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Autore: Lunaharry66    30/10/2022    0 recensioni
(Titolo deliberatamente ispirato alla canzone Sour Grape- LESSERAFIM)
Forse a volte è Cyborg a guardare Robin, forse a volte è Robin a essere guardato da Cyborg. Importa veramente?
3 momenti+ 1 in cui Cyborg osserva Robin, con le dovute riflessioni, e un momento in cui ne è estremamente consapevole.
Volete shipparli? Shippateli. Non volete shipparli? Non shippateli. Neanche io ho la più pallida idea su quale sia il loro rapporto in questa storia.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Cyborg, Robin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scopriti'
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Nel caso vorreste abbinare qualcosa alla lettura la reception propone:

- Drive ( Miyeon)

- Drive ( Bang Chan & Lee Know)

- Lucid Dreams (Aespa)

Avere una giornata come quella non era cosa da tutti i giorni, Cyborg lo sapeva bene. La normalità era qualcosa di sfuggente, se ne rendeva conto anche nei momenti più insignificanti. Nel suo io interiore era diventato Cyborg e faceva fatica ad appellarsi con il ben più umano Viktor. Come se il nome del suo alter ego, o anche della sua condizione, avesse preso completamente il posto di quello che una volta era stato un popolare giocatore di football alle superiori.

 Chissà se loro cinque, con cinque vite decisamente diverse da quelle attuali, sarebbero riusciti a legare. O forse è stata solo la necessità di avere qualcuno amico in quel mondo così crudele a rendere la loro squadra tanto affiatata?

Mentre  camminava a passo spedito, diretto verso la stazione ferroviaria di Jump City, Cyborg fantasticava sull’ avere casa libera per un intero weekend. C’erano infatti delle rare, rarissime occasioni, in cui tutti loro facevano ritorno verso le proprie case natali. O meglio: il ragazzo avrebbe scommesso tutto l’oro del mondo che BB e Corvina avrebbero passato la notte in qualche Love Hotel in periferia. Il succo però era sempre lo stesso: weekend di vacanza,quattro  fanno  quello che gli pare e uno a turno rimane alla Torre per sorvegliarla  e in caso ci dovesse essere una qualche emergenza.                

Stavolta il turno era il suo e invitare una vecchia amica gli era sembrata l’idea migliore per passare la serata in compagnia. 

Per rispettare la loro privacy, forse e soprattutto quella di Robin, si erano accordati in modo silenzioso di lasciare la Torre ad orari alterni. Non che ne avessero  mai parlato apertamente,  la routine si era creata da sola. Il leader era sempre il primo ad andarsene, e quando toccava a lui rimanere si assentava per il tempo necessario a ritrovare la Torre completamente vuota.

Anche oggi era successo così: il tempo di recarsi a comprare un paio di cose nel suo minimarket di fiducia che gli altri quattro avevano lasciato la Torre. 

Quel giorno le temperature si erano abbassate di molto, non che Cyborg sentisse il freddo. Per dare meno nell’occhio però aveva optato per  un pantalone morbido della tuta e un bomber blu. Il suo abbigliamento era nettamente più leggero di quello dei passanti che osservava camminando, ma contribuiva a non renderlo un bagnante in costume nel bel mezzo della Groenlandia.

Il piccolo spiazzo davanti alla biglietteria era poco affollato: chi non doveva prendere il treno nell’immediato futuro aveva preferito rifugiarsi in qualche caffetteria o sotto i portici per scampare al vento gelido invernale.

C’erano soltanto tre persone oltre a lui.

Un senzatetto addormentato contro la parete più esterna del gabbiotto della biglietteria, un’anziana signora seduta su una panchina e un ragazzo appoggiato alla colonna che formava l’inizio dei portici. 

Per un momento l’idea di bere qualcosa di caldo in un bar gli accarezzò la mente, finché qualcosa nella figura del ragazzo non lo fece fermare.

Essa era… stranamente familiare. 

Di statura nella media, o forse un po’ più basso?, una cascata di capelli neri, che gli sembravano morbidissimi, e una grande sciarpa blu. Decise di sporgersi maggiormente per osservare meglio: lo sconosciuto indossava una specie di giacca a vento dello stesso colore della sciarpa, un paio di jeans e delle sneakers in tela grigie.

 Durante la sua ispezione notò un particolare che prima gli era sfuggito: a coprire gli occhi dello sconosciuto c’erano un paio di occhiali da sole classici, neri e sottilissimi.

Il sole non si era mai fatto vedere nell’arco della giornata ed ora il cielo era ancora più nuvoloso, per cui indossare un paio di occhiali da sole risultava ancora più strano di quanto sarebbe stato lui svestito.

Di nuovo quella sensazione di deja-vu lo percorse, portandolo inevitabilmente a pensare a Robin. Lo sconosciuto stringeva tra le mani un borsone blu dalle dimensioni ridotte.

Raccattando tutto il coraggio di cui era provvisto si avvicinò con cautela a quello che, presumibilmente ,era il suo leader.

A metà strada si fermò: voleva veramente saperlo?

Il loro gruppo non era ancora amalgamato al meglio, quella piccolissima mancanza di fiducia ne era la prova. Erano solo compagni di squadra dopotutto, ma quel solo valeva così poco? Non rischiavano la loro vita sempre, tutti e cinque?

Eppure contemporaneamente  proteggevano gelosamente quel minimo frammento di privacy che possedevano. 

Era insignificante, ma allo stesso tempo varcare quella linea di confine per lui rappresentava rompere tutte le difese dell’altro e, di conseguenza, anche le proprie. 

Era pronto a mostrarsi “nudo”, in tutta la tranquillità di un venerdì sera a Robin? E, soprattutto, l’altro avrebbe voluto? Si sarebbe sentito ferito, arrabbiato, sorpreso?

Ripensò alle domande che gli affollavano la mente.Doveva farlo?

O forse era meglio lasciar perdere?

Basterebbe fare dietro front,pensò.

Indeciso, arretrò di qualche passo. Più di qualche passo in realtà.

Nascondersi non era però la scelta giusta.

Poi si accorse di avere il suo nome sulle labbra e sorrise inconsciamente.

Prima di cambiare nuovamente idea gli toccò la spalla.

Gli sembrò che il mondo prese a girare più lentamente fin quando lo sconosciuto, che ora non era più tale, fece un passo all’indietro.Pensò di aver sbagliato e di aver fatto la figura dell’idiota, poi però osservò fugacemente quel volto. Gli occhi lo evitavano. Ci aveva azzeccato.

Un angolo remoto del suo cervello gli impose la ritirata, ma il suo emisfero sinistro glielo impedì.

-Sei tu ?- Chiese retoricamente il più alto.

Robin, perchè oramai doveva essere lui, non gli rispose, offrendogli il modo di girarsi e tirarsi fuori da quella situazione imbarazzante. Cyborg decise però di fare buon viso alla sua riluttanza; fece vagare lo sguardo per lo spiazzo. La sua attenzione venne catturata da un insieme di vecchie cicche accatastate in un angolo. Si decise quindi a porre a Robin la domanda meno indicata che avrebbe mai potuto pensare.

-Hai da accendere?

Con tutta la calma del mondo l’altro gli rivolse uno sguardo occhialuto confuso.

-Tu… Vuoi una sigaretta?

Effettivamente Cyborg si pentì del gergo da gangster usato. Una sensazione amara gli pervase la bocca, riportando alla mente ricordi che pensava di aver cancellato.

Lui, quattro o cinque ragazzi -se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe risposto di non ricordare nessuna delle facce che lo circondavano, nonostante potesse figurare nella sua mente ogni particolare dei loro volti- della sua età, seduti tutti in cerchio intorno ad alcune bottiglie vuote. Un paio di ragazze, anch’esse indossavano le magliette della squadra di football, ma annodate alla vita. 

Chiacchieravano a voce bassa, in sottofondo una canzone che non conosceva. 

E poi quella fatidica domanda -Hai da accendere?-, la sua mano che lanciava una sigaretta di bassa qualità in aria, quella di un suo compagno di squadra che l’afferrava al volo. Un sorriso e una pacca sulla spalla in segno di riconoscimento.

Si sentì toccare la spalla, ma il tocco era stato decisamente più delicato,come a riscuoterlo.

Sotto di lui Robin lo fissava attraverso le lenti nere come avrebbe fatto un pettirosso curioso. Il ragazzo teneva nella mano guantata, Cyborg non comprendeva a cosa servissero i guanti senza dita,  una sigaretta lineare.

Dal pacchetto lesse che si trattava di una MS lunga. 

Ora toccava a lui essere estremamente confuso.

-Tu fumi veramente?

Robin ritrasse la mano indispettito.

-Io… Cer- Perchè se no me lo avresti chiesto… Ahhhh. Capito.

Strofinò i piedi tra di loro, imbarazzato.

-Vabbè dai, rifiutare sarebbe scortese. Me la stavi offrendo con tanta gentilezza. 

Robin corrugò le sopracciglia come a dire “Mi hai praticamente implorato”. Dalla sua bocca però non uscì nessun suono e si limitò ad arricciarla in un sorrisetto.

 Riconsegnò la sigaretta al più alto, che mimò l’atto di fumare. 

Robin estrasse dalla tasca della sua giacca a vento un accendino. Blu.

Seriamente?

-Hai un corredo per caso?- chiese Cyborg riferendosi alle varie sfumature cromatiche. Ma magari. 

L’unica variazione consisteva nell’interno della giacca, di un colore misto tra il pavone,il cobalto e il turchese.

Il più basso lo ignorò, prendendo un’altra sigaretta e accendendola. La avvicinò lentamente alle labbra e iniziò ad inspirare il fumo.

-Ma quindi fumi!?

-No guarda, le tengo per bellezza. Anzi: sono di un amico e gliele sto tenendo io, mamma.

Entrambi scoppiarono a ridere come due cretini. La signora continuò a leggere la sua rivista di medicina alternativa. Cyborg ne scorse un paio di titoli- La curcuma e gli altri 5 cibi miracolosi- oppure -10 abitudini 

antiage: cosa fare per rimanere sempre bella e in forma - e tanto gli bastò per disinteressarsi completamente.

-Comunque non mi stai dando il buono esempio… come  leader.- mormorò Cyborg per spezzare l’atmosfera tranquilla in cui erano sprofondati.

-E neanche tu… come il più vecchio. - rispose il più basso imitando la pausa ad effetto usata dal maggiore.

-L’importante è non farne toccare una a Bb.- continuò Cyborg -E nel caso dovesse succedere, la colpa sarà solamente tua per avermene offerta una con così tanto charme.

-Io non ti ho offerto proprio niente e poi-

Ma Cyborg non gli stava prestando attenzione, immerso nella pace che solo una buona sigaretta e un bel battibecco con l’altro potevano dargli.

Un uomo sulla trentina che teneva per mano una bambina dai capelli corti e biondi sbuffò contrariato, gettando un’occhiata al tabellone desolatamente vuoto della stazione.

Come era venuto se ne andò, ma ormai “il loro momento sigaretta” era stato spezzato.

-Cazzo… Vero, me ne ero proprio dimenticato!- mormorò il più piccolo a voce bassa- come se avesse paura di farsi sentire da lui e fosse improvvisamente diventato un genitore alle prime armi che bestemmiava davanti al figlio piccolo, che poi avrebbe ripetuto testuali parole a scuola.

-I treni hanno un ritardo di più di  tre ore… 

Non sapeva di preciso qual era la destinazione del leader, anche se ne aveva una vaga idea, ma dubitava che fosse diretto a Los Angeles, l’unica destinazione in orario.

-Aspetta- Robin si girò verso di lui con uno sguardo inquisitore- tu che ci facevi qui? 

-Potrei farti la stessa domanda.

-No che non potresti. Questo è il mio giorno libero, non il tuo. Fate veramente così quando dovete rimanere alla Torre e poi-

-Smettila. - Cyborg si infastidiva facilmente a contatto con il lato più rigido del ragazzo, la sua personalità mal si adattava alla facciata da “sono un leader forte e senza sentimenti che agisce come un robot seguendo le regole” che l’altro indossava in alcune situazioni. Sapeva di non conoscere ancora alla perfezione il carattere del moro. A volte però la sua capacità di cambiare comportamento in così poco tempo lo quasi spaventava. Significava che non si sentiva veramente coinvolto nelle loro conversazioni? Per lui era così semplice distaccarsi completamente da tutto?

-Devi stare tranquillo. - disse senza essersi reso conto di aver aperto bocca.

-Cosa?

-Sei nervoso ultimamente… Più del solito intendo.

Robin alzò le spalle in risposta.

-Sai bene che siamo tutti pronti ad aiutarti ed ascoltarti, non devi sentirti in soggezione o cose così…  Tu per noi ci sei sempre -

-Slade.

-Slade che cosa? Lo sogni di notte? Hai ancora quegli incubi? Perché non hai detto nulla a Corvina, oppure lei lo sa e io no?

-Calmati tu ora.- Gli rispose semplicemente l’altro premendo la sua mano guantata sul suo largo petto.

-Sto bene… Sono preoccupato però. Con tutto quello che è successo in città negli ultimi mesi non riesco a stare tranquillo. Mi dispiace se ho dubitato della tua integrità come eroe e della tua professionalità.

-Adesso sei un burocrate?

-Eh?

-Non serviva niente di tutto questo, Rob. Mi basta sapere che dormi tranquillo, e almeno sei ore a notte spero. Non ho bisogno di scuse, anche perchè so che teoricamente hai ragione tu.

Come sempre.- mormorò il più alto, assaporando il vero significato nascosto dietro quelle semplici parole.

La situazione era diventata estremamente imbarazzante e Cyborg se ne riteneva il maggior colpevole. D’improvviso si era sentito l’equivalente della Signora in Giallo, forse provvisto di qualche bullone e vite in più. Aveva sempre cercato di non essere troppo invadente o ficcanaso nella vita dei suoi compagni: come membro più anziano sentiva la necessità di avere la completa fiducia degli altri ragazzi. Era allo stesso tempo una rassicurazione per lui- sentirsi importante e nel ruolo del fratello maggiore- ma anche un modo per non sovraccaricare troppo le spalle di Robin. Fin dall’inizio della loro avventura il moro si era sempre confidato con lui, trovando un ascoltatore pronto ed attento, aprendosi sempre di più e non limitandosi solo alle questioni che riguardavano la squadra e il suo funzionamento.

Cyborg aveva paura di perdere quel bel rapporto che si era creato tra loro, complici le insicurezze reciproche e tratti simili, per questo non si era mai spinto oltre il muro di cartongesso che entrambi avevano eretto. Lui e Robin avevano due caratteri diversi, ma per certi versi affini: il moro era colui che li teneva entrambi con i piedi ben piantati a terra, Cyborg si occupava di far riposare i loro cervelli sconvolgendo i piani previsti. Certo, questo a volte mandava in bestia il leader, che però ci aveva inconsciamente fatto abitudine.

Dietro la maschera di amicone e confidente il cyborg nascondeva un’oceano di dubbi che ultimamente avevano come maggiore incognita un pettirosso isterico più basso della media e con i capelli corvini. Il centro dei suoi pensieri aveva spostato la propria attenzione,attirando inevitabilmente anche la propria, verso una caffetteria. 

-Senti… Non voglio sapere perchè sei qui… O meglio sì, ma no. Entriamo lì? Qua si muore di fred- Di noia! Che giornata noiosa,eh?- ridacchiò nervosamente il più basso.

Si era corretto per non metterlo a disagio.

Ah.

Nonostante da fuori possano sembrare le basi della correttezza e del rispetto, spesso le persone si dimenticavano della sua condizione. Magari non con cattiveria, almeno lo sperava, ma più con leggerezza. Sensazioni come il freddo, il sonno o la stanchezza gli erano oramai sconosciute. Al massimo percepiva una sensazione di vuoto in corrispondenza della fame e un leggero senso di spossatezza al posto del sonno. Ma niente che non gli permettesse di passare circa una settimana senza dormire,bere o mangiare. Si autoimponeva di percepire certe sensazioni per dare un ritmo alla sua vita e questo Robin lo aveva ben intuito. Nella sua apparente freddezza e rigidità il ragazzo sapeva essere un perfetto leader perché conosceva ognuno di loro come le proprie tasche.

-Va bene.

L’altro aprì il suo ombrello, ovviamente blu, alzando il braccio il più alto possibile per coprire anche lui. Attraversarono la strada lentamente, ricevendo però una bella doccia a base di acqua piovana e fanghiglia varia da un suv che sfrecciava per le strade di Jump City.

-Guarda te se oggi ci tocca pure un incidente…- borbottò sarcastico Robin.

-Tanta gente sembra aver trovato la patente nelle scatole dei cereali.

-Come te per esempio?

-Che cosa hai da dire sulla mia guida?

-Assolutamente niente, signor “mi sono dimenticato di attaccare la targa alla T-Car”.

-Non capisco in che modo questo sia collegato alle mie doti di guidatore.- rispose Cyborg, mantenendo i toni ironici della conversazione e accomodandosi ad un tavolino .

Robin inarcò le sopracciglia e si sedette davanti a lui.

Una ragazza dai capelli corti e chiarissimi si avvicinò loro con un piccolo menù in cartoncino e il blocchetto per le comande.

Cyborg gettò un’occhiata veloce alle varie opzioni.

-Due cioccolate calde.- disse senza attendere il parere di Robin.

Quella che identificò come Rose grazie al cartellino appuntato sul grembiule, scomparve trotterellando dietro il bancone della caffetteria, al momento deliziosamente vuota e tranquilla.

-Ottima scelta.

-Sempre.

La domanda da cui entrambi desideravano una risposta aleggiava nell’aria con la leggerezza di un elefante in un negozio di cristalli e porcellane. Cyborg sapeva che Robin non avrebbe mai parlato per primo.

Aveva imparato a sue spese quanto l’altro potesse essere ostinato e testardo. Se non era sicuro che avrebbe ottenuto ciò che cercava non si sarebbe mai spinto tanto oltre.

-E che cazzo! Quanto siamo melodrammatici?- sbottò ad un certo punto Cyborg, non più assorto nelle sue profonde riflessioni.

-Io sono una persona matura. Sei tu che non vuoi ammettere che stavi aspettando qualcuno da portare alla Torre.

Cyborg boccheggiò un momento, ma riprese velocemente la propria aria strafottente:- E tu invece?

-Io, a differenza tua, seguivo le regole: Giorno libero equivale a tornarmene a casa con il treno.

Il loro battibecco fu interrotto da Rose che lasciò sul tavolino due graziose tazze arancioni a forma di zucca, qualche biscottino e un foglietto ripiegato.

-Cos’è?- domandò Robin guidato dalla sua irrefrenabile curiosità.

Cyborg, animato dal medesimo sentimento, alzò lo sguardo per una frazione di secondo, incontrando il viso ovale di Rose e le sue labbra sorridenti. 

Scrutò il biglietto con confusione, trovandoci scritto il numero della ragazza, che si era firmata con una quantità sproporzionata di cuoricini ed uno smile .

-N-niente di importante.

Robin si mise una mano sotto il mento,imitando una faccia pensierosa.-Fammi indovinare, - disse girando il cucchiaino nella sua tazza,- ti ha dato il suo numero?

-Come hai fatto?

-Deve essere veramente brutto.

-Cosa scusa?

-Essere stupidi.

-Sei particolarmente acidino oggi.

-E tu particolarmente tonto. Ti ha anche dato più biscotti.- concluse il più basso afferrandone uno con la glassa al cioccolato dal suo piattino. Effettivamente la quantità di dolcetti di Robin impallidiva davanti alla sua.

Cyborg ficcò il bigliettino nella tasca della sua giacca.

Era da tanto tempo che qualcuno non flirtava con lui così sfacciatamente. Non lo avrebbe mai ammesso a sè stesso, ma avrebbe avuto tutt’altra reazione se il numero fosse appartenuto a Robin.

Chissà se l’altro usava un cellulare.

Forse questo sarebbe stato uno di quei piccoli dettagli che non avrebbe mai saputo, troppo intimi e privati per un amico.

Un cellulare non era un semplice cellulare,non quando avevi una doppia identità. Era una finestra su una normalità labile e bellissima che loro non avrebbero mai veramente assaporato a pieno.

Bevendo la sua cioccolata lo sguardo di Cyborg si alternava tra Rose e Robin, che osservava tranquillamente le macchine sfrecciare fuori. Come se avessero tutto il tempo del mondo.

Cyborg sentiva che quella giornata, per loro due, era ormai andata sprecata: una notifica sul suo telefono lo avvertì che l’amica che aspettava aveva avuto un contrattempo. In quanto a Robin al suo treno mancava ancora più di un’ora per arrivare. Eppure sentiva che qualcosa si era guastato.

-Dovresti andarci.

-Dove? 

Ora parli a monosillabi?

-Quando ti chiederà di uscire, appena io me ne andrò. 

Di conseguenza estrasse un paio di monete da una tasca e le depositò sul tavolo, raccattando poi le sue cose da una sedia lì a fianco.

Gli rivolse un sorrisetto stiracchiato ed uscì dalla caffetteria in una manciata di secondi, dando appena a Cyborg il tempo di realizzarlo.Come in attesa di un segnale speciale Rose si presentò al tavolino.

Cyborg scorse dalla vetrata la mano di robin alzata in un segno di incoraggiamento.Contemporaneamente gli arrivò alle orecchie la voce vellutata di Rose.

Il ragazzo accettò senza pensarci due volte: Jump City sarebbe sopravvissuta una notte senza di lui. Aspettò che Rose si sistemasse e chiudesse il negozio.

Replicò le stesse mosse che al liceo gli avevano assicurato una scia di ammiratrici. Avvolse il proprio braccio intorno alle spalle sporgenti di Rose, che stretta in un piumino rosa pastello con un grande pellicciotto magenta sembrò apprezzare particolarmente.

Quando circa tre ore dopo la spinse conto il bancone di una discoteca e si ritrovò le mani affusolate di lei dietro il collo, la baciò con la consapevolezza che Robin quel pomeriggio fosse geloso.

E forse immaginò il viso del ragazzo prendere il posto di quello ovale di Rose.

 
   
 
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