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Autore: chykopon    13/08/2022    0 recensioni
Ci mette un momento di più anche a razionalizzare l’informazione: “...sono vivi.”
Lo dice a voce alta e con il timbro un po’ rotto. Dalla stanchezza e dalla tensione che ha trattenuto nei nervi fino a questo momento, e lo fa rialzando appena la schiena dalla corteccia dell’albero e rivolgendo l’attenzione a Nancy. Che è ancora lì. Ancora stretta alla sua mano, e con un piccolo sorriso che spossato le piega le labbra, generando quelle due piccole fossette di cui Robin un po’ si è innamorata.
“Siamo vivi.”
La corregge Nance in uno sbuffo.
[ Ronance | ambientata durante un'ipotetica season 5 | wordcount: 4936 ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nancy Wheeler, Robin Buckley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: io sconvolto dal fatto che non ci sia Robin tra i personaggi della sezione- comunque. Il titolo è tratto da Love Grows degli Edison Lighthouse e questa storia ha un po' a che fare con tutta la questione del mortyfying ordeal of being known, ma solo più o meno (?)
La storia è stata scritta in inglese originariamente, per questo alcuni dialoghi sono spezzati da frasi in lingua originale (aka: sono troppo pigro per pensare a puns e modi di dire in italiano.)

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Robin Buckley, per avere a malapena diciotto anni, crede di aver già vissuto un numero sufficiente di esperienze borderline alla morte, da aver imparato a gestire il cuore che le tamburella nella carotide ed il respiro affannoso con cui trova finalmente appoggio contro la corteccia di un albero, dopo essere scappata nel fitto della foresta.

Eppure, chissà come, il battito cardiaco non riesce proprio a calmarsi.

Sarà perché hanno appena abbattuto uno stormo di demo-pipistrelli, lanciando molotov improvvisate ed imbracciando un fucile con cui ha letteralmente appena imparato a sparare, o sarà perché, nel clou del loro ennesimo piano, tutto quello che poteva andare storto è andato storto, come ad esempio, l’immagine ora indelebile nella memoria di Robin, di Nancy che inizia a fluttuare sospesa in aria e gli occhi rivoltati sul retro della nuca.

Robin non pensava di brandire un’arma da fuoco – per questo con lei c’è la maggiore dei Wheeler – ma tirando le somme dell’intera situazione non ipotizzava neanche di doversi mettere a cantare Danger Zone nella peggior imitazione di Kenny Loggins mai vista, ma è esattamente quello che è successo.

Sconsiderato da parte loro addentrarsi nel Sottosopra senza alcun walkman alla mano, ma sono tutte lamentele che Robin potrà rivolgere direttamente a Steve e Dustin, quando anche quest’ultimo delirio paranormale sarà finito.

Perché per adesso, mentre una sequela di esplosioni la avverte che il loro obiettivo è stato annichilito, tutto quello su cui Robin riesce a concentrarsi è che è tutta intera, nessun demo-pipistrello le ha attaccato la rabbia e Nancy è sana e salva e ancora saldamente legata alla sua mano.

In qualsiasi altra situazione, Robin si concederebbe di arrossire subito a questo pensiero, che nel vortice di elucubrazioni assolutamente sconnesse che le affollano il cervello quando è nel più completo panico, deve averle stuzzicato le sinapsi almeno una decina di volte nella loro folle corsa a perdifiato lontano dal pericolo.

Ma adesso, le pareti della sua scatola cranica sono più impegnate a saturarsi dell’immagine indelebile di Nancy che ritorna alla realtà, crollando da quasi un metro da terra direttamente tra le sue braccia e con l’esatta faccia sconvolta che comprensibilmente ci si aspetterebbe dopo che Vecna—Uno— insomma, dopo che Henry Creel ha preso possesso della tua coscienza. Non abbastanza shockata, però, da impedire alla più cazzuta dei due Wheeler di afferrare tempestivamente la pistola nella fondina che ancora regge al fianco e stendere due demo-cani sul colpo.

Magari non le darà il tempo di sentirsi imbarazzata, ma questo fermoimmagine ricorda perfettamente a Robin perché, in primis, s’è presa una colossale sbandata per Nancy Wheeler. Piena di sorprese, l’ha definita una volta, ma è sicuramente riduttivo rispetto alla scena che hanno appena vissuto, dove Nance, rinfoderata la pistola, le ha letteralmente strattonato il polso trascinandola via, mentre l’incendio attorno a loro iniziava divampare, bruciando demo-gorgoni e demo-pipistrelli senza tregua.

Non sa esattamente quando le loro dita si siano intrecciate, e Robin pensa anche che sia una cosa assolutamente sbagliata su cui riflettere mentre ha ancora il cuore in gola e lentamente – molto lentamente – la sensazione di sollievo nell’essere riuscite a portare a termine la loro parte inizia ad attecchirle nella testa. Ma così come si dà della stupida e dell’infantile, diviene anche incredibilmente conscia di come i polpastrelli di Nancy, stretti tra i suoi siano incredibilmente caldi. Vivi.

La realizzazione la colpisce dritta sul muso nel preciso istante in cui risolleva la nuca crollatale a ciondoloni in avanti, e voltandosi incrocia lo sguardo di Nance. Non ha mai visto gli occhi brillarle di un azzurro così intenso da fare male alla vista, e Robin ha speso un tempo sufficiente ad osservarli nelle ultime settimane, da sapere a memoria ogni piccola screziatura che risiede in quelle iridi; è anche irrazionale da parte sua pensare che un colore simile possa essere così vivido nella penombra coperta da nubi che avvolge tutto l’ambiente, ma chissà come, non riesce a liberarsi del tutto di una simile epifania, per quanto insista.

Nancy ha il fiato corto, esattamente come lei. Le spalle che si alzano e si abbassano con fare erratico, i capelli sporchi, il viso pure, tra il colorito rosso che le ha invaso le guance per lo sforzo fisico. E magari è per questo che Robin delira, perché anche a lei tutto il sangue dal cervello deve essere finito sugli zigomi e nel cuore, ma mentre se ne sta ferma schiena all’albero, tentando di mettere assieme i pezzi degli ultimi venti minuti della loro vita, tutto quello che sente rintoccare tra le pareti del cervello è una constatazione assolutamente fuori luogo: Nancy è bellissima anche così.

Se fosse lucida, darebbe la colpa all’adrenalina che ancora le martella nelle vene. Non bastevole, comunque, a farle perdere anche l’ultimo grammo di raziocinio, mentre torna più o meno presente alla situazione, abbassando rapidamente lo sguardo al walkie-takie che porta alla cintura dei pantaloni.

“Dustin? Dustin, mi ricevi?”

La sente l’occhiata di Nance addosso, ed anche senza vederla nella zona più periferica dei suoi occhi, riesce a percepire al pari di un prurito l’aspettativa di cui è carica la sua espressione. Il walkie-talkie tace a lungo, mentre il fragore delle esplosioni inizia ad assestarsi e rimane solo lo sfrigolare brulicante del fuoco, e se trattiene – e trattengono, tutt’e due – il fiato in attesa di una risposta, forse non se ne rendono neanche conto.

La cornetta dà un rumore statico, finché non lo dà più e la voce metallica e distorta di Henderson emerge dall’altoparlante: “Passo! Devi dire ‘passo’, quando hai chiuso la comunicazione, Robin! Passo!”

L’ossigeno le scivola fuori dalla gabbia toracica, ed improvvisamente, Robin si ricorda come si incamera nuova aria nello sterno. Sente Nancy tirare un sospiro di fianco a lei, e magari è solo una sua impressione, ma giurerebbe che la stretta lungo la sua mano si è fatta un po’ più salda, invece che allentarsi.

“Qui noi abbiamo finito. Passo.”

Enfasi sull’ultima parola con una particolare inflessione di assoluto sarcasmo, perché se per il momento Robin non ha fiato per attingere al suo più frequente meccanismo di coping – straparlare – può ancora fare la seconda cosa che le riesce meglio.

La terza, anzi. Perché la prima, a precedere l’assoluto ed inutile info-dumping, è ossessionarsi in irrealizzabili crush verso ragazze che non possono e non vogliono ricambiarla.

Tammy Thompson brucia ancora con la stessa intensità della piccola ustione che ha ora al braccio destro. E non è l’unica.

“State bene? Passo.”

“Un po’ ammaccate, ma tutte intere, pass—“

“Robin è ferita,” la fretta con cui Nancy si intromette nella conversazione la coglie di sorpresa, e per poco non sobbalza, “rientriamo adesso. Passo.”

“Joyce e Murray sono all’uscita del portale di Forest Hills. Hanno tutto l’occorente per medicarla. Passo.”

A questo giro, Robin impiega un attimo di più a registrare la risposta di Dustin, perché la sua faccia è ancora rivolta a Nancy, che senza alcuna vergogna le ricambia lo sguardo, ed è certa di avere l’espressione di una triglia lessa, lì, a bocca aperta mentre con cautela lascia che quella piccola stilla di euforia generata dalla premura dell’altra la coccoli nel momento più inopportuno in cui potrebbe accadere.

Si sente ancora più scema, nel momento in cui Henderson la richiama all’ordine: “Robin?”

“Sì—sì, scusa baby-dingus... voi come state? Eddie e Steve?” poi si ricorda la reprimenda di poc’anzi, anche se inizia a faticare a star dietro ai propri stessi pensieri, mentre stringe convulsamente il walkie-talkie, “...passo.”

C’è un fruscio proveniente dalla cornetta che fa aggrottare lo sguardo ad entrambe, e quando la comunicazione riprende, c’è una nuova sferzata di sollievo che investe tutt’e due, mentre dall’altro capo emerge gracchiante la voce di Eddie Munson: “Harrington ha preso una bella botta, ma è ancora cosciente—ci ricongiungiamo ad Hopper e Jonathan, ora, la situazione è sotto controllo. Passo.”

“Steve sta bene?”

C’è un vago senso di colpa che attraversa la mente di Robin nella frazione di secondo in cui realizza le sue stesse parole.

“...sono vivo, Rob.”

E quando la risposta arriva, direttamente dalle labbra di Steve, Robin sa di poter lasciar andare la nuca contro la corteccia dell’albero, sciogliendo ogni contrazione dei muscoli. È certa di avere gli occhi lucidi per la paura e l’ansia, ma non sembra importarle della lacrima che quasi sicuramente è scivolata a rigarle il volto. C’è qualcosa di estremamente conciliante nel borbottio che continua a saltare fuori dal walkie-talkie in un concerto indefinito di “Devi dire ‘passo’! Ti scuso solo perché sei ferito!” e delle rimostranze che Eddie e Steve avanzano verso Dustin.

Robin, adesso, si concede un attimo di tregua. Perché non ci sono più mostri interdimensionali da cui scappare, non ci sono più bombe da piazzare, né amici da salvare, ed anche tutti i pensieri, quelli più sensati e quelli meno, defluiscono fuori dalle orecchie, svuotandole la capoccia.

Ci mette un momento di più anche a razionalizzare l’informazione: “...sono vivi.”

Lo dice a voce alta e con il timbro un po’ rotto. Dalla stanchezza e dalla tensione che ha trattenuto nei nervi fino a questo momento, e lo fa rialzando appena la schiena dalla corteccia dell’albero e rivolgendo l’attenzione a Nancy. Che è ancora lì. Ancora stretta alla sua mano, e con un piccolo sorriso che spossato le piega le labbra, generando quelle due piccole fossette di cui Robin un po’ si è innamorata.

Siamo vivi.”

La corregge Nance in uno sbuffo.

Poi c’è il silenzio ed un tempo che Robin non saprebbe quantificare in cui semplicemente si guardano. È una sensazione strana, come quella su cui capita di riflettere quando, osservando chi ti è di fianco, realizzi che si tratta di una persona. Un altro essere umano che ha una coscienza, dei sentimenti, delle opinioni ed una vita. Che vive, appunto, e che respira esattamente come te.

È qualcosa di straniante, ma che fa sentire Robin incredibilmente leggera, perché non è mai stata così consapevole come adesso di tutta un’infinità di dettagli con cui si è tormentata nell’ultimo mese. Ad esempio il modo in cui Nancy sbatte le ciglia con una lentezza estenuante, ogni volta in cui ha bisogno di riorganizzare i pensieri, o ancora, il modo in cui si riporta i capelli dietro le orecchie, quando cerca di dissimulare qualcosa esattamente come sta facendo adesso.

E Robin non riesce a definire con precisione che tipo di emozione stia provando ora. Perché c’è ancora il battito accelerato della paura che la sconquassa, e la preoccupazione per Steve che ancora una volta ha deciso di uscire malconcio da questa situazione, e il timore per quello che avverrà dopo nel loro complesso piano per chiudere per sempre il Sottosopra fuori da Hawkins, eppure nel mezzo di questa terribile ed atterrente cacofonia, c’è anche un rintocco più leggero che le scalda il petto, come è caldo ora il palmo della sua mano.

È il rendersi conto di poter ancora sentire, di aver rischiato la vita una volta di più ed esserne usciti – quasi – incolumi nonostante le terribili predizioni che potrebbero mai essere uscite dalla sua bocca poco prima di infilarsi in questo ennesimo delirio, e quell’impulso febbricitante ed elettrificato che corre a bruciapelo sulla pelle permettendole di ignorare anche il dolore della scottatura, nel pensare che domani il sole sorge ancora e l’anima ed il corpo sono così pieni di vita da rischiare di farle prendere alcune tra le decisioni più sciocche di un’intera lunga – breve – vita.

Robin si sente, in questo momento, come se potesse da sola abbattere il Mind Flayer a mani nude, o, più banalmente, spaccare il mondo. E quando lascia indugiare lo sguardo su ogni singolo dettaglio del volto di Nancy, che è lì davanti a lei, la bocca dischiusa, il respiro di nuovo fermo e la tensione nel collo, ritrova la stessa identica cosa nel momento in cui i suoi occhi incrociano quelli dell’altra.

Eppure non è Robin a compiere quel piccolo ma enorme passo che separa le azioni ragionate dagli istinti più naturali del cuore.

Quando la mano libera di Nancy corre al suo viso ed il palmo si plasma attorno alla sua guancia, rosicchiando via tutti i centimetri che le dividono, c’è una sfilza pressoché infinita di elucubrazioni della durata di un battere di ciglio che attraversa la mente di Robin, e sono tutte introiettate a pensare che quello che sta accadendo non può stare davvero accadendo.

Perché Nancy Wheeler è la persona più straight che Robin abbia mai conosciuto in tutta la sua vita.

Perché una cosa Robin ha imparato dall’ultimo due di picche che le ha dato Vickie ed è che Hawkins non è un posto dove le ragazze possono amare altre ragazze e ricevere una qualche soddisfazione dalla vita per questo.

Perché sarebbe assolutamente anticlimatico, mentre l’apocalisse si srotola ancora una volta alle loro spalle, indugiare in un momento così romanticamente stucchevole come quello in cui Robin si irrigidisce tutta d’un tratto, Nancy la spinge di nuovo contro la corteccia dell’albero socchiudendo gli occhi, e annulla qualsiasi altra distanza potrebbe mai frapporsi tra loro.

Robin non sa sul piano logico, perché le labbra di Nance arrivino sulle sue in un colpo di reni, perché le si aggrappi addosso in uno scatto quasi disperato e con ogni briciola di energia che le rimane in corpo cerchi ogni centimetro della sua figura contro cui trovare contatto, però pensa che le loro bocche che si cercano, si sfiorano e poi si trovano, siano la cosa più giusta delle ultime due settimane. Perché se Nancy non l’avesse battuta sul tempo, lo avrebbe fatto lei, con il rischio di pentirsene mezzo secondo dopo.

È tutto abbastanza surreale, fino al punto di farle credere che non ci sia nulla da leggere in un gesto che è probabilmente frutto degli infiniti traumi che hanno collezionato in pochi anni, o che, peggio, sia solo pietismo spicciolo che Nancy sta ora assecondando, dopo averla guardata in viso ed aver sviscerato ogni segreto che Robin ha con tanta difficoltà nascosto.

Dai minuti spesi ad osservarla di sottecchi, quando credeva di non essere vista, fino a tutte le volte in cui è arrossita davanti alla sagoma del suo perfetto sorriso, passando per tutte le occasioni in cui le ha sfiorato le dita o le ha appoggiato una mano sulla spalla solo perché guardare da lontano senza poter avere altro è troppo anche per Robin.

Tutti questi pensieri, ecco, durano il tempo di un battito del cuore. Perché quando Robin sfiata fuori aria dalle narici le labbra di Nance sono ancora lì, le sue dita sono ancora intrecciate alle sue, l’altra mano è ancora piena del suo viso e dei suoi capelli ed i loro corpi sono uno aderito all’altro contro l’albero nel mezzo della fuliggine del Sottosopra.

È solo a quel punto che anche Robin chiude gli occhi, e si lascia cullare dal sapore della bocca di Nance, dal calore della sua pelle e dal sollievo del suo tocco.

Piega appena la nuca e risponde a quello che resta un bacio che di febbrile e concitato non ha nulla, ma si stiracchia nel tempo come se non volesse mai finire, mentre vivono del respiro l’una dell’altra.

Robin le stringe la mano, l’altra finisce sul braccio teso di Nancy in una carezza, e poi, entrambe, con la cautela di chi sembra di avere il timore di infrangere qualcosa di fragile, riaprono gli occhi. Gli sguardi sono tenui sotto le palpebre a mezz’asta, e quando Nance si allontana di nuovo, senza davvero prendere le distanze, si passa la lingua sulle labbra.

Questa volta, Robin si permette di arrossire. Ancora frastornata e con l’espressione di chi non è sicura di essere completamente sveglia e star vivendo la realtà, la studia, perché è incapace di godersi appieno un singolo momento di gioia, terribilmente prona a creare panorami disfattistici nella propria mente.

Robin non si è mai definita cinica, non crede di esserlo, ma sa altrettanto bene di essere quel tipo di persona che vedendo un mazzo di fiori a terra, si mette a cercare la lapide.

Nancy sgrana lo sguardo alla fine, come se si rendesse conto solo adesso di quello che ha fatto, mentre la sua mano lascia andare la guancia di Robin e sale alla bocca in una naturale reazione di assoluto shock. E Robin non ha la forza di osservarla oltre, perché teme di leggerle la vergogna sul fondo dello sguardo. Va nel panico, perché anche di questo è maestra, come dimostrato in infinite altre occasioni precedenti, e vomita fuori la prima cosa – assolutamente idiota – che le attraversa l’anticamera del cervello: “Non ci credo,” fa, “i kissed a girl, before Steve could kiss a guy.”

E ci sono così tante cose sbagliate in quello che ha appena detto, che vorrebbe semplicemente che il terreno si aprisse e la inghiottisse, “Merda— ” bofonchia, “—questo non dovevo dirlo,” borbotta, mordendosi il labbro così forte da arrossarlo.

Nancy impiega un po’ a registrare l’informazione, ed ogni speranza da parte di Robin che l’altra possa non aver sentito crolla nell’istante in cui Nance aggrotta le sopracciglia confusa: “...perché Steve dovrebbe baciare un ragazzo?”

“Eddie.”

Robin si maledice una e mille altre volte di più, scuote la testa e si porta entrambi i palmi alla faccia. Si può essere così deficienti? A parti invertite, se Steve facesse mai una cosa simile, se lo mangerebbe vivo.

“Oh.”

Questa, però, è l’unica risposta che riceve da Nancy, quando la realizzazione attecchisce a dovere e connette tutti i puntini. Rimane sospesa lì per qualche altro istante, in cui Robin continua a non avere il coraggio di guardarla in faccia per le ragioni di prima, e per tutte quelle che si sono aggiunte negli ultimi quindici secondi.

La reazione di Nance, però, non dovrebbe stupirla, perchè non è troppo diversa da quella del suo coming-out. E da quello di Eddie. Ed in fondo, esattamente due minuti prima, Nancy Wheeler la stava baciando, quindi questa confessione non è poi un così gran fulmine a ciel sereno, anche se si parla di Steve.

“Non dovevo dirtelo—non dovevo proprio dirtelo... sono un’amica terribile, la peggiore, altro che migliore amica per sempre, io, poi—gesù santo, Steve mi ammazzerà e farebbe bene, sono sopravvissuta a tutto questo solo per incontrare la morte attraverso le mani di Steve Harrington e me lo merito, e—ommioddio! Oh, cielo! Cosa mi è passato per la testa? Sei anche la sua ex! Cristo—e... oh, no—no, no, no, e Jonathan? Non riuscirò mai più a guardare Jonathan in faccia— ”

“Robin.”

Robin sa di poter andare avanti a sproloquiare all’infinito, lo fa già on a daily basis tra le pareti della sua scatola cranica, renderlo a voce non ne modifica la sostanza, ma quando è la fermezza del timbro di Nancy a frenarla, non può far altro che boccheggiare. Rialza la testa timidamente, e nonostante ci sia una buona manciata di centimetri a dividerle in altezza, Robin sembra farsi minuscola in un modo che è prossimo ad inghiottirla.

Ci sono tante cose che processa tutte nello stesso istante: prima c’è il senso di colpa, poi c’è l’imbarazzo per la figura di merda che ha appena fatto ed infine c’è l’autocommiserazione in cui scade con una facilità disarmante dopo ogni delusione.

È bizzarro come fino a pochi istanti prima si sentisse al settimo cielo, ed ora le sembri di essere stata lanciata nel cerchio più profondo dell’inferno.

Ma quando si concede il tempo per effettivamente guardare e vedere Nancy, non c’è nulla, fuori da un sorriso, dolce e bellissimo, sulla faccia dell’altra. Nulla che la metta in allerta, nulla che la renda nuovamente preda del panico.

La nuca di Nance è leggermente piegata verso la spalla, e la osserva divertita al di sotto delle sue folte ciglia: “It’s okay.”

Glielo dice portando entrambe le mani alle sue guance e Robin non è in grado di muovere un muscolo, perché sente di nuovo le farfalle nello stomaco. Nancy disegna un piccolo cerchio con il pollice sulla sua pelle, appena sotto quel taglietto che Robin si è procurata sullo zigomo, “Innanzitutto, io e Jonathan non— ” la frase non la completa davvero.

Basta un’occhiata e c’è un piccolo “Oh,” questa volta da parte di Robin nel mezzo di tutto l’imbarazzo della situazione, che le fa trarre la conclusione più ovvia. È rigida come un blocco di granito, le mani che non accennano a schiodarsi dalla posa tesa lungo i fianchi in cui le sono caduta le braccia e due occhi talmente sgranati da sembrare due fanali.

“E seconda cosa... fingiamo che tu non mi abbia mai detto nulla,” e c’è una piccola nota di preoccupazione che attraversa lo sguardo di entrambe, perché Steve è ferito – come sempre – e non possono prescindere dal far correre i pensieri  a questo dettaglio, ma poi Nancy parla di nuovo e lo fa sbuffando una leggera risata tra le sillabe, “anche se non sono sorpresa, da qualcuno che gira sempre con una mazza in spalla, mi aspetto che swing both ways.”

Se possibile, Robin sgrana gli occhi più di quanto già non siano spalancati.

La fissa serrando la bocca, perché non può crederci. Il quadretto è già abbastanza assurdo così, mentre Nancy Wheeler le tiene in volto, tra la polvere del Sottosopra che volteggia attorno a loro, ed un panorama di fiamme ed esplosioni fa loro da sfondo, ma questo— Robin ci prova a trattenere una risata, ma alla fine scoppia con anche un po’ di nervosismo.

“Non l’hai detto sul serio,” boccheggia tra una risata più simile ad un raglio e l’altra, che presto si accompagna a quella più cristallina di Nance.

Ridono entrambe per un tempo che non sembra volersi mai esaurire, e c’è tutta la scioltezza dei nervi che si lasciano finalmente andare dopo essere rimasti contratti troppo a lungo; ma quando ogni suono scema, le dita di Nancy sono ancora lì sul suo viso e Robin non sa cos’altro fare se non mordersi il labbro e divergere appena lo sguardo, perché adesso si sente maledettamente esposta e non capisce se la cosa la metta a disagio o meno.

È come se percepisse una specie di vuoto alla bocca dello stomaco, come una fame, per la quale non riesce a trattenere l’attesa e l’aspettativa, quindi Nance chiude una volta di più le distanze, stirando appena la nuca verso l’alto per supplire alla differenza d’altezza.

“La cosa più divertente, è che io preferisca le armi da fuoco alle mazze, eppure— ”

Robin non è stupida, anche la conclusione di questa frase la trae da sé senza bisogno di particolari elucubrazioni e c’è la sensazione di una gioia frizzante ed incontenibile che inizia a salirle dal petto, fino alle guance. Non sembra essere proprio padrona delle proprie reazioni, ed è immaginabile dopo quello che hanno vissuto, dunque scoppia a ridere di nuovo, con tutte le lacrime che ha trattenuto e che ora rotolano via sul volto. Tenta di tamponarle in una qualche maniera, premendosi i palmi sul viso, asciugandole con le maniche sporche della casacca, ma è certa di star dando uno spettacolo pietoso di sé.

C’è tutta la frustrazione delle ultime ore e delle settimane prime, dei minuti spesi ad organizzare il piano ed il pensiero che una di loro avrebbe potuto non farcela, di tutti i secondi passati ad osservare Nancy in silenzio e crogiolarsi in un sentimento che non pensava avrebbe mai avuto modo di fiorire.

“Robin?”

“Scusa— ” le urla praticamente, tirando su col naso, “—sono solo felice,” ammette, e la verità sta tutta lì. Poco importa che sia il momento sbagliato, il luogo sbagliato, i presupposti sbagliati con tutta una serie di altri errori che hanno disseminato nell’ultima mezz’ora. Ma sono entrambe vive e Robin non si sarebbe mai aspettata un outcome del genere.

Aiuta, certe volte, danzare con la morte con più frequenza di quanto si dovrebbe essere preparati a fare, perché contribuisce a mettere ogni cosa nella giusta prospettiva. E con il senno di poi, Robin riflette che se proprio avesse dovuto andare all’altro mondo, forse non l’avrebbe fatto senza confessare a Nancy Wheeler quanto fosse maledettamente e dannatamente cotta già da tempo.

“Sono felice che we didn’t kick the bucket, che—che anche gli altri stiano bene, che ce l’abbiamo fatta e che—ommioddio, Nance, mi hai appena baciato, e io non ci posso credere, un attimo prima distruggiamo tutti quei maledetti mostri e l’attimo dopo siamo qui e—”

Nancy non la interrompe neanche una volta nel suo rambling, e Robin si frena da sola, ritrovandosi ad occhieggiarla una volta di più. L’altra la fissa a sopracciglia spiegate sulla fronte, intenerita quasi, e con un leggero rossore sulle guance che è condiviso da entrambe, ed anche volendo Robin non riesce a trovare alcuna traccia di rimorso o di errore nello sguardo di Nance.

“Scusa, continuo a blaterare—”

Nancy ridacchia, socchiude gli occhi e l’attimo dopo si fa più vicino. I loro vestiti si sfiorano, e i loro respiri si legano assieme, “Non devi scusarti, you’re kinda hot, quando lo fai.”

Robin potebbe scoppiare in questo momento e ne è matematicamente certa, mentre tentennante lascia che finalmente le sue dita si inerpichino lungo le braccia di Nancy, artigliandole le maniche, “Kinda hot?” c’è una piccola risatina nervosa che le sfugge dalla bocca, “Tu sei kinda hot, soprattutto quando imbracci un fucile, ti metti a giocare al tiro a segno con dei demo-cani e poi te ne esci con queste cos—”

A questo giro, Nancy la interrompe per forza di cose, perché spingendosi appena sulla punta degli stivali cerca e ritrova le labbra di Robin e per una seconda volta le chiude con le proprie. È un bacio un po’ più concitato questa volta, c’è più trasporto e meno disperazione, e c’è tanta liberazione nella maniera in cui le falangi di Nance si riempiono dei capelli di Robin, passandole i palmi sul collo e sul retro della nuca. Si spinge tra le sue braccia, in quello che sembra un invito a cingerla e che Robin non manca di accogliere seppur con i suoi secondi di ritardo.

Le carezza le labbra con la lingua, le respira contro la bocca e le carezza ogni centimetro agli angoli del suo sorriso con un bacio che schiocca nel palato di tutt’e due. Questa volta, Robin risponde subito, anche se è letteralmente il secondo bacio di tutta la sua vita e non sappia neanche da dove si debba partire, mentre le stringe i fianchi e si piega senza voler concedere a Nance neanche un millimetro di distanza in cui i loro corpi non si tocchino o non si sfiorino.

Ci potrebbe morire sulle labbra di Nancy e andrebbe bene così.

Il walkie-talkie ritornato alla cintura, però, la pensa diversamente e dopo qualche “bzzzt” di troppo, la voce di Murray gracchia dal dispositivo.

“Buckley, siete tutte intere?”

Lì per lì sembra che nessuna delle due voglia davvero staccarsi, Nance in primis in realtà, perché Robin subito ci prova a scostare lo sguardo per brandire l’apparecchio, ma Nancy è ancora lì, le mani piene del volto dell’altra, mentre continua a baciarla con trasporto. Quando però Murray le richiama una volta di più, trafelata e quasi a malincuore, Robin si stacca per riprendere fiato e brandire il walkie-talkie: “Sì—sì, siamo tutte intere, il piano è riuscito, stiamo per attraversare il portale—uh, passo?”

Le braccia di Nancy sono ora al suo collo, ben lungi dal volersene separare, e Robin la cinge, perché l’intenzione è totalmente condivisa.

Ci pensa per il tempo esatto di una frazione di secondo, solo perché la consapevolezza kicks in solo adesso, ma è stata così vicina alla possibilità di perderla, che ora non sembra intenzionata a volersene staccare. E magari – e solo magari – Nance pensa lo stesso.

“E Nancy? Anche Nancy sta bene?”

“Sì, Joyce, tra meno di dieci minuti saremo al punto di incontro.”

Ci pensa Nance, sporgendosi appena all’indirizzo della cornetta, a rassicurare la signora Byers, le dita che perseverano ancorate alle spalle di Robin ed un sollievo che le esplode nella voce, concedendosi a propria volta il tempo di assorbire tutto quello che è accaduto.

Le comunicazioni si interrompono di nuovo ed il silenzio ritorna ancora una volta, anche se silenzio non c’è davvero nel fragore di un’apocalisse, ma nelle orecchie di Robin e Nancy è come se rintoccassero solo le eco dei respiri reciproci. Si guardano di nuovo, questa volta con più calma, ritagliandosi ogni grammo di secondo per sondare sotto lo sguardo i lineamenti del volto l’una dell’altra.

C’è qualche abrasione, qualche livido sulle braccia e qualche lacrime sul viso di Robin, ma poi le mani di Nance tornano sulle sue guance e fronte contro fronte si concedono di lasciar andare un sospiro.

Robin non credeva fosse possibile lasciare tutto il mondo fuori dalla propria testa, perché certe volte i pensieri riescono quasi a mozzarle il fiato, eppure contro il calore della pelle di Nancy, blandita dal suo tocco, ogni cosa trova il suo giusto incastro.

E magari è egoista da parte sua desiderare che Mike, Will ed El riescano nella loro missione, solo perché allora tutto tornerà alla normalità e magari potrà chiedere a Nancy di fare colazione assieme al diner in centro, o di guardare un film al drive-in, oppure andare alla cava solo per osservare il cielo sotto un manto di stelle, e non perché il mondo sarà finalmente salvo.

Ma per una volta, a Robin piace l’idea di crogiolarsi in questa felicità. Solo per un momento, per l’istante in cui la mano di Nancy scivola a stringere la sua, e con un cenno del capo la invita a seguirla verso la breccia che le risputerà nel mondo reale.

Solo per adesso, Robin lascia che tutto l’amore che prova per Nancy le si attacchi addosso come una malattia, al dopo... ci penseranno dopo. Non ci vorrà molto perché la situazione in cui si ritrovano le prenda a pugni in faccia di nuovo, ma per ora, con le loro dita intrecciate ed il sapore di Nance che ancora le langue sulla bocca, Robin ha un po’ meno paura.



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Note: Alexa, play Africa dei Toto.
   
 
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