annuito quando hai visto il settore Sud-Est in preda alle fiamme.

–Se bisogna sbagliare meglio farlo con stile.

Gyber fece per inseguirlo, quando venne trattenuto per il colletto e tirato di peso nella stanza, sopra una pila di vestiti e armature ad ammorbidirgli l’atterraggio. Giuly de-trasformò Artemis, divenuta per un momento una canna da pesca e l’osservò, pugni sui fianchi.

–Concluso il discorso, che ne dici se ne iniziamo un altro?

–Un momento– Alzò le braccia, in un segno di time-out, l’albino –Il capitolo Dz non è ancora chiuso.

–Non dirmi che ho fatto dell’altro mentre sonnambulavo!– Sudò l’azzurro.

–Macché!– Sorrise Gyber, estraendo dalla pila due misi colorate –Ho trovato qualcosa che potrebbe esserti utile.

–E quelle cosa diav…– Dz si morse la lingua –Cosa sarebbero?

–Questa– Chiuse gli occhi con solennità il giovane investitore, sollevando il completo azzurro e bianco che teneva nella mano destra –È l’uniforme di Reed Richards.

–Non bastava una maglietta e un paio di jeans?– Chiese esterefatto l’anfibio, sgranando gli occhi.

–Ma questa ha la capacità di crescere insieme a te, così da non dover ogni volta denudarti per non distruggere i tuoi vestiti– E poi sollevò il completo rosso, ricco di bottoni dorati, con mantello verde ed elmetto alato –O se vuoi qualcosa di più combattivo abbiamo qui la tuta di Big X.

–Con quel Stahlhelm mi sembra pure peggio– Osservò Giuly, indicando l’insigne crociata sul casco.

–Guarda– Cercò di essere gentile Dz, attorcigliando gli indici nella tovaglia –Temo di dover declinare.

–Ma non sarebbe più comodo?– Alzò un sopracciglio Gyber.

–Forse, ma…– Il kaiju cercava le parole giuste, ma non le trovava. Ci pensò Giuly a sbottare per lui.

–Non si può vedere un mostro gigante vestito come una majorette– Sentenziò lei.

–Neppure questo bellissimo costume direttamente dalle mani di Eiji Tsuburaya?– Fece gli occhioni Gyber, sollevando lo spandex di Ultraman.

–Oh, per l’amor del…– Giuly passò direttamente ai fatti e sollevò l’antracita, rimettendolo in piedi –Ho una cosa estremamente importante da dirti.

Gyber perse il sorriso. Raramente aveva visto Giuly in quello stato.

–Dammi solo un secondo e sono subito da te allora.

Lei annuì, roteando gli occhi e lasciandolo andare. Questo subito si diresse all’armadio e ne estrasse, senza cercarlo, quello che aveva l’aria di essere un vestito per le grandi occasioni.

–Il completo di di Phoenix Wright!– Esclamò con un sorriso smagliante il ragazzo dai capelli bianchi.

–Ma…– Mormorò Dz, con le gambe tremolanti di fronte a tanta magnificenza sartoriale –Non posso accettare.

–Certo che puoi accettare– Si battè il petto del suo smoking Gyber –Non accetto che un mio amico si vesta peggio di me. Anche tu, oggi, scoprirai la meraviglia dei completi formali.

–Cercherò di restituirtelo il prima possibile– Bisbigliò l’anfibio, tendendo le mani verso quella bellezza appesa a una gruccia, lasciando la presa sulla tovaglia che ricadde immantinente al suolo. Imbarazzato, strappò dalle mani del trasformista l’abito, lo mise davanti il corpo e si allontanò, indietreggiando verso un paravento.

–Non ti preoccupare– Replicò sereno Gyber, scacciando via con la mano quelle preoccupazioni –Basta solo che tu possa passare inosservato all’evento di stasera e in condizioni presentabili.

–Grazie ancora– Sbucò vestito di tutto punto Dz, correndo istintivamente verso l’amico per abbracciarlo. Giuly sbuffò per quel ritardo. D’improvviso realizzò. Perché non provava gioia a vedere i suoi amici così allegri nell’aiutarsi l’un l’altro? Certo, c’erano questioni urgenti di cui discutere, tipo una possibile invasione della terra, ma non si era mai sentita così infastidita come in quel momento a fronte di una così bella scena.

–Di nulla– Sminuì Gyber, legandogli meglio la cravatta –Tanto a me non servono più queste cianfrusaglie.

–Scusa di tutto, Giuly– Si inchinò svariate volte il kaiju, mentre indietreggiava. Giuly non disse nulla. L’anfibio continuò a indietreggiare fino a che, per la fretta e l’imbarazzo della scena di prima, non disse addio un’ultima volta e uscì dalla finestra ancora aperta. Raven apparve come Houdini in una nuvola di fumo, giusto per chiuderla.

–E l’ultimo chiuda la porta– Disse, indossando la bombetta di Patsy, raccolta dalla collezione di Gyber.

–Allora, di cosa volevi…– Iniziò il ragazzo senza poter finire, che Giuly gli si piantò in faccia.

–Vogliono invadere la terra.

–Chi, cosa, come!?– Fu tutto quello che riuscì a proferire, mentre veniva scosso come una caracas.

–Dei tipacci in blu con la faccia di teschio– Spiegò Raven, appollaiandosi in cima l’armadio come un corvo.

–Ma perché i Ghoul dovrebbero avercela con noi?– Sbiancò Gyber di fronte a questo ennesimo problema.

–Perché dicono che gli ho rubato i progetti per il teletrasbordo, volevo dire… oh, lasciamo perdere!

–Ma anche Deadpool può teletrasportarsi– Fece notare il ragazzo –E Raven se non sbaglio.

–Certo– Confermò lei, anche se non avrebbe usato la parola “teletrasporto” –E infatti hanno detto che pure noi abbiamo rubato i loro progetti brevettati. Vaglielo a spiegare che la mia non è tecnologia ma manipolazione dell’Animus.

–Tesoro– Le mormorò amorevolmente Giuly, volandole accanto e piantandogli un indice sul naso –Non dire cazzate, ogni tecnologia abbastanza avanzata può sembrare magia.

Raven sarebbe impallidita, se non fosse già pallida di suo, a sentirsi parlare in quel modo da lei. Non era offesa, solo estremamente confusa da questo cambio di atteggiamento.

–Ma ci dev’essere un modo per evitare questo conflitto– Biascicò Gyber.

–Pagare una penale di trentanove miliardi di rubli– Scosse la testa lei, scendendo a livello del suolo.

–Cribbio– Saltò Gyber, per la prima volta in difficoltà economiche –È quasi il mio intero patrimonio.

–È una cifra volutamente spropositata– Strinse i pugni Giuly –Vogliono costringerci a una guerra. Volevano una scusa politica per attaccare la Lucas Force. Quello che non capisco è perché?

Gyber sospirò, sedendosi sul divanetto a peso morto.

–Perché siamo una minaccia per il multiverso.

–Cosa?– Saltò giù dall’armadio Raven –E cos’era tutto quel discorso sul proteggere il multiverso allora?

–Cos’hanno significato tutte le battaglie che abbiamo sostenuto?– Insistè Giuly.

–Sono tutte battaglie che abbiamo scelto di sostenere in base al sentimento– Rantolò Gyber –Non siamo affiliati a nessun pianeta o dimensione, né ad alcuno schieramento politico, e non siamo neppure mercenari che possono essere assoldati. Noi combattiamo solo per quelli che ci stanno simpatici, non siamo inquadrati, ogni nostra mossa è imprevedibile. Certo, lottiamo per la giustizia, ma cosa vuol dire giustizia? Giustizia per chi? Verso ciò in cui crediamo. Il vigilantismo fa paura perché è preda dei sentimenti. Possiamo avere tutti i codici morali che vogliamo, ma nessuno si sente più al sicuro nel multiverso ora che sa che, se per qualche motivo lo considerassimo una minaccia, potremmo eliminarlo.

–Non siamo dei mostri– Si lamentò Giuly –Non seminiamo morte indiscriminatamente.

–Ti faccio un esempio: metti caso che una compagnia petrolifera scopra un giacimento ad Equestria e si metta a deturpare il territorio e costringere gli abitanti ad un esodo. Non vi verrebbe voglia di intervenire?

–Ma certo che intervverrei!– Gridò Giuly, offesa –Chi resterebbe indifferente a qualcosa del genere?

–Il resto dell’umanità– Proseguì Raven, cominciando a capire, con uno sguardo cupo. Giuly si voltò verso di lei, torva.

–Come puoi credere che gli uomini siano così…?

–L’umanità non riconosce la legittimità del regno di Equestria– Spiegò Raven, facendo spuntare dei fogli che teneva archiviati nella sua dimensione personale –Mi è sempre interessato documentarmi sulla tua razza. Da quando il multiverso è stato reso noto al pubblico, è stata stilata una lista dall’ONU sulle specie conosciute considerate senzienti. Per gli umani, i pony non hanno gli stessi diritti di un essere umano. Non sono abbastanza antropomorfi, mentre i Ghoul, per esempio, sì.

–Ma insomma, dove vuoi arrivare?– Sbottò Giuly, rivolgendosi alla figura sdraiata di Gyber.

–Che le nostre morali non sono necessariamente quelle del resto del multiverso– Replicò lui, guardando il soffitto –Per alcuni siamo benefattori, per altri mostri che mettono la vita di altri al di sopra della loro. Non importa quanto cercheremo di tenerci obiettivi, in questo mare di culture saremo sempre i cattivi per qualcun’altro.

–Ma le nostre vittorie non dovrebbero fungere da deterrente?– Fece notare lei.

–L’ultima non è stata certo quella che chiamerei una vittoria– Chinò il viso di lato il ragazzo. Poi si alzò lentamente e uscì –Vogliono distruggerci ora che abbiamo dimostrato di non essere invincibili.

Gyber si allontanò per un lungo corridoio, seguito a ruota dalle due che cercavano di ragionare con lui. Senza rendersene conto erano scese per gli scalini di una nuova area della villa, di fronte una porta da mausoleo, alta e di pietra. Sopra l’entrata di quella cripta stava inciso il motto “memento mori”. L’antracita andò verso la serratura da cassaforte del macigno e ne aprì la complicata serie di chiavistelli e codici. Infine si spalancò da sola con un rumore di tomba, in un nugolo di polvere e ragnatele, nonostante fosse nuova di zecca. Dietro si rivelò non una catacomba, bensì un modernissimo centro di ricerca che pareva la plancia dell'Enterprise, piena di dipendenti che correvano avanti e indietro a incrociare dati e confrontare prove. Scesero in mezzo a loro e un’operatrice saltò sull’attent di fronte a Gyber.

–Nulla di nuovo ancora.

–Immaginavo– si lamentò lui, proseguendo verso il centro della sala, in quel dedalo di corpi in discussione.

–Ma che posto è questo?– Si grattò la testa Giuly, sorvolando le teste di una folla troppo stretta per lei.

–È il nucleo operativo per il setaccio multiversale– Rispose Clessidrus, sorseggiando un caffè per poi tornare a lavoro, sparendo fra le comparse.

–Setaccio per cosa?

–Per il modo di riportarli indietro– Ammise Gyber, fermandosi ad un tavolo in vetro. Sopra di esso stavano due oggetti piuttosto peculiari. Uno era un globo dorato, ancora scintillante per chissà quale energia, caldo come un braciere, sospeso senza niente a reggerlo sulla superficie del tavolo. Al riconoscerlo e al ricordo di chi appartenesse, fu dura trattenere le lacrime per Giuly, ma ci riuscì. Subito accanto stava…

–La pistola a pentagrammi di Lelq!– Si sorprese Raven, sfiorandola con un dito, chiedendosi come diavolo funzionasse. Subito altre due mani la rubarono.

–Oddio– Si fece rauca la voce di Giuly –Ma non può essere anche lui…

–No, non è morto– Guardò per terra Gyber –O almeno non ne abbiamo le prove.

–Ci credo!– Gridò confusa la ragazza –Siamo sempre stati vicini nelle ultime fasi della battaglia con Shadow Blade. L'ho visto di persona sopravvivere a tutto quanto. Ma allora perché lo cerchi?

–Perché è scomparso.

–Macché scomparso!– Si alterò Giuly, incredula, sbattendo l'arma sul tavolo con la conseguenza di far partire un colpo sonico e far provenire un Wilhelm Scream giusto fuori dall'inquadratura –Aveva detto che si sarebbe preso una vacanza. Che aveva bisogno di rilassare i nervi.

–Ma non si è fatto più sentire– Aggiunse Raven.

–Avrà la sue ragioni, vorrà staccarsi dal mondo.

–Io...– Si asciugò la fronte Gyber, sedendosi sul tavolo stesso e sfiorando con una mano il globo dorato. Non riusciva più a trattenersi –Dopo che è morto Lucas sono diventato molto apprensivo per tutti voi. Non voglio rischiare di perdervi. Così mi sono prodigato per tenere sotto controllo anche Lelq, sapere dove fosse ma… È introvabile. Nè nella sua dimensione né nelle altre che conosciamo. Ho messo insieme questo apparato per ritrovarlo e anche per…– Era dura non piangere, quindi non provò neppure a nascondere le lacrime –Per trovare il modo di riportare in vita Lucas. Ma entrambi i progetti ancora non hanno dato risultati.

Raven guardò la miserevole figura di Gyber piangere aggrappato al globo dorato svolazzante, per poi ritornare ad osservare Giuly. Quest'ultima aveva un viso strano, come paralizzato, confuso, da bambina persa in un supermercato per intenderci.

–Dopotutto le ricerche sono cominciate da poco– Provò a consolare entrambi la streghetta, alzando le spalle –Vedrete che Lelq riapparirà da solo quando se la sentirà e Lucas, beh, non è certo la prima volta che muore.

Ma le sue parole non sembravano sortire alcun effetto. Anzi, Giuly si voltò con uno sguardo da sfinge verso di lei e le puntò addosso un dito marmoreo.

–Torna da Kishin.

–Beh, magari posso esservi ancora utile per…

–Adesso.

Raven alzò le mani in segno di resa, quasi spaventata. Si guardò un attimo attorno e annuì.

–Dopotutto sono passati ben più dei suoi cinque minuti.

E sparì in una nuvola di fumo. Ciò che non sparì fu l'atmosfera opprimente.

–Ero venuta a informarti di un problema...– Mormorò Giuly, senza guardare Gyber –E tu me ne dai un altro.

–Per favore Giuly, io sto facendo del mio meglio…

–Lo so che non è colpa tua– Lo rassicurò lei, massaggiandosi le meningi –Ma ho bisogno di calmarmi, non di essere bombardata in questo modo. Lo so che suona egoistico ma… lo sai bene cosa succede quando ho una crisi di nervi e non voglio che nessuno soffra a causa di ciò. Tu hai il diritto di piangere, di sfogarti quanto vuoi ma per me è diverso.

E si incamminò fuori dal nucleo operativo del setaccio universale. Gyber le fissò un momento la schiena alata, prima di abbracciare la sfera e continuare a piangere in mezzo ai suoi dipendenti.

–Maledizione a te Lucas!– Ebbe un singhiozzo –Perché hai lasciato questa eredità nelle mie mani? Io non volevo tutto questo.

   
 
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