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Autore: Scarlet Jaeger    17/11/2022    0 recensioni
“A volte, ciò che il destino unisce la vita divide. Però, quando la vita divide due persone, forse il destino potrebbe farle rincontrare”
[IwaOi]
Una delusione fa prendere a Tooru l'estrema decisione di volare dall'altra parte del mondo, per cercare di rifarsi una vita lontano dall'uomo che ama e che, purtroppo, non ricambia i suoi sentimenti. Ma quello stesso uomo, che ha passato con quell'irritante shittykawa ogni giorno della sua vita, non prende bene quella drastica decisione e solo sentendone la mancanza capisce quanto in realtà lui gli manchi, finendo così per capire di provare per lui qualcosa di più di una semplice amicizia.
Riusciranno entrambi a mettere da parte l'orgoglio ed incontrarsi di nuovo?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7


 
 
Rimasero a fissarsi negli occhi con espressione scioccata per quelle che ai due sembrarono ore, ma il primo a riprendere coscienza di sé stesso fu Tooru, che spostò i suoi occhi da quelli dell’ex compagno di squadra serrando la mascella. Non voleva sentirsi di nuovo vittima di vecchi sentimenti, soprattutto quando era sicuro di essere riuscito a reprimerli tutti grazie al tempo passato. Certo, non si sarebbe nemmeno mai aspettato di vedere un giorno Hajime di fronte casa sua, e si domandò chi fosse stato tanto audace da dargli l’indirizzo, e varie idee iniziarono a farsi spazio nella sua mente, ma era sicuro però che Iwaizumi non lo avrebbe lasciato andare così facilmente, non dopo tutti quei chilometri e dopo averlo finalmente trovato.
«Beh, non so come tu abbia fatto a trovarmi né cosa tu voglia, ma sono molto impegnato ora…», prese parola Tooru, senza neanche degnarlo di uno sguardo mentre riafferrava la cinghia del suo borsone abbandonato a terra.
«Davvero?», lo sbeffeggiò invece Hajime, nella maniera più sarcastica che riuscì a fare, «non ci vediamo da anni, dopo che tu sei scappato senza dire nulla a me, e l’unica cosa che sai dire è che sei impegnato?», ringhiò, accennando un passo verso quello che non sapeva più se definire amico o meno, e dietro quella risolutezza l’alzatore si sentì spiazzato, tanto da dover fare un passo indietro. «Non trattarmi come uno stupido, Tooru. Questo tuo atteggiamento è sempre andato a buon fine con Kageyama, ma con me non attacca. Tu non ti muoverai da qui se prima non mi dirai che sta succedendo, e perché sei fuggito allontanandoti da tutto e tutti senza prima parlarmene. Avevi così paura che ti urlassi contro? Beh, mi dispiace, sei riuscito comunque a farmi incazzare!», annunciò, serrando i pugni e guardando il suo vecchio capitano con risolutezza, mentre gli occhi cioccolato dell’altro indugiarono per un momento sul suo volto, che sembrava più stanco e tirato del solito. Poi svuotò con un sospiro tutta la sua frustrazione.
«È normale che tu voglia sapere tutto, e te lo dirò, ma credimi se ti dico che sono in ritardo. Mi hai preso alla sprovvista mentre sto andando in palestra», sbruffò, «seguo un gruppo di bambini insieme a…beh…», lasciò in sospeso la frase, forse preoccupato di accennare proprio a lui come stavano le cose, ma forse era meglio che Hajime fosse venuto a conoscenza della sua vita da lui e non da terzi, per cui prese di nuovo un copioso respiro e finì quella frase lasciata a metà. «Seguo un gruppo di principianti insieme al mio compagno», concluse, ed Hajime non seppe perché sentì proprio una stretta attanagliargli il cuore mentre gli occhi di Tooru non lo abbandonarono nemmeno per un momento. Sembrava però uno sguardo spento, diverso dalla solita sarcastica vitalità che era sempre riuscito a leggerci. Sembrava stanco e provato. Diverso dal solito Tooru Oikawa delle superiori, per cui era sicuro che quella vita che tanto cercava di tenersi stretto in realtà non gli andasse estremamente a genio. Era sicuro che Tooru dedicasse anima e corpo al suo lavoro ed agli allenamenti, come aveva sempre fatto, portandosi quasi all’auto distruzione come lo aveva sempre visto fare fin dai tempi delle medie. Tuttavia a quei tempi era sempre stato lui dargli un freno, ad impedire che raggiungesse quel limite che lo avrebbe portato all’autodistruzione.
In quel momento invece chi gli avrebbe impedito di corrodersi? Questo fantomatico compagno che, a quanto pareva, non si era neanche accorto che il colorito di quel ragazzo era improvvisamente diventato più pallido del solito?
«Quindi adesso che farai? Scapperai di nuovo lasciandomi l’impossibilità di ritrovarti?», gli gridò contro con il suo solito tono di voce infastidito, come tutte le volte che lo aveva bacchettato nel bel mezzo di una partita o di un allenamento.
«Tornerò a casa dopo l’ora di cena», fece spallucce l’alzatore, con un po’ della sua vivacità ritrovata. Hajime credette anche di aver visto un sorrisetto beffardo spuntargli sulle labbra.
«E ti aspetti che io attenda qui buono il tuo ritorno? Non prendermi per il culo, Oikawa!», sbottò, l’irritazione ben palese nel suo sguardo, e forse fu proprio la profondità di quello sguardo che portò a sospirare il suo vecchio capitano con rassegnazione.
«D’accordo, ho capito, muoviti, vieni con me», lo incitò mentre iniziò a camminare verso quella che doveva essere la sua auto, «come ti ho già detto, sono in ritardo», e concluse così gettando poco carinamente nel bagagliaio il suo borsone, mentre col pelo dell’occhio osservò l’amico che, in maniera incredibilmente titubante, prendeva il posto del passeggero.
«Spero solo non debba pentirmene», pronunciò poi Tooru, sottovoce ed in modo che non potesse essere sentito dal vecchio amico, prima di infilarsi al posto di guida ed accendere la vettura con un gesto stizzito, non prima di aver indirizzato verso il suo vecchio asso un’occhiata del tutto ammonitiva.
«Dove stiamo andando?», chiese però Hajime, poggiando un gomito sulla portiera alla sua destra e poggiando la guancia sul dorso della mano, continuando a guardare avanti a sé, senza minimamente spostare lo sguardo su Tooru, che invece continuava a lanciargli occhiatine indispettite col pelo dell’occhio. Si poteva ben percepire la tensione all’interno di quella vettura, ma in quel momento Oikawa non aveva avuto il cuore di “abbandonare” di nuovo il suo vecchio amico, nonostante fosse ben chiaro che lui non avesse avuto intenzione di demordere. Non faticava a credere al fatto che Iwa-chan l’avrebbe aspettato davvero seduto sul marciapiede fuori dalla sua abitazione fino al suo ritorno. Tuttavia quella era una probabilità estremamente seccante, soprattutto perché avrebbe dovuto spiegare tutto al suo compagno, colui con il quale condivideva non solo l’appartamento, ma anche la vita. Spiegare al fidanzato che quello era una sua estremamente testarda vecchia fiamma non avrebbe minimamente agevolato la sua posizione, soprattutto perché non aveva mai raccontato nulla al suo attuale fidanzato di Hajime Iwaizumi. Gli aveva raccontato solamente del fatto che fossero stati compagni di scuola dalle elementari e che avessero giocato insieme fino alla fine delle superiori.
Nient’altro.
Non sapeva che invece il cuore di Oikawa aveva battuto per quel burbero ragazzo per quasi tutta la durata del terzo anno dell’Aoba Johsai, e forse anche prima, di come Tooru si fosse dichiarato e come, gentilmente, Hajime l’avesse rifiutato. Di come si era disperato nella solitudine della sua camera, cercando di essere lo stesso spensierato sarcastico ragazzo in sua compagnia per non destare sospetti nell’amico.
Aveva poi deciso di volare fin dall’altra parte del mondo per mettere quanta più distanza da lui, ed esaudire quel sogno che l’aveva accompagnato per tutta la vita.
Voleva essere il migliore sul campo.
Non voleva solo guarire le sue ferite d’amore, ma anche l’umiliazione subita da tutti i suoi avversari.
Kageyama.
Ushijima.
Tutti.
Voleva batterli tutti, e per farlo avrebbe dovuto diventare più forte, per cui aveva deciso di mettersi nelle mani del migliore.
Aveva cercato José Blanco e grazie a suo padre era riuscito a farsi prendere sotto la sua ala protettrice. Tuttavia non era stato minimamente facile sopravvivere in un paese tanto diverso dal proprio, con le sue culture e la sua lingua, e siccome Tooru non era uno che amava dipendere dagli altri, non aveva accettato l’aiuto di nessuno.
Nemmeno quello del padre che aveva sempre ripudiato.
Si era trasferito in un piccolo appartamento vicino alla palestra, e per vivere aveva cercato di fare ogni lavoretto possibile, fino a quando non aveva conosciuto il suo attuale compagno.
Lui l’aveva “salvato” da quella vita quasi disgraziata che si era incaponito di fare, ed oltre un degno tetto sopra la testa, sicuramente migliore della bettola in cui si era ritrovato a vivere, gli aveva concesso di fare il coach ad un gruppo di principianti insieme a lui, così che almeno poteva guadagnarsi il giusto per vivere. Si erano divisi i bambini, ed in quel momento Tooru, con Hajime al seguito, era diretto proprio in quella palestra.
«Te l’ho detto, sono l’allenatore di un gruppo di principianti insieme al mio compagno ed in questo momento stiamo andando in palestra, con estremo ritardo grazie a te», mostrò una piccola smorfia indignata, che però non scalfì minimamente l’espressione seriosa di Iwaizumi, «e ti sarei grato se non dicessi nulla di fuori luogo. Tu sei solamente un mio vecchio compagno di scuola venuto a trovarmi, nient’altro», sospirò infine, assottigliando lo sguardo per un momento in direzione dell’altro, che sentì però il dovere di aggrottare le sopracciglia mentre finalmente spostava lo sguardo verso Tooru.
«Perché…non è quello che siamo?», chiese Iwaizumi, stranamente perplesso, ma il silenzio di Oikawa gli dette conferma che sotto c’era molto di più.
«Non glielo hai detto, vero?», chiese poi, e l’espressione colpita di Tooru gli dette immediatamente conferma.
«Non ce n’era bisogno, e non c’è bisogno che lo sappia ora. E poi non c’è nulla da spiegare…», concluse però, perentorio, e la conversazione crollò così, a poca distanza dalla palestra.
 
 
Quando approdarono nel parcheggio, Tooru lanciò l’ultima occhiata ammonitiva verso l’amico, prima di tirarlo per la felpa fino all’interno, assumendo l’espressione spensierata che Hajime gli aveva sempre visto fare ogni volta che entravano dentro un campo di gioco. Era cresciuto, si era fatto più alto e muscoloso, ma sotto sotto era lo stesso ragazzo delle medie, il suo solito, testardo, amico, quello che non sarebbe mai stato soddisfatto se prima non avesse dimostrato di essere il migliore…ed una piccola smorfia soddisfatta comparve sulle labbra di Hajime, ma morì nel momento esatto in cui gli occhi di tutti i ragazzini in quella palestra, e quelli di un ragazzo decisamente più alto e piazzato di lui, non si piantarono sui nuovi arrivati.
«Oh, Tooru, ce l’hai fatta ad arrivare!», disse quello che l’ex asso dell’Aoba etichettò come il nuovo compagno dell’amico, soprattutto quando lui stesso gli sorrise amorevolmente.
«Scusami, ho avuto un contrattempo, e poi…», indicò Iwaizumi, rimasto impalato in un angolino della palestra, «ho avuto una visita», ridacchiò, nonostante ad Hajime non fosse passato inosservato il nervosismo con il quale lo aveva fatto, nonostante non avesse capito una sola parola della lingua che aveva usato per parlare. «Ti ho parlato di Iwaizumi, vero? Era il mio schiacciatore ai tempi della scuola!», lo presentò, mentre gli occhi scuri dell’argentino si posarono sull’ex asso ed il suo sguardo indagatore sembrava volerlo scandagliare fin nel profondo.
«Oh, sì, ricordo…», gli rispose il compagno, nella loro lingua, cosa che agitò ancora di più il preso in causa.
«Hajime Iwaizumi», lo richiamò, con un cordiale sorriso che servì un po’ a sciogliere i muscoli tesi ed intorpiditi dal fatto di essere stato per tre ore seduto su un misero marciapiede. «Tooru mi ha parlato molto di te. Sono Alan Gonzalez», gli disse poi in un inglese molto snocciolato, mentre gli porgeva una mano in segno di saluto.
“Ah sì”, pensò invece il giapponese, spostando leggermente lo sguardo su Tooru, che nel mentre stava cercando di radunare i suoi allievi in una parte del campo, e nel vederlo compiere quelle semplici mosse non poté non sorridere dentro di sé.
«Piacere di conoscerti,», disse invece, ricambiando la stretta di mano dell’altro uomo con espressione cordiale, nonostante si sentisse decisamente in soggezione e fuori luogo.  Non che si fosse mai sentito fuori luogo dentro una palestra, ma si sentiva messo sotto esame da quegli occhi scuri e da quella presenza decisamente più alta di loro di almeno dieci centimetri. Ed inoltre si sentiva un estraneo nella vita di Tooru oramai. Non lo sentiva da cinque anni, né sapeva cos’avesse fatto in quel lasso di tempo. Né Oikawa lo sapeva di lui.
Aveva continuato l’università, si era allontanato dai campi di gioco per perseguire il sogno di diventare un preparatore atletico. Aveva fatto corsi, studiato molto, e sì, era stato anche aiutato. Oramai gli mancava davvero poco per riuscire a laurearsi ed iniziare così a lavorare seguendo i suoi atleti, ma prima c’era una cosa che voleva fare ed alla fine aveva preso il coraggio di farla, anche grazie ad Hinata. Forse se non fosse stato per il piccoletto degli Msby avrebbe lasciato le cose come stavano e forse se ne sarebbe pentito per tutta la vita. Non che quell’audace viaggio avrebbe potuto riportare le cose come ai vecchi tempi, anche perché sapeva che ognuno dei due aveva oramai la propria vita da portare avanti, e seppur Hajime non aveva più voluto condividerla con qualcuno, Tooru aveva invece trovato qualcuno a cui dedicare la sua.
Allora perché si sentiva così…frustrato?
«Iwa-chan, che ne dici di seguire gli allenamenti dei ragazzi dalla panchina?», Tooru lo riportò coi piedi per terra, parlandogli finalmente in una lingua conosciuta, ma l’espressione quasi supplichevole che usò spiazzò l’ex asso per un breve attimo, quel tanto che gli bastò per capire di essere di troppo.
«Se è un problema posso chiamare un Taxi», esordì Hajime, accennando con la testa al suo telefono abbandonato nella tasca dei pantaloni, mentre Tooru sgranò leggermente gli occhi, come se fosse spaventato da qualcosa.
«Io avrò da fare fino all’ora di cena e poi…»
«Sì, ho capito, ci vediamo», replicò senza un’emozione particolare nella voce, ma qualcosa nell’animo di Oikawa si spezzò, mentre il moro lanciava un’occhiata turbata all’altro uomo, che nel mentre era intento a spiegare qualcosa ai suoi ragazzi ma con il pelo dell’occhio teneva costantemente sotto controllo i due.
Ora che aveva rivisto Iwa-chan, ora che lui aveva fatto tutti quei chilometri solo per rivederlo, e probabilmente per cercare alcune risposte o rimettere a posto le cose, lui lo lasciava andare via così?
«Chiamami domani, cercherò di organizzarmi», gli disse poi, passandogli senza farsi vedere il suo biglietto da visita, su cui era appuntato il numero di telefono che probabilmente usava come riferimento per i genitori dei ragazzini che seguiva, che Hajime afferrò con uno sbruffo indignato dei suoi.
«D’accordo», sospirò infine, «sono davvero curioso di sentire cos’avrai da dire…», concluse poi, sorpassandolo per andare a salutare l’altro uomo. «Ci vediamo Alan!»
«Oh, vai già via Iwaizumi?», chiese, nonostante l’espressione abbattuta del compagno di Oikawa non lo convinse minimamente della sua sincerità.
«Sì, mi sono ricordato di un impegno!», accennò, «ci vediamo!»
«Torna pure a trovarci!», insistette Alan, mentre Tooru spostava il suo sguardo dall’uno all’altro per cercare di capire lo stato d’animo di entrambi. Si sentiva come un pallone che veniva sballottato da una parte all’altra del campo, ed era la prima volta.
Quando però Hajime ebbe lasciato la palestra, Oikawa rimase a fissare il punto in cui il suo vecchio compagno era sparito, con espressione fin troppo mesta. C’erano un sacco di emozioni e sentimenti che Tooru sentiva volteggiare dentro di sè, ed era così costantemente concentrato verso il portone d’ingresso che in un primo momento non si accorse della presenza che prese posto vicino a lui.
«È veramente solo un vecchio compagno di scuola?», chiese il nuovo arrivato, nel suo solito inglese basico, ma quello che convinse l’ex capitano del Seijoh a voltarsi verso di lui fu il tono quasi sprezzante con il quale lo disse.
Era la prima volta che sentiva e vedeva il suo compagno così…geloso…
E per la prima volta in vita sua, Oikawa non seppe cosa rispondere.
Fine capitolo 7
 
 
 
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Colei che scrive:
 
Mi sono decisa a portare un pochino avanti anche questa storia! Mi dispiace aver fatto passare così tanto tempo, per cui chiedo perdono! Prometto di aggiornare più costantemente eheheh soprattutto ora che si entra nel vivo <3 Non credi di volerla fare troppo lunga, ma vedremo cosa partorirà la mia mente!
In ogni caso chiedo perdono per gli errori!
Ringrazio comunque tutti i lettori silenziosi che sono giunti fino a qui <3
Alla prossima!
  
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