Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: MystOfTheStars    06/09/2009    5 recensioni
Fiction ispirata alla storia di "Prophet of the Last Eclipse" di Luca Turilli.
Kurogane è il giovane principe del regno di Suwa, dove la vita scorre pacifica, adombrata solo da una funesta profezia: un giorno, da oltre le stelle, arriverà qualcuno che porterà morte e distruzione.
Tuttavia, la leggenda nulla dice su chi esso sia, e sul legame che potrebbe instaurarsi tra lui e il principe, destinato a fronteggiare la minaccia.
Genere: Romantico, Science-fiction, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ashura Oh , Altro Personaggio, Fay D. Flourite, Kurogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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@Adrienne: sì, il capitolo l'ho diviso a metà.. il fatto è che, volendomi attener ai titoli delle canzoni del CD, devo "farci stare" la storia, e ogni tanto straborda XD

@LawlietPhoenix: grazie, sono contenta che risultino IC, ogni tanto mi sa di andare fuori... beh, tenterò di fare del mio meglio ^^' Eh, l'angst ci sarà. Ma io non sono le Clamp ù_ù

@Pentacosiomedimni: grazie del bel commento <3
Mi piace la scelta di questa versione di Kurogane che sembra già provare quel senso di protezione, che nella versione originale lo spinge a rinunciare senza indugio ad un braccio pur di continuare ad avere vicino Fay -> in questa storia, Kurogane non ha perso i genitori, quindi ho pensato che, visto che ha potuto crescere con il loro affetto sempre presente, sarebbe potuta andare anche una versione più "protettiva", appunto! XD

Buona lettura! Alla prossima settimana per il nuovo capitolo!






IV.
THE AGE OF MYSTIC ICE (II PARTE)






Più in basso, Kurogane stava osservando quello stesso panorama attraverso le vetrate di un corridoio.
Vide Fay arrivare dalla città verso il portone del palazzo. Camminava a passo veloce, quasi fosse di fretta, ma non appena fu nel cortile davanti all’ingresso rallentò, alzando il viso.
Stava certamente guardando il cielo - pensò Kurogane - osservando come il rosso del tramonto trascolorava velocemente nel viola della sera.
Che cosa sarebbe successo, se il sogno di sua madre si fosse avverato? Se il ghiaccio avesse ricoperto tutto? E poi, era una questione di se, o piuttosto di quando? Dove sarebbe andata la loro gente, che cosa ne sarebbe stato dei contadini, dei pescatori, di Fay?
Lo guardò sparire oltre i pesanti battenti del portone dell’entrata, chiedendosi perché mai, in mezzo all’ansia che provava per la sorte incerta del suo popolo, avrebbe dovuto preoccuparsi anche del destino di quello straniero.

A distoglierlo dai suoi pensieri fu la voce di Gantai, che lo chiamava dal fondo del corridoio.
Il principe gli andò incontro.
“Maestà, c’è una cosa che dovete assolutamente vedere! – esordì il tenente – Io e gli altri abbiamo raccolto alcuni pezzi di quel metallo scuro che avevamo notato ancora la prima volta… e ne abbiamo trovato uno davvero particolare.” Spiegò, mentre faceva strada al principe verso l’armeria.
Attraversando il portone che dava sul cortile interno del palazzo, si imbatterono in Fay, che stava vagando lentamente, a passi leggeri, sull’acciottolato del cortile, con il naso all’insù.
“Buonasera!” lo salutò in fretta Gantai, superandolo.
“Gantai, Kuropon… buonasera a voi!” ricambiò il giovane, chinando leggermente il capo nel rispondere al saluto.
Kurogane ebbe la tentazione di fermarsi e rimproverarlo per la questione del nome, ma Gantai sembrava avere fretta. Inoltre, gli era sembrato di scorgere un velo di tristezza sul viso del biondo.
Questo, unito agli strani pensieri che lo avevano colto poco prima, lo indusse a rivolgere all’altro un brusco cenno d’invito con la mano.
“Seguici.”
Fay obbedì sorridendo, e i tre insieme entrarono nell’armeria.
A quell’ora della sera, la sala era vuota: i soldati erano tornati a casa, o si erano rifugiati nelle taverne, a raccontare di quello che avevano visto nella valle e a berci sopra una buona dose di vino o birra per dimenticarsene in fretta.
Gantai chiuse la porta alle loro spalle. L’armeria era praticamente buia, ed il tenente si affrettò ad accendere una lampada ad olio, facendo strada agli altri due verso uno degli angoli della sala, finché non raggiunsero un tavolo.
La superficie era coperta da un drappo di stoffa che si modellava pesantemente seguendo le sagome che nascondeva. Gantai la sollevò, rivelando al di sotto alcuni pezzi di metallo scuro di svariate grandezze.
Pezzi della cometa – pensò subito Fay – e infine, al centro, qualcosa di diverso.
“Questo è strano, vero?” commentò il soldato, prendendo cautamente in mano l’oggetto.
Il metallo di cui era fatto era chiaro, levigato, e non sembrava essere un frammento di qualcosa che era andato in frantumi, come invece gli altri pezzi. Questo era compiuto in se stesso, di una forma precisa anche se sconosciuta.
Era composto da quello che sembrava un grosso cilindro leggermente bombato, con una piccola apertura circolare ad una delle estremità, mentre dall’altra era agganciato – agganciato? Sembrava piuttosto un pezzo unico – un altro cilindro più corto e sottile, molto schiacciato, il cui metallo era ruvido, e attraversato, sui lati, da morbidi avvallamenti.
Kurogane lo prese in mano per osservarlo da vicino.
“Vedete? Ci sono tutti questi strani solchi e sporgenze… e questo sembra un simbolo, o una decorazione.”
Fay scrutò a sua volta l’oggetto: la superficie del cilindro più grosso era molto irregolare, rigata da strisce di colori diversi, e, a metà, vergata da un’incisione che il giovane, pur non capendone il significato, interpretò all’istante come una scritta.
“A che accidenti serve?” fece Kurogane rigirandosi in mano l’oggetto.
Impaziente, lo scosse e ci tamburellò con le dita. Poi, accorgendosi improvvisamente di qualcosa, lo guardò più da vicino.
“E questo? Prima non c’era.”
Fay e Gantai si avvicinarono. Toccando qua e là l’oggetto, Kurogane doveva aver aperto una sorta di piccolo vano sotto al punto di giunzione dei due cilindri. Il principe ci guardò dentro con curiosità.
“C’è qualcosa… una specie di leva…” e fece per metterci dentro un dito.
“No! Sta’ fermo!” saltò su Fay, strappandogli l’oggetto di mano all’improvviso.
“Ehi, che accidenti fai?!” esclamò il principe risentito.
“Potrebbe… potrebbe essere pericoloso.” si giustificò l’altro. Nemmeno lui era sicuro del perché avesse compiuto quel gesto, ma gli era sembrato di importanza vitale.
“Non sappiamo nemmeno che cosa sia.”
Anche lui se lo rigirò in mano cautamente. Ma, all’improvviso, le sue dita presero quasi a muoversi da sole.
Dall’altra parte della sala, appoggiati alla parete, stavano alcuni bersagli per il tiro con l’arco.
Muovendosi in maniera quasi inconscia, Fay puntò l’oggetto verso uno di quelli, e infilò abilmente l’indice nella piccola fessura sotto il cilindro.
Un momento dopo, la sala venne illuminata a giorno da un improvviso lampo di luce, e il bersaglio esplose, scagliando tutt’intorno una miriade di schegge.
Sentendo il rumore dello scoppio Fay si spaventò, tornando improvvisamente in sé, e facendo quasi cadere a terra l’arma.
“P-per il cielo!” esclamò Gantai, correndo a vedere che danni aveva provocato l’esplosione.
La parete dietro al bersaglio era annerita, intaccata e scheggiata dal colpo.
“Come accidenti hai fatto?” fece Kurogane con voce dura.
“Ah, è semplice… ho premuto il grilletto.” Anche nel buio che era improvvisamente caduto su di loro – visto che Gantai aveva portato con sé la lampada ad olio – Fay poteva intuire l’occhiata inquisitoria che gli stava lanciando l’altro.
“Voglio dire, la piccola leva che c’è qui dentro.. – si corresse – poi, è uscita la luce, dalla bocca, qui…” continuò indicando l’apertura all’estremità del cilindro.
“Questo l’ho visto anch’io.”
“Beh, sì, insomma… è un affare pericoloso.” tagliò corto Fay, riponendolo con cautela al suo posto sul tavolo.
“Puoi ben dirlo! – esclamò Gantai tornando vicino a loro e illuminando l’oggetto con la lampada – Come caspita hai fatto a farlo funzionare? Per fortuna che miravi ben lontano da noi…”
“Mmh.. beh, ho tirato a indovinare.” rispose Fay evasivamente, ma il soldato sembrava troppo preso dall’esame dell’arma per prestare attenzione alla sua risposta.
“E’ un’arma davvero portentosa, in ogni caso. – disse Gantai osservandola con ammirazione – Ha quasi bucato il muro della sala. E il raggio che ne è uscito… mi ha ricordato la notte in cui è caduta la cometa. Aveva dietro di sé una scia di luce abbagliante, come questa. Non è che da qui ne è uscita una in miniatura?!”
Kurogane rimase a fissare la “cosa” a braccia conserte, silenzioso e corrucciato.
“Mio padre ci vuole riuniti nella sala del consiglio subito dopo cena. – disse alla fine – E questa rimane con me.”
Prese l’arma e la avvolse nel drappo, avviandosi poi verso la porta, seguito dagli altri due.


Il giorno dopo, il signore di Suwa ed un gruppo scelto dei suoi soldati partirono alla volta della valle, con la semplice intenzione di vedere con i loro occhi il ghiaccio e controllarne l’avanzata.
Kurogane e sua madre rimasero ad osservare i cavalli allontanarsi, fino a che non furono spariti nel folto dei boschi che delimitavano la pianura. Quella mattina, nonostante il sole estivo già alto nel cielo, il vento gelido non aveva smesso di soffiare, impietoso, dalle montagne.
La regina era pallida in volto, a testimonianza di una notte praticamente insonne.
“Va tutto bene?” le chiese Kurogane, dandole il braccio, mentre i due rientravano all’interno del palazzo.
“Sì – rispose lei, con un sorriso mesto – ho solo un po’ di nostalgia.”
“Nostalgia di mio padre?”
“Nostalgia dei tempi tranquilli che ci stiamo lasciando alle spalle.” La sua voce suonava stanca, come se fosse invecchiata all’improvviso.
“Avete sognato altro?”
Lei scosse il capo “No. Ho dormito poco, e gli incubi che ho fatto erano maggiormente legati alle parole dei sacerdoti che non a qualche infausta premonizione.”
Scesero in silenzio le scale della torre, ma, ad un tratto, la regina si fermò per guardare il figlio diritto in volto.
“Io non lo so che cosa ci aspetta. – disse con un tono quasi di scusa – Non so quale sia il futuro che aspetta te… quando sei nato, speravo che potesse essere un futuro luminoso, di pace e prosperità. Ma tutto quel buio che ho visto nel sogno...”
Kurogane ricambiò il suo sguardo. La comprensione dei sogni della madre era al di là delle sue capacità, come lo era il poter immaginare quali sentimenti suscitassero in lei quelle visioni notturne. I suoi sogni premonitori si avveravano sempre, lo sapeva, ma il principe non era spaventato.
“Oh, lo so che tu non hai paura – proseguì la madre, un sorriso dolce che le sbocciava sul viso – Hai il coraggio e la generosità di tuo padre… non lasciarteli portare via, qualsiasi cosa accada.” Si raccomandò, nuovamente seria.
Non si dissero altro, e ripresero la discesa delle scale.

Pranzarono assieme a Fay in una piccola sala del palazzo; il giovane si presentò ringraziando per l’invito.
“Sei tu a farci piacere, Fay – gli rispose la regina – E’ rasserenante vedere il tuo sorriso.”
L’altro accennò un inchino col capo. “Ne sono felice… del resto, immagino che la sola compagnia di Kurotan possa risultare un po’ noiosa, ha sempre un tale broncio…” lo stuzzicò Fay.
“Sei tu che scherzi e ridi a sproposito.” replicò seccamente il principe.
Sul sorriso e nello sguardo di Fay calò un velo di tristezza “E’ vero, scusate. In un momento come questo, sorridere troppo è fuori luogo.”
La regina cercò gli occhi del ragazzo con i suoi. “Se smettiamo anche di sorridere, è come se l’oscurità ci avesse già inghiottiti. Inoltre, te l’ho già detto – aggiunse sporgendosi verso il biondo con fare cospiratore - è bello vedere mio figlio così vivace. Di solito non è un gran chiacchierone.”
“Beh, non è che si possa definirlo così nemmeno adesso… ma chissà come doveva essere prima, allora!” commentò Fay malizioso, sporgendosi a sua volta verso la regina.
Kurogane sollevò un sopracciglio, vagamente irritato per lo scambio di battute. Eppure, si scoprì a provare uno strano senso di serenità, a guardare sua madre e lo straniero che ridevano bonariamente di lui.
Durante il pranzo, non parlarono né dei sogni della regina, né della cometa, né del ghiaccio innaturale e dei potenziali pericoli che comportava. Non menzionarono nemmeno l’arma trovata nella valle ed i suoi poteri misteriosi.
La regina raccontò al loro ospite episodi della storia di Suwa e aneddoti della vita di corte, includendo volentieri qualche storiella riguardante l’infanzia di Kurogane.
In quei momenti, Fay ridacchiava, sinceramente divertito all’idea delle gesta del piccolo principe, e lo guardava sorridendo da oltre i calici colmi di vino, come se lo stesse immaginando bambino, appena di ritorno dalla sua prima cavalcata in compagnia del padre, trionfante e sporco di fango.
“Ma cosa andate a raccontargli, madre?!” sbottò ad un certo punto, quando la regina iniziò a narrare l’episodio della caduta del suo primo dentino da latte.
“Eri così fiero e spaventato, figlio mio – gli rispose lei, gli occhi persi nel ricordo – ti faceva male, ma insistevi che un guerriero che stava già imparando a maneggiare una spada non poteva assolutamente spaventarsi all’idea di farsi togliere un dente…però non ti decidevi mai, e rimanevi imbambolato a farlo dondolare con le dita, finché non ti è rimasto in mano.”
“Ahaha, che tenero, Kuropon! – esclamò deliziato Fay – Posso proprio immaginarti!”
Il principe scrutò entrambi con fare scontroso. La madre lo guardava con gli occhi pieni di tenerezza, e fu sorpreso di scorgere uno sguardo molto simile anche negli occhi celesti dello straniero.
Si voltò dall’altra parte, imbronciato, per dissimulare l’improvviso rossore che gli aveva imporporato leggermente le guance. Passò il resto del pranzo ad evitare di pensare all’episodio, per non arrossire di nuovo.

Dopo che si furono congedati dalla regina, si avviarono in silenzio lungo i corridoi, con Fay che sbirciava di sottecchi il guerriero accanto a lui. Era difficile immaginarselo preoccupato al pensiero di togliersi un dente, ma era anche, tutto sommato, confortante.
Si chiese se anche nel suo passato, che rimaneva un pozzo buio, ci fossero stati momenti simili. Gli sarebbe piaciuto ricordarli, e forse anche condividerli.
Ad un tratto, Kurogane si voltò verso di lui. Fay gli sorrise.
Il principe si innervosì: perché sorrideva? Non possedeva nulla, non sapeva nemmeno chi era… già, chi era? Chi era stato, prima di perdere la memoria? E perché mai avrebbe dovuto importargli, al di là del fatto che la sua comparsa sembrava collegata allo schianto della cometa?
“Seguimi.” disse soltanto.
L’altro lo seguì senza replicare, finché il principe non richiuse una pesante porta alle loro spalle.
“Queste sono le tue stanze, Kuropon… ehi, non mi avrai condotto lontano da occhi indiscreti per vendicarti del fatto che sono venuto a conoscenza dei tuoi segretucci?!” esclamò, fintamente spaventato.
“Tsk, fossi in te, non sarei io a parlare agli altri di segreti.”
Si trovavano in una sorta di piccola anticamera, e il principe si diresse immediatamente verso un tavolo in un angolo.
“Dimmi come hai fatto a far funzionare questo aggeggio, ieri.”
Sul tavolo era poggiato un involto di stoffa; Kurogane iniziò a svolgerla, ma Fay sapeva già che cosa conteneva.
“Te l’ho spiegato.” Gli rispose.
“No. Tu mi hai spiegato come lo hai fatto materialmente, ma non come facevi a sapere che funzionava così.”
Il biondo sorrise, sulla difensiva. Il tono del principe suonava accusatorio.
“Questo non lo so.”
“Però sapevi come far funzionare quell’arma, e che ne sarebbe uscita quella… quella luce. Infatti, l’hai puntata su quel bersaglio.”
“Beh, mi è venuto d’istinto – Kurogane gli scoccò un’occhiata scettica, e Fay si affrettò a correggersi – cioè, l’ho intuito. Insomma, assomiglia, vagamente, a quelle armi… le balestre. Ne avete l’armeria piena. Anche qui, c’è un’impugnatura, e poi da qua esce il proiettile.” Spiegò indicando le parti dell’oggetto.
“Sei l’unico a vedere una somiglianza tra una balestra e questa…”
“…pistola.” terminò Fay. Non sapeva nemmeno lui perché, ma quel nome gli era sfuggito di bocca come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Pistola?”
“Sì. Non suona bene, come nome?”
Fay gli sorrise, come se l’avesse inventato lì per lì, ma Kurogane fece un passo verso di lui, vagamente minaccioso.
“Tu l’avevi già vista, questa pistola.”
L’altro si umettò le labbra. “Non che io ricordi.”
“Non l’hai mai vista prima, però sai come funziona e anche qual è il suo nome.”
Kurogane prese in mano l’arma, puntandola verso Fay. Il tono della sua voce era grave, adesso, e quasi minaccioso.
“Sono il principe di questo paese. Ho imparato a usare le armi ancora prima di imparare a camminare. Ho combattuto vari nemici, e sono stato ospite alle corti di tanti paesi stranieri, ma non ho mai visto né tanto meno sentito parlare di un’arma del genere, che…”
“…che sprigiona una luce simile a quella delle stelle?” suggerì Fay, fissando preoccupato l’arma puntata contro di lui.
Improvvisamente, a Kurogane apparve fragile. Sotto i ciuffi ribelli dei capelli biondi, i suoi occhi sgranati scrutavano ora l’arma, ora il volto del principe, cercando di capire se avesse o meno intenzione di premere il grilletto.
Lo sapeva, che mentiva. O meglio, che non era in grado di dire la verità. E nonostante questo, non poteva vedere in lui un vero nemico, anzi.
Abbassò la pistola, tornando a rigirarsela tra le mani.
“E nonostante la mia esperienza, non credo che sarei stato in grado di comprendere il funzionamento di questo pezzo di metallo pochi istanti dopo averlo visto per la prima volta.” concluse. Ma era chiaro che si aspettava ancora che Fay gli rispondesse.
Il biondo incrociò le braccia; sembrava aver riguadagnato tutto il suo spirito. “Allora questo potrebbe voler dire soltanto che io sono più intelligente di te, Kuropon!”
Kurogane lo guardò male. “Ma davvero?! - rispose, piccato – Bene, allora vorrà dire che mi aiuterai a scoprire come funziona nel dettaglio.” decretò.



Cavalcarono fino ad un bosco non molto distante dalla città. Le raffiche di vento erano meno forti, nel folto degli alberi, e i due giovani si dedicarono a scoprire il funzionamento della pistola.
“Allora… il grilletto… la leva, intendo, può essere spostata, a seconda della pressione che usi, il colpo sarà più o meno potente.” Spiegò Fay, passandogli l’arma.
Si strinse nel mantello, mentre Kurogane usava un tronco secco come bersaglio su cui esercitarsi. Solo ora, Fay si rendeva conto che, il giorno prima, aveva usato inconsciamente il minimo di potenza possibile… o avrebbe distrutto la sala dell’armeria, altrimenti.
Chiuse gli occhi.

“Questi sono i nuovi modelli. Imparate a usarli in fretta. Sono la vostra arma più potente contro…”

L’esplosione del tronco lo richiamò bruscamente alla realtà.
“Tsk, volevo solo fargli un buco.”
“Aspetta, prova così.”
Fay sovrappose la sua mano a quella del principe, indicandogli il livello di pressione adeguato. Le sue dita si muovevano sul metallo dell’arma con una sicurezza che sconcertava perfino lui stesso. Come se avesse ripetuto quei gesti all’infinito, prima di quel pomeriggio.
Tornò ad avvolgersi nel mantello. Nella sua testa, la voce taceva, ma il gelo di quel tono aveva lasciato in lui una sensazione di paura strisciante.

Questa volta, Kurogane centrò il suo bersaglio, aprendo un varco netto a metà esatta del tronco.
“Beh, niente male!” commentò, sorridendo soddisfatto.
Fay lo applaudì “Bravo davvero, principe della luce delle stelle!”
Kurogane ricambiò l’epiteto con un’occhiataccia, ma l’altro continuò ad applaudire. Con il rumore e l’allegria, tentava di scacciare l’oscurità che gli si era addensata nella mente.


  
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