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Autore: N92    07/02/2022    0 recensioni
Natan è un uomo pesantemente dipendente dalla droga. Ha appena perso il lavoro e sente di non avere più ambizioni né uno scopo per cui andare avanti. Tutto ciò che era è ormai un ricordo del passato, e l'unico futuro che riesce a vedere è solo quello dell'assunzione della prossima dose.
La sua vita sembra finita, finché un giorno non riceve una visita riservata solo a pochi nella storia: è L'angelo Gabriel.
L'angelo è venuto per conto di Dio, e metterà in discussione tutto quello che Natan ha vissuto, pensato e agito fino a quel momento. Il drogato contro l'angelo, in un viaggio che smuoverà l'animo dell'uomo e lo costringerà a presentarsi nudo davanti a sé stesso e alla Divinità.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

Pianto

 

 

“Los Angeles”, 17.57 P.M.

 

 

 

L'inalazione dell'aroma causò a Natan una paralisi pressoché istantanea. L'irrigidimento non gli consentiva di fare alcun tipo di movimento, né di invertire quella pericolosa situazione di impotenza. L'uomo cominciò a sentirsi la mente leggermente annebbiata. Tutto questo gli ricordava sinistramente la sua amata droga, ma stavolta non accondiscendeva all'effetto con la consueta calma. Lo sguardo si era bloccato fisso alla voragine, e la paura che lo attanagliava lo avrebbe paralizzato anche senza l'azione del loto. Natan non avrebbe mai potuto neanche concepire qualcosa di così nero, di così maligno. L'oscurità che scaturiva dalla buca non inghiottiva solo i fiori, o il bianco di quella coltre meravigliosa, ma sembrava anche cibarsi dei sentimenti, delle emozioni, della vita stessa.

La mente continuava a consumarsi privando all'uomo lucidità e brillantezza. Lentamente perse i sensi e cadde in trance. In quel momento, come un abile predatore fa durante la caccia, il loto, ancora avvolto nella mano dell'uomo, iniziò a mutare la sua forma. I petali si allungarono a dismisura e presero la forma di tentacoli, alcuni cominciando ad avvolgere la vittima come il ragno con la mosca, altri invece muovendosi per ricollegarsi all'oscurità della voragine.

Natan venne sollevato, girato a testa in giù, e lentamente potato a quella specie di bocca famelica. Gabriel assistette immobile al macabro banchetto, consapevole che l'uomo aveva la forza necessaria per superare ciò che gli sarebbe accaduto.

«Non te lo dimenticare Natan. Tu sei superiore», sussurrò vedendo la sagoma dell'uomo sparire nelle tenebre.

 

...

 

Natan aprì gli occhi su una strana penombra. Era sdraiato su qualcosa di soffice, anche se non tanto quanto il bianco avvolgente del manto di loti.

Dove diavolo...” cominciò a chiedersi fra sé, ma quando gli balenò in mente cosa era successo poco prima emise un grido di terrore. Si toccò scompostamente in tutto il corpo assicurandosi che quegli orrendi tentacoli non gli fossero rimasti avvinghiati. L'ultima cosa che ricordava prima di svenire era un intreccio di fili neri che serravano la presa sul suo corpo.

Emise un forte sospiro di sollievo, si mise a sedere e cominciò a guardarsi intorno. Era finito in quella che gli sembrava essere una grotta. Giudicò che doveva essere larga circa cinque metri per cinque. Abbassò lo sguardo a terra, toccando con le mani il pavimento. C'erano loti dappertutto, e poggiavano su un suolo giallastro che ricordava vagamente quello candido di poco prima. Tuttavia questo era alto all'incirca dieci centimetri, ed appariva sfibrato, come se fosse invecchiato ed avesse perso energia. Natan tentò allora di prendere in mano un fiore. Era di un verde pallidissimo molto simile al grigio, e al tocco della mano dell'uomo si sgretolò all'istante.

Natan aggrottò le sopracciglia, e tentò di afferrarne un altro, ma anch'esso si polverizzò al minimo contatto.

Si alzò in piedi. L'aria era opprimente e sapeva di chiuso, come se quella grotta non vedeva luce e aria pulita da un pezzo. In più, c'era una sensazione di... rabbia, frustrazione, e non si sentiva nulla, nessun suono, sembrava di essere dentro una vecchia, logora, sala di registrazione vecchio stile, ma con un tocco di macabro.

«Angelo! Hey, angelo, ci sei?» cominciò a chiamare Natan. Nessuna risposta.

«Gabriel!» ritentò. Niente. Natan scosse la testa.

«Lascia essere ciò che deve essere Natan», cominciò a canzonare l'uomo, «non preoccupati se verrai stordito, legato e inghiottito, è la vita. Ah, al diavolo!»

Natan iniziò ad esaminare la grotta. Le pareti erano irregolari e sembravano rocciose, ma ad un'analisi più attenta l'uomo intuì che non lo erano. Erano qualcos'altro che non conosceva. Si accorse di essere teso e di far fatica a respirare perché l'oppressione di quel luogo era davvero forte.

Mulinando lo sguardo in aria non vide che altra “roccia”. Quella sembrava una grotta chiusa.

Ma allora come può esserci luce?” si chiese alzando un sopracciglio. Decise di non pensarci, consapevole che quella non era la cosa più strana successa in giornata.

Si avvicinò alle pareti e toccò il materiale. Era di un grigio molto scuro, quasi nero. Appena la mano entrò in contatto l'uomo ebbe un sussulto. Ritrasse la mano come se ce l'avesse avuta in mezzo al fuoco, ed ebbe una strana sensazione. Poggiò di nuovo la mano al muro e stavolta ce la lasciò. Dopo qualche secondo cominciò ad avere la necessità di muoversi. Con l'altra mano si passò lungo tutto il corpo cercando di trovare l'origine di qualcosa che come comprese subito dopo un'origine non ce l'aveva.

«Sto toccando...me stesso?». Quello era ciò che provava. Era come se stesse toccando qualcosa dentro di lui che non aveva mai pensato che potesse esserci. Qualcosa di diverso dal corpo fisico, ma ugualmente reale. Non era una sensazione di fastidio, ma neanche così meravigliosa. Staccò la mano e cominciò a vagliare tutto il perimetro della grotta.

Non so che posto sia questo, ma dev'esserci per forza un'uscita. Magari la luce viene proprio da là. Ma tu guarda che situazione!”. Natan ansimava leggermente e si rese conto man mano che passava il tempo che la sensazione di oppressione e di rabbia che c'era nell'aria stava aumentando, e non solo, credeva anche di sentirsi più stanco.

«Non so perché, ma devo andar via il più presto da qui». Cominciò allora ad analizzare le pareti più velocemente, ed un senso di urgenza prese ad attanagliarlo. Ad un certo punto trovò un'insenatura che giudicò larga grosso modo sessanta centimetri e senza pensarci due volte ci entrò. La spaccatura era talmente stretta che lo costrinse a strisciare al suo ridosso. Procedeva lentamente e con fatica, aveva il fiatone per lo sforzo e la stanchezza gli mordeva le membra. Un passo alla volta, un ansimo alla volta, dopo po' l'insenatura si apri su un stanzone. Appena Natan riuscì a liberarsi si gettò a terra sfinito. Sentiva forte l'urgenza di continuare, ma era veramente stremato dalla fatica e decise di prendersi una piccola pausa. Riusciva ad udire benissimo il battito del suo cuore, il rumore dell'affanno, il suono delle pulsazioni delle vene che gli passavano sulle tempie. Aveva lo sguardo rivolto al soffitto e gli occhi chiusi quando gli sembrò di udire un lamento, un singhiozzare poco distante che lo fece subito tirare su. Tese l'orecchio per cercare di sentire meglio, ma poi si diede dello stupido realizzando che lì era completamente silenzioso. Non carpì niente. Pensò di esserselo inventato e fece per tornare a sdraiarsi quando il pianto di propagò di nuovo. Proveniva da poco lontano da lui e Natan puntò lo sguardo fisso davanti. Vide una flebile luce sbucare da quello che poteva essere un angolo distante circa dieci metri. Un altro singhiozzo, e la luce cresceva d'intensità illuminando l'area circostante. Natan ebbe la conferma che si trattava di un angolo e rimase esterrefatto quando vide una piccola sagoma sbucare fuori. Giudicò che poteva avere l'altezza di un bambino, ma non aveva lineamenti di nessun tipo, o almeno l'uomo non li percepiva da quella distanza. L'unica caratteristica che lo contraddistingueva era la potente luce che irradiava. In effetti sembrava fatto di luce, un bambino fatto di sola luce.

Si alzò in piedi in fretta e furia cominciando a gesticolare.

«Hey tu! Hey, mi vedi? Sono qui!» cominciò ad urlargli. C'era qualcuno in quel luogo desolato e lui era felicissimo! La sagoma ebbe un sussulto e a Natan gli parve che l'incontro lo avesse colto di sorpresa.

Fissò la sagoma, e la sagoma fissò lui, ma poi cominciò ad indietreggiare.

«No aspetta, dove vai? Ti prego non andartene!» cominciò a supplicarlo Natan. La sagoma sussultò ancora più forte, cacciò un urlo di terrore e scappò via.

 

   
 
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