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Autore: Krgul00    27/12/2022    0 recensioni
Quando Astra, un pastore tedesco di cinque anni, entra a far parte della sua vita, Maddie Foster non aveva pensato che questo avrebbe potuto portarla ad incontrare un uomo bellissimo e misterioso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO SEI
 
Alle sette meno venti, una Triumph nera si accostò davanti casa di Maddie Foster. Quindi, Max spense il motore e subito il canto allegro degli uccelli tornò ad essere il suono prevalente tra gli alti sempreverdi che abbellivano il lungo viale da cui era venuto. Tuttavia, se qualcuno avesse chiesto all’uomo quale fosse l’unico suono che gli rimbombava nelle orecchie nel preciso momento in cui mise il piede sull’asfalto, non avrebbe certo risposto “il cinguettio degli uccellini”. No, sicuramente no.
Era uscito dal suo appartamento in affitto a Twin Lake City in tutta tranquillità, e la calma che da sempre lo contraddistingueva lo aveva accompagnato fino a metà strada quando, lentamente, aveva iniziato ad abbandonarlo.
Ora, il cuore pareva martellargli nelle orecchie e si sentiva stranamente teso. Guardò incerto la porta d’ingresso della piccola villetta a schiera di Maddie, indeciso se aspettare vicino la sua moto gli ultimi venti minuti, per poi suonare alle sette in punto, oppure percorrere il vialetto e bussare alla porta.
Fece un respiro profondo, nella speranza di rilassarsi un poco, e si asciugò i palmi leggermente umidi sui jeans che aveva indosso.
Quando mai era stato così nervoso all’idea di uscire con una donna?
Mai.
In effetti, Max non era mai stato chissà quale Dongiovanni. Di certo non gli era mai piaciuto filtrare, considerando che era un tipo piuttosto taciturno e riservato; eppure, le donne non gli erano mai mancate. Quello certamente no.
Non che poi ne avesse effettivamente avute chissà quante, però non aveva mai dovuto esporsi in nessun modo: erano sempre state loro ad essere quelle propositive.
Anche ai tempi del liceo era stato così: un giorno aveva prestato una matita alla sua compagna di banco e il giorno dopo erano fidanzati.
In tutta franchezza, non ricordava nemmeno come fosse successo.
Non era durata molto, in ogni caso. Ben presto Cindy – così si chiamava la sua prima e unica ex ragazza – si era stufata del suo tiepido coinvolgimento e lo aveva mollato. Max ci aveva messo un minuto per farsene una ragione.
Pertanto, non aveva mai invitato esplicitamente una donna ad uscire. E, di certo, non era mai stato così nervoso a causa di una ragazza.
In realtà, non era mai stato così nervoso e basta. Persino al di là del mirino di un fucile non aveva mai versato una goccia di sudore.
Si sistemò lentamente i polsini della camicia che spuntavano leggermente dalla giacca blu primaverile che la commessa del negozio dove era entrato quella mattina stessa gli aveva assicurato esser fatta apposta per lui.  
Esatto, aveva comprato una giacca. E anche la camicia, dannazione. Tutta quella pena per un paio di deliziosi occhi color caramello, incorniciati da folte ciglia che parevano danzare come ali di farfalla quando sbatteva le palpebre, e un sorriso disarmante.
Dios mìo, quel sorriso!
Le cose che non avrebbe fatto per quel sorriso…
E proprio sull’onda di quel pensiero, la porta d’ingresso di casa Foster si aprì e Maddie ne uscì trafelata. Gli diede le spalle, trafficando con la borsetta per poter chiudere la porta, e Max si prese tutto il tempo per guardarla.
Aveva indossato un vestito celeste chiaro a maniche lunghe che le arrivava appena sopra il ginocchio. Dei piccoli ricami colorati, che da quella distanza Max non riuscì a distinguere – dei fiori, forse? – adornavano la stoffa.
Fece scivolare lo sguardo sul profilo della guancia destra di Maddie, lungo le spalle e i riccioli castani che le ricadevano in una cascata lungo la schiena. Scese ancora verso il basso, apprezzando le curve dei suoi fianchi morbidi e del sedere; continuò lungo le gambe scoperte, così candide e invitanti, fino a soffermarsi sulle scarpe: tacchi a spillo bianchi lucidi.
Sembravano nuove, perché nemmeno un graffio ne deturpava in alcun modo la pelle. Non poté trattenere le sue labbra dal curvarsi in un sorriso soddisfatto: le importava.
Gli aveva dato molti segnali che suggerivano che anche a lei importasse ma, in ogni caso, non poteva non essere più che felice di constatare quell’ulteriore segnale dell’interesse della donna.
Si voltò verso di lui e i loro occhi si incontrarono. I denti bianchi di Maddie, che un attimo prima stavano tormentando il suo labbro inferiore, apparirono in un fugace sorriso incerto e – nonostante i diversi metri che li separavano – Max vide le sue guance prender colore.
Avanzò verso di lui con una sicurezza che, era chiaro, aveva racimolato con grande sforzo; il fruscio dell’orlo della gonna che svolazzava e risaliva di pochi centimetri ad ogni suo passo – a proposito, erano decisamente dei piccoli fiorellini quelli ricamati sulla stoffa – e il ticchettio leggero dei suoi tacchi sul vialetto lastricato erano gli unici suoni che, a quel punto, parevano esistere nell’universo di lui.
Per la seconda volta, i suoi occhi si fecero strada sul corpo di lei, come con l’intento di assaggiare ed assaporare ogni più piccola curva del suo corpo.
Maddie si fermò di fronte a lui e, di nuovo, gli sorrise timidamente, guardandolo dal basso verso l’alto. “Ciao.”
E come un fulmine che cade dal cielo illumina il buio della notte in un lampo improvviso, quell’unica parola innocente – che dicerto aveva sentito pronunciare milioni e milioni di volte – parve folgorarlo con una improvvisa ed incrollabile certezza: era lei.
Ricordava ancora la volta che, a quindici anni, aveva davvero compreso come fosse morta sua madre. La sua abuela gli aveva sempre detto “Tua madre ha perso la battaglia contro la malattia”, ma non aveva mai davvero capito fino in fondo cosa volesse dire. Invece, un giorno a scuola, un suo compagno di classe aveva deciso di chiarirgli le idee definitivamente e nel modo peggiore. Era tornato a casa in lacrime e nonostante tentasse di confortarlo, sua nonna non aveva potuto negare la dura realtà: sua madre si era tolta la vita.
Era rimasto tre giorni nel mutismo più assoluto. Non tanto per il dolore di quella scoperta, ma per la rabbia che presto ne aveva preso il posto: li aveva abbandonati.
Sua madre aveva scelto di abbandonarlo, e tutto per colpa di suo padre.
“Innamorarsi fa schifo.” Era sbottato finalmente a cena con la sua abuela. “Non mi innamorerò mai. Non farò la fine di mia madre.” Aveva brontolato ancora, guardando ostinato il suo piatto di spaghetti con polpette.
Il silenzio era calato tra loro e solo al suono della forchetta della donna più anziana che veniva posata sul piatto aveva avuto il coraggio di alzare lo sguardo.
“Anche tuo nonno pensava una cosa simile, sai. Ma un giorno mi disse che, al nostro secondo appuntamento, aveva capito di aver perso quella sfida contro sé stesso. Mi ha amata per sessantacinque anni. Gli piaceva ripetere che sposarmi è stata la decisione migliore che avesse mai preso.” A quel punto la donna si era allungata oltre il piccolo tavolo da pranzo per carezzargli amorevolmente una guancia: “Vedrai che ci ripenserai, devi solo incontrare la persona giusta.”
Ed eccola lì, davanti a lui con un sorriso incerto e un tenero nervosismo negli occhi.
“Ciao, mamita.” E non fu possibile per lui nascondere tutta l’emozione di quella improvvisa comprensione – così deliziosa e inconsapevolmente desiderata – in quelle poche parole. In quel suo saluto vi era tutta la sorpresa del riconoscimento. Sicuramente la morte di sua nonna e poi di Daniel lo avevano fatto sentire più solo che mai, e proprio per quel motivo voleva riavere Astra nella sua vita: il pastore tedesco era tutto ciò che rimaneva della sua famiglia; in ogni caso, non si era mai illuso di poter mitigare quel vuoto con qualcun altro. E non aveva mai nemmeno avuto intenzione di provarci.
Ma non aveva mai sentito il desiderio d’esser guardato come lo guardava Maddie Foster: con quegli occhi color del caramello che parevano riuscire a vedere solo il meglio di lui.
Non si era mai reso conto di voler esser guardato in quel modo, come se la sua anima non fosse poi così nera. Come se le sue mani non fossero mai state macchiate di sangue.
Sotto quello sguardo poteva finalmente tornare a sentire il calore del sole dopo un lunghissimo inverno. Un inverno che non si era mai accorto fosse arrivato, fino a quel momento.
Seppe che mai nessuno avrebbe potuto avere quell’effetto su di lui.
Solo Maddie.
La sua dolce Maddie.
Non si rese nemmeno conto di aver allungato una mano, finché le sue dita non sfiorarono la calda e morbida pelle del viso di lei. “Ciao.” Ripeté ancora e, stavolta, una beata serenità sostituì lo stupore e la meraviglia che prima avevano venato il suo tono.
L’aria tra loro sfrigolò di una nuova tensione.
Catturato dai suoi occhi, Max si avvicinò a lei, come una falena attratta dalla luce. Le labbra di Maddie si schiusero e i suoi seni, fasciati dalla stoffa colorata del vestito primaverile, sfiorarono il petto di Max al ritmo del suo respiro improvvisamente ansante.
La donna alzò la testa, offrendogli le labbra, e chiuse gli occhi, per assaporare il bacio che sperava le avrebbe dato; e nonostante Max morisse dalla voglia di assaggiare quella bocca, si trattenne.
Non avrebbe fatto nessun passo falso con quella donna.
L’avrebbe portata a cena e solo dopo averla riaccompagnata a casa avrebbe chiuso la serata con un bacio spettacolare sotto il portico. Proprio come accadeva nei film d’amore o nelle soap opera che la sua abuela lo costringeva a vedere da ragazzo.
Con uno sforzo notevole, fece un deciso passo indietro, lasciandola andare.
Vide l’imbarazzo di Maddie dipingersi sulle sue guance quando, in un frullio di ciglia, sbatte le palpebre e riaprì gli occhi. Quel rossore e il modo nervoso con cui lei distolse lo sguardo, gli provocarono una stretta al cuore. Perciò le prese una mano – gesto che gli valse un timido sorriso, quasi speranzoso – e le fece strada verso la fine del vialetto, dove la sua Triumph ancora attendeva.
“Ho prenotato in un posto a qualche chilometro da qui.”
E quando si fermarono davanti alla moto, ancora tenendole una mano per aiutarla, Max le fece cenno di salire in sella.
“Oh.” La sorpresa si dipinse sul volto di Maddie nel guardare la moto cromata difronte a lei. “Andiamo con questa?”
Solo difronte all’incredulità della donna, a Max sovvenne all’improvviso che con l’abito che indossava, i cappelli appena fatti e i tacchi a spillo che aveva ai piedi, un giro in moto non era proprio l’ideale.
Mierda. Aveva già toppato. Si guardò intorno, come in cerca di un’idea, e i suoi occhi si posarono sull’auto di Maddie. “Possiamo prendere la tua macchina se vuoi e…”
“Non sono mai salita su una moto.” Riconobbe una certa eccitazione nella sua voce. “Mio padre ne ha sempre avuto paura ed io non ne ho mai avuto l’occasione.”
“Ti ho portato un casco…” Buttò lì lui. Gli sembrava un buon momento per condividere quell’informazione, ed infatti Maddie gli regalò un sorriso enorme in cambio.
“È fantastico! Grazie mille!” Esultò lei, e Max non poté fare a meno di ammirarla illuminarsi come una bambina a Natale mentre prendeva con meraviglia il casco che le porgeva e se lo infilava in testa con impazienza.
Dopo che l’ebbe aiutata ad allacciare la piccola cinghia sotto il mento, Maddie fece un passo indietro, per consentirgli di guardarla meglio. “Come mi sta? Sembro una vera centaura?” Domandò con divertimento.
Con le guance leggermente arrossate dall’entusiasmo, incorniciate dal casco un po’ troppo grande per lei e il corpo minuto fasciato da quell’innocente vestitino a fiori, Maddie non aveva assolutamente nulla del centauro.
Tuttavia, Max non avrebbe dicerto smorzato la sua deliziosa esaltazione: “Certamente. Estàs preciosa.”
Montò in sella per primo, seguito subito dopo da lei, che lo abbracciò da dietro con fare esitante. Il suo entusiasmo non sembrava aver completamente mitigato la sua timidezza, ma quando, arrivato sulla statale, Max accelerò, le braccia di lei lo strinsero con decisione e lui poté godersi la sensazione del suo corpo schiacciato al suo. I suoi seni premuti contro la sua schiena e le sue cosce che avvolgevano le sue.
Quel viaggio gli parve durare fin troppo poco e quando finalmente parcheggiò davanti l’entrata del ristorante e Maddie si staccò da lui, lo assalì uno strano senso di perdita.
“Il Trout on the Lake.” Sospirò Maddie in quello che a Max parve un mormorio di estasiata sorpresa.
Non sarebbe stato affatto strano esser sorpresi, dopotutto. Il Trout on the Lake era il ristorante più in della contea. Annidato su una sporgenza sul lago, vantava una vista a dir poco mozzafiato, soprattutto al tramonto, quando il sole infuocato d’arancio calava tra le montagne e colorava l’acqua di splendidi riflessi rossastri.
Inoltre, era noto – oltre per essere incredibilmente costoso - per avere come ingrediente fondamentale di ogni suo piatto la trota di lago. Era stato piuttosto difficile riuscire a prenotare, considerando che la lista d’attesa era di svariati mesi. Max aveva dovuto tirar fuori tutte le sue doti persuasive per riuscire nell’impresa, ma ne valeva la pana anche solo per vedere Maddie così sbalordita.
Dopo tutte le lodi che la ragazza aveva rivolto alla trota al forno di Annabelle – davvero notevole, doveva ammetterlo – durante la cena a casa di Charlie, aveva pensato che quel posto fosse perfetto per un primo appuntamento.
“Ti piace?” Chiese lui, la soddisfazione che già gli riempiva il cuore.
Il povero Max non poteva sapere che per Maddie la trota era il pesce più disgustoso che le sue papille gustative avessero mai assaporato e che, difronte ad Annabelle King, Maddie si trasformava nella più entusiastica amante dell’odiato pesce. Questo perché quando una sera Annabelle l’aveva invitata a cena da lei e Maddie si era ritrovata a dover consolare la donna in lacrime, non aveva avuto il cuore di confessare il suo disgusto per la trota al forno con le patate che, si dà il caso, quella volta aveva cucinato per loro.
E così la volta dopo. E quella dopo ancora. Finché era diventato impossibile per lei ritrattare.
Ora, nonostante Maddie si tenesse ben alla larga dal Trout on the Lake, sapeva perfettamente che era impossibile – a meno di non versare una somma davvero cospicua – riuscire a prenotare in quel posto con solo un giorno di anticipo; pertanto, anche in quel caso, non avrebbe mai confessato la verità.
“N-non so davvero cosa dire.” Ed in effetti, era senza parole.
Solo quando sentì la tensione abbandonare le sue spalle, Max si rese conto di quanto fosse stato nervoso per la reazione di lei alla scelta del ristorante. E il suo desiderio di sbalordirla lo rese cieco di fronte al sorriso forzato che la donna gli rivolse.
“Vieni, siamo giusto in tempo per il tramonto.” E prendendole la mano, fece strada verso l’ingresso. Il cameriere che li accolse li accompagnò ad uno dei tavoli migliori, proprio vicino al parapetto in vetro che li separava dallo strapiombo sull’acqua.
Il lago pareva essere incastonato tra le alte pareti bianche di roccia, come un prezioso zaffiro in un ciondolo d’oro bianco. I colori turchesi dell’acqua limpida e incontaminata si mescolavano a quelli rosso intenso del tramonto, in un gioco di riflessi quasi ipnotico. In alcuni punti si aveva persino l’impressione di riuscire a vedere il fondo o addirittura qualche pesce che nuotava inconsapevole. E poi c’era il sole: una palla di fuoco incandescente, che rischiarava il cielo nei colori dell’arancio e del viola.
“È davvero mozzafiato.” Commentò Maddie in un sospiro stregato, appoggiata alla balaustra. Come Max, era rapita da quello spettacolo naturale.
L’uomo si voltò verso di lei, osservando la luce del crepuscolo che le illuminava gli occhi e il viso, illuminandole i capelli di venature rossastre. Il sorriso dolce con cui si godeva il calore degli ultimi raggi di un sole morente, pareva quello di chi vede un tramonto per la prima volta e che è grato di quell’esperienza per alcuni tanto scontata.
Maddie dovette percepire il suo sguardo su di sé, perché si girò a guardarlo, incontrando i suoi occhi scuri. “Grazie Max, è davvero bellissimo.” Il sorriso che gli rivolse stavolta le illuminò tutto il volto.
“Grazie a te per essere venuta, Mamita.”
Ordinarono del vino bianco e lo sorseggiarono lì, in piedi vicino al parapetto, continuando ad ammirare il tramonto. “Sai, quando eravamo dei ragazzini venivamo da queste parti.” Maddie gli indicò un punto dall’altra parte del lago, leggermente spostato sulla sinistra, dove la parete di roccia era più vicina all’acqua. “Laggiù c’è una sorta di sporgenza da cui ci si può tuffare. È un bel salto, credo siano dieci metri circa. Quando avevamo quattordici o quindici anni ci venivamo con Charlie e altri compagni di classe. Credo che sia venuto anche Luke una volta…” Gli si avvicinò ed abbassò la voce quando confessò: “Non ho mai avuto il coraggio di tuffarmi. Ho sempre usato le scalette di risalita per scendere in acqua.”
E quando le sue guance si tinsero di rosso, Max non resistette e le avvolse un braccio intorno alla vita. Il vino doveva aver dissipato completamente il nervosismo della donna, perché invece di irrigidirsi a quel contatto, si rilassò contro di lui, appoggiando la testa sul suo petto. “Mi chiedo se non sto vivendo anche la mia vita in questo modo. Guardo gli altri tuffarsi, senza mai prendere coraggio e buttarmi a mia volta.”
Max ripensò alla sua eccitazione per il solo fatto di salire in sella alla sua moto. Ripensò anche a come l’avesse baciato, qualche giorno prima, dopo la cena a casa di Charlie Royce. Quella era una donna che aveva preso coraggio e si era lanciata. “Credo che dovresti riprovarci.”
“Tu dici?”
Absolutamente sì. Possiamo farlo insieme, se vuoi.” E dal sorriso che lei gli rivolse, pareva Maddie non vedesse l’ora.
Quel primo appuntamento poteva dirsi per Max un gran successo. O almeno, fu un gran successo per la prima ora o giù di lì. Il tramonto era sicuramente stata un gran mossa, l’istruzione a forza di film romantici che la sua abuela gli aveva impartito era valsa a qualcosa, in fin dei conti. Maddie aveva apprezzato la trota anche più di quella di Annabelle e Max si sentiva così tanto a suo agio che aveva contribuito alla conversazione anche più del solito.
Tuttavia, un’ombra calò sul loro tavolo non appena ebbero ordinato il dessert. Un’ombra che apparteneva ad Elijah Seraphim anche conosciuto come Dumbo, per le sue impressionanti orecchie a sventola.
“Josè! Amico mio, come stai?” Esordì l’uomo, senza preoccuparsi di interrompere la loro conversazione. Nel vedere l’uomo che gestiva il traffico della droga per conto di Cole Rodriguez interrompere l’appuntamento con quella che era convinto essere la donna della sua vita, il volto di Max cambiò in un secondo: il sorriso che prima curvava gli angoli della sua bocca sparì, il calore dei suoi occhi scuri scomparve e la calma placida che aveva sempre sentito appartenergli ogni volta che aveva avuto a che fare con Dumbo, tardò ad arrivare.
Il cuore gli batteva così forte nel petto che avrebbe potuto pensare potesse incrinargli una costola. L’adrenalina gli riempì le vene insieme alla paura.
In ogni caso, il suo tono, l’espressione del suo viso e il suo linguaggio del corpo non tradirono affatto il minimo turbamento. “Elijah, è un piacere rivederti.”
“Ti ho detto un mucchio di volte di chiamarmi Dumbo, fratello.” Disse l’altro con un ghigno divertito. “Ero lì al bar ad aspettare di cenare quando ti ho visto ed ho pensato: dimmi tu se quello lì non è José che si è deciso ad uscire dalla sua caverna. Sono giorni che ti chiamo, amico mio, che fino hai fatto?” E poi, con sommo orrore di Max, gli occhi di Elijah Seraphim scivolarono su Maddie. La sua dolce Maddie. “Ma adesso mi è tutto chiaro… Chi è questo delizioso coniglietto?”
E Maddie, ignara di chi avesse difronte, iniziò ad allungare la mano per presentarsi. “Tanto piacere, sono Ma-”
Max disse addio al suo autocontrollo e si alzò in piedi di scatto. “Non è nessuno.” Sancì, gelido e lapidario. Non badò nemmeno al sussulto con cui la donna accolse le sue parole. Elijah Seraphim non doveva nemmeno sapere dell’esistenza di Maddie Foster. Per lui quella donna non doveva esistere.
Tuttavia, quella sua reazione aveva già detto troppo; infatti, l’altro alzò un sopracciglio e sorrise in modo beffardo: “Non direi proprio che sia nessuno.”
Max non rispose, invece afferrò il braccio dell’altro uomo e lo incoraggiò in direzione del bar. “Ho sete, ti offro un drink.”
 
Maddie, ancora seduta al tavolo, guardò Max allontanarsi con il suo amico; anche se, rifletté, non poteva essere chissà quale grande amico visto che continuava a chiamarlo con il nome sbagliato. Ma quello, in fin dei conti, era l’ultimo dei suoi pensieri.
Le parole di Max ancora le rimbombavano per la testa, come una eco crudele che la sbeffeggiava e derideva: non è nessuno.
Anche per Cristopher non era stata nessuno e ciò l’aveva quasi distrutta. Max era diverso, certo. Non aveva mai provato le sensazioni che lui riusciva a suscitarle con un solo sguardo, prima di allora. Era innegabile che ci fosse della chimica tra loro. Maddie poteva sentirla sfrigolare ogni volta che la sua pelle toccava la propria.
Tuttavia, aveva considerato l’eventualità che Max non provava lo stesso interesse per lei – eventualità molto più realistica rispetto le alternative.
Certo, magari anche lui si era accorto della chimica tra loro; pertanto, poteva volerla esplorare una sola volta, per togliersi la curiosità, e basta.
Rimaneva una sola domanda: lei era disposta a consentirglielo? No, certo che no.
Non avrebbe corso il rischio di rimanerne bruciata ancor peggio della volta precedente. Non aveva il coraggio, come non aveva mai avuto il coraggio di tuffarsi nel lago da dieci metri d’altezza.
L’arrivo del cameriere con il dessert la sviò da quelle considerazioni e Maddie si sforzò di sorridere e ringraziare.
Fissò il suo sguardo nel piatto in cui giaceva l’unica pietanza di quella sera a non essere a base di trota. Il suo stomaco avrebbe dovuto esultare davanti al tortino al cioccolato; tuttavia, nonostante avesse sempre spazio per il dolce, Maddie sentì il suo stomaco contrarsi in una morsa di rifiuto.
Voleva solo tornare a casa, mettere il pigiama ed intrufolarsi sotto le coperte insieme ad Astra. Magari avrebbe anche pianto.
Anzi, sicuramente avrebbe pianto.
Fino a qualche minuto prima avrebbe detto di star vivendo il miglior appuntamento che aveva mai avuto, nonostante la scelta completamente sbagliata del ristorante.
Seppure all’apparenza Max sembrasse un uomo duro, poco avvezzo al sorriso e forse a tratti anche intimidatorio, Maddie lo trovava sorprendentemente dolce.
Aveva sempre adorato il modo in cui la guardavano quei suoi occhi scuri.
Non è nessuno.
Dove aveva sbagliato? Era mai possibile che non fosse mai abbastanza?
Alzò lo sguardo e vide Elijah presentare a Max una splendida bionda che gli sorrideva in modo piuttosto esplicito. Osservò le loro mani stringersi in una stretta formale e poi le dita lunghe e curate di lei risalire lungo il braccio di lui, in una carezza sensuale.
Maddie distolse subito lo sguardo.
Lei sembrava essere decisamente qualcuno.
Non trovò nemmeno la forza di arrabbiarsi. Semplicemente non capiva: perché invitarla ad uscire, allora?
Ma una cosa era chiara, doveva tenersi il più possibile sulla terra ferma. Non poteva permettersi di tuffarsi in acqua e rischiare che le alghe del lago la risucchiassero a fondo.
Con Cristopher era quasi affogata, non avrebbe corso lo stesso rischio di nuovo. Anche perché la parte più recondita di lei sapeva che, a differenza della volta prima, con Max correva il serio pericolo di conoscere gli abissi più profondi del lago. E forse non sarebbe nemmeno riuscita a riemergere.
   
 
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