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Autore: Cladzky    31/12/2021    2 recensioni
Quanti mesi avrà passato Cladzky nel suo isolamento auto-imposto nello spazio? Molti, ma quando sembra che gli altri autori di EFP l'abbiano dimenticato, organizzando un party a cui parteciperanno tutti i personaggi del Multiverso, ha un'improvvisa voglia di tornare a casa.
Un po' per malinconia.
Ed un po' per vendetta.
[Storia non canonica e piena di citazioni]
Questa è una storia dedicata a voi ragazzi. Yep. I'm back guys!
E spero di farvi fare due risate, va'!
Genere: Commedia, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Si fermò per riprendere fiato, ma sapeva di non essere stanco per la corsa. Si appoggiò ad una fontana per issarsi sul bordo a sedere e grattugiarsi la guancia in stato meditabondo. Cosa gli stava succedendo? Cercò di tornare indietro con la mente a quando aveva messo piede alla festa e si era reso conto di non aver combinato nulla di giusto. Con il rumore ritmico dell’acqua a fargli da sottofondo musicale, pensò a quando, circa quattro capitoli fa, pensò bene di fare una capatina nel settore tokusatsu. Non poteva certo perdersi l’opportunità di interagire con i mostri sacri del genere, letteralmente. Poteva ancora visualizzare la scena chiaramente. Chiuse gli occhi. 

Il ricordo era tanto vivido che credette di sentirsi toccare la spalla anche all’ora, invece era successo due ore fa. Lui si era voltato, facendo quasi sbordare la Poretti da tre quintali di luppoli che stringeva nel suo palmo tridigitale. Si ritrovò di fronte a sè il muso rugoso di una gigantesca testuggine color palude, dalla pelle umida e luccicante. Azzardò una domanda con voce rauca e cadenza lenta.


–Voi sareste…?

–Gamera!– Aveva esclamato lui sorpreso di rimando, tagliandole la frase. La bestia della Daiei arricciò le narici.

–Sono abbastanza sicuro di no– Tentò di sorridere amichevolmente, ma le zanne da cinghiale le deformavano l’espressione serena. Sotto gli occhi ingialliti, dalle ciglia pesanti, scrutò quelli vivaci del giovane kaiju. Gli piantò con decisione l’indice acuminato sulla base del collo –Dz, non è vero?

–Ma certo!– Annuì, prendendo con la mano libera quella che gli era stata puntata addosso e stringendola calorosamente –Onorato.

–Dunque fate parte di questa organizzazione…

–Lucas Force!– Concluse il ragazzo, segandogli di nuovo il parlare. Gamera mandò giù un groppo di fastidio e riprese.

–E devo ringraziare voi se avete salvato il multiverso da…

–Sha…

–Shadow Blade!– Sorrise la tartaruga, velocizzando all’ultimo il tono. Si leccò un gomito distrattamente e riprese –Non mi aspettavo nulla di meno dal figlio di Godzilla.

–Oh– Trasalì il ragazzo, grattandosi dietro l’orecchio e disturbando un paio di gabbiani che vi si erano appollaiati sopra –Faccio quello che posso.

–Suvvia, non siate modesto– Alzò il mento la creatura –È più di quanto abbia fatto io. 

–Macché modesto?– Corrugò la fronte dalla sorpresa di essere riverito in quel modo, specie da qualcuno con molta più storia sul guscio –Voi piuttosto. Io ho solo…

–Battuto Shadow Blade?– Espose la sua lunga lingua Gamera, sradicando un barbecue per fagocitarne le fiamme nel mezzo del discorso –Intendo dire, mi sembra un avversario ben più tosto di Barugon o Gaos.

–Ma non sono stato io a batterlo!– Proruppe Dz, per poi mettersi le mani a coprire il muso nel rendersi conto di aver parlato troppo forte, attirandosi l’occhiataccia di Red King.

–Oh– Scacciò via quell’obiezione l’interlocutore, agitando una mano a ventaglio –Non c’è nulla di disonorevole nello sconfiggere un mostro insieme a qualcun altro. Cioè, io ho sempre combattuto da solo, ma non stiamo parlando di me adesso.

Provò ad aprire ancora la bocca per ribattere, ma perché farlo? Richiuse le labbra. Perché strapparsi di dosso quei complimenti? Non se li meritava forse dopo tutti gli anni passati nella Lucas Force? Dopo tutto quella che aveva subito non poteva permettersi neppure un po’ di pace mentale, di non farsi affossare lo spirito dai ricordi, neppure a quella festa in onore della squadra e quindi di lui? Chiuse anche gli occhi e tirò un sospiro. Non l’avesse fatto.

–Lei…

–Per favore, dammi del tu– Chiese Gamera mentre adoperava l’ombrellino del suo cocktail, che per la sua scala era un vero e proprio ombrellone da spiaggia, come stuzzicadenti.

–Tu non capisci– Gonfiò le vene del collo Dz, mentre la sua coda andava a sfogarsi dietro di lui, sbattendo al suolo.

–Ocio!– Intimò offesa Gorgo, salvando all’ultimo il piatto di cetacei dalla botta, prima di tornare a flirtare con Yongary.

–Ho sbagliato qualcosa?– Gamera si appoggiò al tetto della villa, buttando via l’ombrellone sporco di alghe fritte e appoggiando il mento su una delle sue zampe palmate –Tu sei Dz, sei il figlio di Godzilla, sei un membro della Lucas Force e questa festa è per festeggiare la vostra vittoria contro l’arcinemesi della vita. Sono stato sorprendentemente invitato a partecipare e mi sembrava cortese scambiare qualche parola con i miei salvatori. Se c’è qualcosa che non capisco ti prego di spiegarmi dato che non ho la benché minima idea di cosa succeda in questa dimensione che neanche sapevo esistesse.

–Sono…– Dz voltò lo sguardo via dagli occhi indagatori del guardiano di Atlantide. Quest’ultimò sbuffò, chiudendo le orbite incavate ed esalando una nuvola di fumo bianco dalle narici distese. Lui poteva anche avere la parlantina lenta, ma questo non poteva dire due parole che si inceppava. La secolare testuggine alzò il capo e aprì le fauci, distendendo la pelle grinzosa delle goti, quasi a strapparsi verticalmente, in uno sbadiglio che sapeva di pesce, mettendo in mostra un apparato di masticazione fatto per lo più di soffici muscoli rosei in continuo gonfiore.

–Ascolta figliuolo– S’impose la vecchia bestia, senza aver ancora finito di pandiculare e fugando ogni imbarazzo con un movimento circolare della mano artigliata –Se non ne vuoi parlare perché sono faccende personali e io, nonostante la tua ammirazione, sono un completo sconosciuto, dimmelo subito che vado a dormire. Però volevo dirti che ero venuto solo per parlare di…

–La prego, non si offenda– Il mostro in blu saltò verso la coriacea conoscenza, che già faceva per andarsene da dove era venuta, afferrandola per i bordi del guscio e costringendola a voltarsi. Si trovò di fronte il viso compiaciuto di Gamera, difficile a scorgersi dietro quelle zanne e rughe, ma lo si leggeva soprattutto in quegli occhi gialli e profondi come un pozzo.

–Nessuna offesa– Distese il collo vizzo verso di lui, quasi a scaldargli il petto con il suo respiro da fiamma ossidrica. Alzò un indice da vorticare in aria –Immagino avrete ancora molte cose da chiarire tu e i tuoi compagni dopo quello che è successo. È la fine di un’era, avete compiuto il vostro scopo,  con un prezzo molto alto per giunta e adesso avete tutto il tempo che vi serve per considerare le conseguenze delle vostre azioni e anche di più. Io non faccio parte di questa equazione, sono un essere completamente esterno alla vostra storia, quindi non mi stupisco se non hai intenzione di interessarti a me. Tu hai bisogno di parlare, urlare, sfogarti con qualcuno che, al contrario di me, capisca.

–Sì, io…– Abbassò la testa Dz e pure la coda –Io e i miei compagni non abbiamo ancora parlato di qualcosa a cui non ho mai smesso di pensare da quando abbiamo vinto.

–E perché non lo fai?

–Io non voglio rovinargli l’atmosfera di gioia. Aspetterò.

–E il tuo fegato se ne andrà alla malora– Scosse la testa Gamera –Non è solo questo, dico bene?

Dz si sentì la gola riarsa nel futile tentativo di ingoiare. Si pose una mano al collo, sentendoselo stringere.

–Mi vergognerei a discuterne, ecco.

–Oh– La bocca di Gamera avrebbe fatto un cerchio con le labbra se le avesse avute. Schioccò la lingua e strusciò i palmi l’uno sull’altro –Ma dopo tutto questo tempo insieme non credi sarebbero comprensivi della tua situazione?

–Forse ma…– L’anfibio si ammutolì di nuovo, gonfiando le guance e tormentandosi la lattina in mano, ormai vuota. L’anziana capì che non avrebbe ottenuto nulla se non l’avesse imboccato nella direzione giusta.

–Sono comunque tuoi compagni, amici…– Uggiolò Gamera, passandogli affianco, strasciando la breve coda da tartaruga sul pietrisco –E qualunque cosa tu dirai loro la vedrai rispecchiata nei loro sguardi ogni qualvolta vi incontrerete. La conserveranno nella loro memoria e la useranno come chiave per interpretare le tue azioni, per analizzarti. Se è una delusione tu vedrai sempre la scintilla del distacco nelle vostre interazioni. Se è ancora peggio tu daresti loro un pezzo del tuo intimo per capire qual è il tuo punto debole. Tu hai paura di metterti a nudo nei confronti dei tuoi amici perché non vuoi perderli a causa di una parola di troppo o peggio, metterteli contro e dargli informazioni su te stesso.

–Non esagerare!– Sbottò Dz, allungando stavolta lui il collo, piantando il suo muso contro quello del guardiano di Atlantide, ma questi non arrestò l’orazione, nè indietreggiò di un passo.

–Allora smentiscimi– Assottigliò gli occhi la bestia volante –Dimmi perché non ne vuoi parlare con i tuoi amici.

–Non capisco cosa stai cercando di fare– Digrignò i denti l’anfibio –Piombi a farmi domande dal nulla e a mettere in dubbio la fiducia della Lucas Force. Perché, tu, completo sconosciuto a questa narrazione, dovresti interessartene?

Dz, al termine del colloquio, si guardò intorno senza muovere la testa, agitando gli occhietti di soppiatto nelle orbite. Avevano inavvertitamente attirato l’attenzione di un cerchio di kaiju, da Baragon che era sbucato col capo dal pavimento, attirato dalle vibrazioni e sputando terra, a Manda, che era strisciato fuori dalla sua piscina, con ancora Gezora impigliato nella coda. Rodan atterrò poco in cima la villa, spulciando le piume alla sua coniuge affianco, mentre Daimajin, senza la minima voglia di interessarsi a queste baruffe, era andato a giocare a golf, ora che si era liberata la postazione precedentemente occupata da Take-Majin e Guilala, che avevano abbandonato le mazze, ben più vogliosi di assistere a delle mazzate.

–Ora se le danno– Ansimò trepidante Megalon dal suo tavolo.

–Io punto sul vecchiaccio– Esclamò Gigan, piantandogli davanti il suo intero portafoglio, letteralmente data la condizione delle sua mani.

Quando finì di esplorare la situazione dell’ambiente che avevano creato intorno a loro, Dz tornò a scavare negli occhi di Gamera davanti a sè, che non li aveva mai mossi, anzi, distendeva i muscoli della fronte, abbandonando l’espressione contrita precedente.

–Perché voglio aiutarti ragazzo– Disse con tono secco la tartaruga.

–E perché dovrei crederti?

Gamera alzò nuovamente gli occhi, mostrando i denti in un sorriso idiota, esasperato da tutti quei “perché”.

–Perché mi piace aiutare la gente, non ti sembra una motivazione sufficiente?

–Sospetta direi– Replicò senza scomporsi l’anfibio, muovendo le branchie a un ritmo rallentato.

–”Sospetta direi”– Gli fece il verso l’anziana –La Lucas Force non fa lo stesso?

Dz non rispose, ma si limitò a smettere di fremere le nocche e fermare la coda dall’ondulare ancora.

–E d’altro canto– Proseguì, schioccando le vertebre del collo –Sono Gamera, l’amico di tutti i bambini.

I due kaiju rialzarono i loro dorsi e staccarono i loro musi dalla gara di sguardi in cui si erano lanciati. Senza dire una parola si drizzarono e camminarono via, in un luogo più appartato. L’anello di spettatori che li circondava si ruppe al loro passaggio, con Mothra che si allontanava sollevata sulle sue ali da falena e King Caesar che scalciava un masso deluso, abbassando i peli rizzati.

–Miserevole conclusione– Concluse Megalon, concludendo il suo castello di carte.

–Sospetta direi– Lo corresse Gabara, sbucando con il suo piatto volto verdastro, cornuto e peloso alle sue spalle –Il bimbo-pesce ha qualcosa che non va.

Fece per portare una mano a grattarsi il mento bitorzoluto e un’altra dietro la schiena, quando una lama di Gigan gli perforò quest’ultima, affondandogli nel dorso senza guardare. Per poco non urlò. Voltò in direzione del mostro ciclopico, ma questo non aveva espressioni di sorta e non proferì parola. Poi, l’uncino di Gigan, lo costrinse a voltare la mano di chè il palmo fosse rivolto verso l’alto. Nelle dita stringeva il portafoglio che era stato precedentemente sbattuto sul tavolo.

–Quando imparerai?– Mormorò Gigan dietro le sue mandibole metalliche, prima di disincagliare l’uncino con un movimento tale da far ribaltare Gabara e mollare la presa sulla refurtiva.

–E non ti azzardare a piangere, per un kaiju questo è niente– Lo ammonì Megalon, ripensando a quel devastante dropkick, mentre posizionava le ultime due carte in cima al suo castello da sette piani.

–Ridete pure, ma non vi rendete conto che ci troviamo di fronte a una grande opportunità?– Borbottò Gabara, reggendosi la mano insanguinata di blu che già procedeva a rimarginarsi.

–Opportunità per cosa?– Saettò la lingua di Gigan.

–Di mandare un messaggio a tutti i Godzilla– Sbattè un pugno sul tavolo il piccolo mostro scagliato di verde. Megalon, da sotto il cumulo di carte, lo guardò storto con i suoi occhi composti da coleottero, vibrando le antenne.

–Parla in fretta prima che io mi alzi e mi assicuri che tu non lo faccia.


***


Si erano spostati, lui e Gamera, sul limitare del settore tokusatsu, dove i confini cominciavano a sfumare e così anche i suoi residenti. Gaira e Sanda trasportavano via un Frankestein ubriaco marcio, spostando con uno spintone Pulgasari, meritandosi un suo latrato prima che tornasse a degustare dell’argenteria. Sorpassarono uno Yeti marroncino che sventolava opuscoli per visitare Toronto e Roma, con Ymir che raccolse quest’ultimo interessato, e si fermarono sotto una siepe, oltre il quale stava il resto del gigantesco giardino.

–Non vorrei metterti a disagio– Iniziò Gamera –Ma per un mostro gigante l’immagine è tutto e tu rischi di rovinartela se non riesci neppure ad avere una discussione tranquilla.

–Non penso sia indispensabile per il lavoro che faccio– Grugnì Dz.

–Sì se collabori con una squadra con cui non riesci ad aprirti– Puntualizzò l’altro, sfregandosi le unghie sulle placche pettorali –Gli altri noteranno che non sei come tuo solito.

–Come pensi che io possa parlarne con te se non riesco a parlare neppure con loro?– Incrociò le braccia.

–Per due splendidi motivi– Si adagiò Gamera a terra. La posizione bipede lo stava stancando e non si proeccupò di mantenere il contatto visivo da chè era disteso sulla pancia, La sua voce riecheggiava come nell’antro di un’oracolo ora che la testa era infossata nel guscio –Il primo è che sicuramente ti riuscirà più facile discutere della vicenda con qualcuno di esterno al tutto, dato che sarò imparziale, non tirerò argomenti del tuo passato da usare contro di te e soprattutto non hai nulla da perdere disgustandomi. Potrai anche dirmi che hai massacrato un convento di clausura, ma che mi importa? A fine della festa tornerò nella mia dimensione e non resterò a giudicarti. I tuoi amici, invece, tu non vuoi certo correre il rischio di disgustarli, vero? Allora avanti, fai del tuo peggio, misura la mia reazione come una cavia e vedi se è d’uopo che tu riveli questa cosa anche al resto della squadra.

–Aspetta– Si chinò Dz –E il secondo motivo?

–Pensavo lo sapessi– Rise Gamera –Noi kaiju siamo l'esorcizzazione delle paure di ogni generazione. Il nostro compito è offrire una valvola di sfogo alla rabbia sociale, un’alternativa alla vera violenza. Tuo padre era odiato perché vessillo della bomba atomica, così come la morte di Hedorah era la catarsi per giapponesi dai polmoni intossicati dalle raffinerie. Sono fatto apposta per questo genere di cose, è la mia natura da kaiju.

Dz si rialzò dalla sua posizione chinata, levò il muso al cielo, tirò su con il naso e si sedette davanti al suo psicologo improvvisato.

–Come le ho detto io non ho battuto Shadow Blade.

–Hai ragione– Asserì la tartaruga, stiracchiando le zampe e facendo rientrare anche quelle nel guscio. Ora stava parlando con una corazza –La Lucas Force lo ha battuto.

–Peggio– Scosse la testa Dz –Io non sono servito a nulla.

–Non sminuirti.

–E tu non ricominciare– Si morse il pugno il ragazzo –So come sono andate le cose. Io non sono servito a niente.

–Credevo che tu avessi combattuto nella guerra finale.

–Meno di quanto avrei dovuto.

–Non puoi certo pretendere di lottare da solo per l’intera squadra. Hai visto come è andata a finire per Lucas– Gamera s’interruppe. Estrasse la testa dal guscio per visionare l’espressione scura di Dz, silenzioso –Scusa.

–No, è vero– Ammise stringendo le palpebre –Ma proprio perché non ho fatto il dovere ho costretto Lucas a mettersi in prima linea e compensare la mia mancanza.

–Non essere così duro con te stesso; essere sconfitti non cancella il nostro contributo alla causa, altrimenti avrei smesso di essere il guardiano dell’universo dai tempi di Jiger o prima.

–Ma io ho il potere di un titano. Proteggere chi mi è caro è il mio compito, eppure non ho potuto fare nulla quando Anderson ci ha catturati.

–E gli altri hanno potuto fare qualcosa? Dacchè mi risulta non eri l’unico fesso a essere finito imprigionato.

–Ma per me è diverso!– Sbattè un pugno sul petto Dz –Io ho il potere di Godzilla. Ho il dovere di usare questo potere per il bene o lo sprecherei, proprio come è successo finora.

–Se sei riuscito a entrare nella Lucas Force vuol dire che non hai sprecato questo potenziale.

–Sono entrato solo perché ero suo figlio, ne sono sicuro– Si chiuse una mano sul volto –Gli altri si aspettavano un acquisto forte quanto l’originale, ma io non sono mio padre. Lui è l’alpha dei titani, ha sconfitto i MUTO, ha sconfitto…

Ma ebbe un sussulto.

–Ghidora?

Dz esalò e riprese.

–Sì. E come allora non sono riuscito a far nulla.

–Cos’avresti potuto fare di più?

–Sarei potuto fuggire, liberare i miei compagni.

–Lo hai fatto.

–No!– Dz diede una manata nervosa alla siepe sotto cui discutevano, effettivamente delle conifere piantate il giorno prima dalla Foresta Nera –Non avrei dovuto perdere la fiducia degli umani, che mi ero promesso di proteggere in primo luogo e ancora peggio mi sono fatto sconfiggere da loro. Che senso ha un protettore se i protetti sono più forti di lui? Mi hanno rinchiuso in una cella, mi hanno tolto ogni potere e intrappolato nella mia forma umana e a quel punto ho capito che se avessi voluto fare qualsiasi cosa era troppo tardi. Eppure Lucas, Giuly Frost e altri sono fuggiti per conto proprio, perché non avrei potuto fare lo stesso? Mi sono rassegnato troppo in fretta e così, quando anche per il gruppo in cui mi trovavo, riuscimmo a mettere in pratica la nostra evasione, non ho contribuito a nulla. Sono solo stato un peso che gli altri hanno dovuto tirare fuori dal complesso di reclusione governativo.

–Eri senza poteri.

–Anche gli altri lo erano.

–Ma non si trovavano imprigionati in un corpo che non gli apparteneva– Si leccò i denti Gamera –È la vecchia storia del pesce e dell’albero. Ti trovavi in uno stato di disabilità maggiore ai tuoi compagni e sei stato costretto a dipendere da loro.

–Ciò non rende la mia situazione di inutilità meno umiliante.

–Avere bisogno di aiuto non è motivo di umiliazione. Come quella volta che ho avuto una gravidanza indesiderata e qualcuno mi ha rimosso un parassita tramite un mini-sommergibile. D’accordo, forse non è proprio una situazione in cui tu possa relazionarti, ma dovevo pur portare un esempio.

–Il punto è che neanche dopo l’evasione ho avuto modo di rendermi utile.

–Non hai riottenuto i tuoi poteri?– Intrecciò le dita la testuggine.

–Peggio. Li avevo e ancora sono riuscito a fallire– Notando che Gamera non sembrava avere intenzione di rialzarsi da terra, distese anche lui la sua forma anfibia, coprendosi con le mani gli occhi e le tempie, quasi gli stesse venendo un mal di testa a ricordare –Shadow Blade ha intercettato il nostro gruppo quando eravamo riusciti a riunirci a Lucas fuori dal centro di contenimento SCP. Lo abbiamo affrontato e… Non è finita benissimo.

–Ma non ti sei certo arreso.

–Mi ha battuto con una schicchera– Mormorò Dz, lanciando via uno schiocco un masso da terra. Dimenticandosi della sua stazza, questo macigno grosso come un motorino, finì dritto in bocca Pyornkrachzark, che lo sgranocchiò al volo di gusto. Di rimando, il ragazzo si sentì un colpo secco sul suo muso. Si alzò di scatto, quasi offeso, reggendosi il naso.

–E come pretendi di battere qualcuno che ti fa volare con una schicchera?– Chiese la testuggine, con ancora la mano aperta per lo schiocco.

–Lucas lo ha battuto– Sospirò Dz.

–Lucas godeva di favoritismi da parte di una divinità– Osservò la mascotte Daiei, rialzandosi in piedi.

–Tutto questo non mi aiuta affatto– Si rimise dritto anche lui –Apprezzo che tu tenta di farmi star meglio, ma la tua tesi è che non è colpa mia se sono inutile, ma semplicemente sono troppo debole per essere d’aiuto a qualcuno.

–Non era proprio la tesi che volevo portare avanti.

–Che scopo ha servire la Lucas Force se sono io quello in bisogno di aiuto?– Distolse lo sguardo Dz –Vorrei parlare di questo mio timore con gli altri ma ho paura di scoprire che…

–Loro la pensino come te– Concluse Gamera, asciugandosi il naso –Tu mi hai detto perché pensi ti abbiano inserito nella Lucas Force anni fa, ma se vuoi la risposta ai tuoi dubbi devi porti un’altra domanda. Perché, se davvero ti sei rivelato così inutile, ti mantengono nella loro squadra?

Il giovane anfibio aprì la bocca, ma le parole gli morirono in gola. Si mise una mano sulle labbra e gli occhi cominciarono a vagare nel vuoto, mentre la coda rallentava il suo vorticare senza fermarsi. Quella mancanza di una risposta gli dava speranza, fino a che non gli parve lapalissiano mettendosi nei suoi panni. La coda si fermò e le orecchie si abbassarono.

–Forse si sentirebbero in colpa a mandarmi via. Lasciano che io li accompagni nelle loro avventure per farmi contento e mi coprono le spalle da ogni pericolo. Questa è la storia della mia vita. Da quando sono nato i miei cari hanno dovuto combattere le mie battaglie. Prima Gojirin con Ghidora e ora Lucas con Shadow Blade. Che razza di amico sono?

–Il più grande che esista– Gli diede un colpo sulla spalla, scuotendolo. Dz fu più che contento di restituirlo.

–Non prendermi in giro– Lo avvisò ridendo.

–E invece sono serio– Replicò Gamera con uno schiaffone da infiammargli la guancia e lasciarlo a strusciarsi il viso sorpreso. Quella pelle grinzosa aveva lasciato il segno.

–Non capisco– Biascicò basito, rendendosi conto che stavolta era il suo turno.

–Che razza di amici continuerebbero a portarti nelle loro guerre sanguinose?– Gli piazzò l’indice sul petto –Credi forse che ti mantengano nella Lucas Force solo per farti un piacere? Se davvero tu fossi inutile ti avrebbero già mollato da molto tempo. Essere membri della Lucas Force non è un vanto, ma un dovere mostruoso che ti risparmierebbero se non ne fossi tagliato. Ma tu lo sei perché hai qualcosa che pochi sono disposti a dare. Mettere a sacrificio la propria vita per il bene di chi ami. Forse non sarai il più forte di loro, ma già il fatto che tu ti metta così spesso in pericolo vuol dire che altrettanto spesso ti sei esposto per aiutare qualcun altro e quindi che importa se sarai tu ad avere bisogno di aiuto? Mi sembra uno scambio equo. In un multiverso in cui la bontà è così difficile da trovare, vacci a sputare sul tuo contributo!

–Ma anche se così fosse io non faccio alcuna differenza– Si allontanò scrollando le spalle –Dovrei avere il potere di un titano, essere l’erede dell’alpha dei titani, essere io a proteggere gli altri. Non è vero che basta la buona volontà se nell’atto pratico non combino nulla.

–Non osare parlare in questo modo– Dz sentì un rumore di razzi dietro la schiena. Si voltò per trovare uno spiazzo vuoto e il rumore spostatosi davanti a sé. Flettè il collo alla posizione originaria e si ritrovò la testuggine eterna atterrargli di fronte, per poi spegnere la propulsione e far riapparire le zampe inferiori dal carapace –Hai combattuto contro Shadow Blade.

–Basta ripetere gli stessi argomenti!– Gli intimò il ragazzo, scuotendo le placche dorsali che brillavano di una fievole luce bianca –Ti ho già detto che…

–Ti ha battuto con una schicchera– Completò la frase Gamera, fioccando di nuovo le dita sul muso del titano. Irritato una volta di troppo, Dz fece partire un istintivo gancio destro verso il burlesco avversario, solo per vedersi sparire quella testa paludosa all’ultimo e mandare il colpo al vuoto. Aveva fatto sparire il capo dentro il guscio il vetusto rettile. Le braccia della tartaruga erano corte, ma il titano aveva chiuso la distanza fra i due notevolmente e le adoperò per afferrare le spalle dell’avversario scagliatoglisi addosso e roteò il busto di scatto, tirandoselo dietro. Gli mozzò la presa sul terreno con uno sgambetto ad altezza ginocchio e concluse il suo perfetto Harai-Goshi capovolgendo Dz, per cui la festa divenne un caleidoscopio di colori, per sbatterlo a terra con un boato. Disteso di schiena in tutta la sua lunghezza come una triglia sul bancale del pesce, alzava il petto squamoso prima al cardiopalma, poi sempre più lentamente man mano che la realizzazione di cosa fosse successo lo assaliva. I suoi occhi da pesce lesso non si smossero dal cielo notturno, appena visibile oltre la coltre di fumo che aveva sollevato nello schianto. Presto, il viso bonario di Gamera entrò nella sua periferica –Più o meno così, no?

–Come diavolo hai…?– Ansimò esterefatto Dz a pupille ristrette, sorpreso che una tartaruga potesse muoversi così velocemente. Provò a rialzarsi nel bel mezzo del polverone di detriti, ma qualcosa lo trattenne. Le sue spine dorsali si erano piantate a terra.

–Sono il guardiano dell’universo per un motivo– Si asciugò la fronte l’anziana testuggine per poi offrirgli la stessa mano per rialzarsi. Dz esitò prima di accettare, grugnendo. Ancora una volta aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno. Sarebbe continuato così per il resto della sua vita? Strette le zampe, si disincagliò da terra a fatica, per poi procedere a scrostarsi la polvere di dosso. Gamera riprese –Anch’io ho dovuto cominciare da qualche parte e tu sei sulla buona strada per seguire le mie orme.

–Dopo quello che hai fatto non mi hai certo convinto– Un pugno improvviso gli apparve nella coda dell’occhio. Alzò una mano per pararlo e riuscì a fermarlo nel suo palmo, stringendogli le dita sopra.

–Tu hai lo spirito combattivo ragazzo– Sorrise l’Atlantideo, serrando le nocche libere e mollando un altro cazzotto, anch’esso intercettato da Dz, sempre più in allarme. Ora che diavolo stava facendo? Era ubriaco? Però aveva dei buoni diretti, doveva ammetterlo. La tartaruga spinse contro di lui, costringendolo ad arretrare e continuando il suo discorso –Forse la bontà non basta, ma hai anche il coraggio di combattere senza farti mettere i piedi in testa. Che importa quanti scontri vincerai? Non perderai mai veramente finché non ti arrendi e tu non hai l’aspetto di qualcuno disposto a farlo.

La spinta di Gamera si dimostrò sorprendentemente pesante. Sotto le placche di quel carapace doveva essere fatto di muscoli robusti quanto la loro vecchiaia. Si puntellò nel terreno, ma non servì a molto, perché presto cominciò a smuovere il suo corpo come un macigno, lasciandogli sfregare le zampe a terra e lasciando due lunghi solchi. La rabbia lo pervase. Cercava uno scontro dopo quel discorso motivazionale? Non avrebbe perso anche contro di lui dandogli una soddisfazione paternalistica, nossignore. L’istinto gli violò l’intelletto e contorse il tronco nella direzione in cui lo spingeva, serrò la sua presa sui polsi di Gamera e con uno strattone riuscì a caricarselo sulla spalla, facendogli perdere contatto a terra. Si piegò in avanti e lo scaricò con ben poca gentilezza dall’altro versante come un sacco di patate, sollevando un altro polverone in quel fracasso osseo scatenato dall’urto del carapace sul terreno, simile ad un tuono. Questo era un Seoi-Nage, rise Dz. Impallidì di colpo. Aveva appena ribaltato il suo mito con un Seoi-Nage. Si accucciò subito a vedere come stava, picchiettandolo sul petto corrazzato, ma non dava segni di svegliarsi, standosene coricato ad arti mollicci, occhi chiusi e bocca semiaperta, lingua di fuori.

–Oddio, l’ho ammazzato?– Si chiese, sorpreso che quel guscio non fosse servito a proteggerlo. Lo picchiettò ancora un poco. Subito, testa, coda e arti sparirono dentro il carapace, questi ultimi sostituiti da quattro fiammate azzurre. Dz deglutì uno spavento da strozzarsi al vedersi venire addosso, rasoterra, quella trottola formato kaiju e riuscì anche a evitarla, facendosela passare sotto i piedi e riatterrò… Solo per sentirsi trascinare senza sforzo per la coda, cascando in avanti e strisciando all’indietro sullo stomaco mentre cercava di rallentare quella corsa piantando le unghie nel terreno. Col fiatone ci riuscì e sentì la presa allentarsi, mentre già si massaggiava il ventre pieno di lividi da quello sfregamento. Nulla di serio, si sarebbe rigenerato presto. Buttò un occhio alle sue spalle. Gamera giochicchiava ancora con la sua coda, passandosela da una mano all’altra. Sbuffò –Sì, con Shadow Blade è andata più o meno così. Anzi, peggio.

–Però gli hai dato qualcosa a cui pensare– Puntualizzò Gamera, ora con tutti gli arti al loro posto –Per quanto piccolo, il tuo contributo ha aggiunto un ostacolo in più al piano di Shadow Blade. E come si dice, meglio in più che in meno, non credi? Pensi forse sarebbe stato meglio non aver fatto parte della Lucas Force, non aver combattuto affatto? Chissà, il destino cambia per le piccole cose e forse, in un universo in cui non facevi parte della Lucas Force, la mancanza della tua lotta ha segnato la fine per tutti. Ogni frammento ha un senso nell’insieme.

Di nuovo lo aiutò a rialzarsi e rimettersi in sesto e presero a camminare.

–Grazie– Mormorò a testa bassa Dz –Non credo a tutto quello che hai detto ma mi ha fatto bene parlarne.

–Non c’è problema– Sospirò l’altro.

–Ancora non capisco però.

–Vuoi che te le dia ancora?– Agitò un pugno palmato la testuggine.

–No, per carità– Rise nervosamente, per poi tornare serio il ragazzo in blu –Piuttosto sembri particolarmente interessato a me.

Gamera arrestò il suo passo. Dz fece altrettanto e si pose davanti a lei.

–Qualcosa non va?

–No, è solo che…– Uno dei suoi occhi si fece lucido, ma forse era solo il costante stato di umidità dei suoi tessuti –Non ti ho detto tutta la verità. Quando ti ho approcciato per salutarti, prima, io ho visto qualcosa nei tuoi occhi ed era ammirazione. Dopodiché hai detto di sentirti onorato a conoscermi e… beh, non è qualcosa a cui sono più abituato.

–Ma di che stai parlando?– Inclinò la testa Dz.

–Tu non sai come funziona il multiverso, vero?– Si grattò il collo Gamera –Guardati attorno: Tutti i tokusatsu più disparati ti circondano. Noti qualcosa di strano?

Fece quanto gli fu richiesto. Affianco una palma, vide Ultraman in persona ridersela con il collega e rivale Zone Fighter, giocando ad hanetsuki. Gli parve tutto nella norma, fino a quando il rosso e argenteo abitante della Nebulosa M78, mancò il volano. Con delizia, il sopravvissuto di Peaceland, mosse a prendere l’inchiostro e a segnare il viso ammosciato del suo amico e, quando si trovarono uno di fronte a l’altro, Dz lo vide. Mentre Ultraman rimaneva immobile a sopportare il supplizio, davanti gli danzava, nell’opera di pittura, quello che sembrava lo spettro del guerriero Zone Fighter, trasparente al vedersi, sfumato nei contorni, indefinito nei particolari, dall’antenna ai bracciali lanciamissili. Aprì la bocca in un gridolino, ma non uscì neanche quello.

–Presto anch’io sarò così– Gli richiuse la mandibola Gamera, per poi voltarsi –E se non lo sono ancora è grazie anche alla tua ammirazione, per questo favore sono lieto di aiutarti. Ti prego, non dimenticarmi.

–Aspetta!– Gridò, ma niente; tese la mano per stringere il vuoto fra le dita: Gamera si era già levato in aria senza ulteriori spiegazioni, roteando fino a sfumare e sparire in una scia improvvisa –Dimmi che ti sta succedendo!

–Ma le pare il caso di gridare in questo modo?– Gracchiò la signora Gappa lì accanto, scuotendo le ali da pappagallo insieme al marito, interrompendo la loro passeggiata.

–Certa gente dovrebbe parlare da sola a bassa voce– Lo rimbrottò il compagno, agitando la sua cresta ossea come il becco che schioccava in disapprovazione.

Dz li guardò, abbassando lo sguardo dal cielo notturno, ancora illuminato dalla scia azzurra che il suo breve mentore si era lasciato dietro. Ebbe un singhiozzo di orrore. Poteva vedere il buffet di astici dietro la loro pelle piumata, con Ebirah che si serviva una porzione generosa.

–Anche voi state…– Balbettò, indicandoli con un dito tremante, con le ginocchia che non erano da meno.

–Per favore!– Lo interruppe il signore, alzando la coda da serpente piumato.

–Non serve che ci ricordi della nostra condizione– S’inviperì la signora, sgranando i suoi grossi occhi rossi e ispessendo la gola, pronta a sparare un raggio atomico.

–Maleducato, indichi pure!– Concluse il marito. Dz avrebbe voluto scusarsi, e ancora meglio, chiedere della loro condizione, ma quello che vide attraverso di loro lo riportò ai suoi problemi. Godzilla si era avvicinato al tavolo, discutendo con Ebirah, e annusando le pietanze con il suo muso squadrato. Tagliò immediatamente la corda con una manovra a centoottanta gradi e sparì verso la siepe di confiere sotto cui avevano discusso lui e Gamera, sfondandola senza pensare e saltando dall’altra parte, lasciando una scia di involontaria distruzione alle sue spalle. Dal gigantesco buco che sbucava ora sul resto dei settori della villa, due paia di occhi più uno singolo, si affacciarono per spiare sbalorditi quello spettacolo di fuga.

–Ci mancava poco che ci venisse addosso– Si lamentò Gigan, togliendosi gli aghi di pino residui.

–Che razza di pedinamento– Commentò monotono Megalon, pulendosi dalla terra in cui si era sotterrato.

–Avete sentito ragazzi?– Sghignazzò Gabara, strofinandosi le mani –Il bimbo-pesce non è forte quanto Godzilla.

–Evita sempre Godzilla– Aggiunse Gigan, lisciandosi le lame.

–E Godzilla tiene a lui– Osservò Megalon, vorticando le proprie trivelle.

–È il momento di mandare un messaggio rivolto ai Godzilla di ogni dimensione– Concluse Gabara, picchiandosi il palmo con un pugno, lanciando folgori in tutte le direzioni –E soprattutto, togliersi una bella soddisfazione.

I tre procedettero a ridersela in maniera eccessivamente drammatica. Eccetto Megalon. Non era nel suo stile e rimase a guardare gli altri ridere per lui.

   
 
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