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Autore: Aurelia major    12/09/2009    3 recensioni
[ Occhi di GAtto ]La famigerata banda di ladre è ormai un ricordo, da tempo infatti le tre sorelle hanno cambiato vita, lasciandosi alle spalle persone ed eventi. Ma un imprevisto rimette in gioco tutto, soprattutto i sentimenti che la protagonista pensava assopiti...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non ne riparlarono più in seguito, sia del cedimento emotivo di Sheila, che della fugace rimembranza avuta da Matthew.

Chiaramente metteva in imbarazzo entrambi, senza contare che, nelle settimane che seguirono, purtroppo la sua memoria, esattamente come d’improvviso aveva elargito quell’occasionale sprazzo, parve riaddormentarsi di nuovo.

Nel frattempo iniziarono a scucirlo, come amabilmente egli stesso soleva definire l’operazione del togliergli i punti, e, sebbene i medici si prendessero la briga di rassicurarlo sul fatto che stava guarendo con una velocità sorprendente, risultava sempre più difficile   ignorare le cicatrici che gli deturpavano buona parte dell’addome e delle gambe.

Certo, come al solito faceva dell’ironia in proposito, argomentando quanto fosse una vera fortuna che la faccia gli fosse rimasta integra. Ciò, chiariva ironico, non tanto per una questione di mera estetica, quanto perché era stato succintamente informato che in genere la sede epidermica preferita della chirurgia plastica era il sedere, e francamente non ci teneva a ritrovarsi la faccia come il culo.

Questi i ragionamenti con i quali tentava di convincere quanti gli stavano intorno e costoro, considerando che non era mai stato uno troppo fissato col proprio aspetto, in linea di massima non si preoccupavano troppo in merito. Indubbiamente non si trattava di superficialità, più che altro ritenevano che, rispetto all’amnesi, quello fosse un problema secondario, quindi  non potevano sapere che quand’era da solo spesso si sbirciava quegli odiosi sfregi e si chiedeva se avrebbe avuto mai il coraggio di mostrarsi privo d’indumenti a chicchessia. Ora come ora, in effetti, pensava non sarebbe riuscito neppure a mettersi in costume da bagno, poiché se a lui, legittimo proprietario di quel corpo e di conseguenza quello a cui meno conveniva far lo schizzinoso, faceva impressione guardarsi, figuriamoci che bello spettacolo poteva essere per chiunque altro.

“Per ricoprirli mi dovrei far tatuare da capo a piedi.” Pensava avvilito. “Praticamente come tappezzare una catapecchia con una carta da parati a fiori viola.” Ne concludeva, per ritrovarsi immediatamente dopo a scandagliare il misterioso abisso della psiche femminile. Già, perché più la sua conoscenza della fidanzata s’approfondiva e più si ritrovava a non capirci nulla. Nel caso specifico si trattava di un commento casuale fatto da Sheila qualche giorno prima alla vista d’un servizio di moda che stavano dando in tv. Tra l’altro, com’è che, qualunque cosa stesse facendo, come partiva quella roba si  paralizzava innanzi allo schermo? Per quanto lo riguardava infatti trovava noioso da morire quel cianciare in merito all’abbigliamento e in genere, al di là di rifarsi gli occhi con le modelle, cambiava subito canale. Sheila no, anzi pareva proprio interessata a quelle boiate e anzi, la volta in cui era venuta accompagnata da Kelly, ed era partito l’ennesimo servizio fashion al tg, poco ci era mancato che facessero notte là davanti.

Stupito gli era toccato assistere ad un controversia, serrata accidenti, mentre la voce blesa del cronista illustrava quegli abiti ridicoli e loro si accapigliavano riguardo a questo o quel particolare. Come se plissé, lamé, macramè, e altra roba che finiva accentata sul finale, facesse poi sta gran differenza.

Quanto a lui si era detto che magari avessero discusso sull’opportunità d’indossare la sottoveste oppure il baby doll, quello sì che sarebbe stato un quesito interessante e volentieri avrebbe partecipato con slancio alla conversazione, ma visto come stavano i fatti,  si era ben guardato dall’aprir bocca davanti a simili professioniste del settore.

 “Donne!” Mugugnò innervosito.

Eh sì, perché dopo avergli fatto due palle così con discorsi inerenti l’opportunità o meno di un ritorno del vintage, costringendolo il giorno successivo a domandare ad un infermiera ( e non ad un medico o, che so io, ad un altro paziente, poiché, ormai questo l’aveva ben inteso, solo un’altra donna poteva capire il ragionamento di una sua simile) che accidenti fosse sto vintage, le due, alla vista delle sfilate maschili, gli avevano donato l’ennesima perla di saggezza. Ovvero, che l’uomo glabro era decisamente più bello e seducente.

Ecco, a tale affermazione, infatuazione o no per una e rispetto o meno per l’altra, ne aveva concluso che nonostante tutto anche quelle dee di perfezione ed avvenenza potevano talvolta dimostrarsi delle emerite cretine.

Ma che accidenti andavano cianciando? Porca miseria avrebbe pagato oro per ritrovarsi peloso come uno yeti! Sarebbe stata la soluzione ideale, infatti cos’altro se non un bel vello ricciuto avrebbe potuto occultare quello schifo che si ritrovava addosso? E quelle deficienti avevano pure il coraggio di parlare?

Naturalmente evitò d’esporre questa sua tesi, altrimenti come minimo si sarebbe beccato una sequela d’insulti. Forse gli avrebbero dato dello zotico, chissà, ma del demodé sicuramente.

Buon per lui comunque che gli eventi presero un’ottima piega poiché, quando finalmente gli tolsero il gesso dallo stinco,  il suo umore migliorò di molto e non pensò più ad altro. Del resto, visto che a quel punto gli si prospettò che, una volta riacquistata la mobilità, l’avrebbero presto dimesso, che gliene fregava della scarsa peluria che si ritrovava? E neppure la prospettiva di dover tornare spesso in ospedale per i controlli e per le fisioterapie poteva deprimerlo, poiché sarebbe stato libero di andare e venire. Davvero non vedeva l’ora di esserne fuori e, la notizia tanto lo esaltava, che persino le cicatrici per un po’ gli parvero meno vistose.

Una volta esauritasi l’ebbrezza iniziale però cominciò a riflettere su tutta una serie d’incognite che il suo ritorno alla vita civile avrebbe comportato. Tipo, ma lui ce l’aveva una casa? E soprattutto, con quale reddito si sarebbe mantenuto? Orpo, finché se n’era stato mummificato lì dentro il problema non si era posto, in fondo gli servivano i regolamentari tre pasti al giorno, indossava un bel pigiamino a strisce col logo dell’unità sanitaria e girava in carrozzina come un pascià, ma una volta fuori come diavolo avrebbe fatto?

“Porca puttana”, pensò in preda all’apprensione, inquadrando appieno la sua totale incapacità concernente il vissuto pratico, “quasi, quasi mi butto dal terrazzino e mi rompo entrambe le gambe stavolta!”

Ad interrompere questo suo bel pensierino fu la quotidiana visita di Sheila, la quale se ne stava da un bel pezzo sulla porta ad ascoltare gl’incomprensibili brontolii del suo uomo. In effetti Matthew dapprima le era parso assai perplesso, ma in ultima analisi addirittura atterrito e davvero non riusciva ad immaginarsi che diavolo gli fosse preso da agitarsi tanto. In fondo negli ultimi tempi si era di molto tranquillizzato.

“Che succede?” Chiese quindi con fare solo apparentemente leggero.

“Non so cos’è il vintage e sono pure poco peloso, ecco che succede!” Fu la risposta criptica che ne ebbe, al che cominciò davvero a preoccuparsi.

“Mio Dio”, s’allarmò correndo al suo capezzale per sincerarsi del reale stato delle cose, “è in preda al delirio!”

Detto fatto gli passò una mano sulla testa per constatare se avesse la febbre alta ma, visto che al tatto la temperatura le sembrava assolutamente normale, stava per chiamare un medico, nel caso servisse un calmante. Nel mentre tuttavia notò un particolare che precedentemente non le era saltato all’occhio e che adesso invece le brillava davanti agli occhi come se fosse stato inciso a caratteri catarifrangenti.

Col senno di poi entrambi poterono dirsi che forse sarebbe stato meglio se gli avessero sparato una bella dose di prozac, o più esattamente di bromuro, ché l’incidente diplomatico che ne seguì poco mancò mandasse nuovamente al pronto soccorso il degente in uscita. Come tra l’altro fino a pochi istanti prima si era augurato, anche se, innanzi all’ira funesta che scatenò, Matthew si disse che probabilmente sarebbe stato meglio affrontare la realtà esterna, con tutte le problematiche sconosciute che poteva comportare, piuttosto che quell’erinni della sua dolce metà.

Quanto a Sheila davvero si sorprese dell’altarino che credette di star scoprendo, da parecchio infatti Matthew non aveva commesso spropositi, anzi il suo agire era stato a tal punto irreprensibile, che persino la sua irritabilità, così facile a suscitarsi, era rimasta doma.

Tutto questo, appunto, finché non notò che nella parte interna dell’ingessatura al braccio, scampolo che probabilmente quel farabutto del suo fidanzato aveva badato bene a mantenere occultato, c’era qualcosa che in precedenza non compariva e che a vederlo rendeva lei necessitante di un sedativo. Magari di quelli che davano alle bestie feroci in cattività.

In pratica si trattava del segno di un bacio lasciato da un rossetto rosso acceso e sotto c’era perfino la postilla Al bel maschione!.

Abbastanza insomma perché succedesse il finimondo, anche se a tutta prima Matthew non notò affatto il cipiglio truce che gli venne lanciato, tant’è vero che stava tentando di spiegarle dell’esclamazione con la quale l’aveva accolta e soprattutto dell’ingarbugliato ragionamento dal quale deduceva che dal tosone carente sarebbero derivate le sue difficoltà nella routine di tutti i giorni.

Fiato sprecato, perché lei manco lo stava ad ascoltare, recriminando piuttosto tra sé e sé sulla cafonaggine intonsa di quella battona che usava un rossetto così vistoso. Senza contare l’idiozia imperante di quel pappagallo del suo fidanzato che si era fatto irretire da una simile donnaccia.

In breve, Sheila aveva un’espressione talmente acida che quando Matthew si rese conto che si era azzittita da un bel pezzo e si voltò a guardarla, gli bastò uno sguardo per capire che erano finiti sul sentiero di guerra.

“Allora, maschione”, fece calando pesantemente l’accento sulla l’ultima parola, “se è lecito sapere, chi è l’autrice?” Aggiunse cominciando a battere il piede al suolo e portandosi le mani ai fianchi.

Innanzi ad una simile icona della virago tradita al maschione venne quasi da ridere, ma per sua fortuna capì in tempo che non era affatto il caso di fare lo spiritoso.

“Oh andiamo, non ti arrabbierai mica per una cretinata simile?” Chiese ragionevole ed ostentando stupore ma, visto che il cipiglio della donna si faceva sempre più truce, s’affrettò a chiarirle i fatti.

“Me l’ha fatto una ragazza che se è possibile è arrivata qui dentro più scassata di me. Poverina è stata investita mentre attraversava la strada e le hanno fatto una bella ingessatura pure a lei. Ci siamo incontrati qualche settimana fa mentre aspettavamo entrambi di andare dal segaossa e abbiamo iniziato a chiacchierare, tutto qui.”

“E quello?” Insisté per niente convinta da quella spiegazione da santarellino.

“L’altra sera sono andato nell’area comune e ci siamo presi un caffè insieme.” Aggiunse esitante vedendola incupirsi sempre di più, in effetti le parole sera e insieme per Sheila erano già abbastanza.

“E…?” Lo spronò gelida al suo tentennare.  

“E quando ha saputo che di qui a breve mi avrebbero dimesso, ha voluto lasciarmi un ricordino.“ Concluse con aria innocente, sperando, ma senza esserne neanche troppo convinto, che quella spiegazione potesse buttare acqua sul fuoco.

“E dimmi”, fece Sheila con calma simulata, talmente ostentata che al compimento della frase già aveva preso un notevole numero di giri quanto a pressione interna, “com’è che fino ad ora non ne hai mai fatto cenno? E’ strano”, continuò sarcastica facendo il verso al medesimo stupore cui era stata fatto oggetto fino a pochi istanti prima, “mi metti a parte di qualsiasi aspetto della tua vita ospedaliera, ivi comprese tutte le tue difficoltose soste alla toilette, cosa di cui ne farei volentieri a meno, e su questo neppure una parola?”

“Ed è una colpevole omissione?” Fece Matthew sentendo affievolirsi, fino allo spegnimento completo, i bagliori della sua aureola di santità. Già, ormai conosceva quanto basta la pollastra che aveva innanzi, tanto che all’istante ebbe la conferma di essere in un mare di guai. Ciò nonostante non si diede per vinto, ché davvero stava dicendole la sacrosanta verità.

“Mi sarà sfuggito, sai quando capita di incontrarci è sempre per caso. Andiamo Sheila, ma che ti viene in mente? Capirai, abbiamo entrambi la scioltezza di un soprammobile e mica possiamo andare dove ci pare.” Aggiunse conciliate per rendersi prontamente conto che neppure la via della logica sortiva effetto e che la donna pareva proprio non voler mollare l’osso.

Più amabile, blandiscila porca vacca! Gli suggerì una vocina sollecita, quindi facendole un sorriso, che sperò essergli uscito suadente, continuò: “Inoltre trascorro le giornate con te, quindi che bisogno avrei di cercare altra compagnia? Sì, di tanto in tanto c’incrociamo nella sala ricreativa a notte fonda, beh cioè... non di proposito ed assolutamente non in quel senso,  succede, ma mica ci diamo appuntamento…” Concluse di botto rendendosi conto dei lapsus terrificanti che aveva esternato e di star paurosamente tartagliando. Tutti indizi di conclamata colpevolezza.

“E che ne so? Di certo ti stai comportando come uno che ha la coscienza sporca.” Ribatté a questo punto Sheila la quale, sebbene sotto, sotto si rendesse conto che quella discussione fosse assurda, ciò nonostante era furiosa. E come avrebbe potuto altrimenti? Matthew aveva sempre avuta una malsana propensione a fare il casanova da strapazzo, vezzo che, nonostante il più delle volte si risolvesse in ripetuti e clamorosi due di picche, non le era mai andato giù. Inoltre solo il fatto che ci provasse per lei era già più che sufficiente.

 “E dai, non c’è proprio nessun motivo perché tu mi tenga il muso per una sciocchezza simile.” Continuò l’altro con fare convincente, talmente tanto, che per un meraviglioso istante pensò di averla persuasa. Ma poi, volendo strafare, firmò la sua definitiva condanna a morte, giacché non trovò nulla di meglio da dire che: “E poi cerchiamo di essere pratici, niente di male ho fatto e se pure ne avessi avuta l’intenzione, che accidenti avrei potuto combinare conciato così?”

Udita questa chiosa a Sheila andò definitivamente il sangue alla testa e, afferrandolo per il bavero del pigiama,  con un impeto incurante dello stato già confusionale della sua capoccia, si diede a scuoterlo con violenza tellurica.

 “Cosicché se avessi potuto, l’avresti fatto!” Esclamò sbatacchiandolo.

“No, ma che hai capito e fatto cosa poi?” Riuscì ad articolare tra l’ondulatorio ed il sussultorio. Poi, quando finalmente il turbine parve arrestarsi, sebbene non fosse stato ancora mollato e il sisma minacciasse di ricominciare da un momento all’altro, si giustificò. “Ma porca miseria, è mai possibile che prendi tutto alla rovescia? Intendevo dire che questo è un dato di fatto in più, atto a dimostrare che non è successo niente, chiaro?”

“Ma che bravo, arringa perfetta...” Ribatté la donna, con tutta l’intenzione di fargli una predica coi fiocchi, quando sbalordita s’accorse che, approfittando della sua posizione ravvicinata, l’incompreso martire del fraintendimento le aveva passato il braccio sano attorno alla vita e la stava decisamente tirando a sé.

“Che diavolo stai combinando?” Chiese intimidatoria con un sussurro che, se non fosse stato per il particolare che Matthew fosse perso nella contemplazione attenta del suo decolleté, avrebbe potuto paralizzarlo all’istante.  

“Sai stavo pensando che è quasi un mese che ti vedo tutti i giorni e neppure un bacino? Dai accontenta un malato!” L’esortò protendendosi in avanti e portandosi in traiettoria, peccato per lui però che la parabola labiale che stava percorrendo coincidesse perfettamente con l’accelerato che partiva da sud.  Ovvero, per dirla in termini ferroviari, il diretto delle 11.30 transitò puntualissimo sui binari della sua faccia e l’eco del suo passaggio risuonò chiaramente tra le pareti della stanza. 

“Che accidenti credi di fare?!” Gridò furibonda, allontanandosi repentinamente. “Mi credi una così facile!?” 

Matthew scosse il capo, non si sa se per diniego o per schiarirsi le idee, dal momento che aveva piuttosto intontite dopo quel colpo da campione dei pesi massimi. Era l’ennesimo ceffone che si prendeva e, concludendo che l’origine da cui partivano le botte era sempre la stessa, decise di togliersi dal gozzo quel che pensava in proposito una volta per tutte. Ché magari Sheila poteva pure essere parecchio pudica e con un senso della morigeratezza sviluppato all’eccesso, però tutto ciò era frustrante. In fin dei conti non le aveva chiesto nulla di strano, né aveva fatto alcunché di male e che cavolo!

“Facile?” Proruppe stridulo. “Porca Eva, ora capisco com’è che dai tuoi racconti ne esco sempre come un coglione fatto e finito! Ché se per un fetentissimo bacio fai sta’ tragedia è ovvio che me ne debba andare a puttane o verso un convento di bonzi!”

“Ma che razza di bastardo!” Esclamò fremente davanti a quel linguaggio da caserma. Cosicché quel bifolco allupato era lì che voleva arrivare?  Bene, l’avrebbe illuminato in proposito una volta per tutte. “Se è questo che vuoi da me, te lo puoi scordare Matthew. Io me ne vado e tu arrangiati!” Strepitò al colmo della rabbia, uscendosene prima di cedere all’irrefrenabile impulso di prenderlo a bastonate con le sue stesse stampelle.

“Fai come cazzo ti pare!“ Si sentì urlare di rimando, dopodiché, a seguire il rumore della porta violentemente sbattuta, calò un silenzio di tomba.  

Nel frattempo, all’altro capo della città, Kelly era alle prese con i capricci e le borie telefoniche dell’inafferrabile pittore russo che aveva avuto la malsana idea d’ingaggiare. Quella era la decima telefonata che gli faceva e mettere a punto tutti i dettagli per la sua ormai prossima mostra alla galleria, aveva assai provato la sua conclamata pazienza. Per cui, quando vide Sheila entrare come un fulmine e andare a chiudersi nel suo ufficio, si chiese quante ancora ne poteva sopportare per quel giorno.

Esortandosi ad essere forte, e sapendo di dover intervenire, si accinse ad affrontare la buriana. Solo non poteva far a meno d’interrogarsi, intanto che ascoltava con un orecchio solo le lamentele di Misha Sgravroj, sull’accidenti che stavolta era intercorso trai fidanzatini litighini.

Già, si disse ridendo maliziosamente, pareva strano che per alcune settimane tutto fosse filato liscio. Comunque era del tutto inutile perdersi in illazioni, meglio andare direttamente alla fonte, pensò varcando la soglia dello studio di sua sorella e trovandola che pestava con impeto la tastiera del computer. Rifletté un attimo studiandone l’espressione assolutamente iraconda e ne dedusse che la situazione era molto peggio di quanto si fosse figurata. Stava per chiederle cosa fosse accaduto, quando venne investita da una scarica di recriminazioni.

“Guarda qua che casino! Basta che mi assenti un giorno e non si capisce più niente qua dentro!”

“Andiamo sorellina.” La sollecitò un po’ piccata, tutto era in ordine come al solito e meno che mai aveva alterato i dati del suo computer. Sospirò e si diede a dipanare quella che prometteva d’essere una matassa assai ingarbugliata. “Sheila sai benissimo che tutto è rimasto come l’hai lasciato. E’ evidente che sei arrabbiata, però non rivalertela su di me.”

“Non direi!” Replicò quest’ultima ignorando le offerte di pace che le venivano porte. “Altrimenti perché la mostra del fotografo australiano su cui ho lavorato tanto è stata sostituita da questo tizio dal nome impronunciabile? Non so neppure chi accidenti è!”

“Allora”, Kelly si sedette di fronte a lei ed accavallò le gambe, la cosa prometteva di andare per le lunghe, per cui tanto valeva mettersi comoda, “mi rendo conto che hai fatto molti sforzi per organizzare quel vernissage, ma si da il caso che l’autore per il quale tanto ti sei data da fare sia un buzzurro a caccia di notorietà e denaro facile. Oltre al fatto che mentre eri impegnata altrove mi ha letteralmente reso la vita impossibile. Di conseguenza ho deciso d’accantonarlo momentaneamente, almeno finché non cala le penne, e di dedicarci alle installazioni del russo. Sgravrokj pure ha un sacco di pretese, ma è molto più interessante te l’assicuro.” Le spiegò, quindi l’invitò a visionare i file inerenti le opere che più l’avevano colpita, in modo che si rendesse conto di che cosa stava parlando. “Te l’ho anche accennato l’altro giorno, ma quanto pare non mi stavi neppure ascoltando, anche se hai annuito.”

“Non me ne ricordo affatto.” Ammise Sheila sbuffando e iniziando a calmarsi. “Scusami per prima, davvero. Ultimamente sono così stanca, che non mi meraviglia stia cadendo dalle nuvole . E tutto questo per cosa poi?” S’infervorò nuovamente, facendo intuire alla sua perspicace sorella che si stavano avvicinando al nocciolo del problema. “Trascuro il mio lavoro, i miei interessi e non ultima la mia famiglia, per cosa? Maledetto maniaco ingrato!”

“Presumo stia parlando di Matthew, che ha combinato?”

“Quell’animale, se solo ci penso!” Inveì, evitando di rispondere alla domanda ed  incrociando le braccia risoluta. “Adesso però basta, gli ho dedicato perfino troppo tempo, la pacchia è finita!“

“Okay, non me lo vuoi dire.” Fece Kelly levando gli occhi al cielo e, anche se non era persona informata dei fatti, bastava notare come fosse arrossita in malo modo la sorella per capire. La solita storia, quei due non sarebbero cambiati proprio mai, neppure a ottant’anni. Comunque cercò di darsi un contegno, visto che Sheila fissava in un modo che non le faceva prevedere nulla di buono il sorrisetto che le era salito spontaneo alle labbra, e decise che era il caso di partire in missione di salvezza. Ché a lasciarli fare, sarebbero stati capaci di trascinarla all’infinito.

“Facciamo così sorellina, ti lascio alle prese con il fascicolo su Sgravrokj , che tra l’altro dovrebbe essere qui tra circa un paio d’ore. Studiatelo con calma, così al suo arrivo potrai spupazzartelo in modo che gli sembrerà che si faccia come vuole lui, mentre invece si fa come dal progetto che da brava ti leggerai. Eventualmente volessi apportare delle migliorie al mio piano di lavoro, fa’ pure, non c’è problema.” 

“Ma come, te ne vai e mi lasci con questa patata bollente?” Chiese stupefatta.

“Guarda cara che sto andando a togliertele le castagne dal fuoco.” Replicò prendendo gli occhiali da sole dalla borsetta e soffermandosi sulla porta a darsi un’occhiata veloce allo specchio. “E credimi, questo ti costerà perlomeno un turno in più ai fornelli questa settimana.”

“No Kelly, non mi piace questa storia. So benissimo che stai andando da quell’invasato e ti posso assicurare che è assolutamente inutile, perché non lo voglio più vedere.”

“Davvero?” Fece con aria sorniona prima d’infilare l’uscio. “D’accordo come vuoi, ma si da il caso che questo non valga anche per me. E siccome mi è venuta una gran voglia di farci due chiacchiere, vado.” Concluse avviandosi di buon passo mentre scuoteva garbatamente la testa.

Una volta in macchina cercò di pensare a come affrontare quell’altro zuccone, anche perché non sapeva affatto cosa aspettarsi. Già, di regola Matthew dopo un’iniziale irragionevolezza, la stava ad ascoltare e poi tentava di seguire i suoi consigli, presentandosi a Sheila con aria tragica da penitente. Ma adesso quale sarebbe stata la sua reazione? Difficile dirlo, tanto poteva essere una scheggia impazzita, quanto abbattuto dallo scambio salace che certamente aveva avuto con sua sorella. Perciò Kelly si preparò mentalmente alcune strategie psicologicamente ad effetto che potessero occorrere nell’uno o nell’altro caso. Una Freud in gonnella praticamente, peccato che il suo cogitare risultò essere assolutamente vano, poiché, con sua grande sorpresa, ad attenderla c’era una persona visibilmente serafica e che tra l’altro s’aspettava la sua venuta. Tant’è fu accolta sul balcone, dove se ne stava stravaccato a torso nudo sulla straio, come se fosse in riva al mare, da un: “Già qui?”  

Alla sua faccia sbalordita Matthew chiarì sia che aveva immaginato sarebbe giunta in missione diplomatica, sia che gli occorreva abbronzarsi perché aveva il colorito del latte scaduto.  

Beh, pensò Kelly presa di contropiede, meglio trovarlo disteso che collerico. Quindi,  accomodandosi sulla sedia accanto alla sua e mantenendosi inizialmente sul generico, esordì:  “Allora, come andiamo?”

“Tua sorella è assolutamente fuori di testa.” Rispose, andando diritto al cuore della situazione, senza neppure prendersi la briga di perdersi in convenevoli.

“Non perdi tempo eh? Meglio così, in questo modo possiamo evitare inutili giri di parole. Allora cognato, che le hai fatto? Non ti nascondo che Sheila è arrivata in galleria con tutta l’aria di chi ti passerebbe volentieri sopra con un tir.”

“Non ce ne sarebbe bisogno.“ Affermò impermalito, voltando la faccia, in modo che la donna potesse vedere il segno cremisi che gli spiccava sulla sua guancia.

“Ahi!” Rise, pur senza volerlo. “Mammamia , allora è proprio come penso?”

“Senti, non lo so. Ma questo è il secondo scapaccione che mi becco senza un motivo accettabile. Fossi arrivato dove volevo, magari ne sarebbe valsa almeno la pena.” Si lamentò fregandosene altamente del decoro, del resto, Kelly voleva far sempre la salvatrice della patria? Ebbene, che sapesse allora.

“Non stavo facendo nulla d’anormale, era una semplice effusione, il che dovrebbe essere abituale tra due che stanno insieme, tu che dici? A saperlo che finivo preso a mazzate, ci avrei provato molto prima, così mi toglievo il pensiero subito.”

“Sei troppo pragmatico, è questo il problema.” Rispose compassata, in effetti capiva il suo punto di vista, ma non poteva certo dargli ragione. Quindi con espressione e voce ricche d’enfasi aggiunse:  “Matthew tu dai per scontate cose che forse non lo sono.”

“Ma fammi il piacere Kelly, eppure ti credevo una donna di mondo!” Sbottò punto sul vivo. Poteva essere mai che alla loro età ancora dovevano arrivare al dunque? Era questo che stava tentando di fargli intendere? Ecco il punto dolente, lei, in quanto sorella e confidente, di sicuro ne doveva sapere qualcosa. Ma lui era pronto a sentirsi spiattellare la verità? Forse no, per cui preferì chiarire bene il concetto: “Mettiamo i puntini sulle i, ho tentato di darle un bacio, mica di farle il servizio completo.”

“Ci credo, altrimenti a quest’ora staresti molto peggio vecchio mio!” Replicò l’altra senza riuscire a trattenere oltre l’ilarità e, nonostante tutto, Matthew si ritrovò a sghignazzare insieme a lei.

“Guarda, e ti prego di non dirglielo, ma tra me e me la chiamo la Tigra!“

“Appropriato”, annuì, poi, inalberando una serietà improvvisa continuò, “ma converrai con me che abbiamo un caso difficile da risolvere. Sai, a quanto mi ha detto, temo dovrai farti un periodo di purgatorio, non so fino a che punto precisato.”

“Figuriamoci, sarebbe stato troppo bello se me la fossi cavata solo con quel diretto alla faccia. Comunque, se ha deciso di non venire più qui, faccia pure.“ Replicò cocciuto barricandosi nella convinzione della legittimità delle proprie azioni.

Sconsolata Kelly si chiese perché dovesse sempre trovarsi, suo malgrado, a dover appianare le questioni tra qui due immani duri di testa. 

“Mi deludi sai?” Cominciò con aria alquanto severa, tanto che lui per la prima volta sembrò assumere un contegno meno indolente. “Innanzitutto perché Sheila ti si sta dedicando  anima e corpo...”

“Corpo non direi proprio!” L’interruppe salace.

“Non fare il cretino e ascoltami fino in fondo.” L’ammonì, seccata come non l’aveva mai vista, al punto che, contrito, non fiatò più. Del resto il sangue non era acqua e quelle due si somigliavano più di quanto supponessero.

“E’ stata molto in ansia per te e lo è tutt’ora. Sta ignorando le sue occupazioni per mettere  te in cima alla lista delle sue priorità. E ritieni che questo sia una prova di freddezza? Oppure credi che lo faccia per una forma di contorta abnegazione verso un passato che non c’è più? Ritengo non ci sia bisogno di rispondere a queste domande, il motivo è chiaro come il sole e anche tu lo sai bene.“

“Mah, mica tanto.” Bofonchiò con espressione colpevole, tutto quel discorso lo stava mettendo terribilmente in imbarazzo, facendolo sentire un autentico pezzo di merda.

“Ora, mi rendo conto che al momento è come se ti trovassi davanti una persona che non conosci affatto e che il bagaglio dell’esperienza acquisita sul suo carattere ti venga meno.  Ciononostante potresti usare un po’ di buon senso, ormai avresti dovuto capire che mia sorella è una persona a cui piace che le cose avvengano in una certa maniera, o è troppo chiedere un minimo di romanticismo da parte tua?”

“Che Sheila fosse fuori dalla norma l’avevo afferrato, eccome.” Ammise pacato, poi scrollò le spalle e diede uno sguardo circolare all’ambiente circostante, per appuntarlo infine sulla sua interlocutrice, come a dire che in quel contesto sarebbe stato piuttosto difficile radunare rose e violini. “Che vuoi che ti dica? Forse, sarò stato troppo precipitoso, ma mettiti nei miei panni. Insomma Kelly, sei sua sorella e certi discorsi non dovrei farli con te, però quando la natura chiama, non sempre si può resistere.” Sbuffò impacciato, ma con determinazione andò avanti.  “E questo discorso non vale solo per quel che riguarda i sensi, te l’assicuro. Credimi non è che quando sto con lei penso a quello per tutto il tempo. Però capita e dopo non posso far a meno di rifletterci. A me parrebbe una cosa naturale tra due persone che, a quanto mi si dice, stanno insieme da un sacco...”

“Te lo ripeto, tu dai per ovvi troppi particolari Matthew.” Replicò con toni da sfinge sebbene, quanto alla questione ne sapesse forse ancor meno di lui. Ma visto che entrambi c’avevano girato intorno senza essere espliciti, poteva permettersi di fare l’edotta, sebbene ci fosse ben altro che le premesse sapere. Tant’è, lasciò cadere l’argomento e sparò la bordata.  

“Piuttosto permettimi di chiedertelo, ma tu ne sei innamorato?”

“Direi di sì, visto che è la mia ragazza.”

“Eh no cocco, risposta sbagliata. Non ti ho chiesto propriamente questo, rifletti bene. Sto parlando dei tuoi sentimenti attuali e quello che è successo prima non conta. La domanda verte indipendentemente da quello che è stato.”

“Allora non saprei che dirti, come si fa a capire quando si è innamorati? Mi stai chiedendo qualcosa di cui non ho cognizione.”

“Se la metti così, non ti resta che rifletterci e molto attentamente. Nei prossimi giorni infatti ne avrai di tempo per farlo, tempo che passerai da solo vecchio mio. Pensaci e, quando avrai trovato le risposte, agisci di conseguenza. Se ne concluderai che lo sei, allora la prossima volta invece di saltarle addosso, prova prima a dirle quello che provi.  Solo dopo averlo fatto, eventualmente potresti lamentarti. E non è neppure detto. Dovresti avere più rispetto per i sentimenti di Sheila, sai? Bene ti saluto, ti lascio alla tua prolungata meditazione.“

Concluse infilando la porta e lasciandolo lì, come un baccalà, a grattarsi la testa e chiedersi perché mai non si fosse risvegliato dal coma con un sano istinto di castità.

   
 
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