Aria vuota.
Ho chiesto al vento che mi annientasse con una sola folata, viluppo immediato ed asfissiante – ingoia il fuoco che divampa! Gliel’ho chiesto, mentre avvertivo il terreno sotto ai miei piedi disfarsi come sabbia di deserto e le ceneri di un mondo antico accarezzarmi in turbini la pelle.
Mi ha esaudito: l’aria violenta ha dischiuso le labbra in un muto grido e mi ha annullato, dentro, scendendo così in profondità da avvolgermi il cuore in un pugno di gelido inverno. E c’era freddo, e solitudine, e credevo di stare per morire – per mia stessa mano.
Poi ho aperto gli occhi, Efestione. Solo che tu non c’eri.
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Alle perdite, che rendono forti e deboli al tempo stesso. Un grazie ai miei amici, gli amici di sempre, che mi hanno accompagnata.
Fino a quando è durato, è stato bello.