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Autore: Portgas xyz    14/11/2022    1 recensioni
Pugno di Fuoco é uno spirito libero. Nelle sue vene scorrono le fiamme e tutto il suo essere brucia più di mille soli. Ha la determinazione che serve per arrivare in alto e conquistarsi il suo giusto posto nel mondo e sa anche da dove vuole iniziare. La sua punta di diamante, infatti, sarà la testa di uno dei quattro Imperatori.
Solo che, all'inizio della sua avventura, non aveva immaginato che avrebbe dovuto passare buona parte del viaggio a stretto contatto con quello che aveva soprannominato nemico.
Mantenere a bada le fiamme non sarà di certo facile, ma farà ugualmente vedere a tutti quei pirati di cosa é capace.
Anche se ai loro occhi é solo una donna.
Attenzione, Fem!Ace.
Portgas xyz.
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barba bianca, Marco, Pirati di Barbanera, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Whitebeard Pirates' Flame

8. Storie dell’orrore (Parte 2)


Davanti a loro stavano quegli essere simili ad umani, ma allo stesso tempo diversi sia per il colore troppo pallido della pelle, sia per l'aria crudele che si leggeva chiaramente negli occhi innaturalmente rossi ed inquietanti.
D'istinto, Anne si mise in posizione d'attacco, pronta ad agire al primo movimento sospetto, lasciando il compito ai Comandanti di prendere l'iniziativa. Dopotutto, lei il suo grado di Capitano lo aveva perso.
Gli uomini alle sue spalle la imitarono senza rendersene conto, sfilando le loro armi e preparandosi ad affrontare quelle creature che li guardavano con l'evidente acquolina in bocca, come se fossero stati una portata prelibata e lei ne sapeva qualcosa sull'amore per il cibo, ma non era il caso di fare paragoni o mettersi a pensare a mangiare.
Ad una decina di metri da loro, la Contessa e il suo corteo non muovevano un muscolo, tranne forse gli occhi. Si, quelli scorrevano sulle figure di quelli che per loro altro non rappresentavano che pasti fatti di sangue, tanto quanto ne bastava per riprendere le forze e ne avevano assolutamente bisogno dopo quella lunga carestia che li aveva costretti a cibarsi di se stessi.
Ecco a cosa stava pensando Erzsébet Báthory, al sangue e al modo più veloce, ma anche divertente, che poteva trovare per dissanguare quegli sciocchi.
Osservò nelle retrovie, selezionando già qualche buon candidato per poi passare a quelli che dovevano di certo essere il piatto forte e non solo per potenza e prestanza fisica.
Ignorò di proposito la ragazzina che la guardava come se fosse stata il Demonio e si concentrò sui quattro uomini che la affiancavano, uno più robusto dell'altro e nel giro di un paio di secondi aveva scelto il suo futuro giocattolo, quello che avrebbe ucciso per ultimo dopo averlo sfruttato in più di qualche modo perverso. Non era una sprovveduta, però, e aveva capito che il biondo doveva essere il leader, perciò era meglio indebolire il gruppo prima di attaccarlo e lei sapeva esattamente come fare.
Anne si irrigidì quando vide la Contessa sussurrare qualcosa alla donna accanto a lei e, l'attimo dopo, dovette incrociare le braccia davanti al viso ed attivare uno scudo di fuoco per difendersi dall'ondata di polvere nera che investì lei e il resto della ciurma e che, tempo di un battito di ciglia, era sparita e con essa quegli esseri demoniaci.
Si guardò attorno, eliminando le fiamme per non attirare l'attenzione e notando ad una prima occhiata che sembravano essere tutti interi.
-State bene? Ci sono feriti?- domandò Rakuyo, controllando i marinai al volo, i quali annuirono.
-Ma cosa è stato?- chiese uno di loro, confuso.
-Ho temuto il peggio per un momento.-
-Ehi, ma dove sono Maci e Naveen?- domandò un altro, cercando i due compagni con aria preoccupata. -Erano al mio fianco, ne sono certo!-
Anne prese a contare le teste che vedeva per fare una stima dei presenti, ma venne interrotta dalla voce isterica di Blamenco che, aggrappandosi alle spalle del fratello Rakuyo, strillò: -Hanno preso Satch!-
Il silenzio che calò durò un solo istante prima di venire spezzato dal terrore generale dei marinai. Anne pure si sentiva inquieta, anche se non nascose lo sbuffo nervoso che le sfuggì dalle labbra mentre pensava che tra tutti era stato catturato proprio l'idiota cotonato.
Non era il caso, ad ogni modo, di fare dell'umorismo perché il tono glaciale di Marco zittì tutti quanti e le fece accapponare la pelle nel vedere la rabbia che gli lesse in viso mentre caricava una pistola.
-Datevi una calmata.-
-Che facciamo ora, Marco? Chiamiamo i rinforzi? La Moby dev'essere in zona...- propose Rakuyo, passandosi una mano sul viso.
-No, non ha seno dare altre preoccupazioni al babbo, ce la caveremo.- lo zittì il biondo senza guardarlo e dirigendosi verso le scale che portavano di certo ai piani superiori.
-E allora che vuoi fare?- fece Blamenco, riemergendo da dietro la sagoma del fratello con i rasta.
Anne guardò Marco, attendendo una risposta che temeva di sentire. A lei non importava un proprio niente se avevano perso qualche uomo, compreso Satch, anzi le andava splendidamente di culo, potevano lasciarlo lì a diventare la cena dei succhia sangue e amen!
-Si va a caccia.- rispose il Primo Comandante, iniziando a salire gli scalini in marmo che fecero risuonare l'eco dei suoi passi, mentre qualche membro della ciurma deglutiva rumorosamente alle spalle della ragazza prima di seguirlo.
Lei sospirò rassegnata, avviandosi poi con le braccia incrociate al petto e la testa bassa. Okay, forse un minimo le dispiaceva che quei poveretti fossero stati catturati e sperava di non trovarli sventrati o bruciati, quindi avrebbe dato una mano a ritrovarli, ma poi avrebbe preteso di tornarsene alla nave e abbandonare quell'isola della malora! Ah, e avrebbe anche dato una bella lezione a quel damerino!
Rimuginando tra sé e sé, salì le scale in mezzo alla ciurma tremante con le spade sguainate, non curandosi di armarsi per proteggersi dato che non ne aveva bisogno.
Certo che tra tutti i presenti proprio Satch dovevano portarsi via? Quello sciocco non si era difeso quando aveva visto che stavano attaccando? Almeno un po' di istinto di sopravvivenza!
Una risata spettrale echeggiò tra le pareti, strappando qualche strillo ai marinai e facendo sobbalzare più di qualcuno. Due di loro addirittura si voltarono a cercarla con lo sguardo per capire se era stata di nuovo opera sua.
Rakuyo davanti a lei si era bloccato a metà scala e Anne gli era andata addosso, troppo presa a guardare in alto per vedere se intravvedeva qualche sanguisuga volare, ma del tutto tranquilla. Aveva passato troppe notti sola al buio in mezzo alla foresta di Foosha tra animali di ogni grandezza, rumori sospetti e banditi per avere paura di una pazza omicida.
-Fa attenzione, ragazzina.- borbottò nervosamente l'uomo, spostandosi per farla passare.
Lei lo ignorò, andando avanti e superando anche Marco, il quale la osservò inarcando un sopracciglio, concentrato per capire da dove provenisse la risata, ma anche incuriosito dalla calma che la ragazza mostrava di avere. O possedeva un autocontrollo degno di nota, cosa improbabile visti i suoi sbalzi d'umore e le fiamme facili; o, più probabile, era solo troppo sicura di sé. Forse era meglio raffreddarla prima che combinasse danni, rifletté.
Raggiunto il pianerottolo vedendosi da sola, Anne si voltò indietro, trovando tutti ancora fermi ed impauriti come topi che sondavano lo stanzone vuoto, occupato solo da cadaveri.
Alzò gli occhi al cielo. Eppure erano nel Nuovo Mondo da anni, di cose spaventose dovevano averne viste, accidenti!
-Beh?- disse, sciogliendo le braccia e invitandoli con una mano a raggiungerla. -Muovetevi, o arriveremo quando avranno già finito di mangiarli.-
Li vide impallidire e si diede della sciocca per aver esagerato, mordendosi il labbro, ma almeno riuscì a schiodarli. Infatti in pochi secondi l'avevano già superata, animati dal senso del dovere e dal desiderio di salvare i loro compagni di navigazione, compreso uno dei Comandanti della Ciurma del vecchio.
Si ritrovò al suo fianco Marco, il quale, una volta aver atteso che tutti li avessero superati, le si fece vicino, quel tanto che bastava per essere certo che le arrivasse il messaggio chiaro e tondo. -Niente cose avventate.-
Anne sorrise, tentata di punzecchiarlo, anche se non sapeva se faceva bene o male, non conoscendo il suo carattere. Ad una prima occhiata le sembrava uno tutto d'un pezzo, di quelli che mettevano il dovere prima di qualsiasi altra cosa.
-Chi ti dice che io sia avventata?- gli chiese, voltando il capo per vedere la sua espressione e beccandolo a guardarla con una faccia che indicava palesemente che lui era convinto del suo giudizio. Non aveva tutti i torti, Anne doveva ammetterlo, ma il fatto che avesse intuito o dato per scontato il suo modo di agire un poco la irritava. Lei non era così, possibile che tutti si limitassero solo a giudicarla dalle apparenze?
Marco lo notò il guizzo di tristezza che attraversò gli occhi scuri che lo stavano fissando, ma non osò accennare a nulla. Non era il momento e nemmeno il luogo e, anche se sapeva che Anne nascondeva qualcosa, era sempre più convinto del fatto che, se avesse voluto esporsi, lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà e con i suoi tempi. Dopotutto, li stava aiutando a trovare Satch senza fare storie, era un passo avanti.
-Forza, andiamo.- disse a quel punto Anne, tornando seria e pensierosa. Non durarono a lungo le sue riflessioni però perché la presenza del Primo Comandante che la seguiva così da vicino era una continua fonte di nervi tesi e distrazione.
-Mi stai davvero facendo da balia allora!- lo accusò, mettendo qualche passo di distanza tra loro. Aveva caldo e quell'umidità la stava soffocando.
Marco fece quel suo classico sorriso pacato, quello che la mandava in bestia perché aveva capito che lo usava per mettere a tacere tutto quello che gli passava per la testa. Solitamente lo faceva quando aveva davanti qualcosa di stupido, ecco perché non lo sopportava, perché lei non era una stupida!
-Non so di che stai parlando.- ammise, stringendosi nelle spalle e mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni.
Anne sbuffò contrariata e visibilmente scocciata. -Troviamo questi vampiri e facciamola finita. Non vi sopporto più!-

*

Il secondo piano era più buio e l'aria di chiuso toglieva il respiro da quanto era nauseante.
Anne continuava sventolarsi con il cappello dopo che si era sbottonata di due bottoni la camicia. Di più non avrebbe osato e quindi si arrangiava come poteva.
Gli altri non erano messi meglio e dopo i primi cadaveri un uomo si piegò su se stesso e vomitò la colazione di quella mattina. Un suo compagno lo sostenne, mormorandogli parole di incoraggiamento, anche se dalla faccia sconvolta che faticava a nascondere si poteva ben capire che aveva paura tanto quanto lui.
I Comandanti si erano accorti del nervosismo della ciurma, ma avevano anni di allenamento e disciplina alle spalle, quindi sembrava che nulla potesse scalfirli. Eccetto Blamenco, lui non si preoccupava di nascondere il tremore delle mani.
Anne, dal canto suo, non sapeva cosa pensare. Si trovava come divisa tra due fuochi: uno le diceva di mollare tutto e andarsene da quel castello maledetto; l'altra, più nobile e giusta, la faceva sentire uno schifo per non aver pensato a proteggere anche gli altri oltre che se stessa. E non era finita, il suo stomaco si stava contorcendo, e non era per la fame, ma per la consapevolezza che Satch era in pericolo e forse anche già morto e mangiato.
Represse un brivido al solo pensiero e si sforzò di riflettere per trovare una soluzione al più presto. Le rodeva doverlo ammettere, ma era preoccupata per il Comandante e per i suoi uomini rapiti con lui.
-Per tutti i Mari!- sbottò Rakuyo, puntando la pistola davanti a sé verso un uomo vestito di nero che, alcuni metri più in là, sibilava una risata simile al verso di una vipera, scomparendo poi dentro una stanza.
Stavano già scattando per seguirlo, quando un'altra porta dal lato opposto del corridoio si aprì, rivelando la figura della donna alla quale la Contessa aveva parlato prima di attaccarli, sghignazzando malefica e rientrando nella stanza.
-E adesso?- chiese un marinaio. -Che facciamo?-
-Io vado da quella lì.- dichiarò Anne, partendo in quarta verso la stanza dalla quale era sbucata la donna, ma venendo intercettata sul più bello da un braccio che l'afferrò al volo senza sforzo.
Era Marco, il quale non si era scomposto di un millimetro se non per fermarla. -Potrebbe essere una trappola.- le spiegò Rakuyo distrattamente, osservando curioso come la ragazza non scattasse come suo solito e tentasse di dare fuoco a suo fratello. Forse aveva ragione Satch, forse si stava affezionando.
-Ma i nostri compagni e il Comandante potrebbero essere ovunque.- si lamentò la ciurma, demoralizzata.
-Andiamo a guardare in tutte e due le parti.- fece Blamenco.
-Dividiamoci.- decise invece Marco con un tono che non ammetteva repliche. -Tu e Rakuyo prendete metà degli uomini e andate a sinistra; il resto con me.- ordinò, facendo un cenno alla sua metà di marinai per incitarli a seguirlo, abbassando poi finalmente lo sguardo sull'imbronciata Anne che ancora non aveva lasciato andare. -Contenta?- le chiese, riferendosi alla decisione di dirigersi verso l'ala del maniero che aveva dichiarato di voler controllare in precedenza.
A lei quello sembrò un vero e proprio modo di sfotterla e le venne voglia di far diventare incandescente il suo braccio, ma sapeva che non era il momento e perdere il controllo prima di trovarsi davanti alla Contessa non le pareva una buona idea.
Così, ignara delle occhiate sorprese che tutti i pirati le stavano rivolgendo, sconvolti per la sua mancanza di reazione, ritornò alla carica, marciando verso la benedetta porta che nascondeva forse l'idiota cotonato.
Raggiunta l'entrata abbassò la maniglia.
-É chiusa.- osservò stranita.
L'attimo dopo un marinaio l'avvisava all'ultimo di spostarsi e quello dopo la porta era stata sfondata dal calcio di un tizio abbastanza robusto, alto il doppio di lei e largo quattro volte tanto.
Marco ridacchiò. -Ti fermi davanti ad una porta chiusa?-
Si beccò l'ennesima occhiataccia. -Non ti permettere.-
Il Primo Comandante avrebbe continuato volentieri, ma la melodia di una musica soave proveniente da un'arpa all'interno della stanza lo distrasse e ciò accadde anche al resto degli uomini, i quali varcarono la soglia incuriositi e con le facce sempre più imbambolate.
Anne li osservò stranita. Anche lei sentiva la musica, ma non gliene fregava niente, anzi, era ancora più guardinga.
Sbirciò dentro e desiderò di poter tornare indietro e andare dalla parte opposta.
Dentro c'erano un gruppetto di donne svestite, tutte tranquille che si stupivano alla vista di quegli stolti marinai che le guardavano come se fossero state oro colato su cui mettere le mani.
Sorvolando sulle caraffe ricolme di vino e suo vassoi pieni di cibo prelibato, Anne avanzò di qualche passo, bloccandosi come una statua quando riconobbe Satch infondo alla stanza in atteggiamenti equivoci con una donna.
-Satch?- lo chiamò titubante. Era la prima volta che usava il suo nome e che, effettivamente, attirava la sua attenzione di proposito.
Lui la vide e le sorrise felice. -Anne! Amica mia! Sei splendida come il sole! Vieni, vieni a divertirti con noi!- e, nell'invitarla, diede un altro bacio alla tizia accanto a lui.
Non era bella, Anne la vedeva, lo sentiva pure nell'aria che qualcosa non andava.
La musica rimase, ma d'un tratto ai suoi occhi le ragazze persero il loro fascino, diventando magre e sciupate. Gli abiti leggeri e trasparenti erano luridi stracci e i capelli erano ormai crespi e unti. Le dita avevano unghie lunghe e nere e i volti dalle espressioni vuote le fecero accapponare la pelle.
La ciurma, però, pareva non accorgersene e ciò la sconvolgeva e spaventava allo stesso tempo.
Una lugubre risata la costrinse a riprendere la concentrazione e quando ritornò a guardare Satch vi trovò al suo posto la Contessa.
Lei si era bella, con un abito nero, lungo e pomposo; i capelli raccolti in un'acconciatura importante: le labbra scarlatte e gli occhi cattivi.
-Sembra che con te l'illusione non funzioni.- disse dolcemente, squadrandola con un disgusto che stonava con il tono di voce appena usato.
Anne prese posizione e sorrise sfidandola. Era da un pezzo che non combatteva, se si escludevano le botte prese sulla Moby Dick, e aveva davvero voglia di sgranchirsi le gambe. -Meglio, almeno potrò tranquillamente farti fuori.-
Gli occhi della Contessa guizzarono verso sinistra, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione, divertendola. -Io non direi.-
Anne capì presto il significato della frase perché tra lei e la vampira si frappose Marco e, purtroppo, stava fronteggiando lei.
-No, non di nuovo.- si lamentò la ragazza, sbuffando infastidita. La sconfitta dell'ultima volta bruciava ancora il suo orgoglio. -Ti credevo meno stupido.-
Marco non rispose e si preparò ad attaccarla. Aveva lo sguardo vuoto, apatico, quello di sempre, ma più distaccato. Probabilmente era sotto l'effetto di qualche droga pesante o magari la Contessa aveva il potere di fuorviare le menti altrui. Beh, con lei non avrebbe avuto vita facile e se doveva fare il culo al Primo Comandante per salvare se stessa e gli altri lo avrebbe fatto!
-Bene.- disse tra i denti. -Fatti sotto...-
Non finì la frase che un gancio destro le colpì il viso e la spedì barcollante contro la parete dietro di lei. Si tastò la mandibola dolorante, sconcertata per il colpo e per il fatto che, anche se lo aveva visto arrivare, non lo aveva evitato.
Si arrabbiò davvero, davvero tanto.
Perché cazzo non lo aveva evitato?!
-Questo non dovevi farlo.- lo avvisò, pulendosi un rivolo di sangue. Ecco, anche quello non capiva: come faceva Marco a ferirla se era fatta di fiamme? Il frutto aveva sempre evitato quei problemi, ma con lui non funzionava. A dire la verità non funzionava neanche con il vecchio e svariati Comandanti, ma dettagli.
Partì alla carica ed iniziò a sferrare pugni contro Marco, il quale anticipava sempre le sue mosse, evitandole allo stesso tempo e rispondendo con la stessa moneta mettendo a segno più punti di Anne.
Lei, però, non aveva ancora avuto modo di usare il suo potere, non perché non volesse, anzi, fremeva dalla voglia di farlo, ma aveva notato che i colpi che le rifilava Marco erano si forti e ben dolorosi, ma miravano a parti non vitali, come l'ultimo che le aveva appena preso in pieno la spalla.
Qualcosa non andava.
Fece una capriola all’indietro, atterrando a gambe divaricate e premendosi la mano sulla parte lesa, controllando che non si fosse lussata e che fosse rimasta in asse.
Davanti a lei, il biondo continuava a fissarla senza battere ciglio, quasi come se avesse perso ogni volontà propria e agisse come un burattino controllato a distanza da fili invisibili che solo la Contessa sapeva muovere al momento giusto. Fu su di lei che Anne indirizzò il suo sguardo, incontrando un sorriso folle, troppo ampio per una persona normale. Dalle labbra scarlatte, inoltre, si intravvedevano i canini bianchi e affilati, i quali venivano esposti probabilmente di proposito tanto erano impressionanti, ma la ragazza non si scoraggiò. Qualche asso nella manica ce l’aveva sempre e confidava di riuscire a tirarsi fuori da quel pasticcio infernale.
Un rumore di esplosivo interruppe lo scambio di sguardi e spezzò per un attimo la tensione, provenendo dalla parte opposta a dove si trovavano. I muri tremarono leggermente e sia Anne che la Contessa osservarono stranite il muro per qualche secondo, dopo che tutto si fu calmato, riportando silenzio.
-Ma cosa...- sussurrò la donna, interrompendosi per riportare l’attenzione a quella sciocca umana quando la vide attaccare il suo uomo sotto controllo, obbligandolo ad incassare il colpo e a restituirle il tutto con gli interessi. Non voleva ancora farla uccidere, aveva voglia di giocare, di vederla sfinita e agonizzante sul pavimento. Era carina, un po’ sgraziata, ma con un fisico equilibrato, snello, di certo appetitoso per lei, che di donne e uomini se ne intendeva e ne aveva mangiati parecchi. Lei sarebbe stata l’antipasto, mentre l’uomo alto e aitante lo avrebbe tenuto come portata principale. Il resto poteva andare bene per i suoi servitori, anche loro non si cibavano da molto ed era passato troppo tempo dall’ultima festa poco convenzionale in cui si erano concessi lussi sfrenati senza morale.
Si leccò le labbra, eccitata per quello che sarebbe successo di li a poco, mentre la ragazza e il suo Comandante continuavano a menarsi manrovesci e calci, il tutto senza sosta e con frequenza costante.
Anne ruzzolò addosso ad una parete ricoperta di cuscini, fortunatamente senza farsi troppo male, ma finendo dritta tra le braccia di Satch, il quale, assuefatto dal potere illusorio della Contessa e delle sue suddite come il resto della ciurma, la strinse al suo petto.
-Perché non vieni a divertirti con noi, tesoro?- le sussurrò, leccandole il collo e facendole salire un conato di disgusto.
A quel punto se ne fregò altamente dell’autocontrollo e gli rifilò una gomitata dritta sul naso, riconoscendo il rumore del setto che veniva inevitabilmente rotto.
Il castano ululò di dolore e lei approfittò per sfuggire alla sua presa, allontanandosi di qualche passo e osservando la scena attorno a lei.
Metà degli uomini che li avevano seguiti era riversa a terra, alcuni spogli, altri baciavano quelle creature disgustose, Satch frignava, ma non sembrava troppo dolorante come avrebbe dovuto essere. Nessuno capiva quello che realmente stava accadendo e lei era sola.
-É inutile.- le disse una voce chiara e squillante alle sue spalle.
Si voltò a guardare la donna, squadrandola con un’occhiata carica d’astio.
-Non si accorgeranno nemmeno quando arriverà la loro ora.- aggiunse quella, sfarfallando le ciglia lunghe. -Non soffriranno, non temere. Siamo uno dei migliori modi di morire.- ammiccò, avvicinandosi alle spalle di Marco e passandogli un dito con un’unghia smaltata di nero sulla gola, umettandosi le labbra e avvicinando il viso per annusarne il profumo.
-Mhm, lui deve essere davvero delizioso. Basta guardarlo, dopotutto.-
Anne fremette per il fastidio mentre quella schifosa continuava a gongolare parlando del biondo come se stesse descrivendo un pranzo dalle mille portate. Se solo fosse riuscita a colpire la Contessa...
Un momento!’ pensò, socchiudendo gli occhi e ricordando vaghi discorsi fatti dai suoi marinai, quando ancora doveva entrare nel Nuovo Mondo. ‘Parlavano di vampiri e paletti piantati nel petto!’
Doveva assolutamente colpire quella stronza con qualcosa di affilato.
Si guardò attorno muovendo solo le pupille, cercando qualche arma che non fosse troppo distante, ma nulla che poteva tornarle utile era nei paraggi. Si maledì per non avere mai con sé una spada nel momento del bisogno, ma sempre e solo una pistola e...
Il mio pugnale!’
Si trattò di un secondo di illuminazione perché Anne agì immediatamente, indirizzando contro Marco una vampata di fuoco dalla quale avrebbe dovuto per forza difendersi, approfittando così della sua distrazione per lanciare con precisione micidiale la sua arma contro la Contessa.
Vide lo stupore nei suoi occhi, ma fu sostituito subito da una risata sfacciata quando Marco, Anne non si spiegò come, intercettò la lama, fermandola giusto in tempo prima che si conficcasse nel petto della vampira.
-Ottima mossa, mia cara.- si complimentò lei, guardandola con finto dispiacere. -Peccato che non abbia funzionato. Come ti ho detto, lui non si sveglierà e obbedirà a qualsiasi comando. Guarda.- e, così dicendo, si allungò verso il Comandante cingendogli le spalle e baciandolo senza pudore.
-No.- mormorò Anne, più schifata che altro, ma sentendosi anche più arrabbiata del previsto. Non poteva lasciare che quel mostro si prendesse tutti quegli idioti, anche se si trattava di persone che non sopportava minimamente. Li odiava, ecco cosa, ma odiava di più la Contessa.
Le fiamme presero vita dalle sue mani, avvolgendola centimetro dopo centimetro. Se doveva perdere il controllo del Frutto per aiutarli lo avrebbe fatto. Erano lontani dalla Moby Dick e dal mare, perciò nessuno si sarebbe ferito gravemente e lei avrebbe potuto sprigionare tutto il fuoco che aveva in corpo e ardere quella casa degli orrori.
-Lascialo!- ordinò alla Contessa, la quale si fermò ad osservarla incuriosita.
-Non l’hai ancora capito? Sei così sciocca?- la beffeggiò, allentando comunque la presa su Marco per concederle la sua attenzione.
-E tu non hai ancora capito che non si scherza col fuoco?- mormorò Anne sul punto di non ritorno. Era certa di essere quasi totalmente avvolta dalle fiamme e a stento riconosceva la sua voce, come se venisse da un altro mondo, più buio e profondo però. Avrebbe perso il controllo di li a poco.
-Non farmi ridere. Non puoi sconfiggermi, nessuno ti aiuterà!- la minacciò, ridendole in faccia senza il minimo rispetto.
Ad un tratto la risata inizialmente cristallina divenne un rantolo soffocato e l’istante successivo la vampira tossì sangue.
Le fiamme si quietarono ed Anne ritornò ad avere le sue sembianze, portandosi una mano alla bocca e fissando incredula la scena che le si svolgeva di fronte. Marco, non capiva come, aveva provveduto a piantare lui stesso il pugnale nel petto della Contessa, la quale faticava ad articolare una frase, limitandosi a fissare i suoi occhi demoniaci in quelli freddi del pirata.
Lui non stava mostrando il minimo tentennamento, solo una determinazione così forte da rendere debole chiunque osasse sfidarlo, persino la stessa Anne si trovò immobilizzata davanti a quella furia.
Attorno a loro si levarono dei sibili in risposta. I seguaci della Contessa lasciarono perdere i marinai, i quali ricaddero a terra privi di sensi, e si presero la testa fra le mani per la disperazione, snudando le zanne e invocando il nome della loro regina. Alcuni più temerari partirono all’attacco di Marco per tentare di eliminarlo, ma Anne intercettò i loro movimenti e scagliò contro di loro delle lingue di fuoco che attecchirono ai loro corpi iniziando a bruciarli e mettendo in fuga la maggior parte, mentre quelli che restavano indietro perivano sotto i suoi colpi.
Uscì nel corridoio per seguire gli ultimi e vide il resto della ciurma già all’ingresso giù dalle scale intenta a combattere con i vampiri che scendevano per fuggire dal maniero. Sembravano tutti abbastanza integri e ciò la sollevò almeno in parte.
Rakuyo alzò lo sguardo verso di lei non appena la vide. -Ehi ragazzina! Stanno tutti bene?-
Anne fece una smorfia per l’appellativo. -Al momento si. Sono qui dentro e anche...- si fermò a metà frase perché venne urtata e spinta di lato da una massa informe che sembrava avere tutta l’aria della Contessa in fuga, anche se ferita.
Dietro di lei, Marco stava aiutando un inerme Satch ad alzarsi, offrendogli un lembo di stoffa con cui bloccare l’emorragia al naso.
Riflettendoci bene se la sarebbero cavata, fortunatamente, ma non poteva restarsene con le mani in mano e lasciar fuggire quella megera, anche se era ridotta male, così saltò giù al pian terreno, in mezzo al salone e, cercando di evitare la mischia di demoni e pirati, sgusciò fuori rincorrendo la Contessa.
Non fu difficile seguirla perché lungo il suo passaggio aveva lasciato colare una sostanza nera e vischiosa che ribolliva a chiazze sul terreno incolto dove non cresceva un filo d’erba. Sinceramente, dubitava che su quell’isola potesse crescere qualcosa di sano.
Il sentiero la portò dietro al maniero, al limitare dello strapiombo sul mare dove la costa era frastagliata e composta da alti fiordi e rocce corrose dall’acqua e dal tempo.
Trovò li l’artefice di tutto quel degrado, accovacciata a terra e abbracciata a se stessa, chiusa come un riccio, nell’intento di leccarsi le ferite subite. Stava male, il colpo non l’aveva uccisa, ma doveva averla di certo resa vulnerabile. Evidenti occhiaie erano apparse sotto ai suoi occhi; le labbra non erano più piene, ma screpolate; il viso era tirato e secco; le dita delle mani erano magre e sembrava che le falangi stessero per bucare la pelle; i capelli erano un groviglio indefinito e facevano concorrenza a quelli della stessa Anne.
La ragazza si avvicinò camminando cauta, non più all’erta, ma preparandosi semplicemente a darle l’ultimo momento di respiro prima di eliminarla.
Erzsébet alzò gli occhi su di lei in quel momento.
-Lasciami vivere.- le disse con un rantolo. -Risparmiami. Il tuo gesto non sarà dimenticato.- la supplicò.
Anne la guardò stupita. Come poteva aspettarsi che dopo quella giornata di terrore e disgusto sarebbe riuscita a farla franca? Dopo che aveva torturato tutti quei poveretti?
La Contessa sembrò leggerle la mente perché anticipò le sue domande. -So cosa pensi, so cosa merito, ma non è la mia ora questa. Non è il mio destino!-
-Non sei nella posizione di patteggiare, sai?- commentò la mora, avanzando di un passo con aria tranquilla. Era finita ormai.
-No, non capisci stupida!-
-E così non faciliti di certo le cose.-
-Non sarà la figlia del Re dei Pirati ad uccidermi!-
Anne si congelò sul posto. Le fiamme che avevano preso a scaturirle dalle braccia scomparvero e un’aria fredda la investì.
Come lo sapeva? Come poteva anche solo averci azzeccato? Nessuno lo sapeva, il vecchio Garp non le aveva dato bastonate dalla mattina alla sera per nulla quando era piccola per farle capire che non poteva rivelare quel segreto e non l’aveva detto ad anima viva, né ai suoi uomini, né tanto meno a quel gruppo di smidollati con i quali era costretta a stare.
Si guardò alle spalle, timorosa di essere stata seguita o che qualcun altro fosse venuto a reclamare la testa della bastarda, ma non vide nessuno e le parole successive del mostro le diedero conferma.
-Siamo sole, figlia del Diavolo.- le disse la Contessa, riottenendo la sua attenzione. -Non siamo poi tanto diverse, tu ed io. Cresciute con la certezza di essere null’altro che scarti, rifiuti della società. Certo, penserai che a differenza mia, tu almeno hai condotto un’esistenza meno estrema, ma l’essere isolata e odiata l’hai provato sulla tua pelle. Io lo so, lo sento. Io lo capisco!- gridò infine, boccheggiando poi per lo sforzo.
Era sempre più debole ed Anne la consumava solo guardandola. Altro ancora non si sentiva di fare.
-Come lo sai?- riuscì a chiederle. Non le importava di quello che poteva avere passato, sapeva a menadito tutte le ingiustizie che poteva recitarle, ma non voleva starle a sentire. Non voleva provare pietà perché lei stessa non avrebbe voluto suscitarla negli altri.
Erzsébet deglutì, sfinita. -Sensitiva.- spiegò. -So e sento parecchie cose, anche quelle che non voglio.- ridacchiò, o meglio, ciò che ne uscì fu un rantolo soffocato. -Lasciami andare.- riprese, avvicinandosi al bordo dello strapiombo. Il vento si era alzato e gli stracci logori le stavano larghi, svolazzando e coprendola dalla luce del sole che filtrava dalle nubi basse per la prima volta dopo molti anni su quell’isola.
Anne strinse i pugni, imprecando a mezza voce. -Non ritornerai mai più qui. Non prenderai più possesso di altri luoghi. Non spadroneggerai di nuovo su altre persone e, soprattutto, non ti farai più vedere da nessun uomo della ciurma.- scandì gelida e furente.
La vampira trattenne il respiro per lunghi minuti durante i quali avrebbe potuto dirle tante cose riguardanti ciò che la aspettava, però infine annuì senza menzionare nulla di quello che aveva intuito, alzandosi sulle gambe instabili e guardando la ragazza con quello che sembrava uno sguardo di gratitudine. -Abbiamo un patto. Il mio debito non sarà dimenticato.-
E, detto ciò, nello stesso istante in cui Anne alzò un muro di fuoco per coprire la sua fuga, lei si lasciò cadere nel vuoto, trasformandosi in una creatura della notte e volando via, malandata, lontano.
La giovane placò le fiamme, abbassò le mani e sperò di non aver combinato un’altra delle sue cazzate che, in futuro, avrebbe potuto rivoltarsi contro di lei.
Scosse il capo e si voltò per tornare indietro, udendo in lontananza delle grida vittoriose, probabile segno che gli uomini avevano finito si combattere, vincendo. Si affrettò lungo il sentiero e raggiunse di nuovo l’entrata dalla quale uscivano, chi con le proprie gambe, chi aiutato, quei poveracci che avevano avuto la sfortuna di partecipare a quella gita fuori dalla Moby Dick.
Li osservò scendere le scalinate, indecisa se interessarsi o meno alla loro salute, nonostante non sentisse più un peso sul petto. Era tutto sommato felice che la questione si fosse risolta per il meglio.
-Ehi ragazzina, bel lavoro lì dentro!- le disse un tizio passandole accanto, reggendo un compagno con un braccio sanguinante, il quale trovò la forza d’animo per concordare con quelle parole, sorridendole.
Anne batté le palpebre stupita, non aspettandosi tanta cortesia. Era la prima volta che uno di loro si spingeva a tanto, lodando il suo operato sul campo di battaglia, anche se non aveva fatto granché.
-Grazie.- mormorò. -Voi siete stati molto coraggiosi.- aggiunse poi.
Si fa per dire’ penso tra sé, mica poteva sgridarli per essere piombati tra le braccia di quelle bestie come allocchi, pazienza che fossero stati illusi, ma un minimo di contegno alla vista di donne, insomma!
Li lasciò passare, alzando gli occhi al cielo senza farsi notare e salì le gradinate, mentre il vociare all’interno dell’atrio diveniva sempre più forte. I marinai avevano ammucchiato i corpi dei servitori della Contessa in un angolo e stavano soccorrendo i più bisognosi. Scoprì presto che nessuno aveva perso la vita, ma le dottoresse a bordo della nave avrebbero avuto il loro bel da fare con trasfusioni di sangue e cuciture qua e la.
Cercando di rendersi utile come poteva, andò verso un gruppetto di uomini curvi sul corpo sdraiato per terra di un tizio che non conosceva, ma che sapeva essere della compagnia. Stavano cercando di coprirlo perché aveva perso molto sangue e diceva di sentire costantemente freddo.
-Non abbiamo coperte Reggi, ma stanno arrivando le barelle e ti riporteranno a bordo in un batter d’occhio.-
Il suddetto Reggi, con le labbra quasi viola, annuì poco convinto, iniziando però a sudare quando intravvide alle loro spalle Anne.
-Serve una mano?- la sentirono chiedere e tutti sussultarono, voltandosi a guardarla.
-Uhm, no, no, non credo. Stanno arrivando i soccorsi.- le spiegarono, evitando di guardarla direttamente negli occhi. Un po’ avevano timore di lei perché i suoi scatti d’ira e di fiamme erano famosi. Inoltre, sapevano bene di cosa era capace, i giornali non raccontavano sempre frottole.
Reggi, però, un’idea su come poteva aiutarlo ce l’aveva e si sentiva così male, come se qualcosa di gelido gli stesse crescendo nello stomaco, che mandò al diavolo i pregiudizi e, faticando a trovare il fiato, disse alla ragazzina di avvicinarsi.
-Scaldami.- la pregò. -Fa troppo freddo.-
Sulle prime Anne si chiese se quello non fosse più pazzo di lei, ma vedendo come soffriva gli si accovacciò accanto e accese le sue mani, avvicinandole al corpo quel che bastava per non scottarlo e regalandogli un po’ di conforto che lo fece sospirare di sollievo.
Attorno a loro, gli altri marinai stettero zitti e in silenzio, scambiandosi occhiate piene di domande, ma rimandando i commenti a quando sarebbero stati soli. Intanto si sedettero attorno a quel fuocherello e ne approfittarono per riposare dopo una giornata di fatiche e terrore.
Dopo una mezz’ora arrivarono le barelle e Reggi, più tranquillo, era stato trasportato a bordo per primo, mentre il resto dell’equipaggio si affrettava a scendere al porto percorrendo lo stesso sentiero che avevano preso quel mattino.
I Comandanti Blamenco e Satch erano già alla nave per coordinare la partenza e sistemare i feriti, mentre alcuni membri della ciurma si erano attardati con i Capitani Rakuyo e Marco alle porte del maniero. Tra loro c’era anche Anne, la quale aveva volentieri dato un aiuto nello smaltimento dei corpi dei vampiri. Una volta spostati all’esterno, lei aveva accolto la richiesta di dargli fuoco e in quel momento stava guardando con soddisfazione la pira di cadaveri che scoppiettavano davanti ai suoi occhi.
Qualche marinaio represse un brivido, non per i succhia sangue, ma per il sorriso contortamente soddisfatto che la ragazza sfoggiava.
-Che facciamo con il resto?- chiese allora Rakuyo, le braccia incrociate al petto e i rasta che puzzavano di fumo e morte.
Marco voltò la testa per guardare il castello che non avrebbe fatto gola a nessuno. Troppo tetro, diroccato e inquietante. -Potremmo usare la stessa soluzione.- propose, ritornando poi ad osservare il falò, incontrando lo sguardo attento di Anne, la quale si era voltata con la consapevolezza che era l’unica a poter fare un buon lavoro ancora prima che le venisse chiesto.
-Se la signorina Fuoco d’Artificio ci da una mano.- aggiunse il biondo, ma nessuno capì se era scherzoso, sarcastico o altro.
Anne, a parte una smorfia per il soprannome, lasciò correre e si avviò con calma e passo sicuro dentro al castello.
-Vi conviene allontanarvi e tornare alla nave, non ci vorrà molto, ma farà parecchio caldo.- li avvisò, giusto per evitare che qualcuno fosse nei paraggi se ci fosse stata un’esplosione ai piani bassi.
Gli uomini non se lo fecero ripetere due volte e presero subito la via del ritorno, accompagnati dai Capitani, anche se Marco rimase indietro per non perdersi lo spettacolo. Non erano un mistero le capacità del potere di Anne, ma doveva capire fino a dove poteva arrivare per riuscire a capirla e a contrastarla quando sarebbe servito. Gli attacchi a Barbabianca erano calati molto e qualcosa gli diceva che presto sarebbero finiti, ma non poteva abbassare la guardia, non ancora almeno.
Intanto Anne era nell’atrio in penombra per via del tramonto e, senza aspettare oltre, allargò le braccia e chiuse gli occhi, lasciando libere le fiamme e allargandole sempre di più fino a farle attecchire alle pareti, alle scale, ai muri portanti, raggiungendo il soffitto e ogni punto, fino alle fondamenta.
Tutto attorno a lei bruciava, ogni cosa ardeva, il legno scoppiettava e, quando il castello fu ridotto in cenere, l’unica ad essere rimasta in piedi era Anne.








Hey
Non volevo nemmeno metterlo questo angolo, ma credo di dovervelo. Insomma, almeno chiudere la seconda parte e poi per il futuro si vedrà. Spero di riuscire a buttare giù qualcosa, magari arrivare dove mi ero prefissato e poi lasciare un finale aperto, ma sarà tutto da vedere. Non posso promettervi nulla, mi dispiace davvero.
Ad ogni modo, grazie per essere arrivati fino a qui, davvero! Cercherò di far avere alla nostra Anne e a Marco quello che si meritano.

A presto (maybe)
Portgas

 

  
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