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Autore: Fiore di Giada    10/08/2022    2 recensioni
Victor Clement de Girodel cavalcava alla testa dei soldati della Guardia Reale, lo sguardo apparentemente attento, e, ad ogni rumore insolito, girava la testa, ora a destra, ora a sinistra.
Maledizione, non posso continuare così! Finirò per impazzire! pensò il militare, angustiato. Gli sembrava, in quel momento, di non appartenere a quel bel mondo dorato, per il quale, fino a pochi mesi prima, aveva combattuto con ferma determinazione.
Cosa gli era successo?
Perché gli sembrava di essere estraneo al suo stesso tempo?
Perché gli pareva di essere una marionetta priva di volontà, mossa dalle abili mani di un burattinaio privo di scrupoli?
Per un errore, ho cancellato la precedente versione.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Victor Clemente Girodelle
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Rovi muniti di spine strisciavano e, rapidi, si stringevano attorno ai suoi polsi, alle sue caviglie, ai suoi fianchi e al suo collo.
Le spine trapassarono la sua carne e il sangue zampillò, come un getto d’acqua da una fontana.
Victor aprì la bocca, tentando di urlare, ma un gemito fioco fluì dalle sue labbra, e strabuzzò gli occhi.
- No… - sussurrò. Voleva respirare, ma quel rovo gli stritolava il collo e impediva il passaggio dell’aria.
Aprì la bocca e cercò di urlare, ma le sue parole si persero in un nuovo sbocco di sangue.
I suoi occhi, opachi, cercarono di fissare un punto davanti a sé. Stava morendo?
Poco dopo, la sua testa si abbandonò sulla sua spalla e il suo respiro cessò.


Di scatto, Victor aprì gli occhi e si alzò a sedere, le dita strette attorno al lenzuolo, come gli artigli di un falco nella carne di una preda.
Per lunghi, eterni istanti rimase immobile, il petto scosso da ansiti e il volto bagnato di sudore.
D'istinto, si portò una mano al petto e al collo e se li accarezzò.
Nessuna lesione... Era solo un sogno. – mormorò, quasi stupito. Nessuna ferita deturpava il suo corpo.
Quel sogno, così vivido e dilaniante, era stato prodotto dalla sua mente, provata dalla trasformazione in immortale.
I suoi occhi chiari si velarono di lacrime e Victor, con un gesto nervoso, deciso, le allontanò. Ricordava le parole di Connor, ma la vergogna opprimeva il suo cuore.
Come aveva potuto cedere al pianto?
Scese dal letto e, per alcuni istanti, camminò attraverso la stanza. Ne era sicuro, non sarebbe riuscito a dormire.
Il suo occhio, ad un tratto, si posò su alcuni libri, che erano posati, con apparente negligenza, su una consolle di mogano.
Accennò ad un sorriso. La lettura, forse, avrebbe dato riposo, seppur temporaneo, alla sua mente turbata.
Fissò i volumi con sguardo attento, prese Gli epigrammi di Callimaco e cominciò a leggere.


Qualche ora dopo, la porta , con un debole fruscio, si aprì.
Victor, di scatto, alzò la testa dal libro e si girò.
Sulla soglia vide Connor, avvolto in una ampia veste da camera blu, stretta in vita da una cintura del medesimo colore.
Cosa succede? – domandò Victor.
Il sorriso sulle labbra di Connor si accentuò.
Dobbiamo cominciare l'addestramento. Te lo sei dimenticato? – chiese, bonario.
L'ex militare francese si schiaffeggiò la fronte con la mano, irritato con se stesso.
Dovet... Ehm... Devi scusarmi, ma ho perso la cognizione del tempo... Ho letto per quasi tutta la notte. – confessò.
Per alcuni istanti, lo sguardo del guerriero scozzese si rannuvolò. L'immortalità, così recente, era per Victor una ferita sanguinante e lui non riusciva a liberarsi dalla sua disperazione.
Ne era sicuro, il suo sonno era doloroso e la lettura era stata un farmaco, seppur temporaneo.
Come fai a sapere che mi piacciono gli autori greci? – chiese ad un tratto Victor.
Connor gli si avvicinò e appoggiò una mano sulla sua spalla.
Quando ero a Versailles, ho avuto modo di osservarti. Non ti sono mai piaciute le feste di corte e vi hai sempre partecipato per puro senso del dovere. Quando ne avevi la possibilità, leggevi sempre. E i tuoi autori preferiti erano Anacreonte, Alcmane, Alceo e Callimaco. – rispose.
Sei però riuscito a sorprendermi: leggi questi autori in greco con molta facilità. Complimenti. Quando avevo la tua età, non ero così istruito. - proseguì poi l'immortale scozzese.
Mi sono applicato nello studio. – schernì il francese, diplomatico. Connor, a volte, gli pareva imperscrutabile, come una sfinge.
Però, ora , abbiamo perso troppo tempo e io vorrei fare colazione. Preparati . Io verrò a prenderti tra qualche minuto . –
Con un cenno del capo, Victor annuì e Connor uscì.

Alcuni minuti dopo, l'immortale più anziano rientrò nella stanza.
Per alcuni istanti, il suo occhio si posò sul corpo di Victor e un sorriso divertito sollevò le sue labbra.
Victor, perplesso, aggrottò le sopracciglia e gli lanciò uno sguardo irritato.
Perché sorridi? – domandò.
Non immaginavo di essere diventato così esile. I miei abiti ti stanno davvero bene. – replicò.
Victor scosse la testa. Continuava a non capire l'atteggiamento del suo compagno.
Era capace di passare dall'umorismo alla serietà con una facilità quasi inquietante.
Con un sospiro nervoso, si aggiustò la camicia. Tuttavia, quella domanda non era svanita dalla sua mente.
Eppure, le sue labbra si fermavano, come fossero piene di sabbia.
Come avrebbe reagito Connor ad un tale, forte quesito?

Un cameriere giovane, bruno, di corporatura tarchiata, entrò nella stanza, con un vassoio in mano, su cui erano posate delle tazze di porcellana candida, dalle quali si sollevava un esile filo di fumo, e alcuni croissant.
Puoi andare, Paul. Pranzeremo qui. – affermò l'immortale nordeuropeo.
Con un breve cenno della testa, l'uomo annuì, lasciò il vassoio e si allontanò.

Per alcuni istanti, i due uomini rimasero silenziosi.
- Tu mi vuoi chiedere qualcosa. Di che si tratta? - domandò Connor.
L'ex nobile francese, per alcuni istanti, esitò. Sentiva l'ardente bisogno di comprendere meglio la realtà degli immortali, ma non voleva offendere l'altro.
Prese un ampio respiro e fissò i suoi occhi verdi nelle iridi grigie dell'altro.
– Come hanno reagito i vostri … ehm i tuoi familiari, quando hanno saputo della vostra immortalità? – lo interrogò Victor.
Connor reclinò la testa e si irrigidì. Era comprensibile il desiderio di chiarezza del suo compagno, eppure aveva ben sentito riemergere l’amarezza di quei ricordi lontani.
Quella domanda aveva aperto in lui ferite che credeva rimarginate.
Duecento anni prima, il suo clan, scoperta la sua natura, aveva rinnegato gli antichi legami e lo aveva condannato a morte.
Solo Angus, suo cugino, aveva saputo vedere oltre le barriere del suo tempo e aveva ottenuto per lui un esilio perpetuo.
La sua pur autorevole parola non era riuscita a a trapassare la corazza dell'ignoranza e della superstizione.
Sollevò la testa e, con un gesto apparentemente noncurante, alzò le spalle.
– Sono stato esiliato dalla mia famiglia. Mio cugino Angus ha cercato di fare capire loro la verità, ma non ha potuto fare nulla contro il pregiudizio dell’uomo. Mi hanno creduto un demonio e, per questo, volevano condannarmi al rogo. – rispose, pacato.
Il francese sentì un brivido sgradevole lungo la schiena. Connor non si era abbandonato a plateali manifestazioni di dolore, ma quell'evento, per lui, era una ferita dolorosa, che minacciava di riprendere a sanguinare.
Certo, i tempi erano cambiati, ma perché il suo destino doveva essere diverso?
L'essere umano, spesso, negava l'esistenza di fenomeni per lui incomprensibili e li attribuiva all'esistenza di forze demoniache e crudeli.
– Mi dispiace. – si scusò.
Un mezzo sorriso ironico sollevò le labbra del guerriero scozzese.
– Non preoccuparti. Il tempo riesce a curare qualsiasi ferita. – dichiarò .
– Ho osservato anche il tuo modo di combattere. Sei un ottimo spadaccino e hai coraggio, ma il tuo modo di batterti è inadatto a quello che ti aspetta in quanto immortale. – proseguì, serio.
– Che intendi dire? – chiese Victor.
– Noi viviamo e combattiamo per ottenere la ricompensa. Uno scontro tra immortali si conclude con la decapitazione di uno dei contendenti. Ciò che accadrà poi, lo capirai al tuo primo duello. – mormorò Connor, calmo.
Victor rifletté. Quindi, l’unico modo per porre termine alla vita di un immortale era il taglio della testa.
E questo rendeva il suo modo di combattere alquanto inefficace, nonostante la sua lunga carriera militare.
– C’è un’altra cosa che devo dirti. Qui faremo solo una parte dell’addestramento. Il resto avverrà nel regno di Prussia. – proseguì l’immortale scozzese.
– Immagino sia per la situazione politica della Francia. – osservò Victor cogitabondo.
– Anche, ma non solo per quello. Ora, però, affrontiamo un problema alla volta. – spiegò ancora il guerriero di origine scozzese.
Con calma, ripresero la loro colazione.

Diversi minuti dopo, Connor guidò Victor all'esterno del palazzo e lo condusse attraverso l'immenso giardino.
I due uomini raggiunsero un edificio assai ampio di mattoni chiari, a pianta quadrata, sormontato da un tetto di tegole rosse.
L’unica entrata era costituita da una grande porta lignea, che si apriva sulla parete sinistra, e su quella opposta erano costruite due finestre di medie dimensioni.
– Che cosa è? – chiese Victor, perplesso.
– Questo è il mio scrigno. In duecento anni di vita, ho raccolto moltissime armi da ogni paese da me visitato. Ora, entriamo. – disse.
Prese una chiave, la infilò nella serratura e la girò.
Con un debole cigolio, la porta si aprì e i due entrarono.

Alle pareti erano incastrate diverse rastrelliere, a cui erano appese spade e pugnali di diverse forme e dimensioni e le else di alcune di queste erano incrostate di gemme policrome, che risplendevano di deboli bagliori.
Connor prese una katana dalla lama ricurva, l'elsa ricoperta di pelle di squalo.
– Tocca a te. Scegli l'arma a cui ti senti più affine. – disse.
Victor, con un leggero cenno del capo, annuì e il suo sguardo, attento, esaminò le armi.

Qualche istante dopo, la sua attenzione fu attirata da una claymore, che giganteggiava tra una katana e una scimitarra.
Incuriosito, il giovane staccò l’arma dalla rastrelliera e tentò di tenerla diritta.
Le sue braccia non riuscirono a sopportare il peso dell’arma e l'ex militare cadde all’indietro, trascinandola con sé.
– Che male… Ma quanto pesa? – esclamò Victor, perplesso.
– Credo non sia l’arma adatta a te… – saettò Connor, trattenendo a stento le risa.
Victor, sentendo le parole del compagno, lo fulminò con lo sguardo.
– Spiritoso. – sibilò.
Con circospezione, si toccò le spalle e le braccia e, non trovandovi alcuna lesione, si rialzò.

Poi, si avvicinò alla claymore e provò a sollevarla, senza riuscirci.
– Non preoccuparti, la rimetto a posto io. Non è adatta ad una corporatura come la tua. – disse l’immortale scozzese.
Prese l’arma e la ricollocò nella rastrelliera, poi si avvicinò ad una rapier* spagnola dalla lama d’acciaio, assai lunga e diritta.
L'elsa della spada, terminante in un pomolo d’ottone lucido, era ricoperta di corde e attorno ad essa si attorcigliava, come un tralcio di vite, una guardia del medesimo materiale del pomolo.
– Prova questa. E’ una arma di sicuro adatta al tuo fisico. – spiegò e la consegnò al compagno.
Victor, pur diffidente, la prese e tentò di manovrarla.
– Avet... Hai ragione.. Mi trovo molto meglio. - confermò.
– Ne sono soddisfatto. Ora usciamo. - ingiunse Connor e, presa la katana, uscì.

– Molto bene. Ora provad attaccarmi. – ordinò l'immortale scozzese.
Victor si lanciò in un rapido attacco, tentando di trafiggerlo al petto con una stoccata.
Connor parò l'attacco con la katana, poi contrattaccò colpendo la guardia dell'arma avversaria.
La spada, con un tonfo, cadde sul terreno.
– Cosa è successo? – si domandò il francese, perplesso. I movimenti del compagno erano stati fulminei e non era riuscito a distinguerli.
Perfino Oscar, se si fosse battuta contro di lui, avrebbe avuto seri problemi.
Anzi, per quanto fosse per lui straniante un simile pensiero, lei avrebbe perso senza alcuna attenuante.
– Non devi trafiggere il petto o altre parti del vostro nemico. Ricorda che siete entrambi immortali e avete un solo punto debole : la testa. – spiegò Connor, duro. Certo, gli aveva spiegato la realtà dei duelli tra immortali, ma la lunga abitudine a quello stile di combattimento era assai difficile da eradicare.
Non poteva certo stupirsi di questo, poiché Victor aveva appena cominciato a percorrere il suo erto cammino di guerriero.
– Capisco. – dichiarò , tranquillo, l'ex Comandante delle Guardie Reali.
– Riprendi l’arma. Ricominciamo. – ordinò con un secco cenno del capo.
L’altro obbedì.
– Molto bene. Cerca di fare meglio. – mormorò e si rimise in posizione di guardia, presto imitato dal compagno.



   
 
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