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Autore: eli the_dreamer    14/06/2022    1 recensioni
Anni fa avevo iniziato a scrivere questa storia come long fic. Poi ho cambiato le carte in tavola decidendo di fare una raccolta di one-shot. Tuttavia mi sono resa conto che essendo un'unica storia, la raccolta di one-shot diventa controproducente. Eccomi quindi a postare di nuovo e dall'inizio questa storia che tra i protagonisti non solo vede gli amati fratelli Winchester ma anche qualcuno che da lassù fa il tifo per loro.
Tra personaggi che noi tutti conosciamo e nuovi personaggi inventati da me, questa storia parte dagli albori, ma accompagnerà i bros per tutto il loro viaggio (POSSIBILI SPOILER su tutte le stagioni, ma non in tutti i capitoli. Non tutto seguirà il canone della serie, alcuni elementi saranno veri e propri "WHAT IF?".)
Genere: Angst, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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One minute of silence




Cosa potrebbe aver mai fatto un Custode per finire qua?” la voce cupa di Gadreel fece sobbalzare Umabel, persa nei suoi pensieri.
In quegli anni di prigionia non aveva mai sentito la voce dell'ormai ex Guardiano dell'Eden, non in quel modo almeno. Aveva sentito solo le sue grida per quella continua tortura inflittagli da Thaddeus.
Grida che spesso venivano sovrastate da quelle degli altri Angeli tenuti prigionieri, Umabel compresa.
Umabel non rispose. Si limitò a guardare Gadreel con espressione vuota e stanca anche se una parte di lei avrebbe voluto gridare.
Non credeva di meritarsi tutto quello, anche se sapeva di aver infranto le regole, non era così folle da pensare il contrario.
Tuttavia pensava che quelle regole non fossero giuste.
Come si poteva essere Angeli Custodi se non si aveva per davvero la possibilità di aiutare i propri protetti?
Sai...” continuò Gadreel avvicinandosi alle fredde sbarre della propria cella “...sei il primo Custode che finisce qua. Devi aver fatto qualcosa di grave.
Quelle parole risuonarono asfissianti e lente, una cantilena fastidiosa capace di ferire, entrare sotto pelle a invadere una Grazia con del veleno.
Niente che arrivi ai tuoi livelli, Gadreel.
La risposta di Umabel arrivò secca ed inaspettata.
Gadreel fece un passo indietro, risentito da quelle parole.
Nessuno lo aveva perdonato in Paradiso. Nemmeno suo Padre o i suoi fratelli. Era ancora un reietto e si chiese se sarebbe mai riuscito a smacchiarsi di quel peccato.
Lui che era stato per Dio il più fidato e affidabile tra gli angeli, più del primogenito Michael era poi diventato lo zimbello del Paradiso, l'indiretto catalizzatore della corruzione dell'uomo.
Era colpa sua se l'Umanità ora era condannata.
Era colpa sua se i demoni erano stati creati.
Era colpa sua se Dio aveva lasciato il Paradiso. Una colpa di cui ancora non sapeva di essersi macchiato.
Non parlò più, Gadreel e Umabel si sentì persino in colpa.
Forse come tutti i suoi fratelli non aveva mai perdonato Gadreel, ma era una dei pochi, se non l'unica, a non considerarlo colpevole fino in fondo. Non per davvero.
Era come se Umabel riuscisse a vedere al di là delle cose pur senza comprendere appieno tutto.
Riusciva ad accarezzare quelle idee labili senza poterle afferrare, consapevole però che un giorno ci sarebbe riuscita.
Come quei sentimenti che sgomitavano in lei per emergere, affacciarsi in azioni e parole che ad un angelo non erano concesse.
Ho sentito...provato...qualcosa.
Mormorò infine il Custode e la sua voce delicata si perse tra quelle grida di angeli torturati.
Gadreel la guardò sorpreso, chiedendosi se anche lui provasse qualcosa nel percepire quella vergogna e quella voglia di riscatto e Umabel ricambiò il suo sguardo provando forse misericordia per quell'angelo tormentato.
E ho voluto...fare di testa mia. Ho disobbedito, sono scesa sulla Terra per aiutare un mio protetto.
Poi, solo un minuto di silenzio.


2006




"Sofia Lopez è una Borderwalker.
A quelle parole del fratello, Sam inarcò un sopracciglio. Si chiuse la porta della stanza del motel alle spalle, posando le cibarie appena acquistate sul tavolino.
Sembrò metterci qualche istante a realizzare effettivamente ciò che Dean avesse detto.
Si erano imbattuti in un caso bizzarro perfino per loro e da quando si erano resi conto che non si trattava di uno spirito vendicativo non avevano fatto altro che buchi nell'acqua.
Una Borderwalker? Non l'ho mai sentito. Sul diario di papà non c'è niente al riguardo.
Dean ghignò soddisfatto. Era raro cogliere Sam alla sprovvista su quel genere di cose. Per quanto Dean possedesse una vasta conoscenza del mondo soprannaturale, non solo grazie agli insegnamenti del padre ma anche grazie alle proprie doti, solitamente era Sam quello che riusciva a scovare le origini di una creatura che non avevano mai affrontato prima.
Sono esseri mutaforma, in origine erano donne e solitamente appaiono come tali o come coyote, ma possono tramutarsi in vari animali come tarantole, scorpioni, avvoltoi. Di norma sono innocui, ma abbiamo sempre un'eccezione che conferma la regola, no?
Sam continuò a guardarlo accigliato. Sembrava confuso o forse semplicemente sorpreso.
Se c'era una cosa che Dean detestava, questa era fare ricerche. O almeno questo era ciò che Sam aveva sempre pensato.
E sappiamo altro di queste Borderwalker?
Sono creature pacifiche, raramente entrano in contatto con gli umani. Sono attratte da donne in punto di morte e guidano poi la loro anima nell'aldilà, ma non prima di aver fatto loro un'offerta: diventare Borderwalker a loro volta.
Sam si sedette al tavolino, prendendo dalla busta la propria insalata e porgendo al fratello il classico cheeseburger con bacon.
Era chiaro dai suoi movimenti e dall'espressione del suo volto che stesse cercando di rimettere insieme i pezzi del loro nuovo caso.
Quindi...Sofia Lopez stava morendo, una Borderwalker le ha fatto l'offerta e lei è stata trasformata e usa la sua forma animale per uccidere quelli che ritiene responsabili della sua morte?
Alla ricostruzione del fratello, Dean sorrise, la guancia piena dal boccone del cheeseburger appena addentato.
Bingo!
E come si ferma una Borderwalker?” chiese Sam, sperando che quel caso potesse finalmente giungere a termine.
Le armi in ossidiana possono ferirla, ma può essere uccisa solo con un izzy...izzyqualcosa, un pugnale speciale.
Sam sbuffò, imprecando sottovoce nel vedere quella speranza di poco prima sfumare. Con un gesto pregno di irritazione lanciò la forchetta di plastica nel contenitore, per poi colpire lo stesso, allontanandolo da sé, sotto lo sguardo attonito di Dean.
Calmati, domani risolveremo questa storia. Amethyst ci sta portando quel pugnale. Nel frattempo dobbiamo procurarci dei fiori di calendula, per protezione.
Nonostante avesse la bocca piena, le parole di Dean risultarono ben comprensibili e Sam parve calmarsi.
Rilassò le spalle anche se non accennò a smettere di muovere nervosamente la gamba.
Sentire quel nome gli fece uno strano effetto, non riuscì a calmarsi del tutto.
Poi, quasi all'improvviso rise. Non una risata sguaiata, quanto piuttosto divertita e canzonatoria.
Quindi è stata lei a dirti che si tratta di una Borderwalker.
Dean posò il proprio cheeseburger, inghiottendo l'ennesimo boccone e aprendo le braccia in un movimento esasperato e teatrale.
Sì. E quindi?
E perché l'hai chiamata?
La voce di Sam si incrinò appena. Non vedeva Amethyst da quattro anni e non la sentiva da due.
E gli mancava, terribilmente, anche se forse, in quel momento, faticava ad ammetterlo, forse persino a se stesso.
Perché è Amethyst!
Una risposta che non diceva nulla, ma che al contempo poteva dire tutto.
Perché Amethyst in un modo o nell'altro era sempre stata presente.
Sam si massaggiò la fronte, ricordandosi di quei messaggi vocali che l'amica gli aveva lasciato mesi prima, dopo anni di silenzio da ambo le parti.
Non li aveva mai ascoltati. Giacevano nella sua casella vocale come pacchi dimenticati.
Perché è Amethyst.” ripeté Dean in tono stanco, guardando il fratello con occhi pieni di malinconia, persi nei ricordi non troppo lontani di quelle telefonate continue, quelle parole fatte di sentimenti taciuti e sussurri che nessuno, eccetto loro, avrebbe mai sentito.
C'era un velo di amarezza nel verde dei suoi occhi, qualcosa di non espresso in grado di tormentarlo.
Ma i tormenti di Dean erano tanti e anche se cercava di non darli mai a vedere, Sam era spesso in grado di capirli.
Ma non era l'unico a farlo. Amethyst Dalton riusciva a leggergli l'anima come nessun altro.
Che cosa significa 'perché è Amethyst'?
Dean sollevò gli occhi al soffitto al gesto di Sam, quelle virgolette mimate con le dita capaci di irritarlo a dismisura.
Parlo arabo, per caso? Secondo te che cosa significa? Perché è Amethyst. Ci sentiamo, è Amethyst. Punto. L'ho chiamata per sentirla, è venuto fuori il discorso sulla battuta di caccia e mi ha dato la soluzione. Contento?
Sam strinse le labbra nel tentativo di reprimere una risata. Si dimenticò di quei messaggi non ascoltati in segreteria, ricordandosi solo i bei momenti passati insieme, ma soprattutto si concentrò sull'espressione di Dean che aveva persino lasciato perdere il suo cheeseburger, che giaceva mangiato a metà sul tavolino.
Aveva le sopracciglia aggrottate, una postura stranamente rigida, quasi provasse imbarazzo, ed evitava il suo sguardo, come ogni qual volta volesse evitare anche un argomento.
L'hai chiamata per sentirla.” perché era quello - più del fatto che Dean avesse inizialmente omesso di aver ricevuto aiuto per identificare la creatura a cui stavano dando la caccia - a divertirlo.
Non si era mai soffermato a pensare, né durante il periodo del college né da quando aveva ripreso a cacciare con suo fratello, al fatto che Amethyst e Dean potessero essersi visti o sentiti durante quegli anni, forse perché prima aveva deciso di chiudere totalmente con la caccia e con tutto ciò che la riguardava e poi perché era stato assorbito dal dolore per la morte di Jessica e da quella sete di vendetta che continuava a sgomitare in lui, infiltrandosi in quella voglia di trovare nuovamente suo padre dopo i fatti avvenuti a Chicago*.
Sì, ci sentiamo spesso, Sammy. È Amethyst, dannazione! Che diamine ti è preso?
Dean si accarezzò distrattamente l'anello che portava all'anulare della mano destra, quello stesso anello che Amethyst gli aveva regalato per il suo ventiquattresimo compleanno.
Era un gesto che faceva spesso, specialmente quando era da solo o pensava di esserlo, perché per quanto Amethyst lo considerasse la sua roccia, continuandolo a definirlo il suo eroe, era la stessa Amethyst ad essere la roccia di Dean, senza che nessuno dei due se ne rendesse pienamente conto.
E a Sam quel gesto non sfuggì. Così come non gli sfuggì l'espressione pensierosa.
Si sporse appena in avanti, posando gli avambracci sul tavolino e intrecciando le dita, ricercando lo sguardo del fratello. Sentiva che c'era qualcosa di non detto
È successo qualcosa tra di voi?
Quella domanda arrivò inaspettata, una di quelle classiche docce gelate che fanno irrigidire maggiormente. Lo aveva notato, Sam, che Dean aveva fatto scattare la mandibola per una solo istante, prima di aggrottare le sopracciglia in un'espressione infastidita, quasi troppo teatrale.
Cosa? No!
Non mentì, Dean, eppure aveva risposto in maniera troppo irruenta, quasi quella domanda gli provocasse fastidio. O forse era quella risposta negativa a farlo.
Aveva pensato spesso ad Amethyst nel corso di quei mesi, a come si sentisse e a come avesse messo la sua sofferenza davanti alla propria, esattamente come lui aveva fatto con lei.
Pensava a lei ogni volta che si sfiorava quell'anello in un gesto istintivo e naturale, quasi desiderasse che quel piccolo cerchio d'argento avesse il potere di richiamarla, facendola materializzare davanti ai suoi occhi.
Non ne aveva mai fatto parola con Sam.
E Sam non aveva mai immaginato nulla fino a quel momento, solo scorgendo nell'espressione del fratello parole non dette e che forse mai avrebbe pronunciato sembrò scorgere qualcosa.
Ok! Ok...scusa!” disse Sam più per la volontà di tagliare corto che per reale pentimento, forse perché quelle reazioni di Dean gli ricordarono quelle che ebbe nel parlare di Cassie**.
Sam riprese a mangiare la propria insalata, Dean afferrò il proprio cheeseburger salvo poi abbandonarlo ancora una volta in un gesto del tutto inconsueto per lui, sorridendo amaramente.
Ha provato a chiamarti quando è morto Blake.
Nessuna accusa, solo una constatazione amara e greve e Sam percepì quel senso di colpa che solo poco prima lo aveva accarezzato. Perché Blake era morto e lui nemmeno lo sapeva.
Quel messaggio mai ascoltato sembrò pesargli sulla coscienza e anche se solo per un istante, scacciò via il dolore per la perdita della sua amata Jessica.
Eri...eri con lei?” chiese Sam titubante.
Dean annuì, chinò il capo e congiunse le proprie mani facendo intrecciare le dita, gli avambracci posati sulle cosce in una posizione statica che Sam trovò quasi fastidiosa.
Sam non chiese come Blake fosse morto. Non aveva voglia di sentir parlare di mostri o demoni o qualunque altra cosa avesse ucciso Blake Dalton. Si limitò ad assimilare quella notizia senza fare fatica a comprendere il dolore che doveva aver colpito Amethyst.
Avrei dovuto ascoltare quei messaggi.
Sì, avresti dovuto. Ma adesso non pensarci, mh?” un sorriso forzato apparve sulle labbra di Dean, ma non aveva intenzione alcuna di far piegare Sam sotto il peso di un senso di colpa che non avrebbe dovuto appartenergli.
Perché secondo il suo punto di vista era lui a doversi sentire in colpa, a sentirsi in colpa.
Per non aver trovato suo padre.
Per aver trascinato Sam nuovamente in quel mondo dal quale era fuggito.
Per non essere arrivato in tempo per salvare Blake.
Per non aver impedito che Amethyst soffrisse.
Amethyst è più forte di quanto appaia. Non sentirti in colpa.
E forse quelle parole avrebbe voluto dirle a se stesso.
Poi, solo un minuto di silenzio

***

Era già calata la sera quando Amethyst arrivò a Searchlight, nel Nevada.
Scese dalla sua Mustang e sospirò nell'osservare il motel di fronte a lei. Le porte rosse spiccavano nel grigio della struttura persino in quell'imbrunire.
Stanza 101, non più quella stanza 13 che quasi un anno prima le aveva fatto provare brividi e angoscia. Sapeva che dietro quella porta rossa dal numero dorato non c'era ad aspettarla qualcosa di tormentoso, non vi erano mezze risposte che non voleva sapere.
Quel 13 dal nero spettrale, per quanto facesse ancora male, era solamente un ricordo se paragonato a quel 101 dorato che quasi riluceva alla luce rossa al neon del motel.
Bussò senza provare quella paura che l'aveva avvolta tempo prima.
Bussò con la consapevolezza di ritrovare un vecchio amico e bussò con la voglia di perdersi in un abbraccio che sapeva di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma.
Hey, splendore!
Fu proprio Dean ad aprire la porta e lei si perse davvero in quell'abbraccio proprio come aveva desiderato.
Hey, Ace.
Rimase col volto adagiato sull'incavo del suo collo per lunghi istanti. Nessun'altra parola, solo sospiri dovuti a quei sorrisi che entrambi erano in grado di suscitarsi a vicenda.
Riluttante Amethyst sciolse quell'abbraccio e altrettanto riluttante Dean la lasciò andare, tenendo posata una mano sulla sua schiena mentre lei posava lo sguardo su Sam.
Lo sguardo del minore dei Winchester era rimasto lo stesso. In esso ancora si mischiavano dolcezza e sofferenza e quell'irrequietezza che lo caratterizzava sin da bambino era ancora lì, incastonata in quel verde cangiante.
Ciao, Sam.
Sam sorrise appena, quel senso di colpa ancora ad aleggiargli addosso reso evidente dal suo infilare le mani nelle tasche posteriori dei jeans, un gesto impacciato e nervoso.
Hey, Ame...” fu la sua sussurrata risposta prima che lei lo stringesse in un abbraccio.
Le labbra di Sam tremarono per un istante nel tentativo di ricacciare indietro lacrime che non avrebbe voluto versare, ma ricambiò quell'abbraccio senza nemmeno doverci pensare.
Mi dispiace. Dean ha ragione, avrei dovuto ascoltare quei messaggi.
Amethyst si separò da lui e lo guardò confusa, voltandosi poi verso Dean in cerca di una risposta.
Dean sapeva che Amethyst aveva lasciato un messaggio a Sam dopo la morte di Jessica, ma non poteva sapere dell'esistenza del primo messaggio, quello che lei lasciò sulla segreteria dell'amico dopo la morte di suo padre.
Il ragazzo sorrise appena, fece spallucce e piegò le labbra verso il basso in quella sua tipica espressione che sottolineava quanto un dettaglio non fosse importante o quanto fosse naturale.
Quando glielo hai mandato non stavo dormendo.
Amethyst deglutì a vuoto, ma sorrise a Dean, andando poi a stringere la mano di Sam “Non ha importanza, non più.
Ricordava ancora la delusione quando Sam non aveva risposto alla chiamata.
Ricordava ancora la rabbia quando non aveva risposto a quel messaggio vocale.
Ma la delusione era scemata ed era scemata anche la rabbia, anche grazie a Dean che in quelle settimane le era stato accanto, e non l'avevano raggiunta quando provò a richiamarlo dopo la morte di Jessica.
Immaginò il suo dolore, lo fece proprio, lo condivise con Dean in quelle telefonate sussurrate nel cuore della notte.
Allora, avete intenzione di aggiornarmi come si deve o ve ne volete stare impalati in questo modo?
Sam rise e fu come tornare indietro nel tempo, a quando era ancora un adolescente e Amethyst riusciva a farlo ridere in quel suo modo di dire le cose senza troppi fronzoli, canzonandoli con quell'allegria che spiccava in lei.
Anche per Amethyst fu come tornare indietro nel tempo, con loro tre riuniti a ridere e scherzare come erano soliti fare.
Per Dean fu diverso. Rimase a guardarla ridere, non riuscendo a reprimere quel sorriso che si impossessò delle sue labbra, ma non la guardò come la guardava quando era ancora una ragazzina dal piglio ribelle.
Facciamo che mentre Sam ti aggiorna, io vado a comprare qualcosa da mangiare, mh?
Dean uscì dalla stanza con il suo solito sorriso ironico e dopo qualche istante di imbarazzo, Sam e Amethyst iniziarono a parlare.
Parlarono di Blake, parlarono di Jessica, parlarono del loro dolore.
Lo fecero perdendosi in ricordi, lasciandosi andare a risate e ad occhi lucidi, lo fecero come se il tempo si fosse fermato a quel 2001 che li aveva separati.
Sai, anche quando me lo ha raccontato Dean ho trovato assurdo il pick-up assassino. E ricordo Cassie.
Sam si sorprese per quell'affermazione, ma non si sorprese per l'espressione del volto di Amethyst.
Aveva un sorriso malinconico e uno sguardo triste, rassegnato. Sam vi notò perfino una sfumatura di gelosia.
Ricordi Cassie? Dean ti ha parlato di Cassie?” chiese Sam sorpreso.
Amethyst rise appena, scuotendo il capo “Non esattamente. Ho conosciuto Cassie. E ricordo anche di averla odiata per ciò che aveva fatto a Dean.
Dean non le aveva rivelato i suoi sentimenti per Cassie, per quanto ne sapeva lui, Amethyst era a conoscenza solo di quella frequentazione, niente di più, ma questo non le aveva impedito di capire ogni cosa.
Aveva perfino affrontato Cassie e solo allora aveva saputo il motivo della rottura, rimanendone turbata in un primo momento.
Solo poi si rese conto di quanto tutto quello fosse tipico di Dean, colui che cercava sempre di reprimere i propri sentimenti che non fossero rabbia o allegria, ma capace di lasciarsi andare quando tutto si faceva troppo forte e reale.
E allora l'aveva affrontata ancora, asserendo che Dean si meritava di meglio. Si chiese se fosse la gelosia a parlare e forse in parte era così, ma non si volle mai dare una risposta precisa.
Tu come avresti reagito se qualcuno ti avesse detto ciò che facciamo?
La domanda di Sam la colse alla sprovvista e solo nel sentirla smise di torturarsi le dita, accorgendosi solo in quel momento dei propri gesti.
Sollevò lo sguardo e una lieve risata di gola proruppe dalle sue labbra “Io non faccio testo, so di queste cose da una vita intera, non riesco ad immaginare come sia non essendone a conoscenza.
Tu non fai testo perché sei ancora innamorata di lui.” Sam avrebbe voluto essere meno brusco e si pentì subito delle proprie parole, serrando la bocca come se fosse davvero possibile rimangiarsele, ma Amethyst non si risentì per esse.
Non è quello il motivo per cui l'ho odiata. A dir la verità non l'ho mai odiata per davvero, ho solo detestato il fatto che gli avesse spezzato il cuore.
Si strinse nelle spalle nel dire quelle parole. Parole sincere e non forzate eppure pregne di malinconia. Perché lei non sarebbe mai riuscita a spezzare il cuore di Dean Winchester e forse avrebbe voluto raccoglierne i cocci, alleviargli quel dolore mai ammesso, ma non aveva potuto farlo come avrebbe voluto, ferma in quella convinzione di essere per lui soltanto un'amica.
Sam si accigliò appena e per quanto avesse provato a trattenersi da porle la stessa domanda che aveva posto al fratello solamente il giorno prima, non ci riuscì.
Ame...è successo qualcosa tra te e Dean?
Amethyst sbatté le palpebre in un'espressione teatralmente e volutamente comica.
Non aveva idea del perché Sam fosse giunto ad una così errata conclusione, ma non poté fare a meno di sentire una speranza emergere nel suo cuore. Forse una speranza vana, vuota, che non avrebbe trovato alcune fondamenta, ma che non riuscì a reprimere, nemmeno volendolo.
No. Non è successo niente, è solo rimasto con me per qualche settimana dopo la morte di papà. Non mi aveva nemmeno voluto dire che John era scomparso, ho semplicemente capito che c'era qualcosa che non andava. E poi...Poi gli ho detto di venire a cercarti e chiedere il tuo aiuto.
In quell'ultima ammissione incise il proprio senso di colpa.
Quello di non essere stata fisicamente accanto a Dean, quello di aver indirettamente trascinato Sam in ciò che tanto aveva odiato sin da ragazzino. Si chiese persino quali sarebbero state le sorti di Jessica se Sam fosse rimasto a Stanford.
Gli hai chiesto tu di venire a cercarmi?
Amethyst annuì e a quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime “Mi dispiace...” mormorò coprendosi il viso con le mani.
Sam la strinse a sé, le accarezzò la schiena e la cullò appena, forse stranito perché non l'aveva mai vista piangere, nemmeno da bambina.
Non è colpa tua. Dean sarebbe venuto a cercarmi comunque. E nemmeno lui ha colpe in questo, intesi?
La bionda annuì nuovamente, ma ci vollero alcuni secondi affinché riuscisse a calmarsi e a smettere di singhiozzare.
Si sentiva così ridicola, a volte, quando piangeva, come se quella fosse un'emozione a lei preclusa, che non avrebbe dovuto appartenerle, come se dovesse mostrarsi forte in ogni dannata occasione.
Sì, forse sarebbe venuto a cercarti. Lo avevo capito, sai? Che aveva bisogno di aiuto, un aiuto che solamente tu eri e sei in grado di dargli. Ma mi dispiace che tu sia finito di nuovo in mezzo a tutta questa merda.
Sam scosse appena il capo e un sorriso amaro si fece spazio sulle sue labbra “Sai che finito tutto questo tornerò a Stanford, vero? Una volta trovato il demone me ne tornerò alla mia vita noiosa.
Ne aveva già parlato persino con Dean, rimanendo inamovibile nonostante le parole del fratello. Sarebbero sempre stati una famiglia, ma non avrebbero mai visto le cose allo stesso modo. Sam sarebbe andato avanti con la sua vita, con la mancanza di Jessica a pesargli sul cuore, ma non si sarebbe arreso alla vita da cacciatore.
Amethyst si umettò le labbra e sospirò, sollevando lo sguardo verso l'amico. Non poteva biasimarlo, non l'avrebbe mai accusato di niente per quella sua voglia di andare avanti e gettarsi tutto alle spalle, ma sapeva che Dean ne avrebbe sofferto. Lo aveva fatto per quattro anni.
Lo immaginavo, ma non allontanare Dean. Non se lo merita.” mormorò con un mezzo sorriso tremante, quasi fosse in grado di percepire il dolore del ragazzo di cui era irrimediabilmente innamorata.
Quelle parole turbarono Sam, memore del discorso che gli fece Dean meno di un mese prima.
Amethyst aveva ragione, Dean non se lo meritava e lui aveva passato anni a pensare che lo odiasse quando invece era stato lo stesso Sam a chiudergli le porte in faccia, non rendendosi conto che in quello Dean era totalmente diverso da John.
Distolse lo sguardo dall'amica, puntandolo verso la finestra che pochi istanti dopo venne illuminata dai fari di un'auto. Il rombo dell'Impala annunciò l'imminente arrivo di Dean.
Lo so, ma lui non sembra intenzionato a rinunciare a questa folle idea della caccia.
Perché deve ancora capire che se solo lo volesse, sarebbe in grado di fare qualunque cosa desideri.
Poi, solo un minuto di silenzio.

***

Gran bel pugnale!” Dean si rigirò il pugnale tra le dita. Era di lucente ossidiana, a forma di foglia, il manico sembrava essere in argento.
Itztlitlantl. L'unica arma in grado di uccidere definitivamente una Borderwalker.
Alle parole di Amethyst, Dean sorrise scuotendo appena il capo “Non riuscirò mai a pronunciarlo.” ammise con un'alzata di spalle. Dopotutto, pronunciare il nome di quel pugnale, non gli serviva in quel momento.
Sam rise appena, divertito “Itztlitlantl?” disse, pronunciando con scioltezza il nome di quel pugnale speciale.
Dean lo guardò torvo per poi scimmiottarlo storpiando il nome dell'arma “Secchione.” concluse in finto tono seccato, facendo ridere Amethyst che poi si fece subito seria.
Avevano passato quasi l'intera notte a stabilire un piano all'apparenza perfetto, ma questo non le impediva di provare paura. Non si sapeva molto sulle Borderwalker e questo la terrorizzava. Tuttavia non aveva mai conosciuto dei cacciatori più in gamba dei Winchester e lei stessa aveva avuto modo di vedere Dean in azione più di una volta.
Dean sapeva essere meticoloso nella caccia, perfino nel suo essere istintivo e impulsivo e Amethyst aveva fiducia in lui e nelle sue capacità, nutriva la stessa fiducia in Sam, nonostante quegli anni passati l'uno lontano dall'altra e questo sarebbe dovuto bastarle per tranquillizzarsi.
Eppure, nonostante sapesse tutto quello, non riusciva a controllare la paura che l'assaliva ogni volta, paura che nascondeva costantemente dietro ad un 'in bocca al lupo, Ace' ogni volta che Dean la chiamava prima di una caccia.
Ame, tutto bene?” la voce di Sam la distolse da quei pensieri e lei ritrovò il sorriso, forse sforzandosi, forse riuscendo davvero a calmarsi.
Sì, sì...solo...state attenti, ok?
Hey! Ti ho mai delusa, splendore?” e in quel momento, Dean riuscì a farla sorridere per davvero.
Amethyst non rispose, non a parole. Lo guardò, ancora col sorriso sulle labbra e gli occhi fulgidi di speranza e sentimenti taciuti.
Mi sorprende che tu non stia facendo il diavolo a quattro per venire con noi.” disse Dean, infilando il pugnale nel fodero di pelle che aveva attaccato alla cinta. Titubò nel dire quelle parole, la paura che lei cambiasse idea serpeggiò tra esse proprio come serpeggiò nelle sue vene.
Amethyst fu in grado di tranquillizzarlo con un semplice tocco quando gli sfiorò il braccio, prima di prendere la sua mano facendo in modo che le loro dita si intrecciassero.
Ti ho fatto una promessa che intendo mantenere. Tu pensa solo a mantenere la tua, ok?
Sam sorrise nel vederli in quel modo. Era in parte confuso, ma anche divertito da quell'evidenza che loro sembravano invece ignorare in quel tentativo di comportarsi come semplici amici.
Quel sorriso gli rimase sulle labbra anche dopo aver salutato Amethyst, uscendo dal motel.
Dean fece finta di ignorarlo, memore di quanto suo fratello riuscisse ad essere una spina nel fianco in simili circostanze, ma lo fece inconsciamente, senza rendersene veramente conto dato che non si rendeva veramente conto nemmeno dei suoi atteggiamenti nei confronti di Amethyst. O di come la guardasse quando pensava che Sam non potesse notarlo.
Che promessa le hai fatto?
La domanda di Sam sembrò atta a stuzzicare il fratello e sebbene una parte di sé si divertisse a farlo, vi era genuina curiosità.
Dean sembrò ignorarlo, concentrato sulle chiavi che teneva in mano, per poi aprire la portiera dell'auto. Solo in quel momento si fermò, sollevò lo sguardo verso Sam mentre appoggiava gli avambracci sul tettuccio dell'Impala, tenendo le chiavi tra le dita “Di morire il più tardi possibile. Ora sali in macchina o ti lascio qui.
Sam ridacchiò, salì in macchina e fece nuovamente per parlare voltandosi verso il fratello con una strana aria vittoriosa.
Non dire una parola, Sammy.” lo interruppe Dean, con quel tono brusco che solitamente usava per evitare di parlare di cose come sentimenti o di come, semplicemente, si sentisse. 'Niente sentimentalismi' l'aveva ripetuto più di una volta e sembrava fermo in quella sua decisione.
Non ho detto nulla! Però è stata carina a venire sin qui per portarci l'Itztlitlantl.
Dean strinse il volante tra le dita e solo per un secondo voltò il viso verso Sam prima di tornare a guardare la strada con un'espressione più concentrata del solito.
Stai facendo qualche allusione o volevi pavoneggiarti ancora perché sai pronunciare Itzitlicoso?
Sam si sistemò nel sedile, si umettò le labbra e non smise di sorridere nemmeno per un istante “Sto solo dicendo che da Cutler Bay è un bel po' di strada da fare.” disse sollevando le mani in segno di resa, ma ogni cosa del suo volto lasciava trapelare quanto invece la sua fosse effettivamente un'allusione.
Dean, ancora una volta, fece finta di non cogliere le reali intenzioni del fratello, tamburellò con le dita sul volante seguendo il ritmo della musica in sottofondo e fece spallucce “Si è trasferita a Sioux Falls mesi fa.
Sam rimase sorpreso da quella notizia, ma quello non avrebbe certamente cambiato il suo pensiero. Era ben consapevole dei sentimenti che Amethyst provava per Dean - lei stessa glieli aveva confessati la prima volta quando avevano sedici anni e aveva poi confessato che ne fosse ancora innamorata solamente la sera prima - ma aveva anche notato quanto fosse cambiato lo sguardo del fratello quando lo posava su di lei.
Beh, anche Sioux Falls non è vic--
Piantala, Sammy. So che cosa stai cercando di fare e te l'ho già detto: tra me e Ame non è successo niente. Fine della storia.” e per quanto quella fosse la verità, l'irritazione di Dean era innegabile e Sam non avrebbe tirato troppo la corda.
Poi, solo un minuto di silenzio.

***

Amethyst aveva rischiato di creare un solco nella lurida moquette della stanza 101 col suo andirivieni costante dettato dal nervosismo e dalla paura.
Solo quando Dean la avvisò con un messaggio che erano riusciti a eliminare la Borderwalker riuscì a rilassarsi.
Si sedette sul letto e iniziò, svogliatamente, a fare zapping alla TV non mancando di gettare di tanto in tanto un'occhiata alla finestra, l'orecchio costantemente teso per poter sentire quell'inconfondibile rombo di motore e solo quando i Winchester, finalmente, varcarono la soglia della porta, si calmò del tutto.
Si allarmò nuovamente nel vedere sul volto di Dean una smorfia di dolore e lui lo capì subito, regalandole un sorriso sfrontato “Niente di allarmante, splendore, è solo un graffio.” sebbene la sua camicia insanguinata lasciasse supporre che fosse più grave di un semplice graffio.
Sam rise appena guardando prima il fratello e poi Amethyst. Aveva un sorriso furbo sulle labbra, canzonatorio, perché quella situazione lo stava divertendo per davvero “Sì, splendore, è solo un graffio!
Quel nuovo nomignolo che Dean aveva usato più di una volta per chiamare Amethyst, lo aveva colpito anche se all'inizio non vi aveva dato molto peso, ma lo trovava più eloquente di quanto lo stesso Dean avesse pensato nell'affibbiarlo all'amica. Amica che forse non era più tale da tempo, anche se né Amethyst né lo stesso Dean sembravano in grado di capirlo.
Sta zitto, Sam.
Fu una risposta corale, forse perfino azzardata dato che in quel disperato tentativo di negare tutto non vi era altro che tacita ammissione.
Amethyst si schiarì la voce, ignorò il rossore delle proprie gote e si diresse nel bagno, facendo a Dean cenno di seguirla “Vieni, ti medico quel graffio.
Dean si chiuse la porta del bagno alle spalle, lasciando un Sam particolarmente divertito e soddisfatto nella stanza.
Avanti, spogliati.
Amethyst prese la piccola cassetta del pronto soccorso e indicò a Dean di sedersi sul bordo della vasca da bagno macchiata di calcare e chissà cos'altro.
Woah, non mi offri da bere prima?
La battuta di Dean arrivò puntuale eppure inaspettata, tanto che Amethyst arrossì appena, complice il fatto che Dean avesse già iniziato a sbarazzarsi di camicia e maglietta. Il ciondolo che gli aveva regalato Sam un Natale di tanti anni prima era posato sul suo petto, quasi volesse attirare lo sguardo di Amethyst.
Sei un idiota.
Lo so.
Risero appena entrambi e solo allora Amethyst riuscì a posare lo sguardo su di lui, deglutendo a vuoto mentre prendeva posto sul pavimento per arrivare più facilmente all'altezza della ferita del ragazzo.
Visto? È solo un graffio.” mormorò lui sfiorandosi la parte lesa, ma Amethyst non gli stava prestando realmente attenzione in quel maldestro tentativo di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse lui.
Difficile farlo vista la situazione, ma anche la sua voce era capace di attrarla, di farle provare desiderio.
All'improvviso si schiarì la voce, scostando la mano di lui e mettendosi subito al lavoro, pulendo la ferita prima di tamponarla e passare poi a disinfettarla. Lo fece con estrema delicatezza.
Dean tremò appena sotto il suo tocco e sospirò, serrando la mandibola e chiudendo gli occhi.
Un sospiro di eccitazione trattenuta, quella trepidazione macchiata dalla frustrazione di non riuscire a spingersi oltre, bloccato in quell'assurda convinzione di non provare niente per lei solo perché non poteva farlo. Perché era Amethyst ed era convinto di non meritarsela.
Come poteva ambire ad amarla ed essere amato da lei? Come avrebbe potuto sporcare la sua anima con la propria?
Lasciò che Amethyst pensasse che quel sospiro fosse dovuto al dolore per quella ferita a cui lei si stava dedicando con fin troppa cura per i suoi gusti.
Non è profonda, non ci dovrebbe essere bisogno di punti.
La voce di Amethyst tremò, così come tramarono le sue labbra dove vi era la pallida impronta di un bacio mai dato, mai ricevuto. A lui, da lui. Lo guardò negli occhi, combattendo contro quell'impulso di baciarlo che ogni volta diventava più forte, più prepotente. Il suo sguardo si spostò sulle labbra di lui per un solo istante e lei respirò a malapena.
Ho passato di peggio.
Al contrario di quella di Amethyst, la voce di Dean risultò chiara, quasi ironica. Perché lui si stava perdendo in quel momento, traendo una malcelata soddisfazione nel notare le guance di lei imporporarsi, percependo l'attrazione di lei.
Dean serrò nuovamente la mascella, pentendosi di quei pensieri, ancora convinto che lei fosse troppo per lui. Ma era così bello poter perdersi in quella fantasia che ora sembrava poter toccare con mano. Solo la voce di lei lo riscosse, facendolo bruscamente portare alla realtà.
Come con Cassie?
Aveva parlato di getto, Amethyst, troppo in fretta, impedendo al buon senso di intromettersi per evitare quelle parole, venendo però investita dal pentimento.
Dean non rispose, la guardò confuso, chiedendosi se fosse stato Sam a raccontarle tutto.
Non sono stupida, Dean.
Dean non lo aveva mai pensato e quel mezzo sorriso sulle labbra lo dimostrò a lei e a se stesso.
Sospirò pesantemente, allentando la tensione che sentiva accumularsi sulle spalle e svigorendo la presa sul bordo della vasca, ma non poté fare a meno di ricambiare lo sguardo di lei, di notare come lei lo posasse di tanto in tanto sulle sue labbra che lui inumidì quasi una parte di sé volesse portare l'attenzione di lei ancora su di esse.
Cassie è acqua passata e anche se l'ho rivista non penso a lei.” perché per Dean era stato bello rivederla, poter chiarire, poterle far capire che non era un pazzo e che aveva detto il vero. Era stato bello persino poter rifare l'amore con lei, riassaporare le sue labbra, ma tutto era passato, complici forse le parole di lei e quell'addio che lui aveva provato a rifiutare.
Si rese però conto che quell'addio non gli faceva più male, soppiantato da un altro dolore più insistente e continuo, più forte e costantemente taciuto. Anche di fronte ad Amethyst, causa e al contempo cura di quel dolore.
Oh beh, immagino tu ti sia distratto spesso.
Amethyst rise e Dean rise con lei, scuotendo il capo. Provò un certo fastidio per se stesso, per quel suo essere un donnaiolo e concedersi del sesso senza amore che lo teneva lontano da lei.
Si chiese se sarebbe riuscito a baciarla o ad accettare quei sentimenti tra loro se solo lui fosse stato diverso e si chiese se per una come lei sarebbe valsa la pena mettere da parte la vita del cacciatore, come gli aveva chiesto Sam dopo quell'addio a Cassie.
Dean non aveva risposto allora, ma una risposta l'avrebbe avuta in quel momento, per Amethyst. Perché si rese conto che per lei avrebbe potuto rinunciare a tutto, ma era ancora frenato da quell'assurda convinzione di non essere giusto per lei. Perché lei si meritava di meglio. Poteva e doveva avere di meglio di uno come lui, caos ambulante che poteva portare solo guai, che portava tutti ad allontanarsi da lui.
Dean avrebbe voluto respirare il profumo di lei, respirare sulla sua bocca e finalmente baciarla e sentire il cuore in gola, ma se lo avesse fatto non sarebbe più potuto tornare indietro. Forse non poteva più nemmeno in quel momento, mentre le fissava le labbra piene e poi quegli occhi azzurri che non avevano più segreti per lui e per cui lui non riusciva ad avere segreti, nemmeno provandoci.
Tutto bene lì dentro?” Sam bussò alla porta facendoli sobbalzare entrambi e Amethyst si affrettò ad applicare la benda sulla ferita di Dean.
Sì!
La voce più acuta del normale, nervosa come i suoi movimenti veloci nel mettere a posto la cassetta del pronto soccorso.
Vado a prendere da mangiare.
E non ti dai una rinfrescata?
La voce si regolarizzò, così come i suoi movimenti che si fecero più lenti e controllati.
Tanto il lavoro sporco lo ha fatto Dean.
Dean emise una lieve risata di gola, alzandosi dalla vasca, fiero di se stesso per come avesse affrontato la Borderwalker sotto forma di coyote, ma non aggiunse nulla, né fu Amethyst a farlo e rimasero in silenzio fino a che non sentirono la porta della stanza aprirsi e chiudersi nuovamente.
Amethyst fu la prima ad uscire dal bagno, raccolse degli indumenti puliti di Dean e glieli lanciò colpendolo in pieno viso “Rivestiti, latin lover.” quel tono canzonatorio a mascherare l'imbarazzo.
Dean rise divertito, ma si rivestì senza aver voglia di provocare, consapevole che sarebbe caduto nella sua stessa provocazione, complice l'assenza di Sam che sembrava aver capito tutto pur non avendo detto niente.
Grazie per essere venuta fin qui. Senza di te non ne avremo ricavato un ragno dal buco.” si limitò a dire con sincerità.
Ricercò comunque il suo sguardo, cercando in se stesso il coraggio per farlo, lo stesso coraggio che per un solo singolo istante parve venire meno nel vedere il sorriso che lei gli regalò.
È stato un piacere. Ed è stato bello rivedervi riuniti.
Era stato bello rivedere Sam, era stato bello rivederli insieme, era stato bello rivedere Dean dopo tutti quei mesi passati l'uno lontano dall'altra. Fisicamente, perché non erano mai riusciti a separarsi davvero.
Già...Beh, non so quanto durerà. Sam non ha intenzione di continuare dopo che troveremo quel dannato demone.
Amethyst percepì del pentimento in quelle parole, perché sapeva quanto Dean desiderasse che la sua famiglia fosse nuovamente unita come un tempo, ma lo stesso Dean combatteva ogni giorno con se stesso con quei sensi di colpa per aver portato Sam lontano da una vita normale, sicura.
Non c'era bisogno che lui glielo dicesse, Amethyst lo aveva capito semplicemente guardandolo nei suoi grandi occhi verdi, come ogni volta.
Lo so, me lo ha detto. Tu non pensi mai di smettere?
E per fare cosa?
Qualunque cosa tu voglia.
Gli offrì quella soluzione con voce tremante, quasi volesse tastare il terreno. Ma vi era anche sicurezza nella sue parole, sicurezza che Dean decise di ignorare, sbuffando una risata.
Certo...come no.
Amethyst rise amaramente, allargando le braccia e chinandosi quel tanto da permetterle di rientrare nel campo visivo di Dean, che aveva chinato il capo.
Sei così...testardo! Potresti davvero fare qualunque cosa tu voglia se solo te lo ficcassi in quella testa dura che ti ritrovi.
La voce non le tremò più, quella voglia di scuoterlo a prendere il sopravvento sul resto.
Dean Winchester era la persona più bella che avesse mai conosciuto, ma era anche in grado di farle saltare i nervi e di farle desiderare di poterlo prendere a schiaffi senza poi doversi sentire in colpa.
Dean la guardò, sollevando il capo e aggrottando le sopracciglia, sorpreso da quell'improvvisa e breve invettiva.
Sì umettò le labbra e scosse appena il capo guardandosi intorno.
L'ennesimo motel, così diverso eppure così uguale a tutti gli altri. Si sentì improvvisamente stanco, stanco di quei motel, stanco della caccia, stanco di quella vita. Ma era anche l'unica vita che avesse mai davvero conosciuto.
Già...non penso che accadrà. Tu però continua a starne lontana.
Il tono perentorio di Dean fu capace di irritarla e addolcirla allo stesso tempo, perché per quanto lo detestasse le faceva percepire quanto lui volesse solamente proteggerla, esattamente come l'eroe che lui era per lei.
Ci proverò se tu ci proverai.
Quelle parole risuonarono a lui come una minaccia e irrigidì le spalle tornando nuovamente a guardare lei. Gli occhi appena sgranati per la paura, paura di non riuscire a proteggerla, paura di fallire nel suo ruolo di eroe, paura di perderla.
Perché, vorresti tornare a cacciare?” ringhiò, lo sguardo addolcito dai sentimenti che provava per lei.
No, non costantemente, non da sola. Ho davvero intenzione di mantenere quella promessa. Ma con te e Sam...Sai che posso aiutarvi.
Lei tentennò, ma si avvicinò a lui, prendendogli una mano, la stessa dove indossava l'anello che lei gli aveva regalato.
Ame...
Ho...ho solo bisogno di vederti più spesso.
Dean abbassò il capo, le sfiorò le dita e si sfiorò l'anello e sospirò ricordandosi di quella notte e di quelle parole.
Non solo di quella promessa di morire il più tardi possibile, ma anche di quell'assurdo patto che avevano fatto.
Erano passati due anni, quasi tre da allora, ne mancavano meno di diciotto per suggellarlo.
Ma diciotto anni sono lunghi, perfino troppi per un cacciatore e il desiderio di rinunciare a tutto per lei, tornò a farsi vivo e bruciante.
Dean sorrise appena, l'attirò a sé permettendole di perdersi in quell'odore di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma e lui si perse nel profumo di lei. Profumo che sapeva di vita e speranza.
Poi, solo un minuto di silenzio.








Note dell'autrice: *fa riferimento alla puntata 1x16 Shadow, quando i ragazzi ritrovano John la prima volta.
** riferimento a Cassie Robinson, la ragazza di Dean della puntata 1x13 Route 666, quella di cui era innamorato.
Ogni paragrafo finisce con la medesima frase che si rifà al titolo del capitolo. Il suddetto titolo riprende il titolo di un brano dei Soundgarden, brano effettivamente composto da un minuto di silenzio.
Le modalità di uccisione delle Borderwalker, le loro descrizioni, armi, punti di forza e debolezze, sono presi da Supernatural Wiki con qualche modifica da me effettuata. Canonicamente i Winchester non ne hanno mai incontrato una.
Il capitolo è da collocare tra la 1x18 Something Wicked e la 1x19 Provenance.
Dato che questa storia presenta diversi salti temprali, creerò anche una raccolta di "missing moments" e non sempre, né qui né nella futura raccolta, seguirò il canone della serie, introducendo quindi anche alcuni episodi "what if?".
(Ho scritto questo capitolo a più riprese a causa di impegni indesiderati e non ho una beta reader, quindi mi scuso se dovesse risultare confusionario o pieno di errori)

   
 
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