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Autore: theCCJ    03/01/2022    0 recensioni
Dopo un anno trascorso in Spagna, Beatrice torna a Roma. Ha desiderato così tanto rivedere gli amici, tornare dalla sua famiglia, bere uno spritz al solito bar in centro.
Il ritorno alla quotidianità, però, riporta a galla una storia che aveva cercato in tutti i modi di chiudere in un cassetto, almeno fin quando ciò fosse stato possibile. Ma, quando Alessandro, l'amico storico di Beatrice, rientra inevitabilmente nella sua vita, il cassetto si riapre e sembra essere arrivato il momento di affrontare quella vecchia faccenda, nata e apparentemente morta nella sera prima della partenza per la Spagna.
Si può continuare ad essere amici, dopo aver attraversato il limite?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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«Non voglio evitare l’argomento, ma non credo sia il momento giusto per affrontarlo. Sei ubriaco e, in ogni caso, dovremmo tornare di là.» rispondo, cercando di mostrarmi dura. 
«Non vuoi rimanere qui perché sai come andrebbe a finire, Bea.» sospira, con un sorriso. Poi apre la porta, cedendomi il passo. 
Quando torniamo in salone, Nina mi fa cenno di andare. 
«State andando via?» chiede Riccardo, mentre porgo la giacca alla mia amica.
«Sì, si è fatto tardi.» risponde lei.
Salutiamo tutti e, mentre ci avviamo alla macchina, Nina si assicura che non ci sia nessuno nei dintorni. È evidente, dal suo sguardo, che voglia sapere cosa sia successo nel bagno.
«Allora?» chiede, entusiasta.
«Non è successo nulla, Nina.» rispondo, provocandole un sospiro di delusione. 
«Come sarebbe a dire?»
«Ma sì, abbiamo solo parlato. E, peraltro, non ci siamo detti nulla di nuovo.» spiego, mentre ripenso al suo sguardo in quel momento. Aveva ragione, però. Se fossimo rimasti lì, da soli, qualcosa sarebbe accaduto e in fin dei conti gli sono grata per averlo impedito. 
È indubbio che una forte attrazione fisica ci sia sempre stata, tra me e lui. 
Ricordo con chiarezza di averlo avvertito nel primo anno del liceo, quando iniziai ad accorgermi del cambiamento fisico che, durante l’estate precedente, Alessandro aveva fatto. Era dimagrito, era diventato più alto di me e anche il suo viso sembrava diverso. Gli zigomi spigolosi, le guance scavate, gli occhi verdi incorniciati da una cascata di riccioli scuri, cresciuti durante i mesi estivi. È bello, mi ritrovavo spesso a pensare. 
Anche lui, in quell’anno, iniziò a guardarmi diversamente. Spesso capitava che, durante l’ora di educazione fisica, lo sorprendessi a osservare il mio corpo. Non so dire se, al tempo, quello sguardo mi piacesse o meno: forse per la costante insicurezza che provavo in quegli anni, ricordo di aver desiderato più volte che spostasse lo sguardo altrove. Quando poi lo faceva, e talvolta lo posava sulle altre compagne, subito ne sentivo la mancanza. 
Ho sempre pensato che fossero desideri e sensazioni legati al periodo adolescenziale, durante il quale un semplice tocco o uno sguardo possono dar moto ai pensieri più disparati. 
In effetti, crescendo, sono state poche le volte in cui mi sono sorpresa a provare nuovamente per lui sensazioni o impulsi che andassero oltre la voglia di trascorrere del tempo insieme, di parlare, di confrontarsi. Il nostro rapporto si è assestato naturalmente sotto il nome di amicizia, non ha lasciato spazio all’attrazione fisica ed entrambi, negli anni, abbiamo evitato qualsiasi comportamento che potesse uscire dal saldo schema del nostro rapporto.
Cosa ci abbia portato, la sera precedente alla mia partenza, a voler provare la passione di quel momento, proprio non lo so. Probabilmente, in questi anni, quel desiderio è stato semplicemente accantonato in un angolo, da entrambi: abbiamo preferito ignorarlo, far finta che esistesse solo nei nostri pensieri più nascosti. Eppure, c’era
 
 
Quando accendo il cellulare, ancora assonnata, scorgo la notifica di un messaggio da un numero sconosciuto.
Sabato faccio una festa a casa mia, vieni? c’è scritto. Mi domando chi possa essere, quindi controllo velocemente l’immagine del profilo. È Riccardo: deve aver chiesto il mio numero a Luca.
Decido di rispondere in un secondo momento, non prima di aver disfatto le valige. 
L’operazione occupa la mia intera mattinata e, quando è ora di pranzo, sento Giovanni chiamarmi dal soggiorno.
«Bea, mamma dice che è pronto!» grida.
Raggiungo mia madre in cucina, la aiuto ad apparecchiare e chiamiamo gli altri a tavola. Oggi, diversamente da ieri, non ricevo molte domande dai miei, che piuttosto si rivolgono a Giovanni.
«Oggi cosa hai in programma di fare?» gli domanda papà. 
«Ho invitato degli amici qui, papà.» 
«Ah, ottimo! Vi riunite per studiare assieme?» interviene mamma, entusiasta.
«No, a dire il vero. Avevamo intenzione di guardare un film.» bofonchia mio fratello, trangugiando un boccone di spaghetti. 
I miei restano in silenzio per qualche minuto, forse perché speravano che Giovanni avesse finalmente deciso di iniziare a studiare, essendo vicina la sessione di esami.
«Chi hai invitato?» domando io.
Giovanni fa un cenno della mano, come a voler dire che non è importante.
«Cosa significa?» chiede mia mamma, mimando il suo gesto.
«Dai, i soliti. Giacomo, Tommaso, Alessandro…» risponde lui.
«Alessandro?» esclamo. Devo essere impallidita, perché tutti mi stanno osservando con aria interrogativa. Non voglio dover rispondere a domande scomode, quindi cerco di fingermi disinteressata e riprendo a mangiare. 
«Che ti prende, Bea? Non sei felice di vederlo?» chiede mia mamma, mentre inizia a sparecchiare.
Annuisco, porgendole il piatto, e torno nella mia camera.
Dopo qualche minuto, Giovanni bussa alla porta ed entra in fretta e furia.
«Che succede tra te e Alessandro?» domanda, bisbigliando.
«Smettila di chiedermelo: non è successo nulla.» ribatto, alzando gli occhi al cielo. 
«Ok, Bea. Se non vuoi dirmelo tu, lo chiederò a lui.» sentenzia, ed esce. 
  
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