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Autore: Portuguese D Vanessa    03/12/2022    0 recensioni
Un incontro non del tutto casuale permetterà ad Ari ed i pirati Heart di incrociare le proprie strade, dando origine a tutto ciò che di più avventuroso, sentimentale, erotico e magico si possa immaginare sul viaggio di Law e che non ci è mai stato raccontato!
State con me e la mia OC Ari per vivere assieme questa fantastica storia dove non mancheranno di certo drama, lotte, rivalità, amicizie ecc.!
I personaggi resteranno fedeli alla loro attitude e alla narrazione principale.
Ci metterò tutta la mia fantasia, leggere per credere!
(Skip direttamente al capitolo 11 se vi scocciano i lunghi flasback ❤️)
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non fu difficile: salii alla svelta uno ad uno i gradini luminosi che scomparivano al mio passaggio.
Saltai giù, appena sopra le colonne massicce e chiare che costituivano l'attico, ritrovandomi di fronte una gigantesca porta vetrata, priva di maniglie esterne.
«Ma dai, ti pareva!» ringhiai roteando gli occhi al cielo mentre Pelo, attraverso la porta del cane, si portava avanti a a farmi da palo.
Non avevo mai scassinato la serratura di una stronza vanitosa in piena notte con dei pirati a guardarmi le spalle per raggiungere un tesoro prima di quella sera.
Che ridicolo scherzo del cosmo...!
Più che una brillante soluzione a quel piccolo dilemma, la mia mente prese a divagare: probabilmente se fosse stato lì, Akki avrebbe aperto un varco nel muro senza rimuginarci troppo su.
Infatti: cosa avrebbe fatto Akki al mio posto?
Sorrisi al pensiero di lui intento a canzonarmi beffardo con cose tipo "sbrigati lentiggini, io avrei già fatto" o "non ho mica intenzione di invecchiare qui!"; il mio cuore iniziò a scalpitare pesante ed irregolare alla certezza che, nel percularmi, avrebbe preso a torturare una ciocca dei miei capelli, attorcigliandosela tra le dita ed accendendosi con un sorriso superbo dei suoi.

Oh si, avrebbe fatto qualche passo verso di me, concedendo pietà a quella piccolo torciglione morbido solo dopo averlo studiata a fondo col suo tatto.
Mi avrebbe carezzato la testa con dolcezza, lasciando scorrere la sua mano calda vicino al mio orecchio e sistemandomi i capelli con un gesto gentile.
E io non avrei avuto neanche il tempo, neanche il modo, di voltarmi o affondare le mie dita nei suoi capelli verdi come le foglie di una fitta foresta buia.
Mi sarei semplicemente persa nel suo odore, nel suo modo di fare.
Anche dopo un intenso allenamento, l'odore di Akki mi rammentava quello della pioggia che bagna la terra, del petricore. Sapeva di natura, di casa, di corse nel bosco a piedi nudi e libertà...Lui! Ed il mio olfatto, volente o nolente, non si sarebbe mai stancato di percepirlo, d'inebriarsi della sua essenza. Neppure quando avrebbe soffiato sul mio orecchio facendomi rabbrividire e desiderare più del suo respiro tiepido sulla pelle, più di quella mano persa tra i miei capelli, più di quelle boccate d'aria agguantate a fatica che la sua sola presenza portava via da me.
Poi facendo scivolare lentamente il suo braccio attorno alla mia vita, come fosse un orrido serpente gentile con la sua preda, mi avrebbe stretta a sé sussurrando qualcosa come:
«Per la miseria, piantala di startene lì impalata!»
«Ari, forza entra! Sbrigati!»

Cosa!?
Un topolino minuscolo catturò la mia attenzione dopo un paio di graffi sul collo, riportandomi nel mondo terreno: «Pelo?!»
La calda nuvola dei miei pensieri si dissolse.
Akki non era lì, non potevo vederlo, stringerlo, parlargli.
Mi picchiai le guance con due schiaffetti per riprendermi dalle fantasie per nulla caste che il mio cervello era andato avanti a elaborare in un istante.
Il cuore avrebbe rallentato pian piano, da sé.
Diamine se mi mancava.
Avrei dato qualsiasi cosa per riaverlo lì, per riavere i suoi occhi verdi incastrati nei miei.
«Non abbiamo tutta la notte! Muoviti!» fui richiamata ancora una volta da Shachi.
Merda, aveva ragione!
Dovevo fare in fretta ed evitare rumori...
«Pensa, pensa Ari! Pensa!» mormorai a me stessa.
Quindi? Cosa avrebbe fatto Akki?
Gettai fuori un respiro aggressivo per darmi la giusta carica.
Sistemai i miei occhiali sul dorso del naso, non ci vedevo con la luce figurarsi di notte con solo la luna alle spalle mentre facevo la ladra...Porca miseria!

Concentrai un quantitativo minimo di energia nella punta dell'indice, direzionandone il flusso azzurro contro la serratura.
Bastarono pochi istanti prima che quella saltasse via avvolta da una nuvoletta di fumo scura: via libera, era fatta!
Pensai di fare un cenno di riuscita ai ragazzi giù dal balcone, ma abbandonai l'idea pensando a quanto Law mi stesse col fiato sul collo, a quanto mi avrebbe sentenziata se mi fossi persa in cose così inutili. Era sicuramente il tipo!
Silenziosa come una gatta, varcai di soppiatto la vetrata guardandomi attorno e tenendo sempre all'erta tutti i sensi mentre con un gesto deciso l'evanescenza azzurra scivolava dalla mia mano per aggregarsi in una sfera levitante.
Non potevo certamente accendere le luci, giusto? Una piccola palletta luminosa dalle dimensioni di una pigna era il modo più semplice per una talpa come me di cavarsela contro centinaia di libri e la propria smisurata paura del buio.
Perché sì, avevo già preso a farmela sotto come al solito, nonostante avessi Pelo in spalla a darmi coraggio.
«Non possiamo fallire!» mormorai più a me stessa che a lui.
La libreria pareva essere immensa e gli scaffali in legno fissati al muro potevano contare più di sette ripiani in altezza. Ragionai per logica: solo un pazzo avrebbe mancato di dare un'organizzazione sensata a così tanti libri, pertanto "la favola del cavaliere e dell'orso buono" non doveva trovarsi fra i volumi di geografia o aritmetica, quantomeno fra i racconti per bambini o, straordinariamente, in quelli di storia.
Per mia grande fortuna trovai presto la sezione di mio interesse e dopo un'attenta (e silenziosa) ricerca lo notai e lo sfilai via dal suo ripiano: aveva una copertina rossa ed in carta rigida e lucida, come un vecchio manuale. I titoli erano scritti con un font banalissimo di colore blu perlato e non v'era alcuna illustrazione a rederlo particolarmente originale o bello, dava a pensare più ad un ricettario, onestamente.

Poco importava, l'avrei osservato meglio in seguito se proprio ne avevo voglia: dovevo andarmene e subito!
~TUUM~
Di colpo le due ante della porta si spalancarono -mai quanto i miei occhi in quell'istante - sbattendo contro le pareti e rivelando la bizzarra figura di una Tiffany in tenuta da notte.
Le sue braccia erano ancora tese ed i suoi palmi ben aperti contro il legno della porta.
Il mio cuore schizzò fuori dal petto e respirare divenne di colpo più difficile.
Cosa avrei dovuto fare?
Cosa avrei dovuto dire?
Cazzo, ero stata beccta...
Portai le mani avanti, iniziando una serie di giustifiche alle quali non avevo neanche pensato: «I...Io...»
Ma lei, dopo aver emesso uno strano suono gutturale simile ad un rigurgito, mosse un paio di passi ignorandomi come fossi invisibile.
Ma...un momento!
Tiffany la sonnambula, mi correggo!
Ripresi i dieci anni di vita che mi erano scappati: in realtà stava dormendo in piedi!
Mi fermai qualche secondoad osservarla: era ridicola con quei riccioletti scompigliati ed appiccicati sul viso gonfio per lo sbuffo da signorinella ronfante. Le sue labbra erano stropicciate in una smorfia aggressiva e sconnessa e ad accentuarne la bizzarria si aggiungeva un pigiama tutto d'un pezzo a pois rosa e fuxia, simile alle tutine da neonato.
«E poi sarei io quella strana e fuori moda?» bisbigliai portadomi il libro davanti alle labbra per coprire e zittire il mio risolino soddisfatto: se solo avessero potuto vederla tutti!
Ma non potevo gingillarmi oltre, dovevo fare in fretta.
La ignorai completamente allontanandomi verso il balcone, ma senza darle mai le spalle.
Richiusi dietro di me la vetrata e mi precipitai giù dagli altri, più contenta di quella mezza e stramba vendetta che dell'esito positivo della missione.
Si, se lo sarebbe certamente meritata d'essere sputtanata davanti a tutti, proprio come lei si era divertita a fare con me.
Strofinai i denti tra loro per quanto quell'idea mi stesse allettando. Ma, pur volendo, non avrei avuto né modo né tempo.
Non restava che accontentarmi del ricordo di lei che gruniva vestita da pupazzo.

Senza ulteriori distrazioni annullai la sfera luminosa e scattai fuori ricreado la scalinata magica.
Lasciai aperta la vetrata, sperando che il sonnambulismo e la forza di gravità provvedessero a sistemare quel walking-disaster al posto mio.
Per l'ansia di affrettarmi, non badai bene a dove balzar giù, perdendo l'equilibrio e sbilanciandomi in avanti a causa di una radice che sporgeva dal terreno.
Per evitare di cadere, in contemporanea con una sorta di squittio artigliai le unghie della mano destra nel tessuto, raddrizzandomi grazie al mezzo contraccolpo datomi dall'appiglio.
«Oh miseriaccia!» esclamai spaventata dall'improvviso scivolone.
Pelo, intuitivo, era invece saltato sulla spalla di Shachi.
Gli occhiali mi caddero goffamente -e per fortuna- sul naso, tirando in avanti alcuni capelli.
«Cazzo, Ari, tutto ok?» mi domandò Penguin in preda ad un infarto anche lui.
Risollevai la testa, voltandomi per fissarlo e cacciando via un respiro: «Mh, mh!» annuii.
Solo dopo aver realizzato che Pen era alla mia destra e Shachi con in spalla Pelo al suo fianco, compresi che la mano libera dalla presa del libro era posata (o meglio dire disperatamente aggrappata) alla felpa di Law.
No ma dai, non ricordavo di aver firmato per una vita di coincidenze!
Ma fu inevitabile.
Divenne inevitabile.
Puntai i miei occhi su di lui, trovandolo già a fissarmi con le sue iridi di ghiacio, oltremodo stizzito per lo strattone che gli avevo rifilato.
Lui era più alto di me di una spanna o tre, ed era freddo.
Maledettamente freddo. Il suo corpo lo era, quel suo modo di guardarmi lonera, il suo modo di porsi.
Rabbrividii, senza però interrompere il contatto visivo: le sue iridi chiare specchiavano la luna e le luci delle lanterne in lontananza.
Che sensazione era?
Sapeva di tempo fermo, di magnetismo maledetto, di vortice e non vedevo altro che quello.
«Ti stacchi o no, Ariadna-ya?» disse truce con la solita calma.
Non so perché, ma mi limitai ad annuire in maniera sconnessa da cane obbediente, mordedomi piano un labbro come fa chi pensa troppo.
Allentai la presa, cercando di deviare il discorso (che probabilmente esisteva solo nella mia mente!) e riportandolo al libro: «Forza ragazzi, filiamocela!»

~ Poco più tardi, sul Polar Tang ~

«Capitano, allora?!» sarà stata la decima o forse l'undicesima volta che qualcuno glielo chiedeva.
Non erano passati neanche dieci minuti da che eravamo tornati a bordo e l'aria si era permeata di uno strano senso d'impazienza e dipendenza dalle facoltà intellettuali di Law: ma i pirati Heart non avevano teste proprie?
Iniziai a stizzirmi io per lo stesso Law: «Ragazzi, fatela finita! Così non si concentra, insomma!» strillai picchiando una mano sul tavolo per richiamare l'attenzione.
Improvvisamente nella sal comune del sottomarino calò un drastico silenzio tra i pirati Heart, ed il capitano parve apprezzare quel piatto istante.
Ero stata abbastanza convincente?
Probabile.
Mi sporsi dalla sedia, afferrando l'estremitá del tavolo con le dita e forzado per tirarmi avanti;  allungai il collo e tirai su il naso da brava curiosona, non curandomi d'aver invaso lo spazio vitale di Law: «Beh, allora ci hai capito qualcosa?»
«ARI!» fu unanime l'intenzione di tutti di mandarmi affanculo, pure di Pelo.
Law probabilmente aveva sviluppato una certa tolleranza nei confronti dei rompiscatole, ma la tempia pulsante ed il suo respiro pesante davano l'idea che fosse sul punto di sbottare.
Non che poi avessi potuto affermarlo con certezza; che io ricordi è sempre stato così, così calmo e silenzioso, quasi fosse avvolto da una maschera invisibile che lo estraneava dal mondo circostante.
Chissà che tipo di persona era davvero Law.
Chissà quali erano i suoi interessi, i suoi pensieri o le sue reali intenzioni!
Perché, bisognava ammetterlo: per quanto i ragazzi mi davano l'idea di essere trasparenti ed onesti, il modo di porsi di Law mi mandava in totale confusione.
Decifrarlo, leggere tra le righe dei suoi occhi di ghiaccio, mi sembrava impossibile.
Che poi non erano neanche color ghiaccio: di che colore erano?
Né azzurri, né grigi... Avrei voluto fissarli da più vicino, osservarne la trama e rubargli tutti i segreti, capire com'è che funzionava.
Misterioso, criptico, enigmatico: Law era un magnete fuori dalla mia portata.

«Basta!» esordì nella confusione spostando la sedia mentre si alzava «Mi avete stufato, ho bisogno di un caffè.» disse per poi allontanarsi. Un gesto, il suo, che mi riportò coi piedi per terra.
Nessuno parve essere particolarmente mortificato, quanto più un tantinello intimorito. Tuttavia, la superarono in men che non si dica, prendendo a teorizzare sul tesoro:
«Io scommetto su una montagna d'oro!»
«Si, secondo me è un vascello pieno di pietre preziose!» disse un altro.
Poi partì Shachi: «Beh, io spero sempre in un mucchio di belle ragazze ricoperte d'oro!»
Improvvisamente tutte le loro voci cominciarono ad essere più distanti arrivando alle mie orecchie ovattate; la mia mente stava già divagando in pensieri privi della leggerezza che avevano quelli dei pirati.
Che piega aveva preso tutta quella faccenda? In cosa diavolo ero andata a cacciarmi?
Desideravo avere il loro stesso entusiasmo.
Mi accasciai con la fronte sul tavolo, con le braccia penzoloni, e senza far rumore tentai di riappropriarmi dell'aria persa in quei secondi.
Pelo, percependo la mia ansia, si accoccolò al lato della mia testa.
"Segui il flusso" dissi a me stessa.
Qualsiasi cosa fosse, lo era per un motivo: ogni cosa ha una sua ragion d'essere.
Fui colta da un irrefrenabile desiderio di chiudere gli occhi ed addormentarmi lì sul posto, ma di riflesso voltai semplicemente il capo a sinistra agganciando la figura del capitano.

Law era piuttosto alto, wow, magro. Ma dormiva? Stava sul serio bene?
I miei occhi non reggevano più, i bordi della sua silhouette iniziarono a sparire in blur e fondersi con la luce circostante.
Non s'accorse di me.
Nonostante tutto, però, l'immagine del suo profilo, il suo modo di sorseggiare dalla tazza, le sue dita tatuate avvolte attorno ad essa... Rimasero impresse come una foto nella mia mente.
Ma perché p-
«CAPTAIN, CAPTAIN!» urlò Bepo.
Spaventata fino al midollo, mi drizzai su scattando come uno stupido che cade giù dal letto.
«CAPTAIN, HO CAPITO!»
Fu istantaneo e l'attenzione di tutti fu rapita dall'orso polare.
«Bepo, non dirmi che è un'altra delle tue sciocchezze!» concluse presto Clione.
Penguin lo seguì a ruota: «Se pensi che il tesoro sia un mucchio di pesce puzzolente... Ti prego risparmiaci i dettagli...»
Ma quanta stima del proprio compagno...! (Infatti s'avvilì come un nonnulla!)
A me Bepo dava l'idea di uno tanto in gamba quanto sbadato, ma del resto ognuno ha i suoi difetti... Semplicemente, lo sapevo, lui era più sensibile degli altri.
E poi era immensamente carino.
Troppo.
Caspita, quanto avrei voluto affondare le mie dita nel suo pelo, ci avrei scommesso qualsiasi cosa che era super morbido e paradisiaco al tatto!
«Piantatela, lasciatelo parlare.» intervenne, gelido, Law riavvicinandosi al gruppo. Percepii una nota d'interesse dal suo sguardo verso il visone: aveva fiducia in lui.
Bepo, vai a capire perché, corse via tornado una manciata di secondi dopo con tra le man-zampe una scatola di fiammiferi.
«E che hai intenzione di farci con quelli?» domandò il tipo con le trecce.
«Non dirmi che vuoi dar fuoco al libro! AHAHAHAH» rise un altro a pochi posti da me.
Il moro, che intanto si era rimesso a sedere, di nuovo, in maniera sciatta, disse: «È a tutti gli effetti una semplice storia di un cavaliere che salvò un antico villaggio aiutato da un orso buono. Non sembrano esserci indizi espliciti se non un passo in cui si dice che il tesoro si trova laddove sono tutti i tesori dell'isola, nascosto sotto al naso dei traditori.» poi si voltò verso di me «Ti dice nulla?»
Inspirai e mi ricomposi: «Laddove sono tutti i tesori dell'isola... Non so, che parli delle miniere della Grande Montagna?» considerai con gli occhi al cielo prendedo a torturarmi una ciocca di capelli «Ma non ho la più pallida idea di cosa voglia dire la parte sui traditori!» arricciai il naso ed un piccolo grave odore di bruciato mi pervase le narici.

Bepo aveva estratto un fiammifero dallo scatolo senza che lo notassi, accendedolo con una rapida strisciata sul lato della confezione e dando alle fiamme una pagina illustrata del libro.
Inutile dire che, tranne Law, ci trovammo tutti quanti con gli occhi sbarrati dall'incredulitá del gesto:
«AHH!!!»
«NON CI VOGLIO CREDERE!»
«OH PER ROGER, L'HA FATTO DAVVERO!»
«Ma ti è dato di volta al cervello?!»
Insomma, il baccano di prima non aveva fatto altro che degenerare, creando un'aria pervasa da fumello nero e sconcerto.
«Osservate.» fece, semplicemente, notare Law.
Il suo tono fermo e la sua sicurezza, placarono gli animi dei presenti nella sala, portando a focalizzarci sulla pagina tra le zampe dell'orso.
Straordinariamente a bruciare fu una sorta di strato posto a rivestimento dell'illustrazione.
«Questa non è un carta da libro, è un tipo di cellulosa speciale che i cartografi usano per nascondere le informazioni essenziali sui propri lavori. Però è molto costosa e piuttosto rara, è difficile trovarne in giro.»
Affascinati dalle piccole scintille che si disperdevano sopraffatte dalla gravità, realizzammo che effettivamente la pagina illustrata altro non era che un semplice stratagemma atto a celare quella che era palesemente una mappa del tesoro.
Prima che potessi studiarla con lo sguardo per poterci capire qualcosa i ragazzi aggredirono Bepo: «E NON POTEVI DIRLO PRIMA ANZICHÉ FARCI SCERVELLARE FINO AD ORA!?» fecero  furenti in coro.
Affranto, ricorse al suo "motto" di depressa sottomissione chinando il capo: «Perdonatemi, mi dispiace!»
Non sapevo se ridere o dispiacermene, ma convenni che era meglio restar perplesse come lo era Pelo da tutto quel bizzarro teatro.

Law, come un gatto, si avvicinò al mink e prese tra le mani la mappa.
La studiò attentamente come se fosse lì in mezzo ad orientarsi nello spazio reale.
«Avevi ragione, Ariadna-ya.» mi disse rivolgedomi uno sguardo con la coda dell'occhio.
«Mh? Perché, cosa dice?»
Ma perché aveva quella strana abitudine di aggiungere il suffisso -ya a qualunque nome?!
«Il punto indicato corrisponde alle miniere.»
Però, suonava bene e non mi dispiaceva.
Ariadna-ya.

 

~

Angolo desperados

Hola guyz!
Ed eccomi qui, dopo più di un mese d'assenza.
Vorrei scusarmi con tutti gli affezionati alla storia, che non mancano mai di leggere, commentare e votare.
Inizio col dire che, quando tutto andava bene, ho dato vita ad una FF su My Hero Academia, dal titolo Fantasma (magari andate a leggervela!!!) quindi ho spostato la mia attenzione sui suoi primi capitoli per dare uno sprint iniziale.
Tuttavia dopo mi sono ammalata, ho dovuto lavorare anche domenica, ho conosciuto una certa persona e sono stata assorbita interamente da un deprimente ed importante ricovero avvenuto in famiglia.
Per cui non me ne vogliate, ma tra sad e notti insonni il mio unico desiderio era quello di non esistere e recuperare salute!
Ma vi chiedo comunque scusa se questo capitolo è un po' più breve del solito e relativamente poco consistente, ma ci tenevo a farlo uscire perché ho intenzione di portare avanti la storia obvs.
E nulla...! Io vi ringrazio per il sostegno e le letture in continuo aumento, mi fa super piacere ❤️🙏🏻

Spero di pubblicare il prossimo capitolo quanto prima, e di non perire ai prossimi aggiornamenti del manga perché sto letteralmente sudando freddo dopo i recenti avvenimenti... Lol
Ci aggiorniamo presto, un abbraccino ✨

  
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