Serie TV > Wynonna Earp
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Autore: aurora giacomini    09/04/2023    0 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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“Mi piace baciarti...” sussurrò Nicole senza allontanarsi troppo dal volto di Waverly, “mi piace l'effetto che i miei baci hanno su di te.” La baciò ancora. “Mi piace il tuo odore...” Altro bacio. “Mi piacciono le immagini che si creano nella mia mente quando il tuo sapore mi invade la bocca.”

Per Waverly non fu difficile trovare un equilibro tra il sorridere e l'accogliere la bocca di Nicole: era una danza di cui aveva l'impressione di conoscere ogni passo.

“Mi piace che mi tocchi il volto quando mi baci...” continuò prima di catturare di nuovo le labbra di Waverly. “Mi piace l'innocenza confortante dei tuoi modi, la tua delicatezza...”

Per qualche minuto la sua bocca fu troppo impegnata con quella di Waverly e nella stanza si sentirono solo i loro respiri.

“Mi piace sentirmi libera di poterti parlare così, liberamente...” concluse, allontanandosi per poterla guardare negli occhi.

“Mi piace... voglio dire, mi piace che tu ti senta libera con me.” Waverly trattenne la mano sullo zigomo sano di Nicole e si costrinse a non abbassare lo sguardo. “Vorrei tu fossi sempre libera con me...”

“Parole che dicono molto, Waverly Earp. Parole che agitano qualcosa...” con le dita della mano sinistra le sfiorò il petto, “qui dentro...”

Waverly spostò la mano su quella di Nicole. “Sai bene cosa penso... Quello che non sai, è che non voglio pensarci, non voglio parlarne... non ora.”

“Ti rispetto, lo sai questo, vero? Tu sei libera, esattamente come lo sono io. Il nostro dev'essere un rapporto alla pari. E, proprio parlando di rispetto, ti chiedo di non trasformarmi nelle tue catene.”

“Tutti abbiamo delle catene, Nicole...” Abbassò lo sguardo e trattenne la mano della donna nella sua. “Vorrei tanto sapere quali sono le tue e perché ne hai tanta paura...”

“L'acciaio è freddo e duro... ferisce, dilania le carni.”

“Forse io conosco catene fatte di carne e ossa...” disse, e sentì Nicole irrigidirsi sotto il suo tocco.

“Quelle le temo più di altre.”

“C'è qualcosa del tuo passato che ti ha inferto una ferita incapace di guarire, non è così, Nicole? E' per questo che hai così paura...” Sospirò tristemente. “Forse è colui o coloro che hai rinnegato che ti hanno fatto così male; coloro a cui rifiuti di appartenere.”

“Le tue parole sono evanescenti, ma parlano di fantasmi fin troppo tangibili. Hai capito la ferita che porto nell'anima, ma non conosci lo strumento con cui mi è stata inferta. Parlarti di quella ferita mi farebbe sanguinare, ma non posso importi il silenzio. Posso, però, scegliere di non parlare.”

“Farti del male non è neppure l'ultima cosa che voglio, Nicole...” mormorò. “Probabilmente non avevo neppure il diritto di parlarti così. Perdonami.”

Le fece una carezza sui capelli. “Non scusarti. Qualcosa dentro di te sta cambiando. Quando il processo sarà completo e scoprirai chi sei davvero, non avrai più bisogno di me.”

“Che vuoi dire?”, chiese alzando lo sguardo su di lei.

Comparvero le due fossette. “Prova a capirlo da sola, o chiedimelo di nuovo quando sentirai che sarà giusto farlo.”

“Non puoi proprio fare la persona normale, vero...?”

“Ci proverò, ma alla sola condizione che tu mi dia un'esaustiva spiegazione di cosa sia normale”, le sorrise socchiudendo entrambi gli occhi.

Waverly sospirò sconfitta.

Nicole rise di gusto. “Esattamente!”

 

 

<)o(>



“Non avevo capito che la nostra destinazione sarebbe stata il Queen Pix...” disse Wynonna, imboccando una strada laterale che si immergeva nella campagna. La neve aveva reso bianchi i campi solitamente rossi di papaveri e dorati di grano. Il rettilineo correva per mezzo miglio, decorato da alcuni cipressi. Il terreno, in tempi remoti, aveva ospitato un cimitero.

Il nonno e la nonna di Wynonna e Waverly avevano spesso commentato la scelta definendola sconveniente ed infausta, anche se la conversione era avvenuta quando i loro nonni (ovvero i nonni dei nonni delle due Earp) erano ancora bambini. Già, sconveniente, infausta e soprattutto sacrilega.

Wynonna, al contrario dei suoi avi, l'aveva sempre considerata una trovata geniale. Quel luogo, ai suoi occhi, era avvolto da mistero; aveva persino in mente di chiedere i permessi per ambientarci un romanzo. Forse, però, quella era la prima volta che guardava all'idea con occhi diversi... soprattutto alla luce delle sue nuove scoperte riguardo al mondo invisibile.

Sì, guardò l'edificio in lontananza con nuova consapevolezza.

“Non sono sicura che passare da un luogo infestato ad un altro possa rivelarsi la più geniale delle idee...” commentò, rallentando man mano che l'hotel si faceva più grande e definito.

“Come ti ho già spiegato, non esiste luogo su questa Terra privo di spiriti.” Nicole indicò la facciata che ormai incombeva su di loro: “Per quanto ne so, il problema fra quelle mure non è legato alla tua storia... consiglio comunque di mantenere un atteggiamento positivo.”

“Negatività genera negatività...”

“Nelle mie condizioni non posso affrontare uno spettro, fallirei miseramente e metterei in pericolo la tua vita, Wynonna. Mi hai detto che dopo questa pausa sarai pronta a fare i conti col tuo passato.” Si voltò a guardarla e la osservò alla luce prepotente che illuminava l'hotel: “Ma non prendere le mie parole come una condanna: ti ho detto che avrei aspettato tutto il tempo necessario, ed io non mi rimangio mai la parola data.”

“Te ne sono grata, Nicole.”

 

Wynonna parcheggiò fra una Chevrolet Bel Air e una Dodge Viper; il suo vecchio Pick-up azzurro e mal concio non c'entrava proprio nulla, lì in mezzo. Quello era un posto per ricchi; quel genere di ricchi che ostentano il loro status persino quando si trovano seduti sul water.

C'erano altre vetture sportive e d'epoca; poche, perché non molti avevano voglia di venire nella sperduta Purgatory, nonostante il lusso di quell'hotel dalla storia controversa.

“E se anche questo posto fosse stato preso di mira da uno spettro?” Waverly era rimasta in silenzio per tutto il viaggio, rimuginando sulle parole che Nicole le aveva rivolto nella stanza del motel, ma ora aveva il bisogno di sfuggire a quelle riflessioni.

“Da qui fuori posso solo percepire la presenza di un numero incredibile di anime, ma non posso stabilire la natura delle loro emozioni, non chiaramente. Chissà, potrebbe essere la prima volta che devo arrendermi... In fondo c'è sempre una prima volta, no?”

“Non sembra che la prospettiva ti turbi”, commentò Wynonna che, come le altre due, stava osservando le pietre e le volte.

Sembrava una cattedrale, più che un hotel. Le forme robuste, piene eppur allungate a bramare il cielo in stile neogotico erano sopravvissute quasi intoccate dal XIX secolo.

“Non mi turba, infatti”, confermò Nicole, “mi darebbe solo fastidio, suppongo.”

Le loro scarpe scricchiolarono sulla ghiaia ghiacciata e smossa da una vita di piedi e pneumatici, rimbombando quasi assordante nel vasto, circolare cortile.

Mentre salivano i gradini dell'ingresso videro un paio di ragazzi in uniforme da facchini; salutarono brevemente le tre donne e si diressero senza esitazione verso il veicolo azzurro.

“Efficienti”, commentò Wynonna, “ma anche un po' inquietanti.” Sembravano al corrente del fatto che le valigie erano state messe sul cassone posteriore e che, di conseguenza, non avrebbero avuto bisogno delle chiavi per recuperarli.

Seguendo un ragionamento simile a quello di Wynonna, Waverly si guardò attorno alla ricerca di telecamere. Non ne vide e decise che probabilmente erano state nascoste ad arte per non intaccare l'identità della facciata.


L'enorme atrio le riportò nel XXI secolo; fu una violenza per gli occhi e lo spirito.

Come per tacito accordo, le tre donne ignorarono l'arredamento moderno e si diressero verso l'accettazione. Fu Waverly, comunque, a rivolgersi alla ragazza dietro l'enorme banco; Wynonna e Nicole rimasero qualche passo indietro, scambiandosi uno sguardo che racchiudeva i pensieri di entrambe sul sacrilego impiego e gestione di quel luogo così antico.

“Terzo piano”, disse Waverly porgendo a Wynonna una delle chiavi elettroniche.

“L'ascensore è laggiù”, disse Nicole, e con la stampella indicò una parete dove alcune statue (che non era possibile capire cosa rappresentassero o di che materiale fossero fatte) stavano di guardia ad ambo i lati della lucente porta metallica.

Il corridoio che si aprì loro dinanzi era illuminato da fredde luci ed era praticamente privo d'arrendamento, se si escludevano alcune piante d'appartamento poste al lato di ogni stanza, sul fondo s'intravedeva un'enorme finestra celata da lunghe tende viola scuro in pendant con la moquette.

“Me lo immaginavo diverso”, commentò Nicole, dando voce ai pensieri di tutte.

“Less is more? Stronzate”, rincarò Wynonna, che si stava probabilmente sfogando per quello che aveva visto, o meglio, non visto nell'atrio.

Waverly uscì dall'ascensore e si mise a cercare la camera 309: quella che era stata riservata a lei e Nicole; Wynonna aveva la 312. “Le valigie dovrebbero essere già nelle nostre stanze: le ho descritte alla ragazza del check-in e lei mi ha assicurato che i ragazzi ne se sarebbero occupati immediatamente.”

“Funziona davvero così?”, borbottò Wynonna. “Mi sembra surreale.”

“Alieno”, ne convenne Nicole.

Waverly si limitò ad alzare le spalle e si fermò davanti ad una porta di scuro legno, forse noce.

 

“Wow...” esalò Nicole che era rimasta, come Waverly, ferma sulla soglia.

“Penso di non essere mai stata così confusa in tutta la mia vita”, aggiunse Waverly.

Ancora una volta, nel giro di un quarto d'ora, erano state catapultate in un'altra epoca: l'enorme stanza era in stile vittoriano, influenzata da qualche elemento del gotico.

I panelli di legno erano stati sostituiti da una carta da parati violacea che sembrava il tessuto di un vestito, simile ai tendaggi del letto a baldacchino; per le tende delle due grandi finestre, invece, erano state scelte lunghe, possenti tende nere. Il senso d'oppressione, dovuto alle tinte scure, era dissipato e riscaldato dalle luci arancioni e dal caminetto che qualcuno aveva acceso; osservandolo, Waverly si rese conto che era stato modernizzato con un impianto a gas.

“Mi sembra di essere entrata in uno di quei video di YouTube che uso quando non riesco a dormire”, disse Waverly, e prese posto su un divanetto dall'aspetto tozzo e morbido, “tipo quelli dove mettono il suono della pioggia, del temporale, e c'è quasi sempre un caminetto, hai presente?”

“Ho presente”, confermò Nicole, la cui attenzione era focalizzata sul pianoforte a coda posto in un angolo, vicino una piccola libreria.

“Le persone, nei commenti, scrivono cose assurde ma incredibilmente rassicuranti; tipo... Lo sai suonare?”

“Sono anni che non mi esercito”, rispose Nicole, che si era seduta al pianoforte e aveva posto le dita sui tasti. “Vediamo se mi ricordo...” Seguì un incerto LA, che si spense lentamente. Riprovò: LA... FA MI RE...

“La conosco...” Waverly si fermò alle spalle di Nicole e, al punto saliente -FA SOL LA LA SOL LA SIB SOL SOL FA SOL LA FA LA (x2)-, esclamò: “E' il Waltz No. 2!”

“E' una delle mie preferite, forse la mia preferita”, disse Nicole senza smettere di suonare, sempre più veloce e sicura, “fu mia nonna ad insegnarmi: era lei ad occuparsi delle colonne sonore degli spettacoli; man mano che invecchiava, passava sempre meno tempo sul palco e sempre più dietro le quinte.”

“Mi piacerebbe imparare...” mormorò Waverly, che si mise seduta accanto a Nicole e prese ad osservare le lunghe dita e il loro lavoro.

“Posso insegnarti questa”, propose Nicole. Aveva chiuso gli occhi e si stava lasciando cullare dalle note, persa probabilmente in ricordi di cui solo lei poteva apprezzare forme e sfumature.

Anche Waverly chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica e dalle immagini che si creavano nella sua mente: forme, colori di un beige caldo e sfocato.

Forse sono davvero entrata in uno di quei video, pensò, l'ho desiderato così spesso; ho desiderato farlo in compagnia di una donna che volesse davvero essere lì con me... ed ora è reale... quasi reale. Ho idea che sia solo grazie a Nicole che mi è stato possibile entrare in una stanza come questa, ascoltare musica dal vivo e-

“Che bello!”

L'ultima nota suonata da Nicole si spense mentre entrambe si voltavano verso la porta.

Una bambina le osservava dalla soglia. Aveva i capelli ricci raccolti in una coda di cavallo, grandi occhi scuri e un'espressione alquanto estasiata dipinta in volto.

“Mi dispiace”, disse Nicole. Recuperò la stampella che aveva appoggiato al pianoforte e si alzò. “Non volevo disturbare.”

“Non stavi disturbando”, replicò la bambina, sfoggiando un sorriso caldo come i colori della sua pelle olivastra. “Alla Signora Verde piaceva e anche a me. Sentito? Ha detto che dovresti continuare!”

“La signora?”, chiese Waverly, e istintivamente cercò lo sguardo di Nicole, ma esso era rivolto al pavimento.

Prima che la bambina potesse replicare, sulla soglia comparve una seconda figura, più alta e slanciata.

“Federica, quante volte ti devo dire di non disturbare gli ospiti?” Aveva un accento marcato e una voce leggermente nasale. Come la bambina, anche lei aveva i capelli ricci, ma i suoi erano liberi di occupare lo spazio attorno alla sua testa come un rigoglioso cespuglio. “Mi dispiace”, aggiunse, rivolta a Nicole e Waverly. Doveva avere una ventina d'anni, forse qualcuno di meno.

“Non c'è nessun problema, te l'assicuro”, disse Nicole, i cui occhi erano ancora impegnati a studiare le forme del grande tappeto su cui poggiava il pianoforte.

Ho come l'impressione che ci sia un fantasma, pensò Waverly, anzi, ne ho la certezza...

“Mi dispiace comunque”, ribadì; poi si rivolse nuovamente alla bambina: “Forza, devi lavarti i denti e andare a letto.”

“No, la Signora Verde ed io vogliamo ascoltare ancora la signora che suona il pianoforte!”

“Smettila con questa storia”, le afferrò il braccio e tentò di trascinarla, “non esiste nessuna Signora Verde e stiamo disturbando gli ospiti!”

“Certo che esiste!”, strillò la bambina. “Se non mi credi, chiedilo alla signora che stava suonando: l'ha guardata negli occhi, o comunque in faccia!” Si liberò dalla presa della sorella e corse nella stanza, fermandosi proprio sotto lo sguardo di Nicole. “Diglielo tu a Francesca, per favore!”

“Ahm...” mugugnò Nicole in evidente difficoltà.

“Vi siete guardate!”, insisté la piccola. “Vi ho viste! Di' a Francesca che lei è qui, ti prego!”

“Federica! Esci subito e lascia in pace gli ospiti! Non costringermi a chiamare il papà!”

“Non penso che la bambina... che Federica stia mentendo”, disse Waverly. Che diavolo sto facendo? “Ma penso anche che sia una questione un tantino delicata...”

“La vedi anche tu, allora!”, esclamò Federica, e si voltò subito verso la ragazza: “Visto?”

“Ascolta”, disse Francesca, rivolta a Waverly, “non so perché diavolo tu lo stia facendo, ma non sei d'aiuto.”

“Ehi, ahm, possiamo parlare un momento, Francesca?” Nicole avanzò verso la porta e si fermò a qualche passo dalla ragazza. “Solo una parola. Possiamo?”

“Mio Dio...” esalò Francesca. “Vorrei solo che mi lasciaste mettere mia sorella a letto. Ho un appuntamento e non intendo arrivare tardi.”

“Non ci vorrà molto.”

La giovane roteò gli occhi e si voltò nel corridoio. Nicole la seguì.

“Tutto bene?”, chiese Wynonna, appoggiata alla parete accanto alla porta. “Ho sentito la musica e poi...” alzò le spalle, “gente incazzata.”

“Va' a dare una mano a Waverly, per favore”, replicò Nicole, “torno subito.”

 

“Qui sarà perfetto.” Francesca si era fermata davanti alla finestra alla fine del corridoio e aveva estratto un pacchetto di sigarette. “Fumi?”

“Grazie.” Nicole prese una sigaretta e si spostò in modo che la giovane potesse aprire la finestra.

“Allora?”

“Come diceva la mia amica, la storia è complicata, molto più complicata di quanto sembri.” Aspirò e rilasciò lentamente il fumo azzurrognolo, che volteggiò prima di essere inghiottito dalla gelida aria esterna. “A volte gli adulti sono meno sensibili e dimenticano cosa vuol dire essere bambini, che cosa vuol dire avere una visone più ampia del mondo.”

“Okay. Di cosa stiamo parlando, esattamente?”

“Penso che imporre la nostra visione a qualcuno sia il modo peggiore di fargliela comprendere, soprattutto se si tratta di un bambino.”

“Fomentare le loro fantasie, allora, è il modo giusto?”

“Non si tratta di fomentare, piuttosto di ascoltare e comprendere. Federica vede questa donna, questa Signora Verde. Perché dovrebbe mentire?”

“Perché i bambini inventano un sacco di cose!” Francesca gettò la sigaretta, fumata per metà, fuori dalla finestra e incrociò le braccia sotto il seno. “Anch'io avevo un amico immaginario, da piccola, ma anche allora sapevo che non era reale; lei si comporta come se quella donna fosse davvero lì, come se le parlasse e... Mi dà i brividi! Faccio prima a chiederti questo: le credi? Perché se è così, abbiamo un problema.”

“Quello che penso ha un'importanza relativa.”

“I fantasmi non esistono! Mia sorella e mio padre possono continuare con le loro idee, ma l'unico risultato sarà quello di perdere un sacco di soldi e far finire mia sorella in un istituto di igiene mentale prima del diploma.”

“Tuo padre?” Nicole spense la sigaretta sul davanzale esterno e si mise il mozzicone in tasca. “Lui le crede?”

“Cazzo se le crede! Qualche settimana fa ha persino contattato una medium; non si è mai presentata... per fortuna.”

“E l'ha fatto per quello che vede Federica?”

“Anche. Ascolta, bella chiacchierata, ma ora devo andare.” Richiuse la finestra e si incamminò lungo il corridoio, fermandosi però dopo un paio di passi. “Perché sei così interessata a mia sorella?”

Nicole sospirò. “Sono la medium a cui è stato chiesto aiuto.”

“Mi prendi in giro.”

Le porse la mano sinistra: “Sono Nicole, piacere.”

“Mi prendi in giro, cazzo.” I bei tratti si distorsero per la paura e rabbia trattenute a stento. “Secondo me sei una psicopatica che ha appena deciso di interpretare un ruolo: sono stata io a parlarti della medium, e ora pensi di poterti prendere i soldi di mio padre.”

“Mi ha solo promesso un rimborso completo, se risolvo il problema.”

“Sta' lontana da mia sorella.” Si voltò di nuovo e percorse il corridoio quasi correndo.

A Nicole non rimase che sospirare e seguirla, zoppicando aiutata dalla stampella.

 

 

<)o(>

 

 

Wynonna varcò la soglia. “Queste stanze sono incredibili!” Poi la sua attenzione venne cattura dalle due persone presenti. “Tu e Nicole non avete perso tempo, eh? Zia Wynonna... suona bene, no?”

“Wynonna...” sospirò Waverly. “Questa è Federica, la figlia del proprietario.”

“Anche lei può vedere la Signora Verde?”, chiese Federica, che si era voltata verso Wynonna.

“Chi è?” La donna entrò nella stanza e si fermò sul grande tappeto color vino.

“Credo sia il lavoro che Nicole ha posticipato per occuparsi di noi”, rispose Waverly, che poi si concentrò sulla bambina: “Mia sorella ed io non possiamo vedere la tua amica, mi dispiace.”

“Oh”, fece Wynonna, “così, a neppure mezz'ora dal check-in? Grandioso.”

“La Signora Verde è contenta che siate qui; dice che la donna dai capelli rossi potrà aiutarla.”

“I brividi che ho sulla schiena...” mugugnò Wynonna.

“Sono sicura abbia ragione, tesoro, Nicole farà del suo meglio”, garantì Waverly. “Dimmi, come si chiama la tua amica?”

Federica alzò le spalle: “Non se lo ricorda, perciò la chiamo solo Signora Verde. Per via del vestito, sai.”

“Ho capito. Passate molto tempo assieme?”

Wynonna prese posto sul divanetto in precedenza occupato da Waverly e si limitò ad osservare la scena.

Federica guardò un punto in alto, alla spalle di Waverly: “E' sempre stata con me. Da quando sono nata, giusto?”

“Capisco. Posso chiederti quanti anni hai?”

“Quasi otto”, sorrise le piccola; poi si voltò di scatto verso Wynonna: “La Signora Verde ti prega di smetterla, perché la rendi nervosa.”

“Di fare cosa...?” mormorò Wynonna, diventando rigida come una statua.

“Non lo so, ha solo detto che vorrebbe che la smettessi, perché la rendi nervosa.”

“Okay... Vado... sì, vado a disfare le valigie.” La donna si alzò e, proprio mentre stava per varcare la soglia, si scontrò con Francesca, che era arrivata a passo di carica.

“Gesù, ragazzina!”

Francesca non badò a Wynonna. Entrò nella stanza e senza una parola afferrò la sorella per un braccio, cominciando a trascinarla fuori.

Waverly salutò con la mano la piccola, che per la sorpresa non era neppure riuscita a pronunciare un suono di protesta.

“Wow...” fece Wynonna, “sarà un soggiorno intenso.”

“Che stavi facendo? Prima, intendo.”

“Che diavolo ne so! Ascoltavo e basta”, brontolò. “Non so perché stessi infastidendo la donna fantasma!”

“Tu e il mondo invisibile siete proprio incompatibili, Wynonna”, rise.

“Un mese fa sarei scappata urlando”, disse la donna, “e guardami ora, sono completamente okay col fatto che sia tutto reale. Lo accetto, almeno.”

Nicole rientrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. “Wynonna, potresti calmarti? Mi stai agitando.”

“Ma non sto facendo assolutamente niente!”

“Dalle tregua, Nicole, si è appena beccata lo stesso rimprovero da un fantasma... da una bambina... entrambe le cose, penso.”

“Solo... respira e pensa a cose belle, okay? Va' nel tuo posto felice, Wynonna.” Nicole si mise seduta sul letto e sospirò. “Oh, questa sarà un'avventura, parola mia.”

Wynonna si fermò davanti a Waverly: “Abbracciami. Vediamo se cambia qualcosa.”

“Questa è una buona idea”, Nicole si lasciò cadere all'indietro sul letto, “anzi, ottima.”

“Sembri esausta”, disse Waverly, le cui braccia erano occupate e stringere Wynonna, “sembra che qualcosa ti abbia risucchiato via ogni energia. Qualcosa non va?”

“Non ti risponderà, Waverly: sta dormendo.”

Effettivamente il respiro pesante e regolare di Nicole aveva cominciato a riempire la stanza.

“Già... Andiamo a cena?”

Wynonna si separò dalla sorella e annuì.

  
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