Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Ari Youngstairs    05/05/2022    4 recensioni
Malec | Divergent!AU
“Eppure, io ero convinto di non avere nulla di speciale.
Schietto, timido, voglio bene ai miei fratelli e ho poca voglia di stare in mezzo alla gente: un normalissimo Candido. Beh, forse non proprio normale, dato che ho fin troppi scheletri nel mio armadio.
La città in cui vivo è divisa in cinque Fazioni, ma non le amo particolarmente: ci limitano, e nel mio caso sono la cosa più scomoda che possa capitarti.
Però se tengo la bocca chiusa non potrà accadermi nulla di male. Giusto?”

Alexander Gideon Lightwood si sbaglia: la sua semplice vita viene completamente stravolta dopo il Test Attitudinale, rendendola quasi come un vero e proprio thriller.
Aggiungete dell'azione, intrighi, cospirazioni e qualche battito cardiaco di troppo.
Che ne verrebbe fuori?
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Buongiorno a tutti voi! Vi avevo promesso che il nuovo capitolo sarebbe arrivato in tempo, ed eccolo qui!
Questo capitolo inoltre è particolarmente importante perchè conclude un po' quella che è la prima parte di questa storia.
Dal prossimo (praticamente già concluso e particolarmente corposo) capirete di cosa parlo.
Non mi resta quindi che augurarvi buona lettura, ringraziarvi per le scorse recensioni e chiedervi, se volete, di farmi sapere cosa ne pensate anche qui <3
(In questo capitolo c'è un momento malec che mi sono quasi commossa a scrivere T.T)
PS: In fondo al capitolo c'è un piccolo estratto dal prossimo capitolo, giusto per mettervi curiosità :*
Vi mando un grande bacio e buona lettura.
Ari Youngstairs



• Capitolo Ventidue •


È passato quasi un mese dal giorno in cui ho lasciato colare il mio sangue fra i carboni ardenti: sapevo che questa scelta mi avrebbe portato su una strada buia e impervia, completamente diversa da quella che io stesso avevo programmato.
Ora tutto sembra imprevedibile, come un interminabile lancio di dadi: una vittoria può comportare un passo avanti, portandomi sempre più vicino all'unico obbiettivo che miro a raggiungere; una sconfitta invece sarebbe come un lancio in un baratro senza fondo.
«Alec, mi ascolti?» La voce affannata di Jace interrompe il filo dei miei paranoici pensieri.
Stiamo correndo sotto la pioggia da circa un'ora, o forse due. Ci siamo svegliati quando ancora il sole non era sorto, ma già il cielo grigio prometteva tempesta. 
«Uh, sì, scusami.» Gli dico, reprimendo un brivido quando dell'acqua gelata s'infiltra sotto la mia felpa e mi scorre lungo tutta la schiena.
«Ti ho chiesto come vanno le cose tra te e Magnus.» Pronuncia, sfoggiando un ghigno malizioso.
Arrossisco così tanto che mi infilo il cappuccio della felpa per coprirmi il viso, ma dalla risatina di Jace capisco che è troppo tardi: ormai mi ha visto diventare rosso come un ragazzino alla prima cotta.
All'inizio, quando ci siamo messi insieme (cosa che ancora stento a credere verosimile), non pensavo seriamente che avrebbe funzionato. Ci speravo, certo, ma sperare e credere una cosa possibile sono due cose ben diverse. 
Nell'ultimo mese, ogni settimana, io e lui troviamo un modo per vederci di nascosto: certo, durante gli allenamenti e i pasti ci sono sorrisi veloci e occhiate fugaci, come se volessimo entrambi accertarci che l'altro sia davvero lì; ma dopo esserci baciati...nessuno dei due ha voglia di interrompere le nostre scappatelle notturne: nonostante il coprifuoco per noi Iniziati, con Magnus a coprirmi, trovo sempre il modo di sgattaiolare via dai dormitori per andare da lui.
«Allora, lo avete fatto?» 
La domanda di Jace mi sciocca a tal punto che, se non stessimo correndo insieme agli altri Iniziati, mi bloccherei all'istante.
«Fatto cosa?» Sibilo, attento a non rimanere troppo indietro rispetto al gruppo. Magnus che corre in testa a tutti noi è più fradicio di un pulcino, ma sembra instancabile.
Jace sbuffa e scuote la testa, facendo ondeggiare i capelli biondi e bagnati. 
«Sesso, Alec. Sto parlando di quello. Lo avete fatto?»
Inorridisco e arrossisco allo stesso tempo. 
«Cosa? No!» Gli rispondo, quasi urlando. «Ma che domande sono?»
«Sei mio fratello, è ovvio che mi interessino certe cose.»
«Io non ti vengo a chiedere se tu e Clary avete fatto sesso!» Ribatto. 
«Ancora no, lei è perfetta e non voglio farle pressioni. Ma quando accadrà sarà così fantastico che vorrà sposarmi.» Gongola, facendomi venire la nausea: è una bravissima persona ed il mio migliore amico, ma quando comincia a vantarsi sarebbe da picchiare. «Comunque, vuoi dirmi che tu e Magnus non ci siete nemmeno andati vicini? Nemmeno una volta
Faccio per mandarlo a quel paese e urlargli un sonoro no, ma effettivamente una volta è successo che l'atmosfera si scaldasse più del solito...non faccio nulla per fermare il ricordo di quella serata, rimasto marchiato a fuoco nella mia mente.


Luci spente, porta serrata, respiri affannati.
Sono abbastanza sicuro che fino a soli cinque minuti fà stessimo parlando tranquillamente, ognuno rispettando il reciproco spazio vitale dell'altro: come siamo arrivati a baciarci avvinghiati sul letto di Magnus non saprei proprio dirlo. 
Ricordo che ad un certo punto abbiamo smesso di parlare, ci siamo avvicinati e...ci siamo semplicemente ritrovati stretti uno all'altro, le mani intente a tastare ogni singolo centimetro di pelle scoperta e le bocche affamate, come se baciarsi fosse ossigeno e noi fossimo rimasti troppo a lungo in apnea.
Tutto per me è assolutamente nuovo. Non mi sono mai sentito così in vita mia, come se mi stessi lentamente sciogliendo insieme ad ogni mia ansia e pensiero.
C'è un che di quasi ipnotico nel modo in cui Magnus si muove, simile ad un aggraziato e letale predatore pronto a colpire: io però non scapperei nemmeno se sfoderasse le zanne.
Senza davvero rendermene conto gli apro la pesante giacca di pelle e gliela sfilo dalle spalle, lasciandolo solo con una semplice maglia a maniche corte. Lo stemma degli Intrepidi vi è cucito sopra, una fiamma bianca sul tessuto nero come petrolio.
Impacciato, provo ad imitare i gesti che lui usa spesso su di me, facendomi sentire come se fossi in un angolo remoto del giardino del paradiso: gli lascio una scia di baci caldi lungo la gola, mentre con le mani indugio sotto la sua maglia leggera e tasto ogni suo singolo muscolo, ogni singola sporgenza della sua spina dorsale.
«Non so cosa ti sia preso-» Sussurra «-ma se smetti ti farò fare tanto di quell'esercizio che...» 
Lo zittisco con un lungo bacio, facendolo ridacchiare contro le mie labbra.
«Vedo che capisci al volo.» 
«Guarda che sono anche un po' Erudito.» Ribatto, facendo scontrare le punte dei nostri nasi. Mi ero sempre chiesto cosa ci trovasse di bello la gente nello stare vicina: ora però, con le mani di Magnus sulle spalle e le nostre bocche che giocano a rincorrersi, capisco perfettamente. È un po' come volare e farsi trasportare dal vento: non sai dove stai andando, né se e quando arriverà la tempesta; ma sei libero di spiegare le ali e sentirti più leggero dell'aria, senza pesi o costrizioni, e questo
ti basta, anche se sai che cadere sarà inevitabile.
«A cosa pensi?» Mi chiede Magnus, con la guancia premuta sul pugno chiuso e il gomito conficcato nel materasso. 
«A nulla.» Rispondo, accarezzandogli il collo con le nocche, proprio dove è tatuata la rosa nera piena di spine. «Cosa significano i tuoi tatuaggi?» 
Lui pare divertito e incuriosito dalla domanda, e senza rispondere si sfila con un unico gesto la t-shirt. Devo chiedergli più spesso dei suoi tatuaggi.
«Questo-» Indica il drago avvolto sul suo bicipite «-è per ricordarmi che devo sempre essere forte,» prende il mio polso e fa in modo che sfiori la pelle sopra la sua  giugulare, dove la rosa spinosa sembra aver piantato le radici «-questo per ricordarmi di quanto le cose belle a volte possano rivoltartisi contro,» porta le mie dita al suo fianco, decorato da lingue di fuoco nerd come pece «-e questo per ricordarmi che gli Intrepidi sono e saranno per sempre casa mia.»
Mi perdo un istante nei suoi occhi, dove oro e verde si amalgamano perfettamente in due iridi feline. Come si può non rimanerne affascinati? Se già il taglio sottile dei suoi lineamenti rendono il suo sguardo magnetico, le sue pupille verticali rendono la sua bellezza unica, di un altro mondo.
«Mi piacciono.» Commento, abbastanza imbarazzato dal breve silenzio che è calato.
«Grazie. Detto da te ha un valore speciale.» Prima che possa controbattere alla sua affermazione Magnus comincia a baciarmi la gola con fare adorante, simile ad un gatto che fa le fusa, ed io mi sciolgo totalmente sotto le sue attenzioni.


Quella sera però non accadde nient’altro: dopo un po’ Magnus mi riaccompagnò ai dormitori, sapendo perfettamente dove passare per non farci notare da occhi indiscreti.
«Beh deduco da questo silenzio che qualcosa ci sia stato, ma non vuoi raccontarmelo.» mi sfotte Jace con tono mellifluo. La mia unica risposta è una gomitata ben assestata tra le costole che lo fanno ridere e sussultare allo stesso tempo.
«Oh ti prego Jace, sta’ zitto.»



§



Tornati dalla corsa ci viene detto di andare a lavarci e prepararci in vista di un annuncio molto importante.
Mentre sento l’acqua calda della doccia e il sapone scorrermi lungo la pelle penso a ciò che accade al di fuori di questo posto: gli arresti in massa degli Eruditi si sono calmati solo apparentemente.
Sono riusciti a farsi consegnare i dati di molte persone dalle altre fazioni, riuscendo ad arrivare a molti divergenti che erano riusciti in un primo momento a non farsi scoprire: ho sentito dire che coloro che sono stati portati nella fazione degli Eruditi non abbiano più fatto ritorno a casa. 
La fazione degli Intrepidi ancora sembra resistere, probabilmente solo per il fatto che per quanto gli Eruditi si credano superiori hanno bisogno di noi più che di qualsiasi altra fazione: siamo noi che costituiamo l’organo di sicurezza in città, siamo noi ad avere la gran parte delle armi e l’addestramento necessario per utilizzarle; se cadiamo noi, in città scoppierebbe probabilmente il caos più totale.
Camille continua con la sua campagna di evoluzione e progresso, annunciando che sono già iniziati i primi veri e propri esperimenti sui divergenti. 
La sola idea di poter essere utilizzato come cavia da laboratorio mi fa rabbrividire, nonostante l’acqua calda.
Chiudo la manopola della doccia e mi avvolgo con uno degli accappatoi grezzi che ci hanno dato; fuori dai bagni comuni troviamo dell’intimo e dei vestiti puliti e ripiegati, accompagnati da un biglietto con il nome dell’Iniziato a cui sono destinati.
Mentre li indosso mi accorgo che non sono le solite divise in pelle da allenamento o combattimento, ma delle tute sportive molto semplici e morbide, rigorosamente nere.
Con la coda nell’occhio vedo passare davanti a me Jonathan, il fratello di Clary: nonostante il nostro sia nato come un rapporto di puro odio, ormai da qualche tempo sembra aver perso il piacere di infastidirci, quasi come si fosse dimenticato della nostra esistenza: forse non gli è andato giù che Jace si sia classificato primo negli allenamenti. Da una parte, meglio così.
Coi muscoli rilassati dalla doccia ci avviamo alla Torre di Controllo, dove come di consueto ci sono Tessa, Woolsey e Magnus ad attenderci.
Sento ridacchiare Clary e Jace accanto a me mentre Isabelle mi cammina davanti a passo spedito, facendo oscillare la lunga treccia di capelli corvini da una parte all’altra. 
«Iniziati» annuncia Woolsey con tono solenne. La sua voce rimbomba da una parete di pietra all’altra. «vi annuncio ufficialmente che la parte prettamente fisica della vostra preparazione è giunta a termine.»
Un brusio di voci curiose, ansiose e spaventate si leva dalla folla, ma Woolsey le zittisce con un gesto della mano.
«La prossima settimana effettuerete la simulazione che vi renderà Intrepidi a tutti gli effetti, ponendo fine alla vostra Iniziazione: a quel punto potrete considerarvi a tutti gli effetti parte integrante della nostra fazione e potrete rivolgervi a noi per trovare la vostra prima mansione, nonché ovviamente un posto dove andare a vivere.» La sua bocca si distorce in un ghigno «Sempre che non vi siate affezionati particolarmente ai dormitori.»
Il brusio di prima ritorna ancora più forte: se tutto va bene tra una settimana potremo trovare il nostro primo lavoro, un nostro primo posto in cui vivere da soli, iniziare a vivere come veri e propri adulti. Il solo pensarci mi fa girare la testa.
«Oggi pomeriggio ci sarà una simulazione di prova, in modo che voi possiate rendervi conto di cosa vi aspetta.» Prosegue Tessa «Se supererete la prova con successo non dovreste avere troppi problemi all’esame finale. Se invece non dovesse andare bene, vi invito a riflettere su come potete migliorarvi in vista del test: chi non lo supererà fallirà l’Iniziazione e diventerà un Escluso.»
«Vi aspettiamo questo pomeriggio alle sedici nella sala delle simulazioni.» Continua Magnus, le mani inanellate strette alla balaustra di ferro. «Fino a quell’ora avrete un po’ di tempo libero. Potete andare».



§



Jace e Clary hanno deciso di spendere il tempo libero che ci è stato concesso per andare a fare un giro fuori dal Quartier Generale degli Intrepidi. Probabilmente sono andati al grande mercato che si tiene ogni giorno al centro della città: ricordo quando nostra madre ci portava con lei per comprarci i vestiti e fare la spesa, c’erano persone da tutte le fazioni; verosimilmente l’unico luogo, insieme alla scuola, dove la gente non vive totalmente separata dal sistema che ci costringe a coesistere divisi tra fazioni.
Isabelle invece aveva voglia di allenarsi e si è diretta da sola in palestra. 
Io ho raggiunto Magnus nel suo appartamento non appena ci è stato dato l’annuncio della simulazione: dall’occhiata che mi aveva lanciato da lontano ho capito subito che doveva dirmi qualcosa di importante.
«La simulazione servirà per valutare se pensi e agisci come un vero intrepido.» Mi spiega, stringendo tra le dita una tazza piena di caffè e cannella. «Gli Intrepidi agiscono tutti allo stesso modo se sottoposti a questo test: perciò qualsiasi cosa bizzarra o anomala verrà notata e ti scopriranno.»
Con i gomiti appoggiati sul tavolo del suo soggiorno mi prendo la testa tra le mani,  incapace di immaginare uno scenario peggiore. In poche parole, sembra essermi rimasta una settimana di vita.
«Hai almeno una buona notizia da darmi?» 
Lui posa la tazza e si siede accanto a me, togliendomi le mani del viso per poi stringerle tra le sue. Il calore della sua pelle crea un piacevole contrasto con il freddo degli anelli che indossa.
«Non farai la prova di oggi da solo. Verrò con te.» Mi spiega, guardandomi con un’intensità tale da farmi abbassare lo sguardo. «Tessa controllerà il computer da cui farete la simulazione, e quando toccherà a te, io sarò in un’altra stanza con un computer connesso al vostro e ti spiegherò come comportarti per il test finale.»
Strabuzzo gli occhi.
«Ma questo non è giusto…ci sono anche altri divergenti qui. Perché aiutate solo me?»
Magnus scuote la testa.
«I Candidi…sempre così ossessionati dalla giustizia e dall’onestà. È vero, ci sono altri divergenti oltre a te. Ma noi non sappiamo chi siano. O perlomeno, non io. Tessa è l’unica ad avere accesso ai nostri dati sui test attitudinali degli Iniziati.»
«Perché allora non provare ad aiutare anche loro?»
«Perché?» Magnus si lascia andare ad una risata amara. «Forse perché qualcuno ai piani alti potrebbe accorgersene. Aiutare una persona è un conto, aiutarne dieci…beh, è un altro. E se qualcuno si dovesse mai accorgere che noi proteggiamo i divergenti, posso assicurarti che non passerebbe molto tempo prima di ritrovarci morti.» Si lascia andare ad un sospiro pesante. Improvvisamente sembra stanco e provato. «Quando noi eravamo Iniziati, provammo a proteggere Will. Cercammo in ogni modo di salvarlo dal test finale, e ci riuscimmo: Tessa è sempre stata estremamente brava coi computer e manomise il suo test con un virus. Will fu così colpito da quel gesto che le chiese di sposarlo, quel giorno. 
Passò qualche settimana: divenuti Intrepidi ci preparavamo a salire di grado nei ranghi della fazione, Will aveva davanti a sé un brillante futuro da capo.» Gli trema il respiro. «Poi un giorno arrivò una squadra armata di Eruditi: dissero che qualcuno aveva manomesso i loro cazzo di sistemi di simulazione perfetti per coprire un divergente. Spararono a Will senza che noi potessimo fare nulla, intimandoci che mai sarebbe dovuta riaccadere una cosa simile.» 
Il suo sguardo si sposta di nuovo su di me, spaventato.
«Tessa mi disse della tua divergenza quando le confessai di avere un debole per te. Non voleva che quella storia terribile si ripetesse.» 
Improvvisamente sento un nodo alla bocca dello stomaco, una sensazione di nausea terribile si comincia a diffondere in ogni parte del mio corpo, paralizzandomi sul posto. L’aria è diventata pesante come piombo.
«Vi prego, non fate nulla di cui poi vi pentirete. Non rischiate la vita per me, non lo sopporterei.» Ho la voce rotta. La sola idea che qualcuno rischi così tanto per me è inaccettabile.
«Alec…Alexander.» Mi stringe le mani così forte da farmi sobbalzare. «L’unica cosa di cui potrei pentirmi è di non aver tentato con tutte le mie forze di metterti al sicuro, a costo della vita.»
«E cosa avrei fatto io per meritarmelo? Eh? Cos’avrei fatto per meritarmi la tua vita?»  Nemmeno mi rendo conto di essermi alzato di scatto e di star urlando. Le lacrime cominciano a pungermi gli occhi, e l’immagine di Magnus si sfuoca davanti a me. «Preferisco morire, piuttosto che metterti in pericolo.»
Mi avvicina a sé e la sua fronte si appoggia sulla mia, i nostri petti si sfiorano. Sento il suo cuore battere all’impazzata insieme al mio, quasi come se avessero deciso di uscire dalle loro casse toraciche e raggiungersi.
«Se tu sei disposto a morire per me…» con il pollice mi asciuga una lacrima che non sono riuscito a trattenere «…allora permettimi di fare lo stesso per te.»
Nessuno mi aveva mai guardato con un’intensità simile: come se in me ci fosse davvero qualcosa di bello da ammirare, qualcosa a cui essere devoti, qualcosa da amare. 
Lo bacio con tutta l’intensità di cui sono capace, arpionandogli i fianchi e stringendolo a me; ho paura che se lo lasciassi andare svanirebbe come sabbia nel vento. La sua bocca ha ancora il sapore di cannellà e caffè, dolce e amaro che si mescolano perfettamente.
Anche lui mi stringe, così forte da farmi sentire dolore nei punti dove le sue dita affondano nei miei vestiti. 
Quando ci separiamo, riluttanti, abbiamo entrambi il fiato corto. Per quanto ne so, il bacio potrebbe essere durato pochi minuti oppure diverse ore.
«Un giorno le cose andranno meglio.» La voce di Magnus è ridotta ad un sussurro. «E quando lo faranno, ti aiuterò a trovare un lavoro qui, al Centro di Controllo. Potremmo stare insieme quanto vorremmo e tu potresti fermarti qui tutte le volte che vorrai.»
Lo guardo sorpreso, convinto che mi stia prendendo in giro: eppure dalla sua espressione nulla lascia trasparire anche solo l’ombra di uno scherzo.
«Lo…vorresti davvero?»
Le sue labbra si schiudono in un sorriso disarmante: c’è qualcosa di magico nel modo in cui il suo volto si illumina e nello scintillio dei suoi occhi ogni volta che sorride.
«Lo vorrei davvero. Potrei persino pensare di comprare un letto più grande.» 
Mi faccio sfuggire uno sbuffo divertito, e spero che lui non riesca a vedere quanto nel profondo le sue parole mi abbiano emozionato. 
«Sei davvero sicuro di volerlo fare?» Gli chiedo. 
Lui annuisce, accarezzandomi lo zigomo con le nocche.
«Sì, lo sono. Questa dopotutto è solo una prova in vista del vero test, ci sarà solo Tessa a guardarci. Il giorno della simulazione però sarai da solo e lì dovrai dare davvero il tutto per tutto, cercando di far tesoro di ciò che ti dirò oggi. Puoi farcela, ne sono certo.»
Mi lascio andare totalmente a lui, abbracciandolo e posandogli la testa sulla spalla. Lui ricambia, stringendomi forte a sé e affondando il viso tra i miei capelli: sento il suo respiro caldo sul collo e i suoi muscoli rilassarsi un po’.
«Non mi farai collegare ad un computer guasto un’altra volta per poi farmi svenire, giusto?»
Stavolta lo sento ridere davvero: vederlo felice mi crea lo stesso effetto di un raggio di sole dopo la tempesta.
«No, stupido.» Mi canzona stampandomi un bacio sullo zigomo. «Ma ti farò lavorare duramente lo stesso, anche se saremo in una simulazione: fino a prova contraria sono ancora il tuo allenatore.»



§



All’interno della piccola stanza delle simulazioni, vuota, bianca e completamente asettica c’è una poltrona reclinabile di metallo, simile a quella su cui mi sono seduto per il test attitudinale, e lì accanto c’è la macchina che già conosco. La stanza non ha specchi ed è quasi al buio. Su un tavolo, nell’angolo, c’è il monitor di un computer.
Le mani gentili di Tessa sistemano le ventose del macchinario su di me: quest’ultimo emette un bip elettronico costante e fastidioso.
Fuori dalla porta gli altri Iniziati attendono ansiosamente il loro turno.
«In questa simulazione-» comincia a spiegarmi Tessa «-vedrai alcune delle paure più comuni della gente. Te ne verranno mostrate tre, in modo totalmente casuale. Il giorno della prova però, le paure saranno le tue
Deglutisco, cercando di non far trapelare la mia preoccupazione. Stringo forte il lettino su cui sono disteso, quasi a cercare un appiglio.
«Magnus ha già fatto simulazioni simili decine di volte, non dovrai temere: saprà guidarti al meglio.» Mi porge un bicchierino con lo stesso liquido blu elettrico che mi fece bere il giorno del Test Attitudinale: da allora sono successe tante di quelle cose che sembrano passati anni. «Lui è in una stanza al piano di sopra, è già dentro la simulazione ad attenderti.» 
Bevo il siero tutto d’un fiato e lo sento scorrermi giù per la gola, infiammandola. Sembra di bere alcol puro.
Nel giro di pochi secondi il mio campo visivo comincia ad appannarsi, l’immagine di Tessa sembra fondersi con le pareti spoglie in un’unica macchia grigia indistinta.
«Grazie, Tessa.»
E questa è l’unica cosa che riesco a dire prima di perdere i sensi.


§



Quando riapro gli occhi, sento un vento fortissimo sferzarmi il viso e un rumore assordante nelle orecchie.
«Ce l’hai fatta ad arrivare!» Esclama una voce. «Cominciavo davvero ad annoiarmi!»
Metto a fuoco il mondo attorno a me, strabuzzando gli occhi un paio di volte: davanti a me si staglia Magnus, con un sorriso dispettoso sul volto.
Osservandomi intorno, noto che siamo in una specie di cabina di metallo con un’enorme porta sul cielo. Un momento .
Le pareti metalliche sono costellate di spie luminose e interruttori ed il vento imperversa così forte da costringermi a tenere gli occhi socchiusi, ma ciò non m’impedisce di realizzare con orrore che siamo in un piccolo, minuscolo elicottero.
Ci troviamo in alto, sopra tutto. È così tanto tempo che non vedo un cielo azzurro che quando compare, sopra di me, mi si ferma il respiro.
Mi sporgo leggermente dalle sue porte e vedo i palazzi della città ridotti a minuscoli frammenti di un mosaico, le strade così piccole che sembrano essere state disegnate a matita: siamo sospesi a centinaia di metri da terra e l’unica cosa che riesco a distinguere da quassù è l’enorme vetta della Torre Centrale, brillante sotto i raggi del sole.
Realizzando l’altezza a cui ci troviamo, faccio subito due passi indietro dallo spavento.
«C’è qualcuno che guida questo affare?!» Urlo, cercando di sovrastare senza successo il caos prodotto dal vento e dalle pale dell’elicottero che girano a velocità sonica.
«Ovviamente no!» Mi grida Magnus in risposta. Più che spaventato, sembra estremamente euforico di poter godere di un simile panorama. «È proprio questo il punto: dobbiamo fare subito qualcosa, oppure moriremo schiantandoci.»
Lo guardo come se fosse completamente impazzito.
«Dobbiamo far atterrare questo arnese da soli
Stavolta è lui a lanciarmi un’occhiata incredula.
«È questa la prima cosa che ti viene in mente di fare? Provare a farlo atterrare?»
Annuisco con un cenno, cercando di non sbilanciarmi troppo aggrappandomi con tutte le forze alla balaustra di ferro.
«Beh, non si può dire che voi Divergenti non siate creativi.» Commenta. «Ma ricorda che un Intrepido affronta sempre il pericolo di petto: cerca dei paracaduti e saltiamo. Se mai dovesse capitarti una situazione simile al test, ricordatelo.»
Prima ancora che possa fargli notare quanto sia folle ciò che ha detto, ai nostri piedi si materializzano due grandi zaini di tela, grigi come il resto dell’elicottero in cui ci troviamo. 
Magnus mi aiuta ad indossarlo e quando entrambi lo abbiamo saldamente ancorato sulle spalle, lui mi tende la mano inanellata in un gesto volutamente drammatico.
«Mi concedi questo volo?» La sua voce è bassa e sensuale, ma dal tono divertito. I suoi occhi brillano come stelle.
Faccio scorrere le mie dita tra le sue fino a che le nostre mani non si stringono completamente: ancora devo abituarmi al suo tocco sulla mia pelle, ad ogni contatto con lui sento i brividi.
«Beh, come posso rifiutare?»
Anche se l’altezza e la caduta sembrano terribilmente reali, tenere Magnus per mano mi da il coraggio necessario per saltare insieme a lui. 
Chiudo gli occhi e un secondo dopo mi sento volteggiare nel vuoto, avvolto solo dalla forza prorompente del vento. 
Il mondo gira attorno a me in un turbinio di colori.
Improvvisamente un flash di luce ci avvolge ed il vento, i paracaduti e la vista della città dall’alto scompaiono in un istante, dissolvendosi come nuvole.
Io e Magnus ci ritroviamo di nuovo con i piedi a terra, ancora stretti saldamente per mano. 
Dal cielo aperto passiamo ad una stanza piccola e angusta, immersa nella penombra.
Provo a fare un passo e mi accorgo che qualcosa rallenta i miei movimenti, appesantendoli: da una piccolissima botola del pavimento esce copioso un getto d’acqua che già mi ha avvolto fino alle caviglie.
Mi guardo nervosamente attorno alla ricerca di una finestra, un’uscita o una qualsiasi altra via di fuga, ma non sembrano esserci.
«Sembrerebbe che di questo passo annegheremo.» Constata Magnus. L’acqua ci è già arrivata alle ginocchia, gelida, «Non cercare vie di fuga alternative: un Intrepido usa ciò che ha a disposizione.»
Rifletto sulle sue parole, non sapendo cosa fare: non c’è nulla in questa stanza che possa tornarmi utile per fuggire o proteggermi dall’acqua.
Tutto ciò che abbiamo siamo noi e i nostri vestiti. I nostri vestiti.
Con l’acqua ormai arrivata fino ai fianchi mi immergo, cercando a tentoni la botola da cui continua a sgorgare l’acqua: mi sfilo la giacca di pelle e con tutta la forza che ho cerco di utilizzarla per bloccare il getto spingendola il più possibile contro la corrente. 
Ad un certo punto, con un rumore di risucchio sordo, la stanza smette finalmente di riempirsi d’acqua ed io ritorno a respirare. 
«Questo è decisamente un lavoro da Intrepido.» Magnus mi guarda con soddisfazione, le braccia muscolose incrociate sul petto e le lebbra arricciate in un sorriso. Sembra non avesse dubbi sul fatto che ce l’avrei fatta.
«Grazie.» Gli sorrido, leggermente compiaciuto dal risultato ottenuto. 
Provo ad avvinarmi di nuovo a lui, desideroso della sua vicinanza come un carcerato brama la libertà. 
Non faccio in tempo a raggiungerlo. 
Se fino a pochi minuti fa la stanza stava per diventare una trappola mortale d’acqua pronta ad affogarci, improvvisamente un calore insopportabile l’avvolge come una coperta.
I muri vengono inghiottiti da lingue di fuoco incandescenti, un fumo nero come pece si impossessa dell’aria.
Un’intensa fiamma esplode tra noi due con un rombo terribile, scagliandoci l’uno distante dall’altro. Il colpo che ricevo dalla caduta mi paralizza dal dolore.
«Alec!» Sento la voce di Magnus chiamarmi dall’altra parte delle fiamme, ma il fumo mi impedisce di vederlo. 
Il soffitto crolla proprio dove Magnus è rimasto ingabbiato dal fuoco, in un’esplosione di macerie, polvere, scintille incandescenti.
Improvvisamente dimentico di essere in una simulazione e lancio un urlo, forte e disperato alle mie stesse orecchie: la mia voce sembra riecheggiare all’infinito nello spazio.
Di colpo tutto scompare, dissolvendosi come sabbia nel vento: il fuoco, il soffitto, le pareti, il fumo, lo stesso pavimento sotto i miei piedi; tutto è diventato un unico, immenso vuoto bianco ed etereo. 
Magnus mi guarda sconvolto da distante, ancora disteso e tramortito da ciò che è successo.
«Come…hai fatto?» Mi domanda, osservando incredulo l’immenso vuoto in cui siamo rimasti sospesi.  
«Io…non ne ho idea.» Rispondo, scioccato almeno quanto lui. «Stai bene?»
Lo raggiungo in poche falcate e gli tendo la mano, aiutandolo ad alzarsi. Ogni rumore sembra amplificato all’inverosimile.
«Hai messo fine tu stesso alla simulazione.» Constata Magnus, guardandomi sconvolto. «Non ho mai visto nessuno fare una cosa simile.»
Deglutisco, a disagio. Il bianco di questo immenso vuoto mi acceca e mi confonde con la sua luce intensa.
«Ho avuto paura.» Ammetto. «Per un attimo mi sono dimenticato della simulazione, io…ho temuto che ti fosse successo qualcosa di terribile.»
L’espressione sul volto di Magnus si addolcisce, i muscoli del suo viso si distendono e lo sento emettere un sospiro. 
Il suo sorriso è l’ultima cosa che vedo prima che tutto intorno a me si spenga.



§



Quando riapro gli occhi mi ritrovo di nuovo sul lettino, confuso e stordito dalla simulazione.
Tessa fissa sbigottita lo schermo del computer, le lunghe gambe accavallate sullo sgabello di metallo. 
«Hai concluso la simulazione solo con la tua volontà.» Constata, facendo balzare lo sguardo da me al display. «Non credevo che fosse possibile.»
Mi lascio sprofondare sul lettino, sconsolato. Un lungo sospiro mi sfugge dalle labbra.
«Sembra proprio che con me tutto sia possibile, ormai.»
Sul viso di Tessa nasce uno strano sorriso, un misto di affetto e preoccupazione.«Beh, dopo essere riuscito a far innamorare Magnus, direi che sei davvero capace di qualsiasi cosa.»  Avvampo, distogliendo lo sguardo dall’imbarazzo. «Non l’ho mai visto sorridere così.»
Quando si alza si porta con un gesto aggraziato i lunghi capelli castani su una spalla, lisciandoli con le mani. I suoi occhi grigi mi studiano assenti: il giorno del nostro primo incontro mi disse che assomigliavo al suo defunto marito Will, e mi chiedo se sia questo il motivo più profondo che l’ha spinta ad aiutarmi per tutto questo tempo.
«Magnus è il mio migliore amico.» Sussurra. «Vi auguro davvero di essere felici e che tutto vada per il meglio.»
Le rivolgo un sorriso sincero e riconoscente. 
«Lo spero davvero.»
Mentre mi dirigo verso l’uscio della porta, l’unica cosa a cui riesco a pensare con angoscia è che tra pochi giorni un singolo maledetto test deciderà le sorti della mia esistenza. Non ho più certezze, se non che su di me aleggia un’incombente sentenza di vita o morte.
 



Dal prossimo capitolo:
Un moto di furia mi travolge, accecandomi. Prima che lui possa premere il grilletto mi getto contro Jonathan con tutto il mio corpo, scaraventandolo a terra con un tonfo sordo.
Sento la pistola sfuggirgli dalle mani e scivolare via.
«Sei un debole.» Sibila, mentre lo inchiodo al pavimento con tutto il mio peso. «Non sei riuscito nemmeno a proteggere la tua famiglia. Meriti di morire.»
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Ari Youngstairs