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Autore: TheSlavicShadow    26/12/2021    0 recensioni
C'era un'idea. Stark ne è informato. Si chiamava "Progetto Avengers". La nostra idea era di mettere insieme un gruppo di persone eccezionali sperando che lo diventassero ancor di più. E che lavorassero insieme quando ne avremmo avuto bisogno per combattere quelle battaglie per noi insostenibili. [Nick Fury]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Maggio 2009

 

Era passata ormai una settimana dalla battaglia di New York e dall’inizio di quella convivenza forzata. Doveva ammettere che alla fine non era tanto male tenerli tutti lì. Le evitavano di pensare troppo alle cose brutte su cui si però il suo cervello si soffermava in ogni caso la notte. Ma almeno durante la giornata era sempre distratta in qualche modo.

Era tutto come un pigiama party infinito che non finiva al mattino dopo. Un loop continuo di urla e schiamazzi, nemmeno fossero un gruppo di adolescenti senza la supervisione di un adulto. O forse erano davvero così.

Con molta probabilità non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ma avere compagnia era davvero molto positivo. Forse non solo per lei, visto che Bruce Banner non aveva ancora espresso il desiderio di andarsene e sembrava inserirsi sempre più nel gruppo. Avevano anche passato una notte intera nella sua vecchia officina a parlare di wormhole e cercare di scrivere un algoritmo che non prevedesse di usare il suo reattore arc e il Tesseract per aprire un portale. L’uomo non le aveva mai chiesto cosa avesse visto dall’altra parte. Stranamente non glielo stava chiedendo nessuno e gliene era grata. 

Non avrebbe saputo esattamente cosa rispondere a quella domanda. Anche perché le era rimasta addosso solo la sensazione di freddo gelido.

Ma Banner non le chiedeva nulla nonostante sicuramente fosse curioso. Lei lo sarebbe stata da morire. Le parlava soltanto di numeri, formule, teorie. E lei gliene era tremendamente grata. 

Thor, figlio di Odino e dio del tuono, come amava ripetere all’infinito, allietava le loro serate raccontando storie di guerre per loro mitologiche, e vedeva Steve Rogers scuotere la testa. Anche messo di fronte all’esistenza di altre divinità, divinità in carne ed ossa, continuava a ripetere che di Dio ce ne fosse soltanto uno. E quasi stava ammirando la forza della sua fede.

Erano giorni quasi spensierati. Colazioni, pranzi e cene sempre in compagnia. Steve cucinava per tutti e lei aveva anche osato dargli una mano, più morale che letterale, qualche volta. 

Steve e lei camminavano uno attorno l’altra in punta di piedi. Non avevano più affrontato nessun argomento serio. Lei non gli aveva chiesto nulla quando lo aveva incontrato in giardino, e Steve era al telefono. Sapeva che era al telefono con Sharon e sapeva che Steve stava cercando di salvare il salvabile con lei. 

E del resto lui non le aveva detto nulla quando Johnny Storm si era presentato alla porta di casa ed era stato proprio lui ad aprire la porta. Lei era subito arrivata e voleva quasi ridere al fatto che il suo desiderio di vederli uno di fronte all’altro si fosse avverato. Era pessima, e sapeva che se ne sarebbe pentita non appena l’ultimo arrivato avesse aperto bocca. Gli altri erano accorsi subito anche loro, mossi dalla curiosità su chi avesse potuto venire in visita. E non avevano fiatato. Le uniche battute le aveva fatte Clint Barton come c’era da immaginarselo. Le aveva fatte ad entrambi e lei aveva davvero la tentazione di telefonare a Fury per far allontanare Barton da casa sua. 

Johnny Storm le aveva piantato una scenata in piena regola non appena erano rimasti da soli. Ed era la cosa più assurda che le fosse mai capitata. Johnny Storm, l’uomo che cambiava partner con la stessa frequenza con cui cambiava le mutande, stava piantando a lei una scenata di gelosia in piena regola.

Inutile dire che tutti lo avevano sentito, e quando lei lo aveva accompagnato alla porta, era stata accolta dalle risate di tutti, Steve compreso. E non aveva potuto che ridere anche lei per l’assurdità della situazione.

Era stata lasciata da Johnny Storm. Qualcosa in tutta quella situazione era profondamente sbagliata, ma la trovava così ridicola che aveva solo riso con i suoi compagni di sventure. 

La settimana dopo la battaglia di New York poteva davvero essere messa al primo posto dei periodi più assurdi della sua vita fino a quel momento. 

La seconda visita assurda, ma di cui non si era minimamente stupita era stata quella di James Rhodes. Il suo migliore amico era arrivato non appena aveva potuto e stavolta era stata lei ad aprire la porta. Voleva questa volta evitare che fosse Steve ad aprire, ma solo perché non voleva assistere a Rhodes che lo attaccava. 

Per quanto lei potesse essere strana e sbagliata, Rhodes finiva per essere sempre dalla sua parte. E non le piaceva mai quando i due uomini più importanti della sua vita discutevano. Era riuscita a trascinarlo nella propria officina senza incontrare Steve, ma forse si era tenuto a distanza apposta. 

Aveva stappato due birre e si era seduta sul divano accanto a Rhodes. L’uomo la guardava seriamente e seriamente preoccupato.

“Inizi tu o inizio io?”

“Mi vogliono di nuovo processare perché ho osato disobbedire a ordini dall’alto e ho salvato Manhattan oppure mi vogliono dare una medaglia? Se è la seconda voglio che sia di nuovo Stern a darmela, ok?”

“Sii seria per una volta.”

Aveva bevuto un sorso di birra e messo il broncio. Non aveva proprio voglia di affrontare alcun argomento troppo serio in quel momento. Era stata una buona giornata. Era anche riuscita a dormire un paio d’ore senza incubi. Non voleva rovinare tutto il suo buon umore parlando di cose che non sapeva nemmeno come spiegare a parole.

“Sono stata mollata da Johnny.”

Rhodes era rimasto in silenzio e l’aveva guardata come se le fossero spuntate due teste.

“Come, scusa? Johnny Storm? Stiamo parlando di quel Johnny, vero?”

“Il solo ed unico. Mi ha mollata perché Steve mi ha baciata, precisiamolo, e siamo qui sotto lo stesso tetto e lui non può fidarsi di una situazione simile.” Aveva sorseggiato altra birra, mentre inarcava un sopracciglio e guardava il suo migliore amico. Lo aveva visto scuotere la testa e bere dalla bottiglia a sua volta. 

“Non so nemmeno come commentare questa notizia. Sono davvero senza parole.”

“Sono stata presa per i fondelli da tutti i presenti. Persino Steve si è preso la libertà di ridere, perché ovviamente tutti lo hanno sentito.” Aveva scosso la testa e sospirato. “E ho riso pure io perché davvero sono ancora troppo sconvolta da tutto questo.”

“Solo sconvolta?” Lo aveva guardato e lo odiava quando la conosceva così bene. “Come stai?”

“Devo proprio essere sincera? Non lo so. Sono successe davvero troppe cose e non sto metabolizzando nulla. Hai saputo di Coulson?” Rhodes aveva annuito e lei aveva sospirato. “Non mi va giù che sia morto per nulla. Non ha nemmeno rallentato Loki. Quello lo ha solo preso per il culo! Così è proprio inutile e inaccettabile!”

“Avevate instaurato un bel rapporto alla fine in questi anni. Era l’unico agente S.H.I.E.L.D. con cui parlavi sempre, anche se facevi tante storie.”

“Perché non era male. Era un fanboy come me!”

“Posso chiederti dell’altra cosa spinosa allora?”

“Tanto la chiederai anche se ti dico di no. Sei qui per questo.” Aveva bevuto un lungo sorso di birra e poi aveva appoggiato la birra sul tavolino, stiracchiandosi poi come un gatto prima di aprire bocca. “Per assurdo abbiamo parlato da persone civili. Abbiamo parlato di quello che è successo e forse ora potremo finalmente fare un passo in avanti entrambi. L’ho sentito parlare al telefono con Sharon l’altra sera e penso che lui stia davvero cercando di salvare la sua relazione con lei. Ed è giusto così perché abbiamo avuto così tante occasioni per stare insieme e le abbiamo sempre mandate all’aria.”

Rhodes l’aveva attirata a sé e l’aveva stretta tra le proprie braccia, e lei non aveva fatto altro che accucciarsi contro di lui per bearsi del suo calore. 

“Delle parole così mature dalla tua bocca non me le sarei mai aspettate.”

“Oh, non sono matura affatto, Rhodey caro. Sai che non lo sono e Steve Rogers è sempre la mia più grande debolezza. Sono stata piantata, cioè io sono stata piantata tralasciamo poi da chi, e non l’ho nemmeno presa male perché lui era qui. Non è una cosa sana questa. E se me ne rendo conto io siamo davvero messi male.”

“Almeno te ne rendi conto.” Avrebbe voluto ribattere, ma non ne aveva avuto il tempo. “La cosa più assurda è che quando siete insieme non siete tossici uno per l’altro come lo siete quando avete questi periodi grigi in cui non capisco davvero chi me lo fa fare di venirti a controllare. Ma almeno stavolta non sei messa male come al solito.”

“Per assurdo parlarne direttamente con lui sembra che ci abbia tolto un peso ad entrambi. Non si può tornare indietro e non possiamo nemmeno cambiare quello che è successo. Ma abbiamo fatto un passo in avanti per liberarci dal passato.” Piangere tra le braccia di Steve Rogers era stato liberatorio. Pensandoci a mente fredda era giunta alla conclusione che avrebbe davvero dovuto farlo molto tempo addietro e non sarebbero arrivati in quella situazione. “Se solo io non mi fossi chiusa a riccio e non lo avessi allontanato con tutte le mie forze, lui sarebbe rimasto al mio fianco e avremmo superato tutto insieme. Ma come sempre mi rendo conto delle cose che mi circondano quando è troppo tardi. Era anche figlio suo, ma io ero davvero troppo accecata dal dolore per rendermene conto.”

Rhodes le aveva accarezzato i capelli e l’aveva stretta con forza a sé, quasi fosse ancora fatta di cristallo e avesse paura che si sarebbe spezzata nuovamente davanti ai suoi occhi. Il suo migliore amico alla fine era sempre stato presente, nei momenti belli e nei momenti brutti. Ricordava vagamente che era sempre stato attorno a loro quando aveva perso il bambino. Passava a trovarli. Ricordava di averlo accolto in casa, o semplicemente Steve che la avvertiva che era arrivato anche se lei poi restava in officina. Ed era sempre stato presente quando Steve se ne era andato. Non avrebbe mai saputo spiegargli a parole quanto gliene fosse grata. 

“A me basta che dopo questa esperienza non finisca come l’altra volta, perché davvero, picchio sia te che Tiberius Stone.”

“Oh no, anche Steve ha dovuto rinfacciarmelo.” Aveva ridacchiato e si era staccata da Rhodes per poterlo guardare. “Però sul serio, credimi, parlare con Steve è stata la cosa meno traumatica di questa settimana. Anche se mi ha fatta sentire di nuovo come se avessi 17 anni e l’unica cosa che volessi fosse farmi notare da lui. Come ero e sono patetica.”

“Patetica solo un po’, ma temo non ci sia nulla da fare per questa tua cotta. Ti ho conosciuta che eri cotta di quest’uomo presunto morto, e ti ritrovo dopo 15 anni ancora cotta come allora. E per assurdo in questi 15 anni avete una storia che Beautiful a confronto ha solo da imparare da voi.”

Aveva riso ancora e si era sentita davvero rilassata assieme a Rhodes. L’uomo era sempre stato davvero presente nella sua vita e aveva fatto tantissimo per lei. Non avrebbe mai saputo dirgli quanto gli fosse davvero grata per tutto quello che faceva per lei, anche se spesso litigavano. 

“Hai sentito Pepper per caso in questi giorni? Perché una sua scenata porterebbe questo Beautiful a tutto un altro livello.”

“Sì, sei fortunata perché è impegnata a Los Angeles. Voleva partire, ma per tua fortuna le Stark Industries sono nuovamente al centro dell’attenzione.”

Aveva sospirato e aveva ripreso la bottiglia di birra in mano. Ne aveva bevuto un lungo sorso, quasi finendola, per poi mettersi nuovamente comoda sul divano. Rhodes aveva preso il telecomando in mano e aveva acceso la tv. Faceva zapping e storceva il naso ogni volta che sentivano il cognome di Natasha pronunciato da qualche giornalista e non solo. Raramente nominavano gli altri per nome. Al massimo Banner e solo perché era considerato una minaccia pubblica forse maggiore di lei. 

Di Steve Rogers nessuno parlava male. Capitan America era pur sempre Capitan America. E vederlo in televisione le faceva sempre un effetto strano. Era da molto tempo che non compariva in pubblico. E in passato era sempre stato con lei.

“Rhodey, cosa credi che dovrei fare adesso? Me ne torno a Malibu? Resto a New York? Tronco ogni rapporto con tutti o formo gli Avengers ufficialmente?”

“Già il semplice fatto che tu ci abbia pensato ti da la risposta.”

 

✭✮✭

 

Se ne stava seduta al grande tavolo della sala da pranzo imbronciata come se avesse ancora 16 anni e dall’altra parte ci fosse seduto suo padre che le faceva una ramanzina. Seduta scomposta e con le braccia incrociate al petto, osservava in silenzio il direttore dello S.H.I.E.L.D. che non sembrava affatto turbato dalla sua recita. Perché tutti sapevano che era solo una recita. Era troppo stanca in tutti i sensi per mettersi a litigare con Nick Fury di qualsiasi cosa fosse venuto a parlarle. Non aveva mai scritto il rapporto che le aveva chiesto, e non lo avrebbe nemmeno fatto se glielo avesse imposto in quel momento. Questo lo sapeva benissimo anche Fury e non le aveva stranamente chiesto proprio nulla al riguardo.

“Stark.”

“Stark un cazzo, Nick. Non sei il benvenuto tra queste mura in questo preciso istante. E non so nemmeno perché ti hanno fatto entrare.” Aveva guardato male Steve Rogers, colpevole di averlo accolto in casa, che se ne stava in piedi appoggiato al muro e con le braccia conserte a sua volta.

“Perché magari così ci dice che possiamo andarcene da qui?”

“Oh, mamma e papà litigano di nuovo!” Clint Barton aveva dovuto prendere la parola, come sempre, facendo però sorridere Banner. E questo lei lo reputava sempre positivo. 

“I litigi sono la linfa vitale dei rapporti amorosi.” Il dio del tuono aveva battuto un pugno sul palmo della mano e aveva guardato verso Steve. Non voleva nemmeno sapere cosa volesse significare quello sguardo nella loro lingua di maschi alpha pieni di testosterone. 

“Se avessi avuto te per figlio, Barton, saresti già finito giù dal monte Taigeto.”

“Questa è cattiva. Non si prendono in giro le persone con delle disabilità.” L’arciere le aveva fatto il dito medio, ma sorrideva. Non avevano fatto altro che punzecchiarsi per tutta quella lunga lunghissima settimana che era diventata più di una settimana. 

“Almeno hai sviluppato la vista, dato che l’udito è quello che è.” 

“Devo mettervi in punizione in un angolo voi due?” Fury li aveva guardati entrambi. Serio, come se fosse l’unico adulto presente nella stanza. “Possiamo parlare per un attimo di cose serie così poi siamo tutti liberi?” 

“Ho quattro domande. 1) Che fine ha fatto il cubo? 2) Che fine ha fatto lo scettro? 3) Che fine ha fatto Loki? E 4) vogliono processarci?” Natasha si era alzata dalla sedia e si era avvicinata al bar. Sapeva che la stavano osservando tutti, ma era incurante mentre si versava da bere. Era una recita anche quella. Aveva pensato davvero a tutte quelle domande mentre erano rinchiusi in casa e forse avrebbe avuto delle risposte in quel momento. Forse. “Servitevi pure, non serve che mi osserviate così.”

“Perché dici che vogliono processarci?”

“Oh, Steve. A volte davvero mi stupisco della tua ingenuità, sul serio. Siamo due civili, tre agenti dello S.H.I.E.L.D. e un semi dio che hanno deciso di non seguire gli ordini dall’alto. Eri presente quando mi hanno portata in giudizio per lo stesso motivo qualche anno fa. Hai vissuto con me da quando sono diventata Iron Woman e tu stesso mi hai ripetuto più volte che sono un civile non autorizzato a portare avanti operazioni belliche.”

“Abbiamo salvato New York e il mondo intero. La popolazione ci è grata, nonostante tutto.”

Si era massaggiata le tempie, perché avevano avuto quella conversazione più volte in quei giorni e Steve continuava ad essere sempre il solito ottimista. Per lui, stando a quello che leggeva sul giornale al mattino, la maggioranza della popolazione li acclamava come eroi e per questo erano intoccabili.

“Romanoff, glielo rispieghi tu per favore, perché io non ce la faccio più.”

“Steve, per una volta Stark ha ragione. Potrebbero anche portarci di fronte alla corte marziale perché abbiamo effettivamente disobbedito agli ordini. Abbiamo salvato il mondo, ma abbiamo distrutto Midtown e ci sono stati dei morti. E noi non avevamo ordini per agire.”

Aveva visto Steve aprire bocca per rispondere a Natasha Romanoff , ma Fury era stato più veloce di lui. L’uomo però continuava a guardare lei, e questo non le piaceva particolarmente.

“Il cubo e lo scettro sono al sicuro nelle mani dello S.H.I.E.L.D. e per ora nessuno ha intenzione di studiarli e/o usarli in qualche modo. Loki vi verrà restituito e Thor potrà portarlo ad Asgard per processarlo secondo le loro leggi. E nessuno vuole processare voi, anche se l’intento c’era. I motivi li potete capire tutti quanti da soli. Siete un gruppo di persone con poteri e abilità fuori dal normale. Vi siete mossi da soli contro il nemico, senza fare riferimento a nessun organo, Stato o chi volete. Per questa volta chiuderanno un occhio e sarete acclamati come eroi.”

“Voglio formare ufficialmente gli Avengers.” Sapeva che tutti gli occhi erano di colpo su di lei, anche se lei guardava Fury. Di rimando l’aveva guardata come se si aspettasse una frase simile da parte sua. Probabilmente era stata manipolata per bene, ma tutto quello che era successo, quello che aveva visto e non le dava pace, aveva solo fatto maturare seriamente in lei l’idea che qualcosa o qualcuno dovesse proteggere la Terra. “Non si parla più di proteggere la Terra solo dai terroristi. Finora mi sono sempre occupata solo di trafficanti di armi Stark e dei loro compratori. Qui si parla di alieni e semidei. Non sono nemici che si possono sconfiggere con una pistola. E’ su tutto un altro livello la battaglia ormai.”

“Tasha, non puoi parlare seriamente.” Steve si era mosso verso di lei. In quei giorni era tornata ad essere Tasha sempre più spesso. Aveva abbandonato Stark per strada ed era tornata ad essere semplicemente Tasha per lui. 

“Sono molto seria invece. Cosa potremmo fare se tornassero e non fossimo pronti? Ora sappiamo che esistono e loro sanno che qui abbiamo cose che potrebbero fargli gola. Prima o poi arriveranno ancora.”

“Vuoi armarci tu? Non avevi smesso con la produzione di armi?”

“Sai che non è la stessa cosa. Sei insopportabile quando fai così.” Aveva appoggiato il bicchiere sul bancone del bar ed era pronta per uno scontro. “Io parlo di noi. Parlo di questo gruppo di persone. Non voglio armare un esercito privato o lo S.H.I.E.L.D.. Voglio preparare noi a qualsiasi possibile attacco umano o alieno che possa mettere tutti in pericolo.”

“Sei un civile.”

“Giuro sul tuo Dio che se me lo dici un’altra volta ti spacco i denti, Steve. Te lo giuro.”

“Stark ha ragione e in questa occasione si è dimostrato fondamentale che voi non prendeste ordini da nessuno. Se foste stati davvero sotto gli ordini del Consiglio, New York non ci sarebbe più.” 

Aveva guardato Fury e l’uomo sembrava troppo compiaciuto. L’aveva manipolata. Erano anni che la voleva dentro al suo progetto Avengers e ora lo aveva proposto lei stessa. Si era scavata la fossa da sola, ma non poteva fare diversamente. Non ora. Non dopo tutto quello che era successo. 

“Veramente io non voglio fare parte di questo gruppo. Non so come l’altro potrebbe prendere questa decisione.”

“Oh, Bruciebear non fare così! Possiamo divertirci moltissimo insieme e ho bisogno anche di te per progettare tutto quello che ho in mente.”

“Io ci sto. Mi piace l’idea del supereroe.” Clint sembrava entusiasta del nuovo progetto lavorativo. Sorrideva e guardava la Romanoff che era invece imperscrutabile. “Dai, Nat. Potrebbe essere molto divertente dall’essere solo la spia dello S.H.I.E.L.D..”

“Io, Thor, figlio di Odino, dio del tuono, metto il mio martello a protezione di Midgard.” Il semidio si era alzato dalla sedia su cui era seduto, e come dimostrazione pratica aveva appoggiato il suo martello sul tavolo. Non aveva potuto fare a meno di sorridere. Ben due persone su cinque erano entusiaste della sua idea. Era anche abbastanza sicura che Bruce Banner sarebbe stato dalla sua parte dopo qualche parola di incoraggiamento. 

“Ci sono molte cose da prendere in considerazione. Sotto il comando di chi dovremmo operare per esempio.” Steve “La Voce Della Ragione” Rogers doveva sempre avere qualcosa da ridire. Sempre. 

“Sotto il comando di quelli che non avrebbero esitato a farci saltare in aria assieme a tutta la città? Vuoi questo? Io no. E con te o senza di te mi preparerò per la prossima battaglia. Anche se preferirei con te.” Si era pentita nell’istante stesso in cui aveva pronunciato le ultime parole di quello che aveva detto. Tutti gli occhi erano puntati su di loro. Poteva notare con la coda dell’occhio Clint Barton che faceva un cuore con le dita nella loro direzione, ma continuava a sostenere lo sguardo di Steve. Non voleva fargli vedere nemmeno un po’ di titubanza. 

Dopo qualche istante l’uomo di fronte a lei aveva sospirato e scosso la testa. Sembrava più rassegnato che convinto. 

“E va bene. Appoggio questa tua folle idea.”

Gli aveva sorriso. Ed era un sorriso vero. Non era uno dei soliti sorrisi di circostanza che riservava a tutti. Gli aveva sorriso davvero grata delle sue parole e del suo appoggio. Non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, soprattutto non di fronte a tutte quelle persone, ma ne era davvero felice. 

“Vedi? Non è stato difficile. Puoi anche essere tu il capo se vuoi. La leadership è una tua prerogativa. Io farò lo scienziato pazzo che vi rende tutti più fighi. Ho anche il posto giusto da usare come quartier generale. Avevo giusto dei piani vuoti che non sapevo come riempire.”

“Motivo in più perché io debba rifiutare, Tasha.” Si era subito voltata verso Banner. “Farmi stare a New York potrebbe essere pericoloso per tutti.”

“Per me è una convinzione tutta tua questa. Per quanto tempo l’altro non si è fatto vivo? Non so se è perché fumi erba o fai molto yoga, ma hai controllato sempre Hulk negli ultimi anni. E se non ti senti sicuro possiamo sempre costruire qualcosa che possa contenere la sua forza distruttiva.” Non si era nemmeno accorta che mentre parlava si era mossa e aveva messo una mano sul braccio di Steve. Era in quel momento troppo concentrata su altro per rendersi davvero conto di quello che aveva fatto. Non era nulla di grave. Solo era qualcosa che era solita fare quando erano una coppia. Quando Steve era nel suo raggio di azione finiva spesso per toccarlo in qualche modo mentre parlava. E Steve non l’aveva allontanata in alcun modo. “Possiamo impegnarci tutti per impedire all’altro di uscire, e se proprio dovesse uscire possiamo cercare un modo per fermarlo. Del resto siamo dotati di due energumeni muscolosi e con una forza fuori dal normale che potrebbero cercare di fermarlo anche fisicamente. Sarebbero dati interessanti per la scienza e anche per le tue ricerche. Del resto hai qui il vero Steve Rogers da studiare.”

“Non usarmi come cavia. Di nuovo.” Lo aveva guardato e Steve le aveva sorriso. Potevano avere un rapporto civile. Potevano andare avanti in qualche modo. 

“Oh, non vuoi che renda pubbliche le mie ricerche sulla forza di un super soldato?”

“Perché ho la sensazione che si stia parlando di cose vietate ai minori?” Barton continuava a guardarli e a sorridere. Non sapeva che razza di rapporto Steve avesse con lui, ma se lo prendeva in giro così erano sicuramente amici. 

“Lo sono moltissimo.” Natasha aveva sorriso e aveva spostato la mano dal braccio di Steve. Lo guardava ancora. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Avevano un progetto in comune adesso. Certo, lo aveva trascinato lei, quasi costretto ad accettare, ma lei ci sarebbe stato. L’avrebbe aiutata a mettere in piedi quella stramba squadra di protezione della Terra.

 
   
 
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