Non
ne riparlarono più in seguito, sia del cedimento emotivo di
Sheila, che della fugace
rimembranza avuta da Matthew.
Chiaramente
metteva in imbarazzo entrambi, senza contare che, nelle settimane che
seguirono,
purtroppo la sua memoria, esattamente come d’improvviso aveva
elargito
quell’occasionale sprazzo, parve riaddormentarsi di nuovo.
Nel
frattempo iniziarono a scucirlo, come amabilmente egli stesso soleva
definire
l’operazione del togliergli i punti, e, sebbene i medici si
prendessero la briga
di rassicurarlo sul fatto che stava guarendo con una
velocità sorprendente,
risultava sempre più difficile ignorare
le cicatrici che gli deturpavano buona parte dell’addome e
delle gambe.
Certo,
come al solito faceva dell’ironia in proposito, argomentando
quanto fosse una vera
fortuna che la faccia gli fosse rimasta integra. Ciò,
chiariva ironico, non
tanto per una questione di mera estetica, quanto perché era
stato succintamente
informato che in genere la sede epidermica preferita della chirurgia
plastica era
il sedere, e francamente non ci teneva a ritrovarsi la faccia come il
culo.
Questi
i ragionamenti con i quali tentava di convincere quanti gli stavano
intorno e
costoro, considerando che non era mai stato uno troppo fissato col
proprio
aspetto, in linea di massima non si preoccupavano troppo in merito.
Indubbiamente
non si trattava di superficialità, più che altro
ritenevano che, rispetto
all’amnesi, quello fosse un problema secondario, quindi non potevano sapere che
quand’era da solo spesso
si sbirciava quegli odiosi sfregi e si chiedeva se avrebbe avuto mai il
coraggio di mostrarsi privo d’indumenti a chicchessia. Ora
come ora, in effetti,
pensava non sarebbe riuscito neppure a mettersi in costume da bagno,
poiché se
a lui, legittimo proprietario di quel corpo e di conseguenza quello a
cui meno
conveniva far lo schizzinoso, faceva impressione guardarsi, figuriamoci
che bello
spettacolo poteva essere per chiunque altro.
“Per
ricoprirli mi dovrei far tatuare da capo a piedi.” Pensava
avvilito. “Praticamente
come tappezzare una catapecchia con una carta da parati a fiori
viola.” Ne
concludeva, per ritrovarsi immediatamente dopo a scandagliare il
misterioso
abisso della psiche femminile. Già, perché
più la sua conoscenza della
fidanzata s’approfondiva e più si ritrovava a non
capirci nulla. Nel caso
specifico si trattava di un commento casuale fatto da Sheila qualche
giorno
prima alla vista d’un servizio di moda che stavano dando in
tv. Tra l’altro,
com’è che, qualunque cosa stesse facendo, come
partiva quella roba si paralizzava
innanzi allo schermo? Per quanto
lo riguardava infatti trovava noioso da morire quel cianciare in merito
all’abbigliamento e in genere, al di là di rifarsi
gli occhi con le modelle,
cambiava subito canale. Sheila no, anzi pareva proprio interessata a
quelle
boiate e anzi, la volta in cui era venuta accompagnata da Kelly, ed era
partito
l’ennesimo servizio fashion al tg, poco ci era mancato che
facessero notte là
davanti.
Stupito
gli era toccato assistere ad un controversia, serrata accidenti, mentre
la voce
blesa del cronista illustrava quegli abiti ridicoli e loro si
accapigliavano
riguardo a questo o quel particolare. Come se plissé,
lamé, macramè, e altra
roba che finiva accentata sul finale, facesse poi sta gran differenza.
Quanto
a lui si era detto che magari avessero discusso
sull’opportunità d’indossare la
sottoveste oppure il baby doll, quello sì che sarebbe stato
un quesito
interessante e volentieri avrebbe partecipato con slancio alla
conversazione,
ma visto come stavano i fatti, si
era
ben guardato dall’aprir bocca davanti a simili professioniste
del settore.
“Donne!”
Mugugnò innervosito.
Eh
sì, perché dopo avergli fatto due palle
così con discorsi inerenti
l’opportunità
o meno di un ritorno del vintage, costringendolo il giorno successivo a
domandare ad un infermiera ( e non ad un medico o, che so io, ad un
altro
paziente, poiché, ormai questo l’aveva ben inteso,
solo un’altra donna poteva
capire il ragionamento di una sua simile) che accidenti fosse sto
vintage, le
due, alla vista delle sfilate maschili, gli avevano donato
l’ennesima perla di
saggezza. Ovvero, che l’uomo glabro era decisamente
più bello e seducente.
Ecco,
a tale affermazione, infatuazione o no per una e rispetto o meno per
l’altra,
ne aveva concluso che nonostante tutto anche quelle dee di perfezione
ed avvenenza
potevano talvolta dimostrarsi delle emerite cretine.
Ma
che accidenti andavano cianciando? Porca miseria avrebbe pagato oro per
ritrovarsi peloso come uno yeti! Sarebbe stata la soluzione ideale,
infatti
cos’altro se non un bel vello ricciuto avrebbe potuto
occultare quello schifo
che si ritrovava addosso? E quelle deficienti avevano pure il coraggio
di
parlare?
Naturalmente
evitò d’esporre questa sua tesi, altrimenti come
minimo si sarebbe beccato una
sequela d’insulti. Forse gli avrebbero dato dello zotico,
chissà, ma del demodé
sicuramente.
Buon
per lui comunque che gli eventi presero un’ottima piega
poiché, quando
finalmente gli tolsero il gesso dallo stinco, il
suo umore migliorò di molto e non pensò
più
ad altro. Del resto, visto che a quel punto gli si prospettò
che, una volta
riacquistata la mobilità, l’avrebbero presto
dimesso, che gliene fregava della
scarsa peluria che si ritrovava? E neppure la prospettiva di dover
tornare
spesso in ospedale per i controlli e per le fisioterapie poteva
deprimerlo, poiché
sarebbe stato libero di andare e venire. Davvero non vedeva
l’ora di esserne
fuori e, la notizia tanto lo esaltava, che persino le cicatrici per un
po’ gli
parvero meno vistose.
Una
volta esauritasi l’ebbrezza iniziale però
cominciò a riflettere su tutta una
serie d’incognite che il suo ritorno alla vita civile avrebbe
comportato. Tipo,
ma lui ce l’aveva una casa? E soprattutto, con quale reddito
si sarebbe
mantenuto? Orpo, finché se n’era stato mummificato
lì dentro il problema non si
era posto, in fondo gli servivano i regolamentari tre pasti al giorno,
indossava un bel pigiamino a strisce col logo
dell’unità sanitaria e girava in
carrozzina come un pascià, ma una volta fuori come diavolo
avrebbe fatto?
“Porca
puttana”, pensò in preda
all’apprensione, inquadrando appieno la sua totale
incapacità concernente il vissuto pratico, “quasi,
quasi mi butto dal terrazzino
e mi rompo entrambe le gambe stavolta!”
Ad
interrompere questo suo bel pensierino fu la quotidiana visita di
Sheila, la
quale se ne stava da un bel pezzo sulla porta ad ascoltare
gl’incomprensibili
brontolii del suo uomo. In effetti Matthew dapprima le era parso assai
perplesso, ma in ultima analisi addirittura atterrito e davvero non
riusciva ad
immaginarsi che diavolo gli fosse preso da agitarsi tanto. In fondo
negli
ultimi tempi si era di molto tranquillizzato.
“Che
succede?” Chiese quindi con fare solo apparentemente leggero.
“Non
so cos’è il vintage e sono pure poco peloso, ecco
che succede!” Fu la risposta
criptica che ne ebbe, al che cominciò davvero a
preoccuparsi.
“Mio
Dio”, s’allarmò correndo al suo
capezzale per sincerarsi del reale stato delle
cose, “è in preda al delirio!”
Detto
fatto gli passò una mano sulla testa per constatare se
avesse la febbre alta ma,
visto che al tatto la temperatura le sembrava assolutamente normale,
stava per
chiamare un medico, nel caso servisse un calmante. Nel mentre tuttavia
notò un
particolare che precedentemente non le era saltato all’occhio
e che adesso
invece le brillava davanti agli occhi come se fosse stato inciso a
caratteri
catarifrangenti.
Col
senno di poi entrambi poterono dirsi che forse sarebbe stato meglio se
gli
avessero sparato una bella dose di prozac, o più esattamente
di bromuro, ché l’incidente
diplomatico che ne seguì poco mancò mandasse
nuovamente al pronto soccorso il
degente in uscita. Come tra l’altro fino a pochi istanti
prima si era augurato,
anche se, innanzi all’ira funesta che scatenò,
Matthew si disse che probabilmente
sarebbe stato meglio affrontare la realtà esterna, con tutte
le problematiche
sconosciute che poteva comportare, piuttosto che quell’erinni
della sua dolce
metà.
Quanto
a Sheila davvero si sorprese dell’altarino che credette di
star scoprendo, da
parecchio infatti Matthew non aveva commesso spropositi, anzi il suo
agire era
stato a tal punto irreprensibile, che persino la sua
irritabilità, così facile
a suscitarsi, era rimasta doma.
Tutto
questo, appunto, finché non notò che nella parte
interna dell’ingessatura al
braccio, scampolo che probabilmente quel farabutto del suo fidanzato
aveva badato
bene a mantenere occultato, c’era qualcosa che in precedenza
non compariva e
che a vederlo rendeva lei necessitante di un sedativo. Magari di quelli
che
davano alle bestie feroci in cattività.
In
pratica si trattava del segno di un bacio lasciato da un rossetto rosso
acceso e
sotto c’era perfino la postilla Al
bel
maschione!.
Abbastanza
insomma perché succedesse il finimondo, anche se a tutta
prima Matthew non notò
affatto il cipiglio truce che gli venne lanciato,
tant’è vero che stava
tentando di spiegarle dell’esclamazione con la quale
l’aveva accolta e soprattutto
dell’ingarbugliato ragionamento dal quale deduceva che dal
tosone carente
sarebbero derivate le sue difficoltà nella routine di tutti
i giorni.
Fiato
sprecato, perché lei manco lo stava ad ascoltare,
recriminando piuttosto tra sé
e sé sulla cafonaggine intonsa di quella battona che usava
un rossetto così
vistoso. Senza contare l’idiozia imperante di quel pappagallo
del suo fidanzato
che si era fatto irretire da una simile donnaccia.
In
breve, Sheila aveva un’espressione talmente acida che quando
Matthew si rese
conto che si era azzittita da un bel pezzo e si voltò a
guardarla, gli bastò
uno sguardo per capire che erano finiti sul sentiero di guerra.
“Allora,
maschione”, fece calando
pesantemente
l’accento sulla l’ultima parola, “se
è lecito sapere, chi è
l’autrice?” Aggiunse
cominciando a battere il piede al suolo e portandosi le mani ai
fianchi.
Innanzi
ad una simile icona della virago tradita al maschione venne quasi da
ridere, ma
per sua fortuna capì in tempo che non era affatto il caso di
fare lo spiritoso.
“Oh
andiamo, non ti arrabbierai mica per una cretinata simile?”
Chiese ragionevole
ed ostentando stupore ma, visto che il cipiglio della donna si faceva
sempre
più truce, s’affrettò a chiarirle i
fatti.
“Me
l’ha fatto una ragazza che se è possibile
è arrivata qui dentro più scassata di
me. Poverina è stata investita mentre attraversava la strada
e le hanno fatto
una bella ingessatura pure a lei. Ci siamo incontrati qualche settimana
fa
mentre aspettavamo entrambi di andare dal segaossa e abbiamo iniziato a
chiacchierare, tutto qui.”
“E
quello?”
Insisté per niente convinta
da quella spiegazione da santarellino.
“L’altra
sera sono andato nell’area comune e ci siamo presi un
caffè insieme.” Aggiunse
esitante vedendola incupirsi sempre di più, in effetti le
parole sera e insieme
per Sheila erano già abbastanza.
“E…?”
Lo spronò gelida al suo tentennare.
“E
quando ha saputo che di qui a breve mi avrebbero dimesso, ha voluto
lasciarmi
un ricordino.“ Concluse con aria innocente, sperando, ma
senza esserne neanche
troppo convinto, che quella spiegazione potesse buttare acqua sul fuoco.
“E
dimmi”, fece Sheila con calma simulata, talmente ostentata
che al compimento
della frase già aveva preso un notevole numero di giri
quanto a pressione
interna, “com’è che fino ad ora non ne
hai mai fatto cenno? E’ strano”,
continuò
sarcastica facendo il verso al medesimo stupore cui era stata fatto
oggetto
fino a pochi istanti prima, “mi metti a parte di qualsiasi
aspetto della tua
vita ospedaliera, ivi comprese tutte le tue difficoltose soste alla
toilette,
cosa di cui ne farei volentieri a meno, e su questo neppure una
parola?”
“Ed
è una colpevole omissione?” Fece Matthew sentendo
affievolirsi, fino allo
spegnimento completo, i bagliori della sua aureola di
santità. Già, ormai
conosceva quanto basta la pollastra che aveva innanzi, tanto che
all’istante ebbe
la conferma di essere in un mare di guai. Ciò nonostante non
si diede per
vinto, ché davvero stava dicendole la sacrosanta
verità.
“Mi
sarà sfuggito, sai quando capita di incontrarci è
sempre per caso. Andiamo
Sheila, ma che ti viene in mente? Capirai, abbiamo entrambi la
scioltezza di un
soprammobile e mica possiamo andare dove ci pare.” Aggiunse
conciliate per
rendersi prontamente conto che neppure la via della logica sortiva
effetto e che
la donna pareva proprio non voler mollare l’osso.
Più
amabile, blandiscila porca vacca! Gli suggerì una
vocina sollecita, quindi facendole un
sorriso, che sperò essergli uscito suadente,
continuò: “Inoltre trascorro le
giornate con te, quindi che bisogno avrei di cercare altra compagnia?
Sì, di
tanto in tanto c’incrociamo nella sala ricreativa a notte
fonda, beh cioè...
non di proposito ed assolutamente non in quel senso, succede,
ma mica ci diamo appuntamento…” Concluse
di botto rendendosi conto dei lapsus terrificanti che aveva esternato e
di star
paurosamente tartagliando. Tutti indizi di conclamata colpevolezza.
“E
che ne so? Di certo ti stai comportando come uno che ha la coscienza
sporca.”
Ribatté a questo punto Sheila la quale, sebbene sotto, sotto
si rendesse conto
che quella discussione fosse assurda, ciò nonostante era
furiosa. E come
avrebbe potuto altrimenti? Matthew aveva sempre avuta una malsana
propensione a
fare il casanova da strapazzo, vezzo che, nonostante il più
delle volte si
risolvesse in ripetuti e clamorosi due di picche, non le era mai andato
giù.
Inoltre solo il fatto che ci provasse per lei era già
più che sufficiente.
“E
dai, non c’è proprio nessun motivo
perché
tu mi tenga il muso per una sciocchezza simile.”
Continuò l’altro con fare convincente,
talmente tanto, che per un meraviglioso istante pensò di
averla persuasa. Ma
poi, volendo strafare, firmò la sua definitiva condanna a
morte, giacché non
trovò nulla di meglio da dire che: “E poi
cerchiamo di essere pratici, niente
di male ho fatto e se pure ne avessi avuta l’intenzione, che
accidenti avrei
potuto combinare conciato così?”
Udita
questa chiosa a Sheila andò definitivamente il sangue alla
testa e, afferrandolo
per il bavero del pigiama, con
un impeto
incurante dello stato già confusionale della sua capoccia,
si diede a scuoterlo
con violenza tellurica.
“Cosicché
se avessi potuto, l’avresti fatto!”
Esclamò sbatacchiandolo.
“No,
ma che hai capito e fatto cosa poi?” Riuscì ad
articolare tra l’ondulatorio ed
il sussultorio. Poi, quando finalmente il turbine parve arrestarsi,
sebbene non
fosse stato ancora mollato e il sisma minacciasse di ricominciare da un
momento
all’altro, si giustificò. “Ma porca
miseria, è mai possibile che prendi tutto
alla rovescia? Intendevo dire che questo è un dato di fatto
in più, atto a
dimostrare che non è successo niente, chiaro?”
“Ma
che bravo, arringa perfetta...” Ribatté la donna,
con tutta l’intenzione di
fargli una predica coi fiocchi, quando sbalordita s’accorse
che, approfittando
della sua posizione ravvicinata, l’incompreso martire del
fraintendimento le
aveva passato il braccio sano attorno alla vita e la stava decisamente
tirando
a sé.
“Che
diavolo stai combinando?” Chiese intimidatoria con un
sussurro che, se non
fosse stato per il particolare che Matthew fosse perso nella
contemplazione
attenta del suo decolleté, avrebbe potuto paralizzarlo
all’istante.
“Sai
stavo pensando che è quasi un mese che ti vedo tutti i
giorni e neppure un
bacino? Dai accontenta un malato!”
L’esortò protendendosi in avanti e
portandosi in traiettoria, peccato per lui però che la
parabola labiale che
stava percorrendo coincidesse perfettamente con l’accelerato
che partiva da
sud. Ovvero, per
dirla in termini
ferroviari, il diretto delle 11.30 transitò puntualissimo
sui binari della sua
faccia e l’eco del suo passaggio risuonò
chiaramente tra le pareti della stanza.
“Che
accidenti credi di fare?!” Gridò furibonda,
allontanandosi repentinamente. “Mi
credi una così facile!?”
Matthew
scosse il capo, non si sa se per diniego o per schiarirsi le idee, dal
momento
che aveva piuttosto intontite dopo quel colpo da campione dei pesi
massimi. Era
l’ennesimo ceffone che si prendeva e, concludendo che
l’origine da cui
partivano le botte era sempre la stessa, decise di togliersi dal gozzo
quel che
pensava in proposito una volta per tutte. Ché magari Sheila
poteva pure essere
parecchio pudica e con un senso della morigeratezza sviluppato
all’eccesso, però
tutto ciò era frustrante. In fin dei conti non le aveva
chiesto nulla di strano,
né aveva fatto alcunché di male e che cavolo!
“Facile?”
Proruppe stridulo. “Porca Eva, ora capisco
com’è che dai tuoi racconti ne esco
sempre come un coglione fatto e finito! Ché se per un
fetentissimo bacio fai
sta’ tragedia è ovvio che me ne debba andare a
puttane o verso un convento di
bonzi!”
“Ma
che razza di bastardo!” Esclamò fremente davanti a
quel linguaggio da caserma. Cosicché
quel bifolco allupato era lì che voleva arrivare? Bene, l’avrebbe
illuminato in proposito una
volta per tutte. “Se è questo che vuoi da me, te
lo puoi scordare Matthew. Io
me ne vado e tu arrangiati!” Strepitò al colmo
della rabbia, uscendosene prima
di cedere all’irrefrenabile impulso di prenderlo a bastonate
con le sue stesse
stampelle.
“Fai
come cazzo ti pare!“ Si sentì urlare di rimando,
dopodiché, a seguire il rumore
della porta violentemente sbattuta, calò un silenzio di
tomba.
Nel
frattempo, all’altro capo della città, Kelly era
alle prese con i capricci e le
borie telefoniche dell’inafferrabile pittore russo che aveva
avuto la malsana
idea d’ingaggiare. Quella era la decima telefonata che gli
faceva e mettere a
punto tutti i dettagli per la sua ormai prossima mostra alla galleria,
aveva
assai provato la sua conclamata pazienza. Per cui, quando vide Sheila
entrare
come un fulmine e andare a chiudersi nel suo ufficio, si chiese quante
ancora
ne poteva sopportare per quel giorno.
Esortandosi
ad essere forte, e sapendo di dover intervenire, si accinse ad
affrontare la
buriana. Solo non poteva far a meno d’interrogarsi, intanto
che ascoltava con
un orecchio solo le lamentele di Misha Sgravroj,
sull’accidenti che stavolta era
intercorso trai fidanzatini litighini.
Già,
si disse ridendo maliziosamente, pareva strano che per alcune settimane
tutto
fosse filato liscio. Comunque era del tutto inutile perdersi in
illazioni, meglio
andare direttamente alla fonte, pensò varcando la soglia
dello studio di sua sorella
e trovandola che pestava con impeto la tastiera del computer.
Rifletté un
attimo studiandone l’espressione assolutamente iraconda e ne
dedusse che la
situazione era molto peggio di quanto si fosse figurata. Stava per
chiederle
cosa fosse accaduto, quando venne investita da una scarica di
recriminazioni.
“Guarda
qua che casino! Basta che mi assenti un giorno e non si capisce
più niente qua
dentro!”
“Andiamo
sorellina.” La sollecitò un po’ piccata,
tutto era in ordine come al solito e
meno che mai aveva alterato i dati del suo computer. Sospirò
e si diede a
dipanare quella che prometteva d’essere una matassa assai
ingarbugliata. “Sheila
sai benissimo che tutto è rimasto come l’hai
lasciato. E’ evidente che sei
arrabbiata, però non rivalertela su di me.”
“Non
direi!” Replicò quest’ultima ignorando
le offerte di pace che le venivano
porte. “Altrimenti perché la mostra del fotografo
australiano su cui ho
lavorato tanto è stata sostituita da questo tizio dal nome
impronunciabile? Non
so neppure chi accidenti è!”
“Allora”,
Kelly si sedette di fronte a lei ed accavallò le gambe, la
cosa prometteva di
andare per le lunghe, per cui tanto valeva mettersi comoda,
“mi rendo conto che
hai fatto molti sforzi per organizzare quel vernissage, ma si da il
caso che l’autore
per il quale tanto ti sei data da fare sia un buzzurro a caccia di
notorietà e
denaro facile. Oltre al fatto che mentre eri impegnata altrove mi ha
letteralmente
reso la vita impossibile. Di conseguenza ho deciso
d’accantonarlo momentaneamente,
almeno finché non cala le penne, e di dedicarci alle
installazioni del russo.
Sgravrokj pure ha un sacco di pretese, ma è molto
più interessante te
l’assicuro.” Le spiegò, quindi
l’invitò a visionare i file inerenti le opere
che più l’avevano colpita, in modo che si rendesse
conto di che cosa stava parlando.
“Te l’ho anche accennato l’altro giorno,
ma quanto pare non mi stavi neppure
ascoltando, anche se hai annuito.”
“Non
me ne ricordo affatto.” Ammise Sheila sbuffando e iniziando a
calmarsi.
“Scusami per prima, davvero. Ultimamente sono così
stanca, che non mi
meraviglia stia cadendo dalle nuvole . E tutto questo per cosa
poi?”
S’infervorò nuovamente, facendo intuire alla sua
perspicace sorella che si
stavano avvicinando al nocciolo del problema. “Trascuro il
mio lavoro, i miei
interessi e non ultima la mia famiglia, per cosa? Maledetto maniaco
ingrato!”
“Presumo
stia parlando di Matthew, che ha combinato?”
“Quell’animale,
se solo ci penso!” Inveì, evitando di rispondere
alla domanda ed incrociando
le braccia risoluta. “Adesso però
basta, gli ho dedicato perfino troppo tempo, la pacchia è
finita!“
“Okay,
non me lo vuoi dire.” Fece Kelly levando gli occhi al cielo
e, anche se non era
persona informata dei fatti, bastava notare come fosse arrossita in
malo modo
la sorella per capire. La solita storia, quei due non sarebbero
cambiati
proprio mai, neppure a ottant’anni. Comunque cercò
di darsi un contegno, visto
che Sheila fissava in un modo che non le faceva prevedere nulla di
buono il
sorrisetto che le era salito spontaneo alle labbra, e decise che era il
caso di
partire in missione di salvezza. Ché a lasciarli fare,
sarebbero stati capaci
di trascinarla all’infinito.
“Facciamo
così sorellina, ti lascio alle prese con il fascicolo su
Sgravrokj , che tra
l’altro dovrebbe essere qui tra circa un paio
d’ore. Studiatelo con calma, così
al suo arrivo potrai spupazzartelo in modo che gli sembrerà
che si faccia come
vuole lui, mentre invece si fa come dal progetto che da brava ti
leggerai.
Eventualmente volessi apportare delle migliorie al mio piano di lavoro,
fa’
pure, non c’è problema.”
“Ma
come, te ne vai e mi lasci con questa patata bollente?”
Chiese stupefatta.
“Guarda
cara che sto andando a togliertele le castagne dal fuoco.”
Replicò prendendo
gli occhiali da sole dalla borsetta e soffermandosi sulla porta a darsi
un’occhiata
veloce allo specchio. “E credimi, questo ti
costerà perlomeno un turno in più
ai fornelli questa settimana.”
“No
Kelly, non mi piace questa storia. So benissimo che stai andando da
quell’invasato e ti posso assicurare che è
assolutamente inutile, perché non lo
voglio più vedere.”
“Davvero?”
Fece con aria sorniona prima d’infilare l’uscio.
“D’accordo come vuoi, ma si da
il caso che questo non valga anche per me. E siccome mi è
venuta una gran
voglia di farci due chiacchiere, vado.” Concluse avviandosi
di buon passo
mentre scuoteva garbatamente la testa.
Una
volta in macchina cercò di pensare a come affrontare
quell’altro zuccone, anche
perché non sapeva affatto cosa aspettarsi. Già,
di regola Matthew dopo
un’iniziale irragionevolezza, la stava ad ascoltare e poi
tentava di seguire i
suoi consigli, presentandosi a Sheila con aria tragica da penitente. Ma
adesso
quale sarebbe stata la sua reazione? Difficile dirlo, tanto poteva
essere una
scheggia impazzita, quanto abbattuto dallo scambio salace che
certamente aveva
avuto con sua sorella. Perciò Kelly si preparò
mentalmente alcune strategie
psicologicamente ad effetto che potessero occorrere nell’uno
o nell’altro caso.
Una Freud in gonnella praticamente, peccato che il suo cogitare
risultò essere
assolutamente vano, poiché, con sua grande sorpresa, ad
attenderla c’era una
persona visibilmente serafica e che tra l’altro
s’aspettava la sua venuta. Tant’è
fu accolta sul balcone, dove se ne stava stravaccato a torso nudo sulla
straio,
come se fosse in riva al mare, da un: “Già
qui?”
Alla
sua faccia sbalordita Matthew chiarì sia che aveva
immaginato sarebbe giunta in
missione diplomatica, sia che gli occorreva abbronzarsi
perché aveva il
colorito del latte scaduto.
Beh,
pensò Kelly presa di contropiede, meglio trovarlo disteso
che collerico.
Quindi, accomodandosi
sulla sedia
accanto alla sua e mantenendosi inizialmente sul generico,
esordì: “Allora,
come andiamo?”
“Tua
sorella è assolutamente fuori di testa.” Rispose,
andando diritto al cuore
della situazione, senza neppure prendersi la briga di perdersi in
convenevoli.
“Non
perdi tempo eh? Meglio così, in questo modo possiamo evitare
inutili giri di
parole. Allora cognato, che le hai fatto? Non ti nascondo che Sheila
è arrivata
in galleria con tutta l’aria di chi ti passerebbe volentieri
sopra con un tir.”
“Non
ce ne sarebbe bisogno.“ Affermò impermalito,
voltando la faccia, in modo che la
donna potesse vedere il segno cremisi che gli spiccava sulla sua
guancia.
“Ahi!”
Rise, pur senza volerlo. “Mammamia , allora è
proprio come penso?”
“Senti,
non lo so. Ma questo è il secondo scapaccione che mi becco
senza un motivo accettabile.
Fossi arrivato dove volevo, magari ne sarebbe valsa almeno la
pena.” Si lamentò
fregandosene altamente del decoro, del resto, Kelly voleva far sempre
la
salvatrice della patria? Ebbene, che sapesse allora.
“Non
stavo facendo nulla d’anormale, era una semplice effusione,
il che dovrebbe
essere abituale tra due che stanno insieme, tu che dici? A saperlo che
finivo
preso a mazzate, ci avrei provato molto prima, così mi
toglievo il pensiero
subito.”
“Sei
troppo pragmatico, è questo il problema.” Rispose
compassata, in effetti capiva
il suo punto di vista, ma non poteva certo dargli ragione. Quindi con
espressione e voce ricche d’enfasi aggiunse:
“Matthew tu dai per scontate cose che forse non
lo sono.”
“Ma
fammi il piacere Kelly, eppure ti credevo una donna di
mondo!” Sbottò punto sul
vivo. Poteva essere mai che alla loro età ancora dovevano
arrivare al dunque?
Era questo che stava tentando di fargli intendere? Ecco il punto
dolente, lei,
in quanto sorella e confidente, di sicuro ne doveva sapere qualcosa. Ma
lui era
pronto a sentirsi spiattellare la verità? Forse no, per cui
preferì chiarire
bene il concetto: “Mettiamo i puntini sulle i, ho tentato di
darle un bacio,
mica di farle il servizio completo.”
“Ci
credo, altrimenti a quest’ora staresti molto peggio vecchio
mio!” Replicò l’altra
senza riuscire a trattenere oltre l’ilarità e,
nonostante tutto, Matthew si
ritrovò a sghignazzare insieme a lei.
“Guarda,
e ti prego di non dirglielo, ma tra me e me la chiamo
“Appropriato”,
annuì, poi, inalberando una serietà improvvisa
continuò, “ma converrai con me
che abbiamo un caso difficile da risolvere. Sai, a quanto mi ha detto,
temo dovrai
farti un periodo di purgatorio, non so fino a che punto
precisato.”
“Figuriamoci,
sarebbe stato troppo bello se me la fossi cavata solo con quel diretto
alla
faccia. Comunque, se ha deciso di non venire più qui, faccia
pure.“ Replicò
cocciuto barricandosi nella convinzione della legittimità
delle proprie azioni.
Sconsolata
Kelly si chiese perché dovesse sempre trovarsi, suo
malgrado, a dover appianare
le questioni tra qui due immani duri di testa.
“Mi
deludi sai?” Cominciò con aria alquanto severa,
tanto che lui per la prima
volta sembrò assumere un contegno meno indolente.
“Innanzitutto perché Sheila ti
si sta dedicando anima
e corpo...”
“Corpo
non direi proprio!” L’interruppe salace.
“Non
fare il cretino e ascoltami fino in fondo.”
L’ammonì, seccata come non l’aveva
mai vista, al punto che, contrito, non fiatò più.
Del resto il sangue non era
acqua e quelle due si somigliavano più di quanto
supponessero.
“E’
stata molto in ansia per te e lo è tutt’ora. Sta
ignorando le sue occupazioni
per mettere te in
cima alla lista delle
sue priorità. E ritieni che questo sia una prova di
freddezza? Oppure credi che
lo faccia per una forma di contorta abnegazione verso un passato che
non c’è
più? Ritengo non ci sia bisogno di rispondere a queste
domande, il motivo è
chiaro come il sole e anche tu lo sai bene.“
“Mah,
mica tanto.” Bofonchiò con espressione colpevole,
tutto quel discorso lo stava
mettendo terribilmente in imbarazzo, facendolo sentire un autentico
pezzo di
merda.
“Ora,
mi rendo conto che al momento è come se ti trovassi davanti
una persona che non
conosci affatto e che il bagaglio dell’esperienza acquisita
sul suo carattere
ti venga meno. Ciononostante
potresti
usare un po’ di buon senso, ormai avresti dovuto capire che
mia sorella è una
persona a cui piace che le cose avvengano in una certa maniera, o
è troppo
chiedere un minimo di romanticismo da parte tua?”
“Che
Sheila fosse fuori dalla norma l’avevo afferrato,
eccome.” Ammise pacato, poi
scrollò le spalle e diede uno sguardo circolare
all’ambiente circostante, per
appuntarlo infine sulla sua interlocutrice, come a dire che in quel
contesto
sarebbe stato piuttosto difficile radunare rose e violini.
“Che vuoi che ti
dica? Forse, sarò stato troppo precipitoso, ma mettiti nei
miei panni. Insomma
Kelly, sei sua sorella e certi discorsi non dovrei farli con te,
però quando la
natura chiama, non sempre si può resistere.”
Sbuffò impacciato, ma con
determinazione andò avanti.
“E questo
discorso non vale solo per quel che riguarda i sensi, te
l’assicuro. Credimi
non è che quando sto con lei penso a quello per tutto il
tempo. Però capita e
dopo non posso far a meno di rifletterci. A
me parrebbe una cosa naturale tra due persone che, a quanto
mi si dice,
stanno insieme da un sacco...”
“Te
lo ripeto, tu dai per ovvi troppi particolari Matthew.”
Replicò con toni da
sfinge sebbene, quanto alla questione ne sapesse forse ancor meno di
lui. Ma
visto che entrambi c’avevano girato intorno senza essere
espliciti, poteva
permettersi di fare l’edotta, sebbene ci fosse ben altro che
le premesse
sapere. Tant’è, lasciò cadere
l’argomento e sparò la bordata.
“Piuttosto
permettimi di chiedertelo, ma tu ne sei innamorato?”
“Direi
di sì, visto che è la mia ragazza.”
“Eh
no cocco, risposta sbagliata. Non ti ho chiesto propriamente questo,
rifletti
bene. Sto parlando dei tuoi sentimenti attuali e quello che
è successo prima
non conta. La domanda verte indipendentemente da quello che
è stato.”
“Allora
non saprei che dirti, come si fa a capire quando si è
innamorati? Mi stai
chiedendo qualcosa di cui non ho cognizione.”
“Se
la metti così, non ti resta che rifletterci e molto
attentamente. Nei prossimi
giorni infatti ne avrai di tempo per farlo, tempo che passerai da solo
vecchio
mio. Pensaci e, quando avrai trovato le risposte, agisci di
conseguenza. Se ne
concluderai che lo sei, allora la prossima volta invece di saltarle
addosso,
prova prima a dirle quello che provi.
Solo dopo averlo fatto, eventualmente potresti lamentarti.
E non è
neppure detto. Dovresti avere più rispetto per i sentimenti
di Sheila, sai?
Bene ti saluto, ti lascio alla tua prolungata meditazione.“
Concluse
infilando la porta e lasciandolo lì, come un
baccalà, a grattarsi la testa e
chiedersi perché mai non si fosse risvegliato dal coma con
un sano istinto di
castità.