“Cosa potrebbe
aver mai fatto un Custode per finire qua?”
la voce cupa di Gadreel fece sobbalzare Umabel, persa nei suoi
pensieri. 2006 "Sofia
Lopez è una Borderwalker.” *** Era
già calata la
sera quando Amethyst arrivò a Searchlight, nel Nevada. *** “Gran
bel pugnale!”
Dean si rigirò il pugnale tra le dita. Era di lucente
ossidiana, a
forma di foglia, il manico sembrava essere in argento. ***
Amethyst
aveva rischiato di creare un solco nella lurida moquette della stanza
101 col suo andirivieni costante dettato dal nervosismo e dalla
paura.
In quegli anni di prigionia non aveva mai sentito la
voce dell'ormai ex Guardiano dell'Eden, non in quel modo almeno.
Aveva sentito solo le sue grida per quella continua tortura
inflittagli da Thaddeus.
Grida che spesso venivano sovrastate da
quelle degli altri Angeli tenuti prigionieri, Umabel compresa.
Umabel
non rispose. Si limitò a guardare Gadreel con espressione
vuota e
stanca anche se una parte di lei avrebbe voluto gridare.
Non
credeva di meritarsi tutto quello, anche se sapeva di aver infranto
le regole, non era così folle da pensare il contrario.
Tuttavia
pensava che quelle regole non fossero giuste.
Come si poteva
essere Angeli Custodi se non si aveva per davvero la
possibilità di
aiutare i propri protetti?
“Sai...”
continuò Gadreel avvicinandosi alle fredde sbarre della
propria
cella “...sei
il primo Custode che
finisce qua. Devi aver fatto qualcosa di grave.”
Quelle
parole risuonarono asfissianti e lente, una cantilena fastidiosa
capace di ferire, entrare sotto pelle a invadere una Grazia con del
veleno.
“Niente
che arrivi ai tuoi
livelli, Gadreel.”
La risposta di
Umabel arrivò secca ed inaspettata.
Gadreel fece un passo
indietro, risentito da quelle parole.
Nessuno lo aveva perdonato
in Paradiso. Nemmeno suo Padre o i suoi fratelli. Era ancora un
reietto e si chiese se sarebbe mai riuscito a smacchiarsi di quel
peccato.
Lui che era stato per Dio il più fidato e affidabile
tra gli angeli, più del primogenito Michael era poi
diventato lo
zimbello del Paradiso, l'indiretto catalizzatore della corruzione
dell'uomo.
Era colpa sua se l'Umanità ora era condannata.
Era
colpa sua se i demoni erano stati creati.
Era colpa sua se Dio
aveva lasciato il Paradiso. Una colpa di cui ancora non sapeva di
essersi macchiato.
Non parlò più, Gadreel e Umabel si
sentì
persino in colpa.
Forse come tutti i suoi fratelli non aveva mai
perdonato Gadreel, ma era una dei pochi, se non l'unica, a non
considerarlo colpevole fino in fondo. Non per davvero.
Era come se
Umabel riuscisse a vedere al di là delle cose pur senza
comprendere
appieno tutto.
Riusciva ad accarezzare quelle idee labili senza
poterle afferrare, consapevole però che un giorno ci sarebbe
riuscita.
Come quei sentimenti che sgomitavano in lei per
emergere, affacciarsi in azioni e parole che ad un angelo non erano
concesse.
“Ho
sentito...provato...qualcosa.”
Mormorò
infine il Custode e la sua voce delicata si perse tra quelle grida di
angeli torturati.
Gadreel la guardò sorpreso, chiedendosi se
anche lui provasse qualcosa nel percepire quella vergogna e quella
voglia di riscatto e Umabel ricambiò il suo sguardo provando
forse
misericordia per quell'angelo tormentato.
“E
ho voluto...fare di testa mia. Ho disobbedito, sono scesa sulla Terra
per aiutare un mio protetto.”
Poi,
solo un minuto di silenzio.
A
quelle parole del fratello, Sam inarcò un sopracciglio. Si
chiuse la
porta della stanza del motel alle spalle, posando le cibarie appena
acquistate sul tavolino.
Sembrò metterci qualche istante a
realizzare effettivamente ciò che Dean avesse detto.
Si erano
imbattuti in un caso bizzarro perfino per loro e da quando si erano
resi conto che non si trattava di uno spirito vendicativo non avevano
fatto altro che buchi nell'acqua.
“Una
Borderwalker? Non l'ho mai sentito. Sul diario di papà non
c'è
niente al riguardo.”
Dean ghignò
soddisfatto. Era raro cogliere Sam alla sprovvista su quel genere di
cose. Per quanto Dean possedesse una vasta conoscenza del mondo
soprannaturale, non solo grazie agli insegnamenti del padre ma anche
grazie alle proprie doti, solitamente era Sam quello che riusciva a
scovare le origini di una creatura che non avevano mai affrontato
prima.
“Sono
esseri mutaforma, in
origine erano donne e solitamente appaiono come tali o come coyote,
ma possono tramutarsi in vari animali come tarantole, scorpioni,
avvoltoi. Di norma sono innocui, ma abbiamo sempre un'eccezione che
conferma la regola, no?”
Sam
continuò a guardarlo accigliato. Sembrava confuso o forse
semplicemente sorpreso.
Se c'era una cosa che Dean detestava,
questa era fare ricerche. O almeno questo era ciò che Sam
aveva
sempre pensato.
“E
sappiamo altro
di queste Borderwalker?”
“Sono
creature pacifiche, raramente entrano in contatto con gli umani. Sono
attratte da donne in punto di morte e guidano poi la loro anima
nell'aldilà, ma non prima di aver fatto loro un'offerta:
diventare
Borderwalker a loro volta.”
Sam si
sedette al tavolino, prendendo dalla busta la propria insalata e
porgendo al fratello il classico cheeseburger con bacon.
Era
chiaro dai suoi movimenti e dall'espressione del suo volto che stesse
cercando di rimettere insieme i pezzi del loro nuovo
caso.
“Quindi...Sofia
Lopez stava
morendo, una Borderwalker le ha fatto l'offerta e lei è
stata
trasformata e usa la sua forma animale per uccidere quelli che
ritiene responsabili della sua morte?”
Alla
ricostruzione del fratello, Dean sorrise, la guancia piena dal
boccone del cheeseburger appena addentato.
“Bingo!”
“E
come si ferma una Borderwalker?”
chiese Sam, sperando che quel caso potesse finalmente giungere a
termine.
“Le
armi in ossidiana
possono ferirla, ma può essere uccisa solo con un
izzy...izzyqualcosa, un pugnale speciale.”
Sam
sbuffò, imprecando sottovoce nel vedere quella speranza di
poco
prima sfumare. Con un gesto pregno di irritazione lanciò la
forchetta di plastica nel contenitore, per poi colpire lo stesso,
allontanandolo da sé, sotto lo sguardo attonito di Dean.
“Calmati,
domani risolveremo questa storia. Amethyst ci sta portando quel
pugnale. Nel frattempo dobbiamo procurarci dei fiori di calendula,
per protezione.”
Nonostante avesse
la bocca piena, le parole di Dean risultarono ben comprensibili e Sam
parve calmarsi.
Rilassò le spalle anche se non accennò a
smettere di muovere nervosamente la gamba.
Sentire quel nome gli
fece uno strano effetto, non riuscì a calmarsi del tutto.
Poi,
quasi all'improvviso rise. Non una risata sguaiata, quanto piuttosto
divertita e canzonatoria.
“Quindi
è
stata lei a dirti che si tratta di una Borderwalker.”
Dean
posò il proprio cheeseburger, inghiottendo l'ennesimo
boccone e
aprendo le braccia in un movimento esasperato e teatrale.
“Sì.
E quindi?”
“E
perché l'hai chiamata?”
La voce
di Sam si incrinò appena. Non vedeva Amethyst da quattro
anni e non
la sentiva da due.
E gli mancava, terribilmente, anche se forse,
in quel momento, faticava ad ammetterlo, forse persino a se stesso.
“Perché
è Amethyst!”
Una
risposta che non diceva nulla, ma che al contempo poteva dire
tutto.
Perché Amethyst in un modo o nell'altro era sempre stata
presente.
Sam si massaggiò la fronte, ricordandosi di quei
messaggi vocali che l'amica gli aveva lasciato mesi prima, dopo anni
di silenzio da ambo le parti.
Non li aveva mai ascoltati.
Giacevano nella sua casella vocale come pacchi dimenticati.
“Perché
è Amethyst.”
ripeté Dean in tono
stanco, guardando il fratello con occhi pieni di malinconia, persi
nei ricordi non troppo lontani di quelle telefonate continue, quelle
parole fatte di sentimenti taciuti e sussurri che nessuno, eccetto
loro, avrebbe mai sentito.
C'era un velo di amarezza nel verde dei
suoi occhi, qualcosa di non espresso in grado di tormentarlo.
Ma i
tormenti di Dean erano tanti e anche se cercava di non darli mai a
vedere, Sam era spesso in grado di capirli.
Ma non era l'unico a
farlo. Amethyst Dalton riusciva a leggergli l'anima come nessun
altro.
“Che
cosa significa
'perché è Amethyst'?”
Dean
sollevò gli occhi al soffitto al gesto di Sam, quelle
virgolette
mimate con le dita capaci di irritarlo a dismisura.
“Parlo
arabo, per caso? Secondo te che cosa significa? Perché
è Amethyst.
Ci sentiamo, è Amethyst. Punto. L'ho chiamata per sentirla,
è
venuto fuori il discorso sulla battuta di caccia e mi ha dato la
soluzione. Contento?”
Sam strinse
le labbra nel tentativo di reprimere una risata. Si
dimenticò di
quei messaggi non ascoltati in segreteria, ricordandosi solo i bei
momenti passati insieme, ma soprattutto si concentrò
sull'espressione di Dean che aveva persino lasciato perdere il suo
cheeseburger, che giaceva mangiato a metà sul tavolino.
Aveva le
sopracciglia aggrottate, una postura stranamente rigida, quasi
provasse imbarazzo, ed evitava il suo sguardo, come ogni qual volta
volesse evitare anche un argomento.
“L'hai
chiamata per sentirla.”
perché era
quello - più del fatto che Dean avesse inizialmente omesso
di aver
ricevuto aiuto per identificare la creatura a cui stavano dando la
caccia - a divertirlo.
Non si era mai soffermato a pensare, né
durante il periodo del college né da quando aveva ripreso a
cacciare
con suo fratello, al fatto che Amethyst e Dean potessero essersi
visti o sentiti durante quegli anni, forse perché prima
aveva deciso
di chiudere totalmente con la caccia e con tutto ciò che la
riguardava e poi perché era stato assorbito dal dolore per
la morte
di Jessica e da quella sete di vendetta che continuava a sgomitare in
lui, infiltrandosi in quella voglia di trovare nuovamente suo padre
dopo i fatti avvenuti a Chicago*.
“Sì,
ci sentiamo spesso, Sammy. È Amethyst, dannazione! Che
diamine ti è
preso?”
Dean si accarezzò
distrattamente l'anello che portava all'anulare della mano destra,
quello stesso anello che Amethyst gli aveva regalato per il suo
ventiquattresimo compleanno.
Era un gesto che faceva spesso,
specialmente quando era da solo o pensava di esserlo, perché
per
quanto Amethyst lo considerasse la sua roccia, continuandolo a
definirlo il suo eroe, era la stessa Amethyst ad essere la roccia di
Dean, senza che nessuno dei due se ne rendesse pienamente conto.
E
a Sam quel gesto non sfuggì. Così come non gli
sfuggì
l'espressione pensierosa.
Si sporse appena in avanti, posando gli
avambracci sul tavolino e intrecciando le dita, ricercando lo sguardo
del fratello. Sentiva che c'era qualcosa di non detto
“È
successo qualcosa tra di voi?”
Quella domanda arrivò inaspettata, una di quelle classiche
docce
gelate che fanno irrigidire maggiormente. Lo aveva notato, Sam, che
Dean aveva fatto scattare la mandibola per una solo istante, prima di
aggrottare le sopracciglia in un'espressione infastidita, quasi
troppo teatrale.
“Cosa?
No!”
Non mentì, Dean,
eppure aveva risposto in maniera troppo irruenta, quasi quella
domanda gli provocasse fastidio. O forse era quella risposta negativa
a farlo.
Aveva pensato spesso ad Amethyst nel corso di quei mesi,
a come si sentisse e a come avesse messo la sua sofferenza davanti
alla propria, esattamente come lui aveva fatto con lei.
Pensava a
lei ogni volta che si sfiorava quell'anello in un gesto istintivo e
naturale, quasi desiderasse che quel piccolo cerchio d'argento avesse
il potere di richiamarla, facendola materializzare davanti ai suoi
occhi.
Non ne aveva mai fatto parola con Sam.
E Sam non aveva
mai immaginato nulla fino a quel momento, solo scorgendo
nell'espressione del fratello parole non dette e che forse mai
avrebbe pronunciato sembrò scorgere qualcosa.
“Ok!
Ok...scusa!”
disse Sam più per la
volontà di tagliare corto che per reale pentimento, forse
perché
quelle reazioni di Dean gli ricordarono quelle che ebbe nel parlare
di Cassie**.
Sam riprese a mangiare la propria insalata, Dean
afferrò il proprio cheeseburger salvo poi abbandonarlo
ancora una
volta in un gesto del tutto inconsueto per lui, sorridendo
amaramente.
“Ha
provato a
chiamarti quando è morto Blake.”
Nessuna
accusa, solo una constatazione amara e greve e Sam percepì
quel
senso di colpa che solo poco prima lo aveva accarezzato.
Perché
Blake era morto e lui nemmeno lo sapeva.
Quel messaggio mai
ascoltato sembrò pesargli sulla coscienza e anche se solo
per un
istante, scacciò via il dolore per la perdita della sua
amata
Jessica.
“Eri...eri
con lei?”
chiese Sam titubante.
Dean annuì, chinò il capo e congiunse le
proprie mani facendo intrecciare le dita, gli avambracci posati sulle
cosce in una posizione statica che Sam trovò quasi
fastidiosa.
Sam
non chiese come Blake fosse morto. Non aveva voglia di sentir parlare
di mostri o demoni o qualunque altra cosa avesse ucciso Blake Dalton.
Si limitò ad assimilare quella notizia senza fare fatica a
comprendere il dolore che doveva aver colpito Amethyst.
“Avrei
dovuto ascoltare quei messaggi.”
“Sì,
avresti dovuto. Ma adesso non pensarci, mh?”
un sorriso forzato apparve sulle labbra di Dean, ma non aveva
intenzione alcuna di far piegare Sam sotto il peso di un senso di
colpa che non avrebbe dovuto appartenergli.
Perché secondo il suo
punto di vista era lui a doversi sentire in colpa, a sentirsi in
colpa.
Per non aver trovato suo padre.
Per aver trascinato Sam
nuovamente in quel mondo dal quale era fuggito.
Per non essere
arrivato in tempo per salvare Blake.
Per non aver impedito che
Amethyst soffrisse.
“Amethyst
è
più forte di quanto appaia. Non sentirti in colpa.”
E
forse quelle parole avrebbe voluto dirle a se stesso.
Poi, solo un
minuto di silenzio
Scese
dalla sua Mustang e sospirò nell'osservare il motel di
fronte a lei.
Le porte rosse spiccavano nel grigio della struttura persino in
quell'imbrunire.
Stanza 101, non più quella stanza 13 che quasi
un anno prima le aveva fatto provare brividi e angoscia. Sapeva che
dietro quella porta rossa dal numero dorato non c'era ad aspettarla
qualcosa di tormentoso, non vi erano mezze risposte che non voleva
sapere.
Quel 13 dal nero spettrale, per quanto facesse ancora
male, era solamente un ricordo se paragonato a quel 101 dorato che
quasi riluceva alla luce rossa al neon del motel.
Bussò senza
provare quella paura che l'aveva avvolta tempo prima.
Bussò con
la consapevolezza di ritrovare un vecchio amico e bussò con
la
voglia di perdersi in un abbraccio che sapeva di pelle, polvere da
sparo e bagnoschiuma.
“Hey,
splendore!”
Fu proprio Dean ad
aprire la porta e lei si perse davvero in quell'abbraccio proprio
come aveva desiderato.
“Hey,
Ace.”
Rimase col volto adagiato
sull'incavo del suo collo per lunghi istanti. Nessun'altra parola,
solo sospiri dovuti a quei sorrisi che entrambi erano in grado di
suscitarsi a vicenda.
Riluttante Amethyst sciolse quell'abbraccio
e altrettanto riluttante Dean la lasciò andare, tenendo
posata una
mano sulla sua schiena mentre lei posava lo sguardo su Sam.
Lo
sguardo del minore dei Winchester era rimasto lo stesso. In esso
ancora si mischiavano dolcezza e sofferenza e quell'irrequietezza che
lo caratterizzava sin da bambino era ancora lì, incastonata
in quel
verde cangiante.
“Ciao,
Sam.”
Sam
sorrise appena, quel senso di colpa ancora ad aleggiargli addosso
reso evidente dal suo infilare le mani nelle tasche posteriori dei
jeans, un gesto impacciato e nervoso.
“Hey,
Ame...”
fu la sua sussurrata risposta
prima che lei lo stringesse in un abbraccio.
Le labbra di Sam
tremarono per un istante nel tentativo di ricacciare indietro lacrime
che non avrebbe voluto versare, ma ricambiò quell'abbraccio
senza
nemmeno doverci pensare.
“Mi
dispiace. Dean ha ragione, avrei dovuto ascoltare quei
messaggi.”
Amethyst si separò da
lui e lo guardò confusa, voltandosi poi verso Dean in cerca
di una
risposta.
Dean sapeva che Amethyst aveva lasciato un messaggio a
Sam dopo la morte di Jessica, ma non poteva sapere dell'esistenza del
primo messaggio, quello che lei lasciò sulla segreteria
dell'amico
dopo la morte di suo padre.
Il ragazzo sorrise appena, fece
spallucce e piegò le labbra verso il basso in quella sua
tipica
espressione che sottolineava quanto un dettaglio non fosse importante
o quanto fosse naturale.
“Quando
glielo hai mandato non stavo dormendo.”
Amethyst
deglutì a vuoto, ma sorrise a Dean, andando poi a stringere
la mano
di Sam “Non
ha importanza, non
più.”
Ricordava ancora la
delusione quando Sam non aveva risposto alla chiamata.
Ricordava
ancora la rabbia quando non aveva risposto a quel messaggio
vocale.
Ma la delusione era scemata ed era scemata anche la
rabbia, anche grazie a Dean che in quelle settimane le era stato
accanto, e non l'avevano raggiunta quando provò a
richiamarlo dopo
la morte di Jessica.
Immaginò il suo dolore, lo fece proprio, lo
condivise con Dean in quelle telefonate sussurrate nel cuore della
notte.
“Allora,
avete intenzione
di aggiornarmi come si deve o ve ne volete stare impalati in questo
modo?”
Sam rise e fu come tornare
indietro nel tempo, a quando era ancora un adolescente e Amethyst
riusciva a farlo ridere in quel suo modo di dire le cose senza troppi
fronzoli, canzonandoli con quell'allegria che spiccava in lei.
Anche
per Amethyst fu come tornare indietro nel tempo, con loro tre riuniti
a ridere e scherzare come erano soliti fare.
Per Dean fu diverso.
Rimase a guardarla ridere, non riuscendo a reprimere quel sorriso che
si impossessò delle sue labbra, ma non la guardò
come la guardava
quando era ancora una ragazzina dal piglio ribelle.
“Facciamo
che mentre Sam ti aggiorna, io vado a comprare qualcosa da mangiare,
mh?”
Dean uscì dalla stanza con
il suo solito sorriso ironico e dopo qualche istante di imbarazzo,
Sam e Amethyst iniziarono a parlare.
Parlarono di Blake, parlarono
di Jessica, parlarono del loro dolore.
Lo fecero perdendosi in
ricordi, lasciandosi andare a risate e ad occhi lucidi, lo fecero
come se il tempo si fosse fermato a quel 2001 che li aveva
separati.
“Sai,
anche quando me lo
ha raccontato Dean ho trovato assurdo il pick-up assassino. E ricordo
Cassie.”
Sam
si sorprese per quell'affermazione, ma non si sorprese per
l'espressione del volto di Amethyst.
Aveva un sorriso malinconico
e uno sguardo triste, rassegnato. Sam vi notò perfino una
sfumatura
di gelosia.
“Ricordi
Cassie? Dean ti ha parlato di Cassie?”
chiese Sam sorpreso.
Amethyst rise appena, scuotendo il capo “Non
esattamente. Ho conosciuto Cassie. E ricordo anche di averla odiata
per ciò che aveva fatto a Dean.”
Dean non le aveva rivelato i suoi sentimenti per Cassie, per
quanto ne sapeva lui, Amethyst era a conoscenza solo di quella
frequentazione, niente di più, ma questo non le aveva
impedito di
capire ogni cosa.
Aveva perfino affrontato Cassie e solo allora
aveva saputo il motivo della rottura, rimanendone turbata in un primo
momento.
Solo poi si rese conto di quanto tutto quello fosse
tipico di Dean, colui che cercava sempre di reprimere i propri
sentimenti che non fossero rabbia o allegria, ma capace di lasciarsi
andare quando tutto si faceva troppo forte e reale.
E allora
l'aveva affrontata ancora, asserendo che Dean si meritava di meglio.
Si chiese se fosse la gelosia a parlare e forse in parte era
così,
ma non si volle mai dare una risposta precisa.
“Tu
come avresti reagito se qualcuno ti avesse detto ciò che
facciamo?”
La
domanda di Sam la colse alla sprovvista e solo nel sentirla smise di
torturarsi le dita, accorgendosi solo in quel momento dei propri
gesti.
Sollevò lo sguardo e una lieve risata di gola proruppe
dalle sue labbra “Io non faccio
testo, so di queste cose da una vita intera, non riesco ad immaginare
come sia non essendone a conoscenza.”
“Tu
non fai testo perché
sei ancora innamorata di lui.”
Sam avrebbe voluto essere meno brusco e si pentì subito
delle
proprie parole, serrando la bocca come se fosse davvero possibile
rimangiarsele, ma Amethyst non si risentì per esse.
“Non
è quello il motivo per cui l'ho odiata. A dir la
verità non l'ho
mai odiata per davvero, ho solo detestato il fatto che gli avesse
spezzato il cuore.”
Si strinse nelle spalle nel dire quelle parole. Parole sincere e
non forzate eppure pregne di malinconia. Perché lei non
sarebbe mai
riuscita a spezzare il cuore di Dean Winchester e forse avrebbe
voluto raccoglierne i cocci, alleviargli quel dolore mai ammesso, ma
non aveva potuto farlo come avrebbe voluto, ferma in quella
convinzione di essere per lui soltanto un'amica.
Sam si accigliò
appena e per quanto avesse provato a trattenersi da porle la stessa
domanda che aveva posto al fratello solamente il giorno prima, non ci
riuscì.
“Ame...è
successo
qualcosa tra te e Dean?”
Amethyst sbatté le palpebre in un'espressione teatralmente e
volutamente comica.
Non aveva idea del perché Sam fosse giunto ad
una così errata conclusione, ma non poté fare a
meno di sentire una
speranza emergere nel suo cuore. Forse una speranza vana, vuota, che
non avrebbe trovato alcune fondamenta, ma che non riuscì a
reprimere, nemmeno volendolo.
“No.
Non è successo niente, è solo rimasto con me per
qualche settimana
dopo la morte di papà. Non mi aveva nemmeno voluto dire che
John era
scomparso, ho semplicemente capito che c'era qualcosa che non andava.
E poi...Poi gli ho detto di venire a cercarti e chiedere il tuo
aiuto.”
In quell'ultima ammissione incise il proprio senso di
colpa.
Quello di non essere stata fisicamente accanto a Dean,
quello di aver indirettamente trascinato Sam in ciò che
tanto aveva
odiato sin da ragazzino. Si chiese persino quali sarebbero state le
sorti di Jessica se Sam fosse rimasto a Stanford.
“Gli
hai chiesto tu di venire a cercarmi?”
Amethyst annuì e a quel punto non riuscì
più a trattenere le
lacrime “Mi
dispiace...”
mormorò coprendosi il viso con le mani.
Sam la strinse a sé, le
accarezzò la schiena e la cullò appena, forse
stranito perché non
l'aveva mai vista piangere, nemmeno da bambina.
“Non
è colpa tua. Dean sarebbe venuto a cercarmi comunque. E
nemmeno lui
ha colpe in questo, intesi?”
La bionda annuì nuovamente, ma ci vollero alcuni secondi
affinché riuscisse a calmarsi e a smettere di singhiozzare.
Si
sentiva così ridicola, a volte, quando piangeva, come se
quella
fosse un'emozione a lei preclusa, che non avrebbe dovuto
appartenerle, come se dovesse mostrarsi forte in ogni dannata
occasione.
“Sì,
forse
sarebbe venuto a cercarti. Lo avevo capito, sai? Che aveva bisogno di
aiuto, un aiuto che solamente tu eri e sei in grado di dargli. Ma mi
dispiace che tu sia finito di nuovo in mezzo a tutta questa
merda.”
Sam
scosse appena il capo e un sorriso amaro si fece spazio sulle sue
labbra “Sai
che finito tutto
questo tornerò a Stanford, vero? Una volta trovato il demone
me ne
tornerò alla mia vita noiosa.”
Ne aveva già parlato persino con Dean, rimanendo inamovibile
nonostante le parole del fratello. Sarebbero sempre stati una
famiglia, ma non avrebbero mai visto le cose allo stesso modo. Sam
sarebbe andato avanti con la sua vita, con la mancanza di Jessica a
pesargli sul cuore, ma non si sarebbe arreso alla vita da
cacciatore.
Amethyst si umettò le labbra e sospirò,
sollevando
lo sguardo verso l'amico. Non poteva biasimarlo, non l'avrebbe mai
accusato di niente per quella sua voglia di andare avanti e gettarsi
tutto alle spalle, ma sapeva che Dean ne avrebbe sofferto. Lo aveva
fatto per quattro anni.
“Lo
immaginavo, ma non allontanare Dean. Non se lo merita.”
mormorò con un mezzo sorriso tremante, quasi fosse in grado
di
percepire il dolore del ragazzo di cui era irrimediabilmente
innamorata.
Quelle parole turbarono Sam, memore del discorso che
gli fece Dean meno di un mese prima.
Amethyst aveva ragione, Dean
non se lo meritava e lui aveva passato anni a pensare che lo odiasse
quando invece era stato lo stesso Sam a chiudergli le porte in
faccia, non rendendosi conto che in quello Dean era totalmente
diverso da John.
Distolse lo sguardo dall'amica, puntandolo verso
la finestra che pochi istanti dopo venne illuminata dai fari di
un'auto. Il rombo dell'Impala annunciò l'imminente arrivo di
Dean.
“Lo
so, ma lui non
sembra intenzionato a rinunciare a questa folle idea della
caccia.”
“Perché
deve ancora capire che se solo lo volesse, sarebbe in grado di fare
qualunque cosa desideri.”
Poi,
solo un minuto di silenzio.
“Itztlitlantl.
L'unica arma in grado di uccidere definitivamente una
Borderwalker.”
Alle
parole di Amethyst, Dean sorrise scuotendo appena il capo “Non
riuscirò mai a pronunciarlo.”
ammise con un'alzata di spalle. Dopotutto, pronunciare il nome di
quel pugnale, non gli serviva in quel momento.
Sam rise appena,
divertito “Itztlitlantl?”
disse, pronunciando con scioltezza il nome di quel pugnale
speciale.
Dean lo guardò torvo per poi scimmiottarlo storpiando
il nome dell'arma “Secchione.”
concluse in finto tono seccato, facendo ridere Amethyst che poi si
fece subito seria.
Avevano passato quasi l'intera notte a
stabilire un piano all'apparenza perfetto, ma questo non le impediva
di provare paura. Non si sapeva molto sulle Borderwalker e questo la
terrorizzava. Tuttavia non aveva mai conosciuto dei cacciatori
più
in gamba dei Winchester e lei stessa aveva avuto modo di vedere Dean
in azione più di una volta.
Dean sapeva essere meticoloso nella
caccia, perfino nel suo essere istintivo e impulsivo e Amethyst aveva
fiducia in lui e nelle sue capacità, nutriva la stessa
fiducia in
Sam, nonostante quegli anni passati l'uno lontano dall'altra e questo
sarebbe dovuto bastarle per tranquillizzarsi.
Eppure, nonostante
sapesse tutto quello, non riusciva a controllare la paura che
l'assaliva ogni volta, paura che nascondeva costantemente dietro ad
un 'in bocca al lupo, Ace' ogni volta che Dean la chiamava prima di
una caccia.
“Ame,
tutto
bene?”
la voce di Sam la distolse da quei pensieri e lei ritrovò il
sorriso, forse sforzandosi, forse riuscendo davvero a calmarsi.
“Sì,
sì...solo...state attenti, ok?”
“Hey!
Ti ho mai delusa, splendore?”
e in quel momento, Dean riuscì a farla sorridere per
davvero.
Amethyst non rispose, non a parole. Lo guardò, ancora
col sorriso sulle labbra e gli occhi fulgidi di speranza e sentimenti
taciuti.
“Mi
sorprende che
tu non stia facendo il diavolo a quattro per venire con noi.”
disse Dean, infilando il pugnale nel fodero di pelle che aveva
attaccato alla cinta. Titubò nel dire quelle parole, la
paura che
lei cambiasse idea serpeggiò tra esse proprio come
serpeggiò nelle
sue vene.
Amethyst fu in grado di tranquillizzarlo con un semplice
tocco quando gli sfiorò il braccio, prima di prendere la sua
mano
facendo in modo che le loro dita si intrecciassero.
“Ti
ho fatto una promessa che intendo mantenere. Tu pensa solo a
mantenere la tua, ok?”
Sam sorrise nel vederli in quel modo. Era in parte confuso, ma
anche divertito da quell'evidenza che loro sembravano invece ignorare
in quel tentativo di comportarsi come semplici amici.
Quel sorriso
gli rimase sulle labbra anche dopo aver salutato Amethyst, uscendo
dal motel.
Dean fece finta di ignorarlo, memore di quanto suo
fratello riuscisse ad essere una spina nel fianco in simili
circostanze, ma lo fece inconsciamente, senza rendersene veramente
conto dato che non si rendeva veramente conto nemmeno dei suoi
atteggiamenti nei confronti di Amethyst. O di come la guardasse
quando pensava che Sam non potesse notarlo.
“Che
promessa le hai fatto?”
La
domanda di Sam sembrò atta a stuzzicare il fratello e
sebbene una
parte di sé si divertisse a farlo, vi era genuina
curiosità.
Dean
sembrò ignorarlo, concentrato sulle chiavi che teneva in
mano, per
poi aprire la portiera dell'auto. Solo in quel momento si
fermò,
sollevò lo sguardo verso Sam mentre appoggiava gli
avambracci sul
tettuccio dell'Impala, tenendo le chiavi tra le dita “Di
morire il più tardi possibile. Ora sali in macchina o ti
lascio
qui.”
Sam ridacchiò, salì in macchina e fece nuovamente
per parlare
voltandosi verso il fratello con una strana aria vittoriosa.
“Non
dire una parola, Sammy.”
lo interruppe Dean, con quel tono brusco che solitamente usava per
evitare di parlare di cose come sentimenti o di come, semplicemente,
si sentisse. 'Niente sentimentalismi' l'aveva ripetuto più
di una
volta e sembrava fermo in quella sua decisione.
“Non
ho detto nulla! Però è stata carina a venire sin
qui per portarci
l'Itztlitlantl.”
Dean strinse il volante tra le dita e solo per un secondo
voltò
il viso verso Sam prima di tornare a guardare la strada con
un'espressione più concentrata del solito.
“Stai
facendo qualche allusione o volevi pavoneggiarti ancora
perché sai
pronunciare Itzitlicoso?”
Sam
si sistemò nel sedile, si umettò le labbra e non
smise di sorridere
nemmeno per un istante “Sto
solo dicendo che da Cutler Bay è un bel po' di strada da
fare.”
disse sollevando le mani in segno di resa, ma ogni cosa del suo volto
lasciava trapelare quanto invece la sua fosse effettivamente
un'allusione.
Dean, ancora una volta, fece finta di non cogliere
le reali intenzioni del fratello, tamburellò con le dita sul
volante
seguendo il ritmo della musica in sottofondo e fece spallucce
“Si
è trasferita a Sioux Falls mesi fa.”
Sam rimase sorpreso da quella notizia, ma quello non avrebbe
certamente cambiato il suo pensiero. Era ben consapevole dei
sentimenti che Amethyst provava per Dean - lei stessa glieli aveva
confessati la prima volta quando avevano sedici anni e aveva poi
confessato che ne fosse ancora innamorata solamente la sera prima -
ma aveva anche notato quanto fosse cambiato lo sguardo del fratello
quando lo posava su di lei.
“Beh,
anche Sioux Falls non è vic--”
“Piantala,
Sammy. So che cosa stai cercando di fare e te l'ho già
detto: tra me
e Ame non è successo niente. Fine della storia.”
e per
quanto quella fosse la verità, l'irritazione di Dean era
innegabile
e Sam non avrebbe tirato troppo la corda.
Poi, solo un minuto di
silenzio.
Solo quando Dean la avvisò con un messaggio che erano
riusciti a eliminare la Borderwalker riuscì a rilassarsi.
Si
sedette sul letto e iniziò, svogliatamente, a fare zapping
alla TV
non mancando di gettare di tanto in tanto un'occhiata alla finestra,
l'orecchio costantemente teso per poter sentire quell'inconfondibile
rombo di motore e solo quando i Winchester, finalmente, varcarono la
soglia della porta, si calmò del tutto.
Si allarmò nuovamente
nel vedere sul volto di Dean una smorfia di dolore e lui lo
capì
subito, regalandole un sorriso sfrontato “Niente di
allarmante,
splendore, è solo un graffio.” sebbene
la sua camicia
insanguinata lasciasse supporre che fosse più grave di un
semplice
graffio.
Sam rise appena guardando prima il fratello e poi
Amethyst. Aveva un sorriso furbo sulle labbra, canzonatorio,
perché
quella situazione lo stava divertendo per davvero “Sì,
splendore,
è solo un graffio!”
Quel
nuovo nomignolo che Dean aveva usato più di una volta per
chiamare
Amethyst, lo aveva colpito anche se all'inizio non vi aveva dato
molto peso, ma lo trovava più eloquente di quanto lo stesso
Dean
avesse pensato nell'affibbiarlo all'amica. Amica che forse non era
più tale da tempo, anche se né Amethyst
né lo stesso Dean
sembravano in grado di capirlo.
“Sta zitto, Sam.”
Fu
una risposta corale, forse perfino azzardata dato che in quel
disperato tentativo di negare tutto non vi era altro che tacita
ammissione.
Amethyst si schiarì la voce, ignorò il rossore
delle
proprie gote e si diresse nel bagno, facendo a Dean cenno di seguirla
“Vieni, ti medico quel graffio.”
Dean si chiuse la porta del bagno alle spalle, lasciando un Sam
particolarmente divertito e soddisfatto nella stanza.
“Avanti,
spogliati.”
Amethyst prese la piccola cassetta del pronto
soccorso e indicò a Dean di sedersi sul bordo della vasca da
bagno
macchiata di calcare e chissà cos'altro.
“Woah, non mi offri
da bere prima?”
La battuta di Dean arrivò puntuale eppure
inaspettata, tanto che Amethyst arrossì appena, complice il
fatto
che Dean avesse già iniziato a sbarazzarsi di camicia e
maglietta.
Il ciondolo che gli aveva regalato Sam un Natale di tanti anni prima
era posato sul suo petto, quasi volesse attirare lo sguardo di
Amethyst.
“Sei un idiota.”
“Lo so.”
Risero appena entrambi e solo allora Amethyst riuscì a
posare lo
sguardo su di lui, deglutendo a vuoto mentre prendeva posto sul
pavimento per arrivare più facilmente all'altezza della
ferita del
ragazzo.
“Visto? È solo un graffio.”
mormorò lui
sfiorandosi la parte lesa, ma Amethyst non
gli stava prestando realmente attenzione in quel maldestro tentativo
di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse lui.
Difficile
farlo vista la situazione, ma anche la sua voce era capace di
attrarla, di farle provare desiderio.
All'improvviso si schiarì
la voce, scostando la mano di lui e mettendosi subito al lavoro,
pulendo la ferita prima di tamponarla e passare poi a disinfettarla.
Lo fece con estrema delicatezza.
Dean tremò appena sotto il suo
tocco e sospirò, serrando la mandibola e chiudendo gli
occhi.
Un
sospiro di eccitazione trattenuta, quella trepidazione macchiata
dalla frustrazione di non riuscire a spingersi oltre, bloccato in
quell'assurda convinzione di non provare niente per lei solo
perché
non poteva farlo. Perché era Amethyst ed era convinto di non
meritarsela.
Come poteva ambire ad amarla ed essere amato da lei?
Come avrebbe potuto sporcare la sua anima con la propria?
Lasciò
che Amethyst pensasse che quel sospiro fosse dovuto al dolore per
quella ferita a cui lei si stava dedicando con fin troppa cura per i
suoi gusti.
“Non
è profonda, non ci dovrebbe essere bisogno di punti.”
La
voce di Amethyst tremò, così come tramarono le
sue labbra dove vi
era la pallida impronta di un bacio mai dato, mai ricevuto. A
lui, da lui.
Lo guardò negli occhi, combattendo contro quell'impulso di
baciarlo
che ogni volta diventava più forte, più
prepotente. Il suo sguardo
si spostò sulle labbra di lui per un solo istante e lei
respirò a
malapena.
“Ho
passato di peggio.”
Al
contrario di quella di Amethyst, la voce di Dean risultò
chiara,
quasi ironica. Perché lui si stava perdendo in quel momento,
traendo
una malcelata soddisfazione nel notare le guance di lei imporporarsi,
percependo l'attrazione di lei.
Dean serrò nuovamente la
mascella, pentendosi di quei pensieri, ancora convinto che lei fosse
troppo per lui. Ma era così bello poter perdersi in quella
fantasia
che ora sembrava poter toccare con mano. Solo la voce di lei lo
riscosse, facendolo bruscamente portare alla realtà.
“Come
con Cassie?”
Aveva
parlato di getto, Amethyst, troppo in fretta, impedendo al buon
senso di intromettersi per evitare quelle parole, venendo
però
investita dal pentimento.
Dean non rispose, la guardò confuso,
chiedendosi se fosse stato Sam a raccontarle tutto.
“Non
sono stupida, Dean.”
Dean
non lo aveva mai pensato e quel mezzo sorriso sulle labbra lo
dimostrò a lei e a se stesso.
Sospirò pesantemente, allentando
la tensione che sentiva accumularsi sulle spalle e svigorendo la
presa sul bordo della vasca, ma non poté fare a meno di
ricambiare
lo sguardo di lei, di notare come lei lo posasse di tanto in tanto
sulle sue labbra che lui inumidì quasi una parte di
sé volesse
portare l'attenzione di lei ancora su di esse.
“Cassie
è acqua passata e anche se l'ho rivista non penso a lei.”
perché per Dean era stato bello rivederla, poter chiarire,
poterle
far capire che non era un pazzo e che aveva detto il vero. Era stato
bello persino poter rifare l'amore con lei, riassaporare le sue
labbra, ma tutto era passato, complici forse le parole di lei e
quell'addio che lui aveva provato a rifiutare.
Si rese però conto
che quell'addio non gli faceva più male, soppiantato da un
altro
dolore più insistente e continuo, più forte e
costantemente
taciuto. Anche di fronte ad Amethyst, causa e al contempo cura di
quel dolore.
“Oh
beh, immagino tu ti sia distratto spesso.”
Amethyst rise e Dean rise con lei, scuotendo il capo. Provò
un
certo fastidio per se stesso, per quel suo essere un donnaiolo e
concedersi del sesso senza amore che lo teneva lontano da lei.
Si
chiese se sarebbe riuscito a baciarla o ad accettare quei sentimenti
tra loro se solo lui fosse stato diverso e si chiese se per una come
lei sarebbe valsa la pena mettere da parte la vita del cacciatore,
come gli aveva chiesto Sam dopo quell'addio a Cassie.
Dean non
aveva risposto allora, ma una risposta l'avrebbe avuta in quel momento, per
Amethyst. Perché si rese conto che per lei avrebbe potuto
rinunciare
a tutto, ma era ancora frenato da quell'assurda convinzione di non
essere giusto per lei. Perché lei si meritava di meglio.
Poteva e
doveva avere di meglio di uno come lui, caos ambulante che poteva
portare solo guai, che portava tutti ad allontanarsi da lui.
Dean
avrebbe voluto respirare il profumo di lei, respirare sulla sua bocca
e finalmente baciarla e sentire il cuore in gola, ma se lo avesse
fatto non sarebbe più potuto tornare indietro. Forse non
poteva più
nemmeno in quel momento, mentre le fissava le labbra piene e poi
quegli occhi azzurri che non avevano più segreti per lui e
per cui
lui non riusciva ad avere segreti, nemmeno provandoci.
“Tutto
bene lì dentro?”
Sam bussò alla porta facendoli sobbalzare entrambi e
Amethyst si
affrettò ad applicare la benda sulla ferita di Dean.
“Sì!”
La
voce più acuta del normale, nervosa come i suoi movimenti
veloci nel
mettere a posto la cassetta del pronto soccorso.
“Vado
a prendere da mangiare.”
“E
non ti dai una rinfrescata?”
La
voce si regolarizzò, così come i suoi movimenti
che si fecero più
lenti e controllati.
“Tanto
il lavoro sporco lo ha fatto Dean.”
Dean emise una lieve risata di gola, alzandosi dalla vasca, fiero
di se stesso per come avesse affrontato la Borderwalker sotto forma
di coyote, ma non aggiunse nulla, né fu Amethyst a farlo e
rimasero
in silenzio fino a che non sentirono la porta della stanza aprirsi e
chiudersi nuovamente.
Amethyst fu la prima ad uscire dal bagno,
raccolse degli indumenti puliti di Dean e glieli lanciò
colpendolo
in pieno viso “Rivestiti,
latin lover.”
quel tono canzonatorio a mascherare l'imbarazzo.
Dean rise
divertito, ma si rivestì senza aver voglia di provocare,
consapevole
che sarebbe caduto nella sua stessa provocazione, complice l'assenza
di Sam che sembrava aver capito tutto pur non avendo detto
niente.
“Grazie
per essere venuta fin qui. Senza di te non ne avremo ricavato un
ragno dal buco.”
si limitò a dire con sincerità.
Ricercò comunque il suo
sguardo, cercando in se stesso il coraggio per farlo, lo stesso
coraggio che per un solo singolo istante parve venire meno nel vedere
il sorriso che lei gli regalò.
“È
stato un piacere. Ed è stato bello rivedervi riuniti.”
Era stato bello rivedere Sam, era stato bello rivederli insieme,
era stato bello rivedere Dean dopo tutti quei mesi passati l'uno
lontano dall'altra. Fisicamente, perché non erano mai
riusciti a
separarsi davvero.
“Già...Beh,
non so quanto durerà. Sam non ha intenzione di continuare
dopo che
troveremo quel dannato demone.”
Amethyst
percepì del pentimento in quelle parole, perché
sapeva quanto Dean
desiderasse che la sua famiglia fosse nuovamente unita come un tempo,
ma lo stesso Dean combatteva ogni giorno con se stesso con quei sensi
di colpa per aver portato Sam lontano da una vita normale,
sicura.
Non c'era bisogno che lui glielo dicesse, Amethyst lo
aveva capito semplicemente guardandolo nei suoi grandi occhi verdi,
come ogni volta.
“Lo
so, me lo ha detto. Tu non pensi mai di smettere?”
“E
per fare cosa?”
“Qualunque
cosa tu voglia.”
Gli
offrì quella soluzione con voce tremante, quasi volesse
tastare il
terreno. Ma vi era anche sicurezza nella sue parole, sicurezza che
Dean decise di ignorare, sbuffando una risata.
“Certo...come
no.”
Amethyst
rise amaramente, allargando le braccia e chinandosi quel tanto da
permetterle di rientrare nel campo visivo di Dean, che aveva chinato
il capo.
“Sei
così...testardo! Potresti davvero fare qualunque cosa tu
voglia se
solo te lo ficcassi in quella testa dura che ti ritrovi.”
La
voce non le tremò più, quella voglia di scuoterlo
a prendere il
sopravvento sul resto.
Dean Winchester era la persona più bella
che avesse mai conosciuto, ma era anche in grado di farle saltare i
nervi e di farle desiderare di poterlo prendere a schiaffi senza poi
doversi sentire in colpa.
Dean la guardò, sollevando il capo e
aggrottando le sopracciglia, sorpreso da quell'improvvisa e breve
invettiva.
Sì umettò le labbra e scosse appena il capo
guardandosi intorno.
L'ennesimo motel, così diverso eppure così
uguale a tutti gli altri. Si sentì improvvisamente stanco,
stanco di
quei motel, stanco della caccia, stanco di quella vita. Ma era anche
l'unica vita che avesse mai davvero conosciuto.
“Già...non
penso che accadrà. Tu però continua a starne
lontana.”
Il
tono perentorio di Dean fu capace di irritarla e addolcirla allo
stesso tempo, perché per quanto lo detestasse le faceva
percepire
quanto lui volesse solamente proteggerla, esattamente come l'eroe che
lui era per lei.
“Ci
proverò se tu ci proverai.”
Quelle
parole risuonarono a lui come una minaccia e irrigidì le
spalle
tornando nuovamente a guardare lei. Gli occhi appena sgranati per la
paura, paura di non riuscire a proteggerla, paura di fallire nel suo
ruolo di eroe, paura di perderla.
“Perché,
vorresti tornare a cacciare?”
ringhiò, lo sguardo addolcito dai sentimenti che provava per
lei.
“No,
non costantemente, non da sola. Ho davvero intenzione di mantenere
quella promessa. Ma con te e Sam...Sai che posso aiutarvi.”
Lei
tentennò, ma si avvicinò a lui, prendendogli una
mano, la stessa
dove indossava l'anello che lei gli aveva regalato.
“Ame...”
“Ho...ho
solo bisogno di vederti più spesso.”
Dean
abbassò il capo, le sfiorò le dita e si
sfiorò l'anello e sospirò
ricordandosi di quella notte e di quelle parole.
Non solo di
quella promessa di morire il più tardi possibile, ma anche
di
quell'assurdo patto che avevano fatto.
Erano passati due anni,
quasi tre da allora, ne mancavano meno di diciotto per suggellarlo.
Ma diciotto anni sono lunghi, perfino troppi per un cacciatore e
il desiderio di rinunciare a tutto per lei, tornò a farsi
vivo e
bruciante.
Dean sorrise appena, l'attirò a sé permettendole
di
perdersi in quell'odore di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma e
lui si perse nel profumo di lei. Profumo che sapeva di vita e
speranza.
Poi, solo un minuto di silenzio.