Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Prettybene9816    05/03/2023    0 recensioni
Bella è una ragazza semplice, timida e solare che si trasferirà a Los Angeles per fare il college e seguire il suo sogno di fare la geologa.
La ospiterà il fratello Idris che ha trascorso gran parte della sua vita in California portando avanti la sua passione per il tennis fino a diventare un professionista famoso e nel frattempo convive insieme alla fidanzata, una delle modelle più pagate al mondo, la bellissima Monique Duval.
Bella è molto insicura, sente di non appartenere a quel mondo, cerca risposte oltre l'orizzonte, come a dover trovare una connessione con i suoi genitori biologici morti. Idris, che non è stato molto presente nella sua vita, inizierà a conoscerla meglio, a cercare di curare le sue ferite avvicinandosi sempre di più a Bella che troverà un supporto fondamentale in lui e riuscirà a trovare quella connessione che tanto bramava proprio nel fratello che la comprenderà a pieno e la farà sentirà così speciale.
Il sentimento crescerà sempre di più fino a diventare qualcosa di più di una semplice stima, il suo mondo ruoterà attorno a Idris, ma chi è in realtà Idris? Cosa sappiamo delle origini del fratello? Se tutte le risposte che Bella stesse cercando in realtà
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Un giorno, tre autunni". Un proverbio cinese usato quando ti manca qualcuno così tanto, che un giorno pesa come fossero tre anni. GIORGIO A 16 ANNI: "Gigio?" mi chiama in lontananza Ines. "Sono qui!" grido correndo verso la sua voce, ha fatto in fretta. Sento i suoi passi velocizzare e ci veniamo incontro nel nostro posto segreto. Le nostre case sono uno di fianco all'altra e le nostre famiglie hanno diversi etti di terreno in comune dietro, dove io e Ines ci divertiamo a giocare tra ulivi e tantissimi altri alberi di agrumi. "Perché mi hai chiamata a quest'ora?" mi chiede Ines appoggiandosi contro il nostro ulivo. Lo abbiamo piantato insieme anni fa e sta crescendo sempre più forte, come il nostro legame. Butto per terra il borsone e chinandomi su questo lo apro di fronte a lei "Ci ho messo un po' di tutto: vestiti, cibo, gioielli, ho anche trovato questi in cassaforte" "Che ci fai con un lingotto d'oro?" chiede incredula Ines abbassandosi al mio livello. "Ne ho presi tre, non si sa mai" "Sei impazzito? Perché l'hai fatto?" "Scapperemo, stasera. Così nessuno potrà costringerti a partire e noi resteremo insieme" "Giorgio." replica lei severa. "Penserò a tutto io, è tutto nella mia testa. Ti fidi di me?" "Credo di averti già detto che non sono costretta ed è una mia scelta andare a studiare in America. Ho vinto una borsa di studio prestigiosa, non posso lasciarmi scappare quest'occasione" "Cosa te ne frega della borsa di studio, se sei ricca sfondata?" sbotto contrariato. Ines incrocia le braccia e borbotta "I miei genitori lo sono, non io. Voglio cavarmela da sola" "Ma hai solo 14 anni" "E con questo? Non credi che sia capace di farlo?" "Non credo di poter sopportare la distanza io, granchio" confesso alzando una mano ad accarezzarle una guancia. Lei scuote subito la testa. Non le piace che la chiami così, ma i capelli rossi mi ricordano tanto il colore di un granchio ed è un soprannome che uso da troppo tempo, ormai è abitudine chiamarla così. Ines si allontana di scatto dalla mia mano e sbotta permalosa "Dovresti essere contento per me. Io lo sarei, se tu partissi per inseguire un tuo sogno" "Il mio sogno è tenerti al mio fianco sempre" faccio un passo nella sua direzione, ma lei indietreggia allontanandomi, non sa quanto mi fa male questo gesto. "Smettila, ti prego" sospira lei stanca portandosi una mano in fronte "Mi stai...soffocando. Credi che io sia di tua proprietà e mi schiacci con le tue insicurezze, le tue ossessioni." "Ossessioni?" poso le mani sui fianchi innervosendomi. "Sì Giorgio, sei ossessionato da me!" quasi mi urla addosso agitando le mani. Alzo un sopracciglio sorpreso dal suo tono di voce e faccio per replicare, ma lei continua a gridarmi in faccia "Non posso fare qualsiasi cosa che mi controlli sempre. Non vuoi che dia confidenza a nessuno, non vuoi che nessuno mi si avvicini...non è così che ci si comporta tra amici" "Amici?" sputo schifato. "Cugini o come ti pare" si corregge lei, ma non ha capito nulla. "Il punto è che io sopporto, sopporto e sopporto, ma a una certa scoppio anch'io. Non ce la faccio più con te" "Di che stai parlando? Non sei in te granchio" "Smettila di chiamarmi così e lasciami in pace!" mi dà le spalle e fa per andarsene, ma le prendo subito il polso e mormoro con un filo di voce "No...non ti lascerò andare mai." "Giorgio per favore, domattina ho l'aereo presto. Devo andare." "Tu non ci andrai, ok? Tu rimarrai qui con me e..." uno schiaffo mi fa zittire di scatto. La fulmino subito con gli occhi e vedo che si pente del gesto, infatti dice a voce bassa "Ti chiamerò appena atterrerò, ok? Buonanotte" "Granchio" "Non è così che avrei voluto salutarti, ma...non mi vuoi ascoltare. Perdonami per lo schiaffo" mi gira le spalle e si dirige verso casa sua. "Granchio fermati, Ines!" Lei continua a camminare consapevole di me che la supplico di fermarsi e urlo ancora "Prova a fare un altro passo e giuro che non ti parlerò più per il resto dei miei giorni!" Ines si ferma di scatto e il mio cuore pure, quando credo che abbia cambiato idea e stia tornando da me, muove un passo e un altro ancora fino ad allontanarsi definitivamente. "Ines, cazzo! Ti odio! Mi hai sentito? Ti odio e ti odierò per sempre!" urlo a squarciagola cadendo in ginocchio. Afferro il borsone che avevo fatto con cura pensando a tutti i nostri bisogni, soprattutto i suoi, e scagliandolo contro il nostro ulivo, mi rialzo per prenderlo a calci. "Fanculo!" grido dando un altro calcio, ma sono così incazzato, in collera con quella stupida, che marcio fino alla moto che ho parcheggiato poco più in là e monto sopra. "Non ho bisogno di te per vivere stronza." ringhio tra me sfrecciando fra gli alberi fino a immettermi nello stradone dietro casa. ** PRESENTE. DOPO 4 ANNI. "Demir! Demir!" urlano tutti quanti mentre accelero ulteriormente e sfreccio più veloce di una scheggia in pista. Lancio un'occhiata allo specchietto e noto Manuel poco più dietro di me che cerca di raggiungermi. Povero illuso. Mi sporgo verso destra per fargli credere che stia girando e quando è a un pelo da me, svolto dall'altro lato tagliandogli la strada e facendolo sbandare di brutto. Sorrido compiaciuto quando dallo specchietto vedo che rotola per terra insieme alla moto e va a sbattere contro le transenne. Ecco quello che succede a sfidare Demir, coglione. Sono a un passo dalla vittoria e alzandomi coi pugni in alto supero Clarissa che sventola la bandiera decretando la mia vittoria. Mi rimetto seduto e facendo rombare la moto sfilo davanti alla folla vittorioso. Era chiaro a tutti quanti chi avrebbe vinto fin dall'inizio. "Sei il solito coglione fortunato" mi raggiunge Bartis battendomi sulla spalla. "Quale fortuna, è tutta bravura figlio di puttana" sbotto levandomi il casco e spostando lo sguardo a Manuel che zoppica aggrappato a due ragazzini. "Bravissimo amore mio" si attacca come una cozza a me Clarissa riempiendomi di baci. "Ti ho detto mille volte di non baciarmi con questa robaccia appiccicosa" la scosto togliendomi dal viso il suo lucidalabbra. "Mi riporti a casa? Domattina abbiamo il primo giorno di scuola e sono quasi le 4 del mattino" mormora Clarissa mostrandomi l'orario sul cellulare. Sbuffo, mi ha scambiato per il suo cazzo di taxista? "E sarebbe anche il tuo primo giorno di scuola" mi ricorda riportandomi alla realtà. E' il terzo anno di seguito che ripeto la quinta e stavolta se non mi metto sotto, potrebbero espellermi da quel fottuto liceo. "Monta su" borbotto salutando con un cenno i ragazzi e concordandoci per la settimana prossima che ci sarà la finale e chi vince si decreterà la piazza della scuola, dove avrà il controllo assoluto per spacciare indisturbato. Il Meli è da anni il mio territorio, ma ogni anno è giusto ricordare chi comanda. Non mi occupo personalmente di vendere l'erba, ci pensano i miei ragazzi che fanno un ottimo lavoro e poi mi fanno un resoconto. Io mi limito a dettare comandi e controllare che la piazza sia pulita, ci sono sempre nuovi spaccini che credono di fottermi. E' il mio giochino, e deciderò io come e quando smettere. Lascio Clarissa all'angolo della strada che porta alla sua villa e faccio per andare via, ma lei mi trattiene posando una mano sul mio pacco. "Dove credi di andare?" chiede sorridendomi maliziosa mentre scendo dalla moto e mi faccio trascinare contro un albero che ci copre. Non perde tempo ad abbassarmi i pantaloni e iniziare a massaggiarmi il cazzo prima piano e poi più veloce fino a farmelo diventare duro come una roccia. Impaziente le spingo il membro in bocca e inizio a pompare fino a riempirle la bocca, infatti quando le arrivo in gola si scosta subito e inizia a tossire lacrimando. "Su, non fare i capricci" le spingo di nuovo il cazzo in bocca e lascio stavolta che sia lei a prendere il ritmo. "Sì, così sì." sbotto brutale afferrandole i capelli in un pugno. Lei esegue prendendolo tutto dentro e continua a lacrimare pur di non lasciarmi insoddisfatto. La sua lingua vortica sul mio membro non lasciando neanche un centimetro di pelle asciutto, che ingorda. Vengo dopo pochi minuti e mettendola a novanta contro l'albero, la penetro senza alcuna delicatezza...le stoccate la fanno gemere di piacere e palpandole le tette, me la scopo come un animale. Lei allarga le gambe accogliendomi più a fondo e io posando le mani contro l'albero, le lascio diverse stoccate che la fanno urlare come una cagna in calore. "Quanto ti piace quando ti tratto da puttana?" le chiedo facendola sorridere malefica mentre viene ancora tremante. Sono esausto e voglio solo andare a dormire, quindi velocizzo le stoccate e venendo anch'io, mi scosto da lei e le lascio una carezza sulla guancia. "A domani" mi fa le fusa strofinando la guancia sul mio palmo. "Sì" mi limito a dire allontanandomi da lei e montando sulla moto. Torno a casa poco dopo e passo come al solito dalla maledetta villa, odio doverci passare di fronte ogni volta, è come se fossi in un girone dell'inferno. L'inferno vero è la mattina dopo quando mamma mi toglie le coperte dal letto e mi schiaffeggia il viso per darmi una svegliata. "Alzati, forza! Non costringermi a buttarti una caraffa d'acqua in faccia" strilla mamma facendomi morire dentro. "Ho capito cazzo" rantolo ancora con gli occhi chiusi che sbavo sul cuscino. "Cazzo lo dico io. Sei già in ritardo, muoversi!" mi toglie il cuscino dalla testa e mi colpisce con questo. "E lavati che puzzi!" esclama prima di uscire da camera mia e lasciarmi finalmente in pace. "Gio avanti, ascolta mamma!" sento gridare anche papà dal corridoio. M'impongo di riaprire gli occhi, ma vorrei solamente scavarmi una fossa e continuare a dormire per il resto dei miei giorni. Mi trascino in bagno non so con quale forza e lavandomi i denti, vado sotto la doccia per darmi una svegliata. Funziona in parte, perchè mi addormento anche sotto il getto d'acqua e uscendo dalla doccia, mi allaccio i jeans con gli occhi chiusi. Afferro la salvietta per asciugare i capelli e a petto nudo cerco una maglia da indossare. "A che ora hai detto che atterra Ines?" sento chiedere al telefono da mamma in corridoio e subito mi blocco. Ines? Ho sentito bene? No, non è possibile. Devo aver capito male io. "Va bene, ci saremo. A stasera" la sento dire per poi scostare la porta di camera mia e controllare che sia sveglio e attivo. Ritorno a cercare una maglia fingendo di non aver origliato nulla e mamma chiede "Ieri sera che ore hai fatto?" "Non ricordo, le 2?" recupero una maglia nera che indosso subito e torno ad asciugarmi i capelli umidi. "Che hai fatto fino alle 2?" "Cazzi miei?" Mamma mi fulmina con lo sguardo e io sbuffando borbotto "In giro con amici, non mi sono accorto di aver fatto così tardi" "Mmm...la prossima volta se l'indomani hai scuola, evita di fare così tardi o mi costringerai vero a buttarti giù dal letto" "Sì, ho capito. Posso vestirmi in santa pace?" cerco le mie Jordan in giro per la camera, dove diavolo le ho buttate via? "Stasera ci sei?" "Per cosa?" "Lena ha organizzato una festa a sorpresa per il ritorno di Ines, atterra alle 21 e ci faremo trovare tutti..." Allora non era l'effetto dell'erba, avevo capito bene prima. "No." sputo schifato fermandola subito. "No cosa?" "No, non ci sarò." quella stronza non si merita che muova un dito per lei. "Avanti, Ines ne sarà felice. E' mancata a tutti quanti" "Non a me." "Giorgio..." Rinuncio alle Jordan e indossando il primo paio di scarpe che becco, afferro le chiavi della moto e lo zaino vuoto, non ho avuto il tempo di riempirlo ma non credo che oggi mi serva nulla. "Devo andare, oggi pranzerò al bar e poi andrò in palestra. Non aspettarmi" "Che ti prende? Sei più acido di me e ce ne vuole" incrocia le braccia contrariata mamma. "Non ho niente, sono solo stanco. Posso andare o ne avremo ancora per molto con l'interrogatorio?" "No, vai pure." sbotta lei offesa e io sospirando le lascio un bacio sulla guancia "Ti voglio bene ma' " le dico prima uscire dalla stanza. "Ehi campione" mi saluta papà uscendo dalla camera da letto con solo un asciugamano in vita. "Ciao pa', vado a scuola" "Mi raccomando, eh" mi batte sulla spalla e mi fa l'occhiolino prima di raggiungere mamma. "Ti aspettavo in doccia" le dice afferrandola per i fianchi. Faccio una smorfia e scendo subito le scale prima di beccarli limonare, sanno essere disgustosamente dolci. Esco di casa e montando sulla moto, sfreccio via arrivando al Meli in ritardo. C'era un ritardo bestiale. Parcheggio nel posto riservato solo alla mia moto e sento dei fischi alle mie spalle, Bartis. Tolgo il cascone e scendendo dalla moto, mi passo una mano fra i capelli. "Hai spaccato ieri fratello" mi danno il cinque i ragazzi del mio gruppetto. E' un gruppo molto ristretto, molto particolare e ognuno ha uno scopo ben specifico: Xavier si procura la roba; Axel, Daniel e Oliver la vendono, Mattia procura l'alcol per le feste e Bartis, figlio del preside, nonché il mio braccio destro, è l'unico di cui possa almeno un minimo fidarmi. Col tempo ho imparato a dosare le mie emozioni, a fidarmi solo di ciò che vedo ed essere consapevole che nessuno darà mai niente per niente. "Grande, sei il migliore" mi battono sulla spalla Mattia e Oliver che mi passa una canna, chi sono io per privamene. "Buongiorno" mi sfila dalla bocca la canna Clarissa sorridendomi. "Che ci fai qui? Vai in classe e non rompere i coglioni" la caccia via Bartis, suo fratello maggiore. "Non rompere tu o vado a raccontare tutto a papà" gli alza il dito medio Clarissa appoggiandosi a me. "Ha ragione Bartis, entra dentro e coprici per qualche minuto. Abbiamo delle questioni di cui parlare" "Uffa, e va bene" sbuffa lei ridandomi la canna e mettendosi sulle punte per darmi un bacio sulla guancia. "Ti aspetto dentro" mi sussurra all'orecchio leccandomelo per poi allontanarsi sculettando nei suoi leggins che le fanno un culo stratosferico. "Che tette da sogno" Axel sbava dietro a Clarissa ricevendo uno schiaffone da parte di Bartis "Sei un cane" lo rimprovera. "Perchè Demir si può portare a letto tua sorella e io no?" sbotta Axel ricevendo un altro schiaffo "Perchè tu sei un coglione" "Piantatela con queste stronzate e ditemi com'è andata ieri sera" butto fuori del fumo e torno a respirare, cazzo se avevo bisogno di una canna. "Abbiamo mangiato tutto, Xavier è andato a prendere altre caramelle" m'informa Daniel parlando in codice. "Ottimo, che mi dici della liquirizia?" parlo in codice dell'hashish. "Ha fatto il pienone" mi dice col sorriso Oliver, è lui che si occupa di venderla. "Bene, continuiamo così ragazzi. Teniamo l'asticella alta" espiro tutto il fumo e mi appoggio al muretto con un sorriso compiaciuto. Sarà il mio anno questo, me lo sento. "Entriamo?" chiede Daniel notando che sono quasi le 8 e quindici. "Andate, vi raggiungo" me la prendo con calma. Sia io che Bartis siamo ripetenti e ci siamo fatti mettere nella classe di Clarissa in modo che potesse passarci le versioni di latino e greco senza problemi. Per le materie scientifiche dovrò trovarmi qualche schiavetto che faccia il gioco sporco per me. "Vuoi che ci espellano il primo giorno?" ridacchia Bartis scuotendo la testa. "Sarebbe tanto male?" "Mio padre mi ammazzerebbe" "Tuo padre ti ammazzerebbe, se sapesse altro. Fidati" finisco di fumare la canna e attraverso la strada per entrare dal cancello. "Ciao Bartis" saluta con l'occhiolino Fabiana, l'amica più cara di Clarissa. "Ehi piccola" ricambia l'occhiolino Bartis e io scuoto la testa divertito. "Che c'è?" nota lui dandomi una spallata. "Fabiana? Davvero? A Clarissa non piacerà" "Chi sono io a privarmi dei suoi pompini? E mia sorella se la fa con te, quindi non ha diritto di parola" "Cosa vuol dire? Io e Clarissa non stiamo insieme, ci divertiamo soltanto" "Non entrare nei dettagli, te ne prego" sale le scale dell'area b e io lo seguo fino alla nostra aula. Non ho neanche idea di che sezione si tratti. "Buongiorno professoressa, sempre fresca come un fiore" entra Bartis in classe e lavora col suo solito umorismo di merda la professoressa d'inglese. "Non attacca con me Perera, subito in vicepresidenza. Avete idea di che ore sono?" Abbasso lo sguardo al mio cellulare che segna le 8 e mezza. "Professoressa, le ho detto che sono stati bloccati in presidenza!" esclama Clarissa venendoci in aiuto. "Esatto, mio padre ha voluto raccomandarsi che iniziassi l'anno al meglio e ci ha trattenuti più del solito. Glielo giuro prof" prende al volo la palla Bartis. La professoressa d'inglese si beve tutto e lasciandoci entrare, Bartis nota che è rimasto solo il primo banco come posti liberi. "Pardon" alza in aria il primo banco e lo posa dietro il secondo dov'è seduta una ragazza di colore mai vista prima. Mi aspetto che protesti contro la furbata, ma si limita a sistemarsi meglio gli occhiali e abbassare lo sguardo furiosa. E' stato più semplice del previsto. "Voilà" mi sposta la sedia per accomodarmi Bartis e io mi siedo in silenzio. Anche il primo banco mi sarebbe andato bene, avrei saputo copiare comunque senza farmi beccare. "Abbiamo iniziato a spiegare, prendete il quaderno" sbotta la professoressa che torna alla lavagna. "Hai il quaderno?" chiedo a Bartis. "Non ho neanche un foglio" fa spallucce lui, ma si adopera subito a ricavare due foglie dalla ragazza di fronte. "Pss, cioccolatina" la chiama a bassa voce. Non credo alle mie orecchie. La ragazza si gira interdetta e lui chiede "Hai due fogli da prestarci?" Quando penso che sia arrivato il momento che lo mandi a fanculo, lei sospira e stacca due fogli dal suo quaderno per poi passarceli. "Gentilissima e...avresti anche due penne? Per favore?" ha ancora il pudore di parlare Bartis. Ecco cosa più ammiro di lui: ottiene sempre, e dico sempre, ciò che vuole. Ragazze, favori, denaro...non c'è cosa a cui lui non possa arrivare. "Ne ho una nera e una verde" dice la ragazza porgendo le penne sulla sua mano. "Vanno bene lo stesso, grazie tesoro" le fa un occhiolino e Bartis mi passa la penna nera, ovviamente. Fingo di prendere appunti per il resto dell'ora finchè suona finalmente la campanella e Clarissa corre a sedersi sulle mie ginocchia. "Quanto mi piace averti sotto i miei occhi tutto il tempo" mi sussurra all'orecchio. Faccio subito una smorfia "Suona inquietante Clarissa" la scosto per uscire dalla classe, mi sento soffocare. Bartis viene fermato da Fabiana che gli chiede perchè non l'abbia più chiamata e io decido di scappare da lì al più presto. "Scusami" mormora la ragazza del primo banco che stava rientrando in classe e si stava per scontrarsi con me, credo abbia chiesto qualche minuto fa il permesso di andare al bagno. Quando dicono che non sto attento in classe, mentono. Sento il cellulare vibrare e leggo il messaggio di Xavier che dice di essere riuscito a rifornirsi fino alla fine del mese e che mi aspetta nei campetti. La giornata a scuola passa lentamente, abbiamo venduto il triplo di quello che vendevamo di solito e ho raccolto nella nostra banda altri ragazzini che vengono da quartieri popolari e dicono di saperci fare con lo spaccio. Li terrò d'occhio, ma non mi sembrano intenzionati a fregarmi...non avrebbero il coraggio. "Abbiamo un problema" m'informa Oliver all'uscita della scuola. "Che succede?" mi accendo una sigaretta, sembra essere passato un secolo da stamattina. "Daniel ha venduto dell'erba a Gabriele Esposito senza sapere chi fosse" "E sarebbe?" "E' figlio del maresciallo Esposito e se dovesse denunciarci?" Sorrido divertito. Denunciare? A me? "Porta avanti diversi progetti per la legalità e ha più volte cercato di incastrarmi mentre vendevo a scuola. Eccolo" m'indica con la testa un tipo secco, rossiccio che attraversa la strada come spaventato anche della sua ombra. "Tenetelo d'occhio, in caso interveniamo a modo nostro" "Ricevuto" ridacchia sadico Oliver. Sento il cellulare vibrare e diverse chiamate perse da Clarissa, cielo che zecca. Non rispondo e montando sulla moto borbotto "Io vado, mi raccomando" "Lo abbiamo in pugno, non temere" cerca di rassicurarmi Oliver, ma la verità è che credo siano tutti un ammasso di deficienti che mi diverto a trattare come burattini, e neanche se ne accorgono. "Sì" mi limito a dire uscendo dal parcheggio. "Ehi!" sento gridare alle mie spalle e vedo dallo specchietto mia cugina Diana correre verso la moto. "Menomale che non sei ancora andato via, mi dai un passaggio a casa di zia Lena? Le ho promesso che l'avrei aiutata coi i preparativi" "Ringrazia il cielo che mi sei di passaggio o ti avrei lasciato col culo per terra" le lancio il mio casco e aspetto che salga sulla moto. "Sì, muoviti" m'ignora lei aggrappandosi alla moto. Accosto davanti a casa di zia Lena e lasciando Didi, esco dal cancello per andare via "Tu non ci dai una mano?" chiede restituendomi il casco. "Devo andare in palestra" "Che scusa di merda, vabbè...allora a stasera" sbuffa lei sistemandosi lo zaino sulla spalla. "Non ci sarò" "Come no? Ma Ines..." "Lasciami in pace e fatti i cazzi tuoi Didi" sbotto severo per poi andare via. Che cazzo hanno tutti quanti? Nessuno che capisca che quella stronza non la voglio più vedere per il resto della mia vita? Solo il pensiero di poterla incrociare per strada mi ripugna. Vado in palestra a digiuno, sentire nominare quel nome mi ha fatto passare l'appetito e devo sfogare al più presto la mia rabbia contro qualcosa. Sono un pozzo di sudore quando Mauro, il mio pt mi recupera da terra e mi chiede che accidenti ci faccia da ore in palestra. "Qualcuno ti ha fatto incazzare, vero?" chiede Mauro passandomi una bottiglietta d'acqua che scolo in un attimo. "Dovevo recuperare delle ore di allenamento" spiego a fatica, sento dolore ovunque...merda, ci sono andato davvero pesante. "Le hai recuperate, forza vattene a casa" "Mi stai cacciando dalla palestra?" "Ti sto salvando dai dolori muscolari che avrai, se vai avanti così" "Mi hai scambiato per un pivello" gli lascio un pugno sulla spalla per poi trascinarmi negli spogliatoi per lavarmi. Sono circa le 18 quando torno a casa e non trovo nessuno, presumo siano tutti da zia Lena. Mi corico sul divano incapace di fare le scale per andare sul letto e chiudo gli occhi per poco esausto. Era proprio questo quello che volevo, sentirmi morto...non poter più sentire nessun muscolo, essere inerme e sconfitto contro me stesso. Annullarmi completamente. "Dove corri! Rallenta!" grido dietro a una chioma rossa. "Ines non scherzo, fermati!" urlo sentendo i polmoni andarmi a fuoco. "Seguimi! Non ti fermare" ridacchia lei girandosi di poco mostrandomi il suo profilo perfetto, ogni singolo dettaglio di lei è fatto ad arte. "Ma dove mi stai portando?" entriamo in una specie di aiuola, non sono mai stato in questo posto. "Corri, corri con me!" lei continua a corree allegra tra i muri spessi e alti di vegetazione. Mi fermo un attimo per prendere fiato e la perdo d'occhio "Ines!" urlo guardandomi attorno...dov'è andata? "Segui la mia voce!" "Ines!" svolto a destra, poi a sinistra...non c'è, non la vedo. L'ho persa. "Sono qui" "Ines? Non ti vedo, torna da me!" giro a sinistra, ma ancora niente. Sento la sua risata da lontano e cerco di raggiungerla in ogni modo, mi porto le mani in testa sentendomi impazzire. "Sono qui, seguimi!" "Ines!" urlo sentendo ancora la sua risata, non riesco a capire da dove provenga, mi scoppia la testa. "Ines non lasciarmi qui! Non lasciarmi!" grido cadendo in ginocchio tremante. "Ines! Ines!" "Ines!" urlo a squarciagola svegliandomi di scatto. Mi guardo attorno portandomi una mano sul cuore che batte all'impazzata, cazzo è stato un incubo. Cerco di calmare i battiti impazziti e scuotendo piano la testa, mi rassicuro mentalmente...va tutto bene. Sussulto quando sento il mio cellulare vibrare e leggo il nome di Clarissa sullo schermo "Cosa c'è" rispondo infastidito, che diamine vuole stavolta. "Avevi detto che mi avresti chiamata stasera" "Dico tante cose Clari, non devi per forza credermi ogni volta" "Ad ogni modo sto venendo da te" "Perchè?" "Hai casa libera o mi sbaglio?" "E tu come fai a saperlo?" chiedo corrugando la fronte, non è che ha installato qualche videocamera a casa di cui non sono a conoscenza? "Diana ha messo una storia su instagram e c'erano i tuoi, come mai non sei con loro?" "Cazzi miei?" Sento il campanello suonare e mi passo una mano sul viso, che stress. "Sono io" dice al telefono. "Sì, diciamo che me lo immaginavo" scendo dal divano e raggiungo scalzo l'ingresso aprendo la porta. "Ciao!" esclama sia al telefono che a me. Faccio una smorfia riattaccando "Che ci fai qui?" "Su col sorriso, sembra che ti abbia fatto visita un fantasma" mi prende una guancia tra le dita facendomi infastidire ulteriormente. "Devi uscire?" chiedo indicando la gonnellina che ha indosso, è troppo appariscente per una visita a casa mia. "Sono stata al Country, ma mi annoiavo...per fortuna che ci sei tu" allaccia le braccia attorno al mio collo e io chiedo stranito "Sei stata al Country? Che ore sono?" "E' mezzanotte" "Cosa?" ho dormito per 6 ore di fila? Il mio stomaco conferma la teoria e staccandomi da Clarissa borbotto andando in cucina "Ho fame" "Anch'io sono terribilmente affamata" mi guarda maliziosa mentre apro il frigo e prendo dell'affettato. "Non hai trovato nessuno in discoteca con cui sfogarti?" mangiucchio della fesa e apro un pacchetto di crackers integrali. "Non sono come te" "Be', su questo devo darti ragione" ridacchio spalmando del formaggio sul cracker. "Vuoi?" le allungo un po' di fesa. "No, passo" sbuffa aprendo la sua borsetta e recuperando una canna. "Non in casa mia, per piacere" gliela faccio rimettere nella borsetta. "Abbiamo già fumato a casa tua" mi ricorda lei stizzita. "Già, e mia madre ha minacciato di mandarmi dritto in Zimbabwe se ci riprovo" "Che rottura" Faccio spallucce e finisco di mangiare i crackers insieme alla fesa, mi sono riempito il giusto. "Saliamo da te?" chiede lei raggiungendomi con i suoi artigli lunghi gellati di viola. "Ho casa libera, posso scoparti anche qui e ora" le poso una mano sul culo risalendo la gonna e glielo palpo senza delicatezza. "Sì, ti prego. Fallo." mugola mentre la sbatto contro il bancone e scostandole il tanga con le dita le stuzzico la carne. "Oh cazzo" geme aggrappandosi al bancone e allargando ulteriormente le gambe. "Sei fradicia, aspettavi solo che ti scopassi, vero?" inserisco due dita facendola gemere ancora. "Ti supplico, non farmi aspettare ancora" piagnucola e io non me lo faccio ripetere due volte. Esco fuori il mio cazzo e affondo dentro di lei penetrandola forte. "Sì, oh sì! Cazzo sì!" grida di piacere Clarissa mentre le alzo la gambe destra e rientro dentro di lei facendola urlare. Le stoccate sono così veloci e forti che il rumore risuona per tutta la cucina e, nonostante lei sia venuta da un pezzo, continuo a pompare dentro di lei come un pazzo. Clarissa tiene resistenza a lungo, finchè vengo anch'io ed esco da lei completamente sudato. Cazzo, se me la scopata. Clarissa ancora eccitata si mette subito in ginocchia e mi prende il membro in bocca facendomi un pompino da sogno, dannazione se ci sa fare con quella lingua. Le vengo in gola e svuotandomi, esco da lei accarezzandole la testolina. "Sei sempre una garanzia Clari" le asciugo un po' di sperma dall'angolo della bocca e l'aiuto a rialzarsi. "Continuiamo di sopra?" mi lecca l'orecchio e io sorrido scuotendo la testa. Faccio per dirle che sono stanco e adesso vorrei soltanto morire sul letto, quando sento suonare alla porta. Mamma e papà vi ringrazio. "Sarà per un'altra volta?" le chiedo accarezzandole le braccia e fingendomi dispiaciuto. Non le do modo di replicare ed esco dalla cucina per andare ad aprire la porta e togliermela dalle palle. Il campanello suona ancora e urlando "Arrivo ma!" apro la porta senza neanche vedere di chi si tratta. "Ci vediamo domani a scuola? Prego" caccio via Clarissa che però corruga la fronte guardando davanti a sé. Che cazzo le prende ade...mi paralizzo realizzando che non si tratta di mia madre. Perdo un battito e rimango come impietrito a fissare una ragazza carina, cosa dico? Bellissima, assolutamente stupenda con i capelli lunghi, rossi, ondulati tirati un po' all'indietro lasciando due ciocche a incorniciarle un viso dolcissimo, armonioso, soave con due gemme color smeraldo al posto degli occhi, l'arco del nasino sinuoso, ad arte, le labbra carnose dipinte di un rosa scuro e tante piccole lentiggini che ricoprono il viso angelico. Le labbra si piegano in un sorriso rivelando una scia di denti bianchissimi e la sua voce delicata mi dice qualcosa, ma io sono totalmente stordito dalla sua magnificenza. Brucio con lo sguardo le curve del suo corpo tonico, le gambe chilometriche e la sua pelle, non più color latte come ricordavo quattro anni fa, ma leggermente abbronzata che risalta il vestitino bianco con delle margherite sparse, dei fronzoli sulle braccia e alla fine della gonna troppo corta che mi fa eccitare come un dannato. Rialzo piano lo sguardo confuso, disorientato e l'ascolto aggrappandomi alla porta sentendo le gambe improvvisamente molli, non so con quale forza non sia ancora svenuto. "Ehi ciao, scusa il disturbo. Ho chiesto di te a zia Viviana e mi ha detto eri rimasto a casa per studiare, quindi ho pensato di scappare per un attimo dalla festicciola e portarti una fetta di torta. È davvero buonissima ed è al pistacchio come piace a te" abbasso lo sguardo alla fetta di torta esageratamente grande su un piattino di carta rosa e la forchetta di lato, l'avrà portato con estrema cura a destinazione. Rialzo lo sguardo a lei e mi perdo nei suoi occhi, sono sempre gli stessi: dolci, luminosi e teneri. Mi ha sempre dato una gran pace guardarli, hanno un effetto totalizzante su di me. Vorrei toglierle la fetta di torta dalle mani, attirarla a me e stringerla così forte da farle mancare il fiato. Vorrei ringraziarla per essersi ricordato di me, accarezzarle le guance tonde, candide e chiederle com'è stato il viaggio, se vuole entrare e passare il resto della serata con me, perché mi è mancata come l'aria in questi anni, e adesso voglio soltanto recuperare tutte le nostre chiacchiere, coccole, risate mancate, ma la mia mente viene annebbiata da un ricordo, un orrendo ricordo... * Non ho bisogno di te per vivere stronza." ringhio tra me sfrecciando fra gli alberi fino a immettermi nello stradone dietro casa. Come fa a non pensare a me? Come si può essere talmente egoisti? Sa che dipendo da lei, sa che non mi fido di nessun altro, che non vivo senza lei, che è tutto il mio mondo e ogni cosa, ogni pensiero, ogni gesto gira attorno a quella stronza. "No! Non se ne andrà, non glielo permetterò!" urlo al cielo rabbioso per poi svoltare bruscamente a sinistra e tornare indietro. Dovrà passare sopra il mio cadere per...non ho neanche il tempo di realizzare che una jeep che andava a cento all'ora mi travolge facendomi schizzare in aria. Passano una manciata di secondi prima che il mio corpo ricada sull'asfalto violentemente e non senta più nulla piano piano: prima le gambe, poi le braccia, la testa inizia ad annebbiarsi, una lacrima scende rovente sul mio viso e la vista prima nitida comincia a sfocarsi finchè il buio prende il sopravvento. L'ultimo mio pensiero è come sia possibile morire due volte a distanza di pochi minuti. Ines è davvero davanti a me, come se non fosse mai successo nulla, come se non fossero mai passati 4 anni in cui non ci siamo mai visti, sentiti...come se non avesse mai scelto di uccidermi e abbandonarmi Serro la mascella così forte da potermi spezzare i denti e sentendo il sangue bollirmi dalla rabbia mandandomi a fuoco, faccio un passo in avanti e con una mossa faccio scivolare dalle mani il piatto spalmando per terra la fetta di torta. "Sparisci." ringhio, non staccandole gli occhi funesti da dosso, con tutto il mio odio, il rancore, il dolore che ho tenuto imprigionato senza dar modo a niente e nessuno di ferirmi più di quanto lo sia stato. Mi aspetto che indietreggi spaventata, che sbatta più volte le palpebre incredula e che scappi via, ma non succede nulla di tutto ciò. Rimane ferma sul suo posto e mi guarda dritto negli occhi senza tremare, senza alcuna cazzo di esitazione. "Gigio" sussurra in un filo di voce sparandomi dritto nel cuore. Le sbatto la porta in faccia non sopportando tutto il dolore che mi sta lacerando dentro e solo adesso mi ricordo di Clarissa ancora in casa. "Chi era?" mi chiede cercando di trattenermi. "Nessuno. Vai via" sbotto superandola e andando dritto in camera mia. Chiudo la porta a chiave e non riuscendo più neanche a respirare, mi accascio per terra raggomitolandomi su me stesso. E' possibile morire di crepacuore?
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Prettybene9816