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Autore: moira78    18/02/2022    5 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Extra: Ritagli

Queste scene le avevo pensate ma mai inserite: la prima è un incontro mai avvenuto tra Albert e Archie dopo una crisi di Candy senza memoria: nella fanfiction non ha trovato spazio ed era superflua, anche perché presuppone che le cose tra Archie e Annie siano state sistemate da Albert e non è così.
Quindi ce ne sono altre che avevo scritto per i capitoli precedenti al matrimonio, una sorta di gita a Lakewood prima del grande evento. In questa occasione, Candy e Albert si sono di nuovo ritrovati a mollo dopo essere stati sulla barca di Stair, ma l'epilogo è MOLTO diverso e molto più ardito. Infatti, le scene sotto descritte sono piuttosto esplicite. Alla fine, ho deciso di eliminare questa parte perché non mi sembrava in linea con i personaggi, che comunque hanno deciso di attendere fino al matrimonio, così non l'ho inclusa.

Ve le propongo come extra di ciò che sarebbe potuto accadere se... Ovviamente, non vi è una precisa collocazione temporale tra i paragrafi, perché sono ritagli slegati fra loro che andavano incastonati nei capitoli, quindi non cercate un susseguirsi logico. Anche lo stile è molto più immaturo rispetto ai capitoli successivi.
Buona lettura! (spero)
 
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Albert e Archie

Un movimento al suo fianco indicò ad Albert che non era solo. Inspirò profondamente, cercando di trovare la forza di reagire: di certo quella situazione non era la stessa di quando l'aveva creduta morta. Ma dover riportare Candy indietro da quell'abisso gli parve arduo come resuscitarla.

Perché Candy non era più se stessa. Candy era una sconosciuta triste e scontrosa, esattamente come era diventato lui durante i primi giorni di amnesia. La differenza tra loro era che Albert aveva accettato, seppur con difficoltà, l'aiuto e il sostegno di un'infermiera che credeva di non aver mai visto in vita sua.

Lei non voleva avere accanto nessuno e rifiutava qualsiasi forma di aiuto.

"Si è addormentata", disse Archie, sedendosi sull'erba accanto a lui. Quella sera il cielo era limpido e bellissimo, e Albert desiderò che al suo fianco ci fosse la sua fidanzata, per poterle indicare le costellazioni. "Non te la devi prendere, sai che non si ricorda di nessuno di noi. Il dottore ha detto che le sue reazioni...", tentò il nipote mettendogli una mano sulla spalla.

"So benissimo cosa ha detto il medico", sbottò lui.

"Albert...".

"Non ho bisogno di conforto".

"Ti stai comportando come lei", insisté Archie con tono fermo ma odiosamente comprensivo.

Albert fece una risata amara: "Sai cosa significa aspettare per metà della tua vita che la persona che ami si avvicini a te? E quando poi, finalmente questo accade, continuare a perderla per i malefici intrecci del destino?". Si voltò a guardarlo, furibondo.

"Albert...".

Si alzò in piedi, il suo corpo ora tremava di rabbia mal contenuta: "Prima ho pensato che fosse morta, poi ho dovuto occuparmi di te e Annie e adesso lei perde la memoria e non sa più chi diavolo sia io! Anni della sua vita cancellati, sentimenti spazzati via nel giro di pochi secondi!".

Suo nipote si era alzato in piedi e lo fronteggiava con un'espressione di immenso dolore: "Non piangere, Albert", disse con dolcezza.

"Non sto piangendo!". Ne era davvero convinto. Poi si ricordò che aveva imparato di nuovo a farlo solo qualche tempo prima e forse per lui era ancora una reazione sconosciuta, incontrollabile. Si asciugò il viso con rabbia, maledicendo la propria debolezza.

"Senti, mi dispiace di avervi creato dei problemi, ma ora dobbiamo pensare a Candy, giusto?", disse in tono conciliante.

"Scusami, non volevo incolparti dei miei problemi. La realtà è che io e Candy siamo stati davvero felici di aver sistemato le cose", tentò di spiegare.

Archie scosse la testa: "Non importa, non devi scusarti. Posso solo immaginare come ti senti, ma ti prego, non arrenderti. Tu sei lo zio William, l'incrollabile e forte patriarca degli Ardlay. Riavremo la nostra Candy se c'impegniamo tutti, ne sono sicuro".

"E se lei non dovesse più ricordarsi di nulla e rimanesse così? Che ne sarà di me...". C'era stato un tempo in cui stare lontano da lei era difficile ma sostenibile. E c'era stato anche un tempo in cui pensava che avrebbe dovuto continuare a guardarla da lontano affogando il suo amore nelle fughe in mezzo alla natura. Ma non ora.

Ora aveva toccato con mano la felicità e Candy era a un passo da lui, dalla sua vita, dal suo futuro.

Non credeva che avrebbe sopportato di perderla adesso, eppure era proprio quello che stava accadendo. Cominciava ad avere una vaga idea di quello che aveva provato Terence quando lei l'aveva lasciato.

"Non è da te essere così pessimista! Se non dovesse più ricordare la farai innamorare di nuovo di te, la riconquisterai da capo!". Archie sembrava fomentato da una forza a cui avrebbe attinto volentieri.

In quel momento, William Albert Ardlay si sentiva debole e senza speranza. Si rese conto che aveva riposto ogni briciolo di energia in Candy e di lui rimaneva ben poco.
"Pensava che il suo fidanzato fosse un ragazzo castano con gli occhi blu", confessò con un filo di voce.

Udì l'ansito mal trattenuto di Archie: "Vuoi dire che...".

"Mi ha chiesto di vederlo, per potersi ricordare il suo passato", continuò ignorandolo.

"Oh..", fu tutto quello che poté ribattere il nipote.

"L'ho persa, Archie, l'ho persa di nuovo". Sconfitto, annientato, sapendo che il giorno dopo avrebbe dovuto inviare quel telegramma a Terence e sparire, Albert si copri il viso con una mano e pianse amaramente.

Quando sentì la presa forte del nipote che, con un gesto brusco lo costringeva ad appoggiarsi alla sua spalla, lo lasciò fare, mettendo da parte ogni imbarazzo e sfogandosi liberamente.

Archie gli batté piano una mano sulla schiena, ripetendo con voce rotta che sarebbe andato tutto bene. Ma dal suo tono capì che stava mentendo persino a se stesso.

 
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Candy e Albert

Albert cercava di non guardarla, oppure di farlo con lo stesso spirito fraterno con cui l'aveva guardata tanto tempo prima, nella medesima situazione. Quel giorno, Candy aveva scoperto che lui ero lo zio William ed erano saliti sulla stessa barchetta di Stair che li aveva mandati a mollo.

La storia si era ripetuta ed entrambi erano coperti solo da due asciugamani. Tra qualche settimana si sarebbero sposati. Lui sentiva il desiderio insinuarsi nel proprio corpo come un dolore costante, in sincronia col suo battito cardiaco sempre più accelerato, e poteva avvertire la tensione provenire anche da Candy.

L'aria era pregna di una passione a malapena contenuta.

Troppo tempo a desiderarla, troppi anni a sognarla e gli era sempre mancato il coraggio di toccare altre donne. Chiuse gli occhi, maledicendo le poche nozioni che aveva appreso dai libri di medicina e la sua inesperienza.

Ma capì che desiderava averla ora. La bramava come un assetato vorrebbe un bicchiere d'acqua per non morire.

"Candy". Non riconobbe la propria voce e si spaventò lui stesso del suono rauco e carico di tensione che gli uscì.

Lei si voltò a guardarlo, ma non sembrava spaventata. Che Dio l'aiutasse, era rossa in volto e pareva pronta a baciarlo.

"Posso abbracciarti?", disse in un ansito a malapena trattenuto.

Il panico lo avvolse e si sentì spezzato in due.

"Non lo so, Candy", rispose lentamente.

Le mani di lei, che già si stavano avvicinando, si bloccarono a metà: "Perché?", chiese con aria innocente.

Chiuse gli occhi, tentando con disperazione di dominarsi e d'ignorare il desiderio ardente che pulsava nel suo corpo. "Perché non so cosa potrei fare se mi tocchi".

Candy spalancò gli occhi, il rossore divenne più brillante, ma non si fermò: "Ma io vorrei... anche io... so che non dovrei... però...".

"Tu vorresti... cosa?", le chiese prendendole i polsi per allontanarla ma al contempo per avere un contatto con lei. Voleva portarle le mani ovunque, sentirsele addosso su ogni centimetro di pelle, fin dove quell'urgenza gridava a gran voce e fare lo stesso con lei.

"Toccami, Albert, accarezzami, abbracciami. Non sopporto di stare così distante da te", lo pregò chiudendo gli occhi.

Indeciso, inesperto e terrorizzato da quello che poteva accadere, ma anche arrivato a un limite di sopportazione da cui non riusciva a tornare indietro, Albert tremò.
Lentamente, cercando così di imporsi un minimo di autocontrollo, l'attirò a sé, baciandole il lato del mento e scendendo sul collo.

Appena la sfiorò, lei emise un ansito così spontaneo e sensuale che non capì più niente e tutta la delicatezza andò al diavolo.

Guidato dai gemiti di Candy e dalle sue mani insinuate tra i capelli, le rubò prima un bacio appassionato, quindi le portò una mano sulla gamba e riprese a salire e scendere sul suo corpo, senza soffermarsi sui particolari, ma assaporandolo con un istinto primitivo che non doveva essere tanto romantico come avrebbe dovuto.

Lui, che aveva amato una donna solo nei suoi sogni più arditi e al risveglio aveva le braccia vuote. Lui, che era stato così solo per tanti anni da non poter soddisfare i suoi desideri più elementari se non in altrettanta solitudine.

Dalla posizione seduta ora si trovavano entrambi sulle ginocchia per poter approfondire le carezze e, nel momento in cui Candy gli si incollò improvvisamente, lui spalancò gli occhi quando sentì quel contatto così intimo, risucchiando aria in un sibilo. Lei si scostò per un secondo, stupita da ciò che doveva per forza aver sentito.

"Dobbiamo... fermarci, Candy", sospirò, ma lei scosse la testa in un chiaro diniego.

"Non voglio", piagnucolò.

Le mani di Albert si animarono di nuovo, mentre ricominciava il suo viaggio impetuoso cercando perlomeno di tenerla abbastanza distante da sé per non perdere del tutto il poco controllo rimasto.

A Candy non sembrava dispiacere, non cercò di rallentarlo o di fermarlo, lasciava che le mani e la bocca vagassero dove preferiva, anche se sembrava volerlo indurre in quel luogo nascosto dove lui stesso ardeva perché lo toccasse.

La accontentò, sperando di diminuire un po' il fuoco nelle sue vene, ma quando la udì gemere a quel contatto così intimo il fuoco divenne una specie di inferno. Scoprì con gli occhi, con la bocca e con le mani la passione traboccante della donna che amava e i suoi sensi furono magnetizzati da quell'unico scopo: darle ciò che chiedeva, senza distrarsi con la pelle delle sue gambe, del suo collo o con la rotondità del suo seno.

Si sentì un po' primitivo e capì che non era quello il modo giusto per fare l'amore, ma d'altronde non era quello che stavano facendo. Stavano assecondando un bisogno basilare che era solo parte del loro sentimento, tuttavia forse era giusto fare questo passo prima che arrivassero le nozze e si comportassero come due adolescenti inesperti.
Voleva che la luna di miele fosse perfetta, ma per farlo doveva imparare più cose, prima fra tutte dominarsi e scoprire come lei reagiva.

Candy gridò e si contorse e il termine dominarsi fu il primo ad andare all'inferno. Era pronto a fuggire da lei perché non si accorgesse di quanto anelava raggiungere quell'estasi che le aveva appena donato allo stesso modo. Quando la vide finalmente rilassarsi e accarezzargli i capelli e il collo provò ad alzarsi, tentando di fuggire per occuparsene da solo e non coinvolgere Candy in qualcosa che riteneva potesse esserle sgradito.

Con sua somma sorpresa, lei lo attirò più vicino, ancora ansimante, e lo guardò. Lo guardò interamente, mutando la sua espressione in qualcosa che non riuscì a decifrare: timore? Disgusto? Sorpresa? Desiderio?

Cercò di articolare qualche parola e persino di coprirsi, ma lei allungò una mano tremante fino a sfiorarlo nell'unico punto che voleva tenere distante da lei anni luce. Un suono gutturale gli sfuggì dalla gola e tentò nuovamente di allontanarsi prima che accadesse l'irreparabile. Se quando si trovava da solo lo coglieva una sorta di brivido interiore, con Candy lì vicino a lui, in carne e ossa, non aveva idea di cosa avrebbe potuto provare.

L'idea lo eccitava e lo terrorizzava al contempo: non voleva spaventarla.

"Vorrei... anche io... lasciami...". Perfetto, Candy non riusciva a dire frasi complete e lui non riusciva a fare altro che respirare come se fosse in costante fame d'aria. Il loro corpi stavano parlando al posto delle corde vocali.

"Ti prego... Candy". Ti prego, non farlo, non è giusto. Ti prego, fallo. Ora, subito.

Non seppe mai cosa realmente volesse dirle, ma seppe come lei aveva inteso quelle parole. Chiuse entrambe le mani su di lui e Albert pensò che sarebbe morto. Di vergogna, di piacere, non riuscì a capirlo, ma si sentì completo.

L'istinto prese il sopravvento e si sorprese a guidarla coprendo le sue mani con le proprie, tra suoni incoerenti e talvolta inquietanti che gli apparvero molto meno sensuali di quelli che aveva emesso lei poc'anzi. Si sentiva una specie di uomo delle caverne ma non gliene importava niente. Aveva fame, aveva sete e doveva mangiare e bere, così come aveva nutrito e saziato lei.

La guardò, aveva il volto arrossato e decise di baciarla. Bastò quell'ulteriore contatto e le loro mani frenetiche in movimento perché una sensazione lancinante lo afferrasse per le viscere, si concentrasse al centro del suo corpo e lo inducesse a stringersi a lei come se dovesse aggrapparsi per non cadere.

Potente, primitiva, devastante. Era come l'esplosione di quel treno che lo aveva quasi ucciso, ma stava avvenendo dentro di lui e non alle sue spalle. Non sapeva come descrivere quello che gli stava succedendo tra le mani di Candy, ma il suo grido fu a malapena attutito dalla pelle morbida del collo di lei che, si accorse con stupore, lo stava baciando nel medesimo punto, vicino alla gola. Era così concentrato su quella nuova, imponente sensazione, che non se n'era nemmeno accorto.

Crollò sul pavimento, esausto, riuscendo finalmente a capire perché paragonassero così spesso l'atto sessuale alla morte. E quello non era stato neanche un atto vero e proprio.

Pensò di scusarsi con lei, ma capì dai suoi occhi luminosi e dal suo sorriso che era soddisfatta di ciò che gli aveva appena restituito.

"Albert, noi... cosa abbiamo fatto?", gli domandò timidamente.

Lui le accarezzò i capelli, con dolcezza. Ora che tutto era finito, si sentiva rilassato e pronto a tornare tenero e pacato. Questo lo spaventò, perché non voleva che fosse sempre così: voleva scoprire con pazienza il corpo di Candy e lasciare che lei lo facesse col proprio. Voleva che avessero il tempo di esplorarsi senza focalizzarsi subito sulla meta finale. Albert cercò di convincersi che, forse, era solo la loro prima volta in quel territorio sconosciuto e magari a poco a poco avrebbero imparato.

Perlomeno, riuscì a risponderle perché conosceva un minimo di teoria: "Non quello che farebbero un marito e una moglie per avere un figlio, ma è stato ugualmente bello". 
Rimasero così per un po', chiacchierando prima di decidere di ricomporsi e tornare a casa. Albert pensò che, nonostante tutto, anche Candy fosse troppo imbarazzata per parlarne ancora o per domandargli se volesse rifarlo in futuro.
 
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Il viso sembrò andarle a fuoco, mentre ricordava gli eventi del pomeriggio precedente. Sapeva bene che non avrebbe dovuto spingersi così avanti con Albert, ma tutto era accaduto in modo così naturale che non si era resa conto di quanto le carezze fossero diventate intime finché non aveva sentito la sua mano risalirle la gamba.

Da lì in avanti, tutto era stato puro istinto e lei aveva cercato un contatto più stretto incollando il bacino a quello di lui.

Era stato allora che si erano guardati, con un misto di confusione e aspettativa.

Tutto quello che era accaduto dopo quel bacio era stato una scoperta alla quale non si erano sottratti, perché semplicemente non ne avevano avuto la forza, nonostante fosse convinta che lui sarebbe stato pronto a interrompere tutto a una sua parola.

Candy era cresciuta con due religiose ed era stata in una scuola dove la sola voce di Suor Grey faceva tremare i muri. Eppure eccola lì, nella casetta in mezzo al bosco, con addosso solo la coperta e la biancheria a esplorare il corpo del suo fidanzato e a lasciare che lui la esplorasse. I baci si erano spostati e le mani si erano animate, in una muta conversazione che era, via via, diventata più accesa.

La sua bocca e le sue mani erano ovunque...

A Candy non era sfuggita l'esitazione che aveva colto Albert e si chiese, per un assurdo momento, se fosse la prima volta che toccasse una donna. Poi si diede della stupida: lui era molto più grande di lei e aveva viaggiato in tutto il mondo, di certo aveva avuto altre donne.

Cercò di abituarsi a quell'idea, dicendosi che l'importante era che si amassero qui e ora. Il passato era passato.

Le sensazioni che aveva provato lasciandosi toccare e toccando lui erano state così enormi che credeva il suo cuore sarebbe scoppiato. Non credeva che dare ad Albert ciò che aveva ricevuto l'avrebbe fatta sentire così completa, così piena d'amore. Non sapeva neanche da dove cominciare ma l'aveva fatto e si domandò cosa sarebbe accaduto se avessero compiuto quell'atto assieme, nello stesso momento. In modo diverso.

Oh, no, sono passati solo pochi giorni e già vorrei che fossimo di nuovo soli... sto proprio perdendo la testa!

"Albert, noi... cosa abbiamo fatto?", ricordò di avergli chiesto senza fiato, mentre rimanevano con le gambe intrecciate, ancora ansimanti, davanti al fuoco. Nonostante fosse un'infermiera, per lei c'erano misteri ancora irrisolti che stava scoprendo in quel preciso istante.

Lui l'aveva guardata con dolcezza: "Non quello che farebbero un marito e una moglie per avere un figlio, ma è stato ugualmente bello".  
 
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Albert si rivide mentre scopriva il primo corpo di donna della sua vita. Era il corpo di Candy, ed era stato meraviglioso rendersi conto di così tante cose senza averle mai conosciute prima, come se ci fosse una strada tracciata che sapevano come seguire.

Le sue mani si erano dirette là, dove la sentiva sussultare e dove, un giorno, sarebbe dovuto entrare in modo completamente diverso per renderla madre: trasportarla dentro attimi di pura estasi gli aveva donato una sensazione di onnipotenza che non aveva mai provato in vita sua. Ora sapeva come renderla felice in ogni modo possibile.

Devota, incuriosita e desiderosa di fargli provare le medesime sensazioni che l'avevano appena vinta: ecco come gli era apparsa la sua Candy, mentre un leggero rossore tradiva appena un po' d'imbarazzo. Con stupore e una certa punta di timore, aveva guidato le mani timide di lei temendo di commettere una specie di sacrilegio.
Fu come se gli avesse dato fuoco con un cerino. Con la mente annebbiata, aveva posto le proprie mani sulle sue e, quando lei lo aveva baciato sul collo, lui aveva fatto lo stesso.

Non avrebbe mai dimenticato la sensazione della pelle morbida di Candy sotto le sue labbra mentre lei lo portava dritto in quella catarsi di cui aveva solo letto accenni in qualche libro.

Si era sentito colpevole eppure in gloria, ma lei sembrava così felice che avevano parlato un po' prima che le chiedesse se voleva andare a darsi una rinfrescata.
Lei si era diretta verso la piccola stanza da bagno, avvolta nella coperta intorno a quel corpo che ancora non conosceva perfettamente, ma che anelava di scoprire in ogni suo morbido angolo.

Albert si nascose il viso tra le mani, chiedendosi se quella sua inesperienza lo avrebbe tradito in luna di miele.
 
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GRAZIE

Rinnovo i miei ringraziamenti a chi mi ha sempre commentata, anche all'ultimo capitolo: sono felice che abbiate apprezzato l'epilogo e spero vi abbia fatto piacere leggere questi piccoli ritagli. Un abbraccio, ci vediamo alle prossime fanfiction, rimanete sintonizzate!
   
 
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