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Autore: peralis    17/05/2023    4 recensioni
Cosa sarebbe successo se Oscar e Andrè non fossero crescenti assieme e si fossero incontrati dopo anni?
Questa storia è nata da un idea che ho avuto ed una cosa che mi sono chiesta…loro due erano sempre destinati l’una per l’altro anche a distanza di anni?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oscar era partita dalla sua abitazione all‘alba. Lei e il suo stallone bianco galopparono a passo svelto fino ad Arraz dove si fermarono per la notte.

Quei posti le portarono in mente memorie di un tempo lontano e di quel bambino che le aveva insegnato a prendere i pesci del fiume con le mani e di godersi la brezza nelle afose giornate di estate. Avevano passato più di un estate in quella villa e avevano perlustrato ogni centimetro di quei boschi e prati. Entravano nel vasto frutteto del padre e ne uscivano con lo stomaco pieno di mele e i vesti sudici. La nonna si infuriava e li faceva subito cambiare e lavare, poi li abbracciava tutti e due li baciava sulla fronte assicurandosi di ricordare a Oscar come era importante mantenere il decoro per una futura contessa. 

“ Nanny, io sarò un militare come mio padre e Andrè sarà sempre con me” le rispondeva.

Oscar si mise un mantello e andò a fare una passeggiata verso la città. Si avviò giù per una strada di campagna, passò prati e vecchie fattorie e tutto le ricordava Andrè. Più avanti si fermò davanti ad una vecchia abitazione. Era dilapidata e completamente coperta dalla vegetazione. La conosceva bene, i due ragazzi ci si recavano per giocare e rimanere un po’ da soli. Si mise seduta su un vecchio muretto di fianco alla porta di entrata che non esisteva più. Le immagini di un pomeriggio in particolare le vennero in mente. Era alla fine di Agosto…forse Martedì…quel giorno era cominciato come molti altri quell’estate, faceva caldo, un caldo afoso di quelli che ti facevano sudare solo stando in piedi. Si erano avventurati verso il fiume e avevano praticamente passato tutto il giorno nell’acqua. Si resero conto troppo tardi che il pomeriggio stava arrivando al temine e che si sarebbero dovuti affrettare per arrivare a casa in tempo. Ma il tempo era peggiorato improvvisamente. Le gocce cominciarono a cadere piano e lei e Andrè si avviarono verso casa senza correre troppo, ma le gocce presto cominciarono a cadere pesanti e il rumore di tuoni e la luce accecante dei fulmini si presentarono sulla scena. Il vento si alzò e la via di casa era diventata troppo ardua per continuare. Si erano messi a correre e si fermarono stremati e fradici di fronte a quella casa abbandonata e diroccata.

Entrarono e si misero a sedere in un angolo dove il tetto era ancora intatto e sarebbero stati all’ asciutto. I loro vestiti erano fradici ma la temperatura era ancora molto calda e per quel momento erano confortevoli. I tuoni e i lampi si facevano sempre più vicini e la grandine aveva sostituto le gocce di fitta pioggia. Anche il vento si era fatto più intenso e attorno a loro cocci di tegole del tetto cominciarono a cadere. Oscar si era un po’ impaurita ma non voleva che il suo amico lo notasse. Ma Andrè, anche se di tenera età, lo aveva intuito e le aveva messo un braccio attorno alle spalle…e tutto si fece più facile da affrontare, era come se la tempesta, che si rovesciava a pochi metri da loro, si fosse calmata appena il braccio del bambino si mise attorno alle sue spalle.

Lei posò la testa sulla spalla di lui e si addormentò. Il temporale si mosse piano attraverso la zona e loro rimasero in quella casa a passare la notte.

Quella sera il padre di Oscar era arrivato per accompagnare tutti a casa il giorno dopo.

Appena ricevuto la notizia che i due bambini non erano ritornati a casa il generale chiamò chiunque fosse disponibile a cercarli. Li trovò abbracciati nell’angolo di quel edificio. 

Era furioso e appena entrato si scagliò verso di loro gettando Andrè da parte e trascinando via Oscar per un braccio.

 La punizione per il ragazzo fu più che severa. Lo frustò dieci volte davanti agli occhi terrorizzati e pieni di lacrime di Oscar e Nanny. 

“ Ragazzo…che io non ti cacci più con le mani addosso a mia figlia…tu non ne sei degno.”

Disse riponendo la frusta sopra il caminetto nel suo ufficio.

Andrè rimase fermo con i pugni chiusi e stretti cercando di trattenere le lacrime.

… Vi sbagliate…ne sono degno…pensava

Povero Andrè non riuscì a sedersi o stendersi sulla schiena per tutta la settimana. 

Per quanto riguardava Oscar, suo padre le proibì di giocare o passare alcun tempo con il ragazzo per quella stessa settimana. Ma lei, aspettando il calare della notte, lo andava a trovare fuori nel parco della villa, di fianco alla fontana. Si scambiavano due parole e poi correvano nelle loro stanze. Ma anche dopo il passaggio di quella settimana, il padre di Oscar continuò a tenerli separati. Si potevano vedere solo durante le lezioni di scuola e gli allenamenti di spada, ma niente svago.

Andrè aveva sentito più di una volta il generale urlare a sua nonna ma non capiva bene il motivo…fino a quel mattino dove gli era stato detto che se ne sarebbe dovuto andare.

Fino a quel giorno Oscar sentiva di poter superare qualsiasi prova la vita le metteva di fronte ma appena la carrozza oltrepassò il cancello…quella sicurezza svanì.

Man mano che cresceva sapeva di poter combattere molto bene con la spada e di sparare altrettanto perfettamente ma per quanto riguardava il resto della sua vita era persa. Provava a parlare con Nanny e di solito i suoi consigli erano di grande aiuto, ma qualcosa mancava, mancava quel piccolo ometto a tenerle mano.

Era stata una strana sensazione che era apparsa un paio di notti prima a ricordarle quel bambino. La sensazione di essere stata presa per mano ed essere guidata verso quei posti e quella vecchia casa che era stato l’ultimo posto dove i due si erano sentiti uniti.

Seduta su quel muretto continuava a guardarsi le mani vuote e chiuderle quasi percependo flebilmente le dita di qualcuno intrecciarsi con le sue. 

Una sottile ma fredda brezza la riportò alla realtà e si incamminò verso casa.

 

Anche Andrè percepiva qualcosa di strano in quel periodo, la sensazione imminente che qualcosa stava per cambiare; qualcosa stava per succedere.

Era irrequieto e insolitamente silenzioso…e più il tempo passava e Oscar si avvicinava più le immagini della sua memoria erano riapparse come fantasmi. Cercava in tutti i modi di tenersi la testa occupata ma era come se tutto e tutti gli ricordassero quella bellissima bambina che aveva lasciato anni prima. Ma la sua immagine non era l’unica cosa che gli venne in mente…il viso adirato del generale e il modo in cui gli diceva che era solo un servo mentre lo frustava erano apparse…i suoi occhi, pieni di odio verso quel bambino che non aveva fatto altro che adempiere al suo dovere come gli era stato chiesto…di crescere con lei e proteggerla…il loro legame diventò strettissimo quasi immediatamente. Ma se ci pensava sopra, il generale lo aveva spinto via da lei più volte ma non così violentemente o definitivamente…

Aveva visto e rivisto quella scena nella sua memoria mille e più volte. Sembrava quasi un incubo e talvolta sperava fosse stato solo un incubo. Quasi impazziva se pensava a quanto aveva sofferto…man mano che cresceva quel dolore si era trasformato in odio per il Generale e quello che rappresentava. 

Andrè un anno prima aveva adottato un cane randagio che aveva trovato sull’orlo della strada con una zampa rotta. Lo aveva curato e riportato alla salute completa e quel cane gli era rimasto al fianco. Lo accompagnava alle visite in città e in qualsiasi camminata volesse fare. Lo aveva chiamato Poilu…

Poilu era altrettanto nervoso e una sera d’autunno sembrava che abbaiasse incessantemente a tutto e tutti. 

Andrè si era irritato e lo aveva chiuso in una stanza dove non potesse spaventare nessuno. Ma il cane continuò come se percepisse qualcuno che non vedeva.

“ E va bene…ora sei libero…ecco! anche la porta è aperta e puoi uscire se vuoi” 

Fecero tutti e due un passo fuori e si fermarono. La pioggia stava arrivando…l’odore di terra la preannunciava assieme a una brezza fredda che faceva ondulare gli alberi più alti.

Il cane rientrò e si mise a stendere di fianco alla porta…non si voleva muovere neanche per degli avanzi che Andrè gli aveva portato.

“ Sei proprio un cane strano sai?…Siamo fatti l’uno per l’altro.”

Disse carezzandolo piano per poi sedersi di fianco al fuoco a leggere.

Era da un po’ che doveva usare gli occhiali di suo zio per leggere, specialmente con poca luce. Sarebbe dovuto andare a vedere un medico a Parigi ma continuava a trovare scuse per non andarci…è troppo lontano…non ho tempo…costa troppo ecc ecc…

Si era fermato più di una volta a riposare la vista quella sera…si alzò e andò davanti alla finestra che dava sulla strada. Aveva notato una figura cavalcare piano passando vicino alla sua porta ma non era riuscito a vedere bene chi fosse…aveva però notato che il cavallo era totalmente bianco.

Un paio di ore passarono e Andrè si era di nuovo seduto con il suo libro, ma  tutto d’un tratto l’abbaiare del cane e un fragoroso bussare alla porta lo destarono dal suo assopimento.

“ Aprite vi prego è urgente”…disse una voce di donna.

Andrè aprì e si trovò di fronte una donna completamente fradicia.

“ Dottor Grandier… vi prego il mio padrone ha bisogno che lei venga subito a visitare il suo cavallo. Si è ferito mentre cavalcavano qui questa sera.”

“ Si certo…è lontano?”

“ Ho la carrozza…venite”

Viaggiarono una buona mezz’ora sotto una fitta pioggia. Arrivarono a una villa che dava sul mare. Andrè non conosceva quel posto ma non fece troppe domande.

Entrò nella stalla e trovò il bellissimo stallone fermo che cercava di tenere la zampa anteriore sollevata.

Lui si avvicinò piano e gli carezzò il pelo candido.

“ Che bello che sei…stai calmo…sono un amico.” Disse arrivando a carezzargli il muso e dandogli un pezzo di mela.

“ Mi fai vedere cosa ti sei fatto?…be non mi sembra molto grave è un graffio…ma deve farti male…aspetta ci penso io”

Prese la sua borsa e una ciotola d’acqua. Pulì la ferita e vi applicò un unguento facendo attenzione a non far male al cavallo che sbuffava e stava iniziando ad innervosirsi.

“ Come ti chiami?… sei molto regale…direi che sei uno stallone Lipizzano”

“ Cesar” disse una voce dietro di lui…” il suo nome è Cesar ed è il mio cavallo”

   
 
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