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Autore: Lella73    22/11/2022    11 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Siamo arrivati alla fine della mia storia; desidero ringraziare con tutto il cuore chi ha avuto voglia di accompagnarmi durante queste settimane lungo quest'avventura che è stata per me "Non sarà un'avventura! Spero possiate apprezzare questo finale. Ancora una volta, dunque, buona lettura!


Ancora un'ultima battaglia - parte 6

Rosalie aveva accudito André con premura, seguendo scrupolosamente le indicazioni del dottore e quando finalmente lui aveva aperto gli occhi, c'era stata lei al suo fianco ed era sua la mano che André aveva trovato nella propria. Immediatamente Rosalie gli aveva bagnato le labbra, spaccate dalla polvere del giorno prima e dalla disidratazione, con un panno intriso di acqua fresca, dal quale aveva fatto cadere con attenzione prima alcune gocce, poi un rivolo, affinché lui potesse bere, poi aveva subito chiamato il dottore.

Era stata tanta la gioia nel vedere l'amico risvegliarsi, che per un momento Rosalie aveva dimenticato l'angoscia per suo marito Bernard, di cui non sapeva niente dal mattino.

André si era molto agitato nel non trovare Oscar al suo fianco. Aveva provato a muoversi, ma aveva sentito subito un forte dolore al petto. Le membra pesanti come piombo, era rimasto come costretto fra le lenzuola. Il dottore aveva iniziato a spiegargli cosa gli fosse accaduto, ma a lui non interessava; lo sapeva benissimo cosa gli era successo: gli avevano sparato, ma non gli importava. Voleva solo sapere di Oscar: perché non era lì? Dov'era? Con la voce impastata e la bocca ancora intrisa del sapore del proprio sangue,  aveva chiesto di lei, spaventato che potesse esserle accaduto qualcosa. Quando gli era stato detto che non c'era perché stava lottando con il popolo per la presa della Bastiglia, aveva sentito il proprio respiro spezzarsi e aveva cercato nuovamente di alzarsi, lottando contro Rosalie e il dottore, finché Laçonne, temendo che potesse farsi del male o causarsi dei danni alla ferita, non gli aveva somministrato una dose consistente di laudano, facendolo sprofondare in un sonno angoscioso, popolato di incubi e paure. Rosalie si era dispiaciuta per lui. Gli aveva rinfrescato il viso con un fazzoletto umido e aveva ascoltato il dottore esprimere un certo ottimismo riguardo le sue condizioni. Laçonne sembrava propenso a credere che il peggio fosse passato e che André si sarebbe ripreso. Rosalie tornò a sedersi. Avrebbe continuato a vegliare sul suo amico. Il dottore rimase con lei e le espresse le sue preoccupazioni sulla salute di madamigella Oscar, che riempirono di tristezza la giovane.

Quando il dottore la lasciò per andare un momento a rinfrescarsi, Rosalie si alzò per tornare a bagnare la fronte di André. Nella calura estiva del pomeriggio la piccola stanza con il soffitto a spiovente che aveva potuto mettere a disposizione per lui era diventata bollente. Rosalie guardò l'amico: il viso si contraeva periodicamente in espressioni dolorose. Ringraziò che fosse ancora incosciente. Gli appoggiò una mano su una guancia con tenerezza materna, mentre con l'altra mano andò a cercare e stringere una delle sue, nella speranza di offrirgli conforto e di farlo sentire meno solo in quel sonno agitato. Sentì per lui una pena infinita. Si chiese dove fosse madamigella Oscar. Chiuse gli occhi un attimo e rivide se stessa ragazzina: gli anni passati a palazzo Jarjayes erano stati i più belli della sua vita. André e madamigella Oscar si erano occupati di lei con amorevole cura, le avevano offerto un affetto vero e sincero che era stato il suo appoggio e la sua ancora di salvezza sempre, anche quando se n'era andata, anche quando gli eventi della vita l'avevano separata da loro. Lasciò un attimo André per avvicinarsi alla finestra spalancata. Dall'orizzonte di tetti si vedeva solo una spessa coltre di fumo scuro che la preoccupava e la angosciava. Si chiedeva dove fosse suo marito. Si chiedeva cosa stesse succedendo alla Bastiglia, quando quella giornata sospesa nel tempo sarebbe finita, cosa stesse facendo madamigella Oscar… Poi nella luce abbacinante del tardo pomeriggio, in fondo alla strada vide sopraggiungere due figure appaiate. Strizzò gli occhi per vedere meglio: i lunghi capelli biondi, la figura esile… non poteva sbagliare! Una era certamente madamigella Oscar! 

Dedicò un'ultima occhiata veloce ad André, appoggiando rapidamente una mano sul lenzuolo per assicurarsi che stesse ancora respirando regolarmente e si precipitò fuori dalla stanza, scendendo le scale ripide correndo col cuore in gola. Attraversò il tinello spalancando la porta e correndo in strada. "Madamigella Oscar! Madamigella Oscar!" chiamò forte, andandole incontro. Richiamato dal trambusto, il dottor Laçonne accorse, appena in tempo per vedere Rosalie precipitarsi fuori di casa.

 

Seduto nel suo studio, fermo alla sua scrivania, il generale Jarjayes aveva ricevuto il dispaccio da poco. Il suo volto era una maschera di cera, privo di espressione, pallido, immobile. La bocca niente altro che una piega amara, gli occhi freddi e vuoti. Un dispaccio spaventoso. Thomas aveva voluto portarglielo personalmente, fermandosi a leggerglielo a voce alta, benché ancora convalescente dopo l'aggressione subita non più di due settimane prima. Oscar aveva disertato. Aveva disertato con il suo intero reggimento. Leggendo, Thomas aveva fatto una pausa eloquente, evidentemente mortalmente dispiaciuto per il suo padrone, la cui magnanimità nel risparmiare un figlio indegno (o una figlia inutile?) era stata ripagata con tanta ingratitudine. Il generale pensava che non avrebbe mai più potuto presentarsi dinnanzi al re, che l'intero casato dei Jarjayes era ormai caduto irrimediabilmente in disgrazia, che aveva sbagliato a non lavare immediatamente nel sangue il primo tradimento. Ora non solo aveva una figlia fuggita con un servitore cresciuto in casa sua come una serpe in petto, ma aveva pure un disertore in famiglia. Un disertore nella nobile e antichissima famiglia dei conti de Jarjayes! Thomas, sempre premuroso, aveva cercato di offrirgli conforto: gli aveva detto che non aveva niente da rimproverarsi, che la sua unica colpa era di essere stato sempre troppo di buon cuore, troppo generoso, troppo indulgente, dinnanzi a una figlia che aveva già avuto fin da subito la colpa di essere nata sbagliata: di essere nata donna! Il padrone le aveva offerto l'opportunità di essere suo figlio, ma lei non si era mai dimostrata all'altezza di essere un vero uomo. Aveva finito col rovinare il nome del più nobile dei casati. Si era macchiata di tradimento e anziché dimostrare gratitudine nell'essere stata graziata dalla corona, si era ribellata alla sua famiglia fuggendo con un servo e ora aveva addirittura disertato, condannando il suo povero padre alla più grande delle vergogne. Povero padrone!

Il generale ribolliva. Il conte Girodelle era morto, caduto in battaglia contro i parigini insorti. Il suo corpo era stato recuperato assieme a quello di altri soldati della guardia reale. Il colonnello era stato brutalmente giustiziato: era stato trovato con una pallottola conficcata nella testa, precisamente in mezzo agli occhi. 

La Bastiglia era caduta assediata dai rivoltolosi e fra loro era stato riconosciuto suo figlio, Oscar François. Aveva oltraggiato la divisa dirigendo l'artiglieria contro il marchese de Launay!

Negli ultimi due giorni il generale aveva inviato le sue truppe a Parigi in autonomia, non senza aver impartito precise istruzioni,  ma ormai era venuto il momento che lui stesso comandasse i propri uomini in azione. L'indomani sarebbe andato a Parigi con il suo reggimento. Avrebbe combattuto i rivoltosi senza pietà… avrebbe dato la caccia ai soldati della guardia ribelli… e al loro indegno comandante. Era venuto il momento di fare giustizia.

Thomas gli era rimasto sempre accanto: era stato l'unico a non imputargli la colpa per la vergogna e il tradimento di Oscar. Era stato lui a fargli sapere come a corte si fosse rapidamente diffusa la notizia della sua fuga con André. Avrebbe dovuto dargli ascolto molto prima: era stato più attento di lui nell'accorgersi di chi veramente fosse quel suo figlio mancato!

 

Maria Antonietta era assieme al reale consorte quando la notizia della caduta della Bastiglia arrivò a corte. Il re e la regina ascoltarono spaventati le cronache riportate dai pochissimi fedeli alla corona che avevano potuto assistere all'assedio e alla capitolazione. Quando fu riferito che Oscar François de Jarjayes era stata riconosciuta a organizzare l'artiglieria e che aveva disertato con il suo intero reggimento, provocando lo scompiglio fra le truppe di stanza a Parigi, avevano ascoltato senza proferire parola; il sospetto era che ci fosse sempre il comandante dei soldati della guardia ribelli dietro l'annientamento degli uomini della guardia reale inviati ai comandi del conte di Girodelle e l'uccisione dello stesso. Il re si era ritirato senza commentare, bisognoso di solitudine, mentre sua maestà la regina aveva congedato tutti e aveva chiesto di Fersen. 

Era stato proprio Fersen, non più di due settimane prima, a consegnarle la missiva in cui madamigella Oscar le chiedeva aiuto. Quando gliel'aveva consegnata, il conte si era fermato a parlarle in privato: le aveva annunciato che numerosi pettegolezzi stavano nascendo attorno alla persona di madamigella Oscar e consapevole dell'amicizia che l'aveva sempre legata a lei, nonché in nome dell'amicizia che legava lui stesso a Oscar, aveva voluto essere lui a spiegare a sua maestà le scelte che avevano portato questa loro comune amica lontano dalla sua famiglia... e dalla corona… Le aveva così spiegato che Oscar aveva abbandonato il suo titolo e che presto avrebbe rinunciato al suo grado, perché aveva scelto l'amore e la libertà: la libertà di amare e la libertà di essere. In realtà Maria Antonietta era stata contenta per lei. In cuor suo le aveva augurato di essere se non felice quanto meno veramente libera.

Quando voci scabrose si erano diffuse a corte su madamigella Oscar, la regina non aveva potuto arginarle, ma riconoscente per tutte le volte in cui l'amica aveva cercato di proteggere lei dalle malelingue, aveva almeno ottenuto che nessuno osasse riferire voci in sua presenza. Sapeva infatti che la società non era disposta a perdonare una donna che avesse scelto di amare e di essere libera, ma poteva se non altro essere lei a perdonare chi le era stato accanto con onestà per vent'anni.

Seduta sul trono della sala delle udienze, ormai inutilizzata da tanto, la regina strinse le mani sugli intarsi dei braccioli e chiuse gli occhi reclinando il capo appena indietro. Dopo la grazia concessa prima a lei e poi ai suoi soldati, madamigella Oscar era venuta personalmente a ringraziarla, benché consapevole di non essere più benvoluta a corte. Coraggiosa e come sempre coerente con se stessa, non aveva esitato a presentarsi al suo cospetto e ad esporle con l'educazione di sempre il suo pensiero: era persuasa che si sarebbe dovuto assolutamente evitare uno scontro fra il popolo e la famiglia reale e che fosse necessario offrire uno spunto di benevolenza e distensione, a partire dal richiamare le molte truppe che rendevano la città, a suo avviso, una polveriera pronta a esplodere. Maria Antonietta non aveva nemmeno preso in considerazione i suoi consigli… così come aveva fatto per tutta la vita, ignorando le parole di un'amica sincera che l'aveva sempre devotamente sostenuta e servita. Convinta senza ombra di dubbio che essere sovrani fosse un diritto divino, non aveva voluto ascoltare. Aveva anzi chiesto a madamigella Oscar che restasse accanto a lei in caso di scontri. Oscar era stata sincera come sempre. Al contrario di chiunque avesse avuto attorno da che era arrivata a Versailles, non si era nemmeno preoccupata di edulcorare le sue parole e anzi le aveva detto la verità con una semplicità disarmante: "Io non faccio più parte della guardia reale da molto tempo…". Entrambe erano state consapevoli che quello era un addio, e Maria Antonietta aveva capito che si era trattato di una deliberata dichiarazione con la quale l'amica le aveva annunciato e confessato di aver scelto la propria strada… e che quella strada l'avrebbe per sempre condotta lontano da lei. 

Ora non si sentiva quindi meravigliata nel venire a sapere che madamigella Oscar aveva scelto la causa popolare. Era strano  come questo non la facesse sentire tradita: era infatti certa che, nonostante tutto, l'affetto che le aveva sempre legate non sarebbe svanito. Ricordò un'intera serata passata a ballare con madamigella Oscar in alta uniforme e sorrise con mestizia: dopo tutto, poteva essere sicura che avrebbe avuto sempre un'amica su cui contare fra i rivoltosi...

 

Oscar incedeva lentamente, sentendo tutta la pesantezza degli eventi e la stanchezza degli ultimi giorni pesare sulle proprie spalle. Gérard camminava silenzioso al suo fianco. 

Quando vide Rosalie correre loro incontro chiamando forte il suo nome, Oscar sentì il cuore perdere un battito: perché gridava? 

Affrettò il passo e quando la raggiunse, Rosalie le buttò le braccia al collo, stringendola forte, incurante dello stato pietoso dei suoi abiti e del suo viso sporco. "Madamigella! Oh madamigella Oscar! Siete viva! Siete tornata! Venite! Presto, venite!" ma Oscar esitò: seppe che non avrebbe potuto sopportare una brutta notizia. Si irrigidì e non fu in grado di pronunciare una sola parola. Lasalle la guardò: il volto pallido, gli occhi sgranati… parlò per lei: "Come sta André?". Un largo sorriso si aprì sul viso di Rosalie: "Si è svegliato! Si è svegliato madamigella Oscar! Vi ha cercato, sapete? Il dottore è ottimista! Pensa che il peggio sia passato!". Oscar sentì un ronzio invaderle le orecchie e una sensazione di debolezza e malessere rendere tutto il suo corpo estremamente pesante. Si appoggiò a un muro. André non era morto. Rosalie continuava a parlare, ma lei non riusciva né ad ascoltarla né a capire cosa le stesse dicendo. "E Bernard? Sapete niente di Bernard? L'avete visto? Cosa succede alla Bastiglia?". Lasalle fermò Rosalie: "Comandante! Comandante! Venite, lasciate che vi aiuti!". Sempre troppo orgogliosa per accettare qualsiasi aiuto, Oscar cercò di allontanarlo, ma lui non si ritrasse. Con Rosalie si offrì di sorreggerla e insieme si avviarono verso l'ingresso di casa Châtelet. Camminando piano, Bernard rispose alle domande preoccupate di Rosalie: "La Bastiglia è caduta madame! Abbiamo combattuto bene. Il nostro comandante ha diretto mirabilmente l'artiglieria. Ho visto vostro marito. Non so quando, ma state certa che tornerà.".

 

Quando l'ombra del tinello la avvolse, Oscar si lasciò cadere su una sedia. Improvvisamente si accorse di avere le labbra riarse e chiese dell'acqua. Laçonne si raccomandò con Rosalie affinché Oscar bevesse molto e mangiasse regolarmente, ma non disse niente a Oscar, finché lei non gli rivolse la parola per scusarsi con lui e per ringraziarlo di quanto aveva fatto per André. Oscar bevve cercando di ritrovare il fiato fra un sorso e l'altro. "Domattina vi scorterò a casa. Ora non ne ho la forza e non è il caso di muoversi per Parigi disarmati."

Rosalie aveva recuperato i panni puliti che già aveva preparato la mattina e invitò Oscar a seguirla nella sua stanza. La aiutò a lavarsi, si occupò dei suoi capelli, le medicò le escoriazioni collezionate in quei giorni di battaglia e la aiutò a rivestirsi. I panni di Bernard erano troppo grandi per lei e Rosalie si scusò di non avere altro, ma Oscar ringraziò e si adattò senza porsi alcun problema. "Avete bei capelli madamigella Oscar. Siete una bella donna. Abbiate più cura di voi…" disse timidamente Rosalie, non osando accennare a quanto confidatole quella mattina dal dottor Laçonne. Oscar le sorrise. "Voglio andare da André ora." le rispose. "Andate," disse Rosalie "il dottore vi aspetta già nella sua stanza.". 

Oscar si incamminò lentamente. Quando raggiunse l'uscio si mosse in silenzio; Laçonne stava nuovamente medicando la ferita. André si lamentava debolmente. Oscar attese paziente, col fiato sospeso. Voleva vederlo, voleva accarezzare il suo viso, poter sfiorare le sue labbra, stringere le sue mani… Quando il dottore terminò e si volse verso di lei forse avrebbe voluto parlarle, ma quando vide la pena nei suoi occhi si fece solo da parte per lasciarla passare. André era sempre incosciente. Oscar si avvicinò lentamente; quando fu al suo capezzale si chinò su di lui. Depose un bacio impercettibile sulle sue labbra; gli sfiorò il viso e fece passare le dita fra i suoi capelli. Lacrime silenziose iniziarono a scendere senza che lei potesse fermarle. Il dottore le porse la sedia. Stanca e provata accettò di sedersi. Prese le mani di André fra le sue e se ne portò una alle labbra, premendo appena sulle sue dita per lasciarvi baci brevi e leggeri. "Sono qui." mormorò "Sono tornata.".

Il dottore richiamò la sua attenzione: "Madamigella, dovete ascoltarmi adesso… dovete darmi ascolto veramente.". Il tono era severo, ma anche sincero e preoccupato. Oscar lo guardò. "Vi ascolterò. E mi prenderò cura di me e di mio figlio. Prima però ditemi di André. Voglio sapere come sta. Voglio sapere cosa fare per lui. Perché è ancora incosciente?". Il dottore strinse le labbra con disappunto, ma si rese conto che Oscar non sarebbe stata in grado di prestare attenzione alle sue parole prima di sapere di André. Le spiegò di avergli somministrato del laudano per alleviare la sua sofferenza. Le disse che probabilmente avrebbe aperto gli occhi di tanto in tanto, ma che ancora per diverse ore non si sarebbe veramente svegliato. Le spiegò come accudirlo e come fare con la ferita quando lui se ne fosse andato per tornare dalla sua famiglia. Solo allora Oscar accettò di parlare di sè. Gli confidò le sue intenzioni di ritirarsi nell'Alta Francia, dove persone fidate avrebbero potuto offrire a lei e ad André aiuto e ospitalità. Il dottore ascoltò con attenzione e promise di preparare delle missive per un collega di cui aveva molta stima, che l'avrebbe potuta aiutare una volta lasciata Parigi. Le chiese se avesse intenzione di tornare a palazzo Jarjayes prima di andarsene e Oscar non ebbe bisogno di rispondere: a Laçonne bastò l'espressione dura che si dipinse sul suo volto.

Quando finalmente il dottore uscì, lasciandola sola con André, con la promessa di visitarlo ancora la mattina seguente, era già arrivato il crepuscolo e lunghe ombre si stendevano nella piccola stanza, portando assieme al buio temperature più miti. 

Rosalie la raggiunse portando della minestra di verdure, che Oscar fu costretta ad accettare per l'insistenza della sua giovane amica, decisa a non lasciarla finché il piatto non fosse stato vuoto. Mentre sorbiva piano la minestra, Oscar seppe da Rosalie che i suoi uomini stavano raggiungendo a piccoli gruppi casa Châtelet. Alcuni erano già arrivati e come la notte precedente si stavano accampando come potevano davanti all'ingresso. Bernard si era dovuto attardare con altri intellettuali, ma era sano e salvo e sarebbe presto tornato da sua moglie. Gérard Lasalle aveva chiesto di poter salire brevemente per vedere lei e André. Oscar acconsentì. Anche Alain aveva chiesto a Rosalie di poterla vedere, ma Oscar rifiutò. Rosalie non chiese spiegazioni e lei fu sollevata di non dovergliene dare. Quando Rosalie si congedò, portando con sè il piatto vuoto, Oscar si avvicinò di più ad André. Si abbassò su di lui, accostando la bocca al suo orecchio. "Ti amo." sussurrò, mentre con le dita gli accarezzava il viso e i capelli. "Ti amerò sempre. Ti ho amato anche quando non lo sapevo.".

Un rumore la distrasse. Si alzò immediatamente. Lasalle era fermo sulla porta.

 

Gérard aveva ringraziato madame Châtelet per la sua gentilezza: Rosalie gli aveva dato la possibilità di ripulirsi e cambiarsi e gli aveva pure offerto un piatto di minestra. Mangiando in silenzio aveva ripensato al suo comandante, che gli aveva salvato la vita tre volte… la prima senza nemmeno conoscerlo, senza neppure sapere chi fosse. Era impossibile non volerle bene: era gentile, onesta, corretta… e anche coraggiosa… e bella…

Lasalle aveva ripensato al pomeriggio nel vicolo, al dolore sul viso di Oscar, alla confidenza che gli aveva fatto in quel momento di disperazione. Non meritava tanta sofferenza. Si chiese come stesse André… e anche come stesse lei. Chiese quindi il permesso di vederli per un momento. Non voleva disturbare. Solo vederli…

Quando raggiunse la stanza dove si trovava André convalescente, la porta era aperta. Vide Oscar china su André e rimase immobile, cercando di non far rumore mentre la sentiva sussurrare qualcosa che non riuscì a distinguere. Si fermò sulla soglia finché lei non si accorse della sua presenza, levando lo sguardo su di lui. Nella luce viola del crepuscolo la vide alzarsi e  fare un gesto nella sua direzione; entrò. 

"Come state comandante?". Oscar gli sorrise: "Non sono più il tuo comandante. Mi puoi chiamare per nome.". "Sarete il mio comandante sempre…" rispose Lasalle, rispettoso. "Come state?" ripeté. Oscar abbassò lo sguardo su André. "Faccio del mio meglio. Grazie.". "E André?". "Sembra stia meglio. Tu? Sono state giornate difficili. Ti senti bene?". Lasalle si avvicinò: "Avevate ragione sapete?". Oscar lo guardò con aria interrogativa. Lui continuò: "Quando mi avete chiesto perché facevo il soldato. Avevate ragione: non sono un gran soldato…". Oscar si avvicinò e allungò una mano per stringere quella di Gérard: "Non è vero. Ma non fare il soldato se non ti piace. Fai qualcosa che ti faccia sentire bene.". Lo lasciò per tornare a sedersi e a guardare André. Rimasero in silenzio per qualche minuto, il respiro di André, ancora un rantolo doloroso, unico rumore nella stanza. Oscar gli accarezzò i capelli. Ancora una lacrima scese lungo il suo viso. Sentì Gérard muovere qualche passo dietro di lei. Probabilmente se ne stava andando. Improvvisamente gli chiese: "Sei mai stato innamorato Lasalle?". Gérard rimase stupito: "Come dite comandante?". Oscar non si volse. Parlò sottovoce, senza distogliere lo sguardo da André: "Una volta dissi a un amico molto caro che l'amore può portare a due cose: la felicità completa o una lenta e triste agonia…" fece una breve pausa, poi: "Lui mi rispose che sbagliavo e che per quanto lo riguardava l'amore poteva portare solo a una lenta e triste agonia…". Tacque un istante. "Anche lui si sbagliava. Sbagliavamo entrambi. Io non sapevo che amare fosse così Lasalle…". Gérard rimase in silenzio. Oscar continuò: "Amare non ha niente a che fare con la felicità o la sofferenza. Amare è come avere il cuore che batte nel petto dell'altro.". Lasalle le appoggiò una mano sulla spalla. Si chiese se il proprio cuore battesse davvero nel petto di Claudine… 

Oscar prese fra le sue una mano di André; accarezzò ognuno delle sue dita con delicatezza. "Sei innamorato Lasalle?" chiese di nuovo. "Sì… io… io credo di sì comandante.". "Sei corrisposto?". "Oddio io… io non lo so comandante… non ho avuto mai il coraggio di dichiararmi.". Oscar intrecciò le dita di André alle proprie e sorrise mesta. "Quando André mi dichiarò il suo amore lo respinsi.". Gérard non trovava parole con cui rispondere. Abbassò lo sguardo, continuando a tacere. Oscar aggiunse: "Si è arruolato per colpa mia. Gli avevo detto che non volevo più che mi stesse vicino. Si è arruolato per restare con me.". Gérard sentì il peso del dolore nelle parole di Oscar. "Ma comandante… André è un uomo… ha semplicemente fatto la sua scelta… e la sua scelta siete stata voi…". Oscar sorrise: "Grazie.".

 

All'alba del 15 luglio il generale Jarjayes lasciò il suo palazzo per condurre il proprio reggimento a Parigi, deciso a combattere i rivoltosi con ogni mezzo. Thomas l'aveva aiutato a vestirsi e a prepararsi e l'aveva informato di ogni voce su Oscar: il valletto del povero conte di Girodelle, disperato e in lutto, sosteneva che lei avesse fatto malmenare il suo padrone dai soldati della guardia, quando lui si era recato in visita da lei in caserma, nel tentativo di ridurla alla ragione. Pareva che a corte la fuga di Oscar con un servo fosse ormai il pettegolezzo più diffuso e che fosse giunto persino alle orecchie dei reali. Il generale si era chiesto più volte come tale voce si fosse potuta diffondere tanto velocemente, ma quello era nulla se paragonato con il fatto che pareva che proprio Oscar avesse condotto al successo l'assedio della Bastiglia, dirigendo l'azione dell'artiglieria...

Due giorni prima il generale aveva ricevuto un biglietto dal colonnello d'Agoult, che lo informava di presunte cattive condizioni di salute di Oscar. La breve missiva terminava dicendo che niente avrebbe dovuto poter separare un padre da una figlia. Il generale, consigliato e sostenuto da Thomas, aveva preferito non rispondere e aveva deciso di non informare la consorte, già sufficientemente prostrata dagli eventi.

Ora cavalcava alla testa dei propri soldati, il cuore colmo di rancore e risentimento.

 

Oscar aveva passato la notte vegliando su André. Di tanto in tanto lui aveva brevemente aperto gli occhi e quando l'aveva potuta riconoscere aveva cercato di stringere la mano con cui lei teneva la sua. Il sonno era stato meno disturbato; quando il dottore l'aveva visitato, alle prime luci dell'alba, si era mostrato soddisfatto delle sue condizioni e aveva rassicurato Oscar dicendole che entro qualche ora sarebbe di certo tornato cosciente.

Rosalie li aveva raggiunti, aveva aiutato il dottore a occuparsi di André e aveva portato a Oscar ciò che era riuscita a trovare per lei: poco pane scuro, già indurito, e due mele. Era poi restata finché lei non aveva accettato di mangiare. Oscar aveva baciato André sulle labbra e gli aveva lasciato ancora qualche leggera carezza sul viso e fra i capelli prima di andarsene per scortare il dottor Laçonne dalla sua famiglia.

Ferma sulla soglia, guardò la luce intensa del primo mattino inondare la strada, per poi girarsi verso il tinello buio e fresco e accorgersi che Rosalie aveva ripulito e sistemato la giacca della sua uniforme. Si avvicinò toccando le maniche con la punta delle dita e raddrizzarando bene il bavero: la sua armatura… per così tanto tempo era stata la sua arma infallibile con cui tenere chiunque a distanza... sentì forte in lei la tentazione di indossarla subito nuovamente. Strinse un polsino fra le dita. La voce di Gérard, sulla porta,  la distrasse: "Comandante, ho saputo che volete scortare il dottore a casa. Se permettete io e un altro paio di compagni vorremmo venire con voi… non è molto tranquillo muoversi per Parigi…". Oscar lasciò andare la manica della marsina. "Va bene Lasalle. Arrivo.". Gerard restò ancora un attimo, guardandosi i piedi, poi: "Sono contento che André stia meglio.". Oscar sorrise. 

Il dottore sopraggiunse; lei tentò di scusarsi, ma questi fece un leggero segno di diniego col capo, accompagnato da uno sguardo comprensivo e così si limitò a ringraziarlo. Quando uscirono Rosalie accorse sulla porta per salutarli prima di tornare a vegliare su André. 

Seduto in disparte sui gradini di un ingresso poco distante, lo sguardo basso, il fazzoletto rosso sempre legato attorno al collo e uno stecchino fra i denti, Alain aspettò che Oscar fosse uscita, per dire: "Vengo anch'io con voi, comandante.". Oscar non lo guardò. "Non occorre." rispose fredda, la voce metallica. Alain non alzò nemmeno la testa. "Ma io verrò lo stesso con te." mormorò.

I cavalli erano già stati sellati e quando il piccolo corteo, Oscar in testa, si avviò, Alain lo seguì in silenzio, mantenendo una certa distanza. Oscar lo vide; avrebbe preferito allontanarlo, ma non voleva che una sua insistenza potesse dare al gesto del giorno prima più valore di quanto già non avesse. Sentiva che se l'avesse affrontato, lui avrebbe dato vita a una discussione cui era certa di non voler prendere parte.

Continuò ad avanzare in silenzio,  circospetta e attenta. Le strade, ancora colme dei segni dei tafferugli degli ultimi giorni, avevano un aspetto macabro. Uomini e donne si muovevano veloci e diffidenti:  figure senza volto dall'aspetto minaccioso eppure al contempo spaventato. Madri di famiglia in cerca di cibo per i propri figli o opportunisti in cerca di una vetrina da depredare camminavano ugualmente rapidi e guardinghi.

Oscar scelse piccole strade, vicoli e vie defilate, evitando accuratamente piazze e zone più frequentate. Cavalcando ripensava alla corsa di solo due  giorni prima, quando aveva attraversato la città al galoppo incurante dei rischi, per raggiungere Laçonne. Si portò una mano agli occhi: l'immagine di André che cadeva dopo essere stato colpito era un tormento cui non riusciva a sottrarsi. Improvvisamente udì rumore di zoccoli; alzò una mano; tutti si fermarono all'istante e rimasero col fiato sospeso, in silenzio: i soli a muoversi a cavallo in quei giorni a Parigi erano i soldati. Ciascuno mise mano alle armi che portava con sè. Oscar attese nell'ombra, sperando di poter evitare uno scontro. Il rumore di zoccoli si avvicinava; sembrava un piccolo distaccamento: solo poche cavalcature. Forse un gruppo in avanscoperta? Pensò di ripiegare, ma temeva che il rumore avrebbe rivelato la loro presenza. Guardò indietro: gli uomini erano seri e concentrati, il dottore sembrava molto spaventato. Capì che non avrebbero potuto evitare lo scontro; a un suo cenno del capo tutti furono pronti. Di lì a un attimo avrebbero trovato gli avversari all'imboccatura del vicolo. Laçonne indietreggiò. Alain si fece avanti: una pistola per mano, si portò velocemente alle spalle di Oscar. 

Quando nella luce dorata comparve il piccolo gruppo di soldati, Oscar sgranò gli occhi: dinnanzi a lei, il generale.

 

Jarjayes si muoveva con circospezione fra i vicoli di Parigi. Aveva diviso il suo reggimento, lasciando i suoi uomini nei punti strategici per controllare gli spostamenti in città, poi aveva scelto pochi soldati da guidare personalmente in avanscoperta. Cercava i ribelli, nell'intento di poter fare lui stesso immediatamente giustizia per riportare l'onore sul proprio nome, ma non era preparato ad affrontare quel che trovò di lì a poco, quando svoltò in una piccola via laterale, deciso a controllare ogni anfratto.

Si trovò infatti davanti a Oscar: priva di uniforme, la pistola ben stretta nella mano, il portamento fiero. Era seguita da un pugno di uomini. Il generale guardò la figlia senza proferire parola.

Oscar abbassò la pistola e scese da cavallo. Gérard scese a sua volta e l'affiancò. Padre e figlia si scrutarono per un istante infinito, occhi negli occhi, la tensione palpabile. Su entrambi i fronti tutti erano pronti allo scontro. Il generale alzò un braccio e i suoi soldati puntarono i fucili su Oscar, che però rimase immobile, con un'espressione imperscrutabile sul volto. Alain cercò di muoversi in avanti, ma César e il cavallo di Lasalle gli impedivano di procedere. Gérard fissò il generale: aveva già visto quello sguardo di truce determinazione negli occhi di un padre. Era lo stesso sguardo di disprezzo e di volontà di sopraffazione che aveva osservato negli occhi dell'oste alla Bonne Table, ogni volta che gli aveva visto picchiare la figlia. Uno sguardo in cui si leggeva il desiderio di sottomettere e piegare, di offendere e imporsi. Oscar fece un passo avanti, la pistola sempre abbassata, nessun tentativo di difesa. "Padre…" disse, un velo di commozione nella voce. Il generale non rispose. Gérard lo guardò e tutto a un tratto seppe che quell'uomo non si sarebbe fermato:  l'odio e il disprezzo erano spaventosamente evidenti sul volto. 

D'istinto si buttò sul suo comandante, chiudendo gli occhi e stringendo Oscar più forte che poteva. Nel momento stesso in cui le sue braccia la cinsero, il generale ordinò perentorio il fuoco.

Oscar lasciò andare la pistola e cadde; il peso inerme di Lasalle la schiacciò, mentre fiotti di sangue non suo le intridevano caldi la camicia. Udì César nitrire disperato e lo vide rovinare a terra; rivoli rosso scuro sporcavano il suo lungo collo candido e il muso, ormai immobile nella polvere, con i grandi occhi acquosi improvvisamente privi di luce.

Oscar sentì la voce di Laçonne gridare: "Fermi! Fermi!", mentre i suoi uomini già stavano dando battaglia, lanciandosi furiosi contro gli aggressori. Grosse lacrime iniziarono a inondarle gli occhi scorrendo inesorabili sul suo volto e  annebbiandole la vista;  il cuore sembrava scoppiarle nel petto per il dolore. Avvertì prepotente l'odore del tabacco e sentì due braccia forti spostare il corpo di Gérard, per poi sollevarla. Alain la strinse contro il suo petto, voltando immediatamente la schiena alla battaglia per proteggerla, la testa bassa, il fiato spezzato dall'emozione di averla trovata ancora viva. Oscar alzò un istante il viso e incontrò il suo sguardo muto, poi fu il buio.

 

Oscar sentì impellente il bisogno di bere. Aveva la bocca impastata e le labbra gonfie e spaccate. Le sembrava di aver masticato sabbia. Cercò di deglutire; le costò uno sforzo immane per la sua gola riarsa. Sentì una mano calda accarezzarle lieve prima una guancia, poi i capelli. Avvertì il respiro caldo sulla pelle, mentre labbra famigliari deponevano un bacio leggero sulla sua fronte. Aprì gli occhi. Nella penombra vide André sorriderle con dolcezza. Seduto accanto a lei, cercò una delle sue mani per stringerla fra le proprie. Oscar si rese conto di essere sdraiata nello stesso letto in cui avevano ricoverato André e che lui sedeva sulla stessa seggiola su cui era rimasta lei, vegliandolo.

André si alzò, l'ombra di un'espressione di dolore sul suo viso nello sforzo di sporgere il busto in avanti. Recuperò la brocca dell'acqua dal tavolino poco distante e riempì un bicchiere. Tornò da Oscar per aiutarla a bere. Le sorresse il capo con premura, mentre portava il bicchiere alle sue labbra. Oscar bevve con gratitudine.

"Ciao." le disse André in un sussurro. Oscar cercò la voce fra le corde vocali che le parevano cinghie di cuoio. "Per quanto tempo sono rimasta incosciente?" chiese, la voce bassa e arrochita. "Due giorni." le rispose André tranquillo. "Come stai?" chiese ancora lei. "Meglio di quel che sembra." le rispose.

Oscar cercò il suo sguardo. Allungò una mano per accarezzare il suo volto, lui la prese per portarsi le sue dita alle labbra e baciarle.

Oscar cercò di sollevarsi per mettersi seduta, André la aiutò, premuroso. Lei chiuse gli occhi e trasse un sospiro. Abbassò la testa. "Lasalle è morto." disse piano. André si piegò in avanti, verso di lei, appoggiando i gomiti alle ginocchia e incassando la testa fra le spalle. "Lo so..." le rispose "... Alain è venuto a trovarmi.". La bocca di Oscar prese una piega amara: "Alain ti deve delle scuse.". André alzò lo sguardo su di lei e le sorrise con dolcezza: "Le deve prima di tutto a te…". Oscar fece spallucce: "Non mi importa che mi faccia le sue scuse. Non ho intenzione di accettarle." disse aspra. "Dovresti invece, è veramente molto dispiaciuto." rispose  André, pacato. "E poi ti ha salvato la vita.". "Lasalle mi ha salvato la vita," precisò Oscar. "È vero, hai ragione. Ma poi Alain è venuto a prenderti e ti ha riportato da me." ribatté André, calmo. Oscar lo guardò seria: "Guarda che ti deve veramente delle scuse…". André sorrise: "Me l'ha detto. Gli ho promesso che non l'avrei ammazzato…" aggiunse ironico.

Oscar rimase qualche istante in silenzio. Poi: "Sono malata André." sospirò "Sono molto malata.". André si alzò per sedersi di fronte a lei, sul lato del letto; le appoggiò una mano sul viso: "So anche questo." le disse "Anche il dottor Laçonne è venuto a trovarmi. Abbiamo chiacchierato a lungo… Il generale è rientrato a palazzo Jarjayes. È sano e salvo.". Oscar lo guardò, gli occhi lucidi: "Mio padre mi ha fatto sparare addosso. Ha aperto il fuoco contro di me…". "Lo so. Alain me lo ha raccontato. Ma so anche che preferisci ugualmente saperlo vivo.". "Come sai che sta bene?". "Laçonne ha soccorso sia te che lui. I suoi uomini sono rimasti tutti uccisi. I nostri se la sono cavata. Il generale è stato ferito. Laçonne è accorso per salvarlo. L'ha seguito a palazzo Jarjayes prima di tornare qui.". "Qualcuno ha recuperato il corpo di Lasalle?". "Sì.". Una lacrima scese sul viso di Oscar e cadde sul lenzuolo. "Era un uomo buono, André.". André le strinse una mano.

Rimasero in silenzio alcuni minuti. Oscar pianse senza fare rumore. "André… ho perso César.". "Mi dispiace. In qualche modo faremo.". "Girodelle ti ha sparato per fare del male a me.". André si sporse per abbracciarla. Oscar gli appoggiò il capo su una spalla. I lunghi capelli le scivolarono lungo il braccio. André le rispose sottovoce: "Alain me lo ha detto.". Oscar si rabbuiò:  "Ho ucciso Girodelle.". "Lo so. Ti ho visto farlo". "L'ho ucciso per vendetta…. per rabbia e per vendetta.". 

Oscar rimase in silenzio per qualche minuto, avvolta nell'abbraccio di André. Poi: "Ti ho trascinato in una battaglia che non volevi combattere. Quando morirò andrò all'inferno.". André scostò Oscar da sè per appoggiare la fronte contro la sua. Le prese il viso fra le mani: "Non stai per morire… e poi forse l'inferno non esiste…" sussurrò beffardo. Oscar aggrottò le sopracciglia: "Certo che esiste! Lo sanno tutti…" rispose. André le passò una mano fra i capelli: "Se lo sanno tutti deve essere vero..." mormorò divertito. Oscar sorrise. Solo per un istante davanti a lei non ci fu l'uomo, ma il ragazzo di tanto tempo prima. Cercò le sue labbra per trovare rifugio in un bacio, poi appoggiò la testa al suo petto. Ascoltò il battito del suo cuore, come quando rimaneva silenziosa e distesa su di lui dopo l'amore. "Ti ho trascinato in una scelta non tua.". André le appoggiò una mano dietro la testa, tenendola più stretta a sè. "Tu sei la mia scelta.". Oscar si commosse: "Lasalle me l'aveva detto. Mi ha detto che non ti eri arruolato per colpa mia, ma che ti eri arruolato per me.". "Aveva ragione. Tu sei sempre stata la mia scelta… io ti ho amato sempre, Oscar.". "André io… io ti ho amato anche quando non lo sapevo...". André le avvicinò le labbra all'orecchio: "Ti ho sentito dirmelo…" sussurrò.

Rimasero stretti. La notte scendeva piano e una Parigi martoriata si preparava a qualche ora di quiete. André nascose le labbra fra i capelli di lei. "Ho dei problemi con l'occhio destro Oscar.". Lei non si mosse: "Lo so.". "Potrei diventare cieco.". Oscar sentì un dolore sordo in fondo all'anima: lo sapeva, eppure aveva ugualmente trascinato André in battaglia; cercò una delle sue mani e intrecciò le sue dita alle proprie: "Lo so. Anche io ho parlato con Laçonne, quando mi ha detto… quando mi ha detto che sono incinta…". Terminò la frase in un soffio, quasi a scusarsi per questa femminilità che la costringeva a fare i conti con se stessa e la faceva sentire sopraffatta… e spaventata…  André sentì una fitta al cuore: "Io sono contento…. Oscar… io… io sono  orgoglioso che tu attenda mio figlio." le disse piano. "Non ti dispiace che sia incinta?" mormorò Oscar, tutto d'un fiato. André alzò la testa portandosi una mano agli occhi; si strofinò la fronte:  no che non gli dispiaceva! Era una cosa bella! Perché non gliel'aveva detto prima? Perché avevano passato tanto tempo a nascondersi l'ovvio? "Oscar io ho avuto paura di non poter provvedere a te se fossi diventato cieco. Ho temuto che tu potessi non dico pentirti, ma per lo meno… dispiacerti di esserti allontanata  dalla tua famiglia… e se ti avessi sposato subito non saresti più potuta tornare indietro…". Oscar alzò lo sguardo su di lui: "André, te l'ho già detto: io non tornerò indietro.". André la strinse. "Sposami Oscar!", solo un sussurro, pronunciato con le labbra appoggiate al suo orecchio. Oscar sentì un nodo sciogliersi in fondo al cuore e nascose il viso contro il suo petto. "Sto veramente male André. Non volevo ammetterlo perché avevo paura… HO paura… Non… non sei tenuto a sposarmi… non sei tenuto a farti carico di tutto questo... ". André strinse le labbra ed espirò rumorosamente: cosa voleva dire che non era tenuto a sposarla? Certo che era tenuto! Doveva! … e soprattutto: lo voleva. Ma perché Oscar doveva sempre cercare in qualche modo di allontanarlo? Anche quando non voleva restare sola, anche quando aveva paura… anche adesso che  aveva un disperato bisogno di lui… "Smettila!" le disse serio "Smettila adesso!". Oscar tacque. Lo guardò e André provò una tenerezza infinita per quegli occhi azzurri di cui solo lui conosceva la fragilità: quella fragilità  di cui aveva sempre cercato di prendersi cura e che solo lui era in grado di accogliere come un dono. "Hai combattuto tutta la vita Oscar. Ora combatti per noi! Sposami Oscar!" la voce bassa, il tono deciso. Oscar sentì una lacrima scendere silenziosa. "Sì. Ti sposo." disse soltanto, sottovoce, concedendosi finalmente di perdersi nell'abbraccio di André senza opporre nessuna resistenza, lasciando cadere ogni difesa.

 

Fermo davanti allo specchio, sistemando il colletto della giacca, André dava le spalle a Oscar e nel riflesso dello specchio la guardava con dolcezza trafficare con la camicia; il ventre ormai pronunciato le conferiva un aspetto morbido e insolito: non aveva in alcun modo voluto rinunciare ai pantaloni e il giustacuore slacciato metteva in mostra più che mai la sua rotondità. Anaïs si era offerta di aggiustare per lei i suoi abiti quando aveva accolto lei e André nella sua casa, proprio sulla spiaggia, ma Oscar non aveva accettato. Ora cercava di sistemarsi la camicia sotto ai pantaloni, ma non riusciva a lisciare le pieghe come avrebbe voluto. "Dannazione! Detesto essere incinta!". André si volse verso di lei e sorrise. "È meglio che ti ci abitui! Vorrò altri figli!". Oscar gli lanciò uno sguardo in tralice e si lasciò cadere esasperata a sedere sul bordo del letto. Osservò i suoi seni sporgere morbidamente sotto la stoffa leggera della camicia e sbuffò: "Il curato mi caccerà dalla sua chiesa quando mi vedrà…". André le si avvicinò. "Lascia che ti aiuti." le disse, prendendole le mani per invitarla a rimettersi in piedi. Mentre le sistemava le pieghe della camicia si sporse verso di lei per lasciarle un bacio su un angolo della bocca, poi: "Il curato non ti caccerà affatto... e prima di sera sarai mia moglie.". 

 

Oscar, appoggiata alla balaustra, sul ponte di prua, guardava il mare: la Francia era ormai lontana e lontana era ancora anche la terra che li aspettava. Chiuse gli occhi e respirò, inalando l'odore del sale e della salsedine. Dopo tanto tempo passato a lottare per l'aria, ogni respiro le sembrava sempre un dono. Benché fosse ormai definitivamente guarita, le era rimasta quell'angoscia sottile che sentiva serpeggiare ogni volta che si coricava, all'idea di dover affrontare la notte. 

La malattia l'aveva duramente provata e sapeva che non avrebbe mai più riacquistato la forza e il vigore di un tempo: si affaticava facilmente, il fiato era sempre corto, sopportava a fatica la tosse ed era diventata più cagionevole. A qualche metro di distanza, la schiena appoggiata alla ringhiera, André la osservava: la schiena dritta, il portamento sempre fiero ed  elegante, i lunghi capelli indomiti a sfidare il vento… Se l'avesse vista oggi per la prima volta, pensò, si sarebbe innamorato di lei come un ragazzino alle prese col primo amore. Un gridolino pieno di entusiasmo attirò la sua attenzione e fece qualche passo per raggiungere sua figlia.

Strappata ai suoi pensieri dall'acuta voce infantile, Oscar si volse. Vide André piegato in avanti, intento a prendere da una manina protesa verso di lui pezzi di pane, che iniziò a lanciare ai gabbiani. Gli uccelli planavano afferrando le croste al volo, accompagnando le ampie volute attraverso il cielo con alti garriti. La bambina urlava felice pestando i piedi a terra e stringendo a pugno le piccole mani, mentre il vento le scompigliava i capelli scuri e gli occhi chiari brillavano al sole dell'autunno inoltrato. Una mantella corta le copriva le spalle, aprendosi di tanto in tanto per lasciar intravedere una camicia a fiori e dei pantaloni blu. Correva dietro ai gabbiani quando si avvicinavano, attirando su di sè gli sguardi pieni di disappunto di un gruppetto di matrone intente a parlottare poco distante.

André si allontanò per raggiungere Oscar. "È la bambina più viziata di Francia." gli disse lei seria, aggrottando la fronte "E ora diventerà la bambina più viziata di due interi continenti! Le permetti di fare qualsiasi cosa!". André sorrise, abbassando lo sguardo per un istante. "È vero. Le permetto di fare qualsiasi cosa.". Cinse la vita alla moglie attirandola verso di sè. "Smettila André! Penseranno tutti che sia poco seria!". André rise: "Tutto sommato mi piaci poco seria…" le rispose con un sussurro, appoggiandole le labbra sul collo, appena sotto l'orecchio. Oscar finse sdegno, ma sorrise prima di sfilarsi dal suo abbraccio, per inchinarsi con le braccia aperte, attendendo la bambina che correva verso di loro.

Fine

 
   
 
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