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Autore: clairemonchelepausini    18/05/2023    0 recensioni
|Klaroline| KlausCentred | CarolineCentred |
[Klaus/Caroline]
“Non è un segreto, Klaus e Caroline non facevano mai le cose come due persone normali, andavano controcorrente e dovevano far passare anni prima di convincersi che si appartenevano, che l’uno non poteva esistere senza l’altro ma, dopotutto è proprio per questo che noi ci siamo innamorati di loro.”
Raccolta di drabble, flashfic e one shot che narrano il mio amore per loro, fatto di piccoli momenti resi unici, di parole che sanno di promesse e di amore che durerà per sempre, senza ma e senza se.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE
La storia è stata scritta per il gruppo facebook "Fondi di Caffè - Il tuo scrittoio multifandom"
Per l'esercizio #PicStory
 



 
Aveva lasciato tutto nelle mani di Alaric, era partita senza stare a pensare alle conseguenze, doveva farlo non poteva lasciare che sarebbe finita così. No, non dopo tutto quello che avevano vissuto.
Klaus se ne stava con le mani poggiate sulla balaustra a osservare la sua città piena di vita, musica e arte, quando il suo pensiero fisso andava alla figlia, cercando una soluzione che non mettesse fine alla sua vita. Aveva lottato duramente per arrivare dov’era e non era pronto.
Avrebbe riconosciuto quei passi ovunque e anche tra milioni di anni, ma aspettò a girarsi, si godette ancora quel momento di pura estasi.
«Non costringermi ad ammazzarti mentre contempli il suicidio» affermò Caroline con sorriso furbo, appoggiandosi con una spalla alla finestra aperta.
«Caroline» quasi sussurrò Klaus voltandosi e vedendola davanti a sé e, fu immancabilmente che le sue labbra si incurvarono in un sorriso. «Se sei qui per fermarmi...», ma non fece nemmeno in tempo di finire che lei lo bloccò.
«Io sono qui... per riscuotere un debito» iniziò Caroline avanzando verso di lui, prendendo il suo telefono dalla giacca avviando una registrazione.
Klaus era leggermente smarrito, avrebbe potuto chiederle di tutto e sapeva bene che lo avrebbe fatto.
«Caroline sono in uno dei posti che preferisco al mondo, circondato da cibo, musica, arte, cultura e non faccio altro che pensare a quanto vorrei che lo vedessi anche tu; forse un giorno me lo permetterai» Bastò quell’unico momento per ritornare indietro, Klaus ricordava bene quella conversazione, quelle parole e più ascoltava più le sue labbra si straformavano in un sorriso carico di affetto e molto altro, sotto lo sguardo vigile di Caroline. Non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva ascoltato la sua voce più volte, ne aveva bisogno per andare avanti, per lottare e capire che quei momenti sarebbero arrivati che, la loro storia era ancora da scrivere.
«Lo hai conservato?» domandò Klaus stupito, anche se in fondo sapeva che lo avrebbe fatto, ma la conferma che gli arrivò significava più di quanto lei immaginasse.
«Mi devi un bel giro» le rispose lei di rimando, non poteva dargli la soddisfazione di ammetterlo.
Lui era pur sempre Klaus Mikaelson! Iniziarono a girare per le strade di New Orleans, l’uno al fianco dell’altro parlando di tutto e di più e non soffermandosi mai al vero motivo per cui lei fosse lì.
Entrambi sapevano, ma nessuno dei due voleva dirlo, in fin dei conti non erano pronti a dirsi addio.
Avevano ballato, riso, si erano fermati a mangiare e ora non rimaneva che la promessa più grande, regalarle la vera e propria arte.
«Sai quando sono tornato per la prima volta da Mystic Falls ho incontrato una donna e abbiamo riflettuto sull’arte» disse Klaus, camminando per le strade affollate passando davanti ai vari artisti di strada. Oh, non si accorse dello sguardo che lanciò Caroline al solo nominare una donna, tanto che non mancò la frecciatina.
«Fammi indovinare, un’altra bionda?» e lui non rispose, si girò verso di lui sorridendo e aggiunse: «Hai un tipo?» domandò, aspettandosi che lui rispondeva.
«Intelligente, bella, con un cuore più grande di me» affermò e il sorriso di Caroline si smorzò appena, lievemente percettibile mentre i battiti del suo cuore aumentavano.
Sapeva che lei fosse il suo tipo, anche a distanza di anni, pur sapendo che entrambi avevano avuto dei compagni di vita, senza dimenticare cosa significavano l’uno per l’altro.
Ci fu un piccolo momento di suspense, il silenzio calò tra i due, forse consapevoli di ciò che sentivano sentendosi in colpa per ciò che provavano, ma la vita va avanti e men che mai loro potevano capirlo. Mentre percorrevano la strada si trovarono un uomo seduto davanti a una tela che stava dipingendo un quadro in bianco e nero dove c’erano presenti degli alberi e delle linee più marcate che formavano i tronchi e i rami.
Klaus lesse lo smarrimento negli occhi di Caroline davanti a quell’opera e si soffermò.
«Devi vedere oltre la vernice, nella tecnica per capire il significato più profondo» e lei lo guardò ammaliata.
«Questo pezzo» indicando il quadro che il signore stava ancora dipingendo, «per esempio riguarda il tempo, il modo in cui sorge la forza, corre e rallenta, rappresenta gli essere umani e tutta quella brevità che sentono loro, noi lo sentiamo di più» continuò a elogiare il quadro, non rendendosi conto che la sua mano stava accarezzando e stringendo il braccio di Caroline.
«La finzione della trama smentisce i dettagli del colore. Ho vissuto mille piccolissimi anni, ma una sola manciata di anni di vita propria» confessa con voce leggermente rotta, consapevole che quelle ammissioni sono profonde parti di sé. Si erano soffermati a lungo, Klaus la strattonò leggermente e la spinse nella giusta direzione, c’era ancora un posto in cui voleva portarla.
S’incamminarono in un piccolo posto sperduto e conosciuto da pochi dove Klaus le mostrò alcune delle opere più belle mai commercializzate.
Quel locale aveva un che di familiare, lo gestiva una donna piccola, bassa e molto umana, che li accolse con un grande sorriso e chiuse la porta dietro di lei. Si stranì di quel gesto, di quella riservatezza e sapeva bene che non sarebbe riuscita a tenere a freno la lingua.
«Un’altra delle tue?» domandò leggermente indispettita Caroline, senza lasciarsi scappare il sorriso divertito di Klaus.
«Se non ti conoscessi bene penserei che sei gelosa signorina Forbes» ammiccò lui di rimando, senza darle la risposta che stava cercando.
Non gli diede la soddisfazione di vedere il suo nervosismo, così si avvicino ad alcuni quadri esposti, non ci mise molto a sentire un lieve fruscio e vedere la presenza dell’uomo al suo fianco, talmente tanto che le loro mani si sfioravano. Caroline non ne capiva di arte, non si era mai interessata più di tanto, ammirava la bellezza dei quadri, tuttavia erano solo quadri, ma in alcuni di quelli riconobbe lo stile.
«Li hai fatti tu?» chiese stupita mostrando davvero la sorpresa.
«Non tutti, alcuni li ho comprati da artisti famosi, altri da artisti di strada» e, così lentamente Klaus le mostrò i dipinti, le raccontò la storia che c’era dietro e osservò il suo sguardo cambiare.
Caroline si soffermo davanti a un quadro meraviglioso, lo sfondo di una città, un cielo con la predominanza di una bellissima luna piena, un mare dove veniva rispecchiato il tutto diviso in due parti divise, quasi a sottintendere l’ovvio. In quel dipinto i dettagli erano fondamentali, ogni cosa colpiva l’occhio e le emozioni che si provavano nel guardarlo erano infinite e intense.


 


«Quando l’hai fatto?» si ritrovò a chiedere Caroline, indicando quello che era sotto i loro occhi. Rimase un po' tra le sue, avrebbe voluto non dover rispondere, ma alla fine era stato lui a portarla lì e, in quel quadro c’era nascosto più di quanto avrebbe voluto ammettere.
«Ehm… quando mi è arrivata notizia delle tue nozze» ammise combattuto, quella conversazione avrebbe aperto delle ferite mai rimarginate.
Caroline inizialmente non rispose, si portò la mano al collo e con fare nervoso toccò la fede che si era tolta dopo la morte di Stefan, gesto che non passò inosservato.
«Perché non sei venuto a fermarmi?» domandò tutto d’un fiato spalancato gli occhi per averlo davvero detto. Klaus sorrise, si aspettava quella domanda, tuttavia lo colpì molto l’intensità di quelle parole. «Non avevo nessun diritto di farlo, non potevo darti quello che sarebbe stato in grado di darti lui e…»
«E… perché tra di noi c’era anche Camille» sussurrò appena lei, ma il loro udito non lasciava sfuggire nulla.
«Era complicato»
Non dissero nulla per qualche minuto, tempo che sembrò infinito.
«Ma avrei voluto farlo» alla fine ammise guardandola negli occhi e il cuore di Caroline perse un battito, sussultando talmente tanto da darle la sensazione di essere percepibile.
«Cosa centra questo quadro con me?»
«Tutto. Caroline questo quadro ci rappresenta, ogni pennellata, ogni sfumatura parla di noi»
«La città è una delle tante, essa rappresenta quello che vorrei mostrarti io, la bellezza in ognuna di esse. La luna parla di me, di chi sono e quella scia di luce e ciò che tu sei per me. Il cielo limpido e allo stesso tempestato di nuvole con il rosso e nero dimostra chi siamo noi, la nostra sete di sangue, ma anche il coraggio e la forza che abbiamo per combatterla» disse tutto d’un fiato, mettendosi a nudo, sotto lo sguardo atterrito di lei.
«Il riflesso sull’acqua è quello del bene e del male, una visione che ci distingue e quello che in qualche modo siamo sempre stati noi due: luce e tenebre. In un mondo diverso, in una visione diversa ma alla fine è quello che siamo», lei gli accarezzò un braccio mentre il suo l’avvolse e la strinse a sé.
«Ogni pennellata fatta era un tocco al cuore, un dolore presente, un rimpianto, un rimorso e allo stesso tempo la contrapposizione di una forza più grande, di un sapere mai scomparso, di una verità non detta» e Caroline lo guardò con la sicurezza che niente di tutto quello ci sarebbe mai stato se lui non fosse l’uomo che era, con i suoi sbagli e i suoi errori.
«Io…»
«Non hai bisogno di dire niente, sei qui, con me, ora», ma sapevano bene per entrambi che non bastava, che momenti così fugaci erano troppo pochi per sopperire a quel dolore costante.
«Questo quadro avrà sempre il dolce e l’amaro, un ricordo che vorrei dimenticare ma allo stesso tempo che voglio ricordare. Quel giorno ho fatto delle cose alla me, ho cercato di dimenticare affogando nell’alcol, nel sangue e nel sesso, ma nessuna delle cose mi ha aiutato, ma poi sono venuto qui, ho dipinto ed è come se avessi trovato la mia pace»
«L’arte, la pittura, il disegno hanno sempre avuto questo effetto su di te e… su di me» ammise in un sussurro, portando a galla vecchi ricordi, emozioni mai scomparse ma solo nascoste.
Più Caroline guardava quel quadro più si rendeva conto che era come se stesse parlando, lo ammirava ammaliata e ne comprendeva ogni più piccolo dettaglio. Le emozioni che le lasciarono erano immense, non riusciva quasi nemmeno a respirare per l’intensità e la profondità di quelle parole.
«Perché abbiamo avuto sempre un pessimo tempismo?»
«Non lo so, ma non saremmo Klaus e Caroline altrimenti» sogghignando affermò, mentre la sua mano sfiorò quella di lei lungo il fianco destro.
«Ok, abbiamo bisogno di un drink» disse d’un tratto lei, consapevole che non era mai un bene mischiare sentimenti e alcol, pur se loro non potevano ubriacarsi. Davanti un buonissimo bicchiere di bourbon la conversazione andò avanti, minando ancora domande e sentimenti non ammessi del tutto.
«Saresti qui anche se mi rimanesse più tempo?» domandò con gli occhi bassi per poi portarli all’altezza del suo viso.
«Forse mi farei inseguire per qualche altro secolo. È sempre stata la parte divertente» affermò il bicchiere sorridendo, portandoselo alle labbra.
Il forte odore e il gusto di bourbon l’aiutava a mantenere la calma per quanto possibile, ma quello sguardo era lo stesso che l’aveva sempre conquistata.
Il brivido corse lungo la schiena, le labbra accentuate in un sorriso, gli occhi languidi e il cuore che martellava.
C’erano parole non dette, emozioni profonde e dure realtà. Erano arrivati alla fine dei conti, non era pronta a dirgli addio, lui non era pronto a lasciarla.
Caroline sapeva bene che quel grande sacrificio era per il bene di Hope e lei quanto madre aveva sacrificato tanto quanto lui, ma quella certezza non gli bastava a non sentire quel turbine dentro che le macerava il cuore.
«Io…non so come dirle addio» ammise tra le lacrime Klaus, rendendosi vulnerabile ai suoi occhi.
Ci pensò un attimo, chiuse gli occhi, sorrise e quando li riaprì trovò la distesa di due occhi color cioccolato che amava.
«Prova così...» e si avvicinò, occhi negli occhi e le mani intrecciate alle sue. «Uno di voi si alza, va verso la porta, ma non si gira» soffermandosi appena sotto lo sguardo smarrito di lui e continua: «anche se il cuore vorrebbe solo un altro sguardo, un altro momento, saprai che se non ti guardano… allora significa…» e quella pausa sembrò fargli mancare il fiato, tanto quanto a lei nel pronunciarle.
«Significa… che non ti dimenticherò mai» e più che una confessione per Hope e Klaus era la sua verso l’uomo che le aveva cambiato la vita e che segretamente amava.
Due occhi che si guardavano, due sguardi persi e il riflesso dell’amore l’uno nell’altro con un sorriso di conferme e verità.
Si avvicinò appena, appoggiò la mano sulla nuca, lo attirò leggermente a sé e lo baciò. Oh, non era un bacio pieno di passione, ma di dolore, ricordi e dolcezza.
Si staccarono, si guardarono di nuovo negli occhi, un sorriso accentuato e lei che se ne andò, ma prima di varcare definitivamente la porta si fermò, avrebbe voluto dirgli ancora altro, tornare indietro, fargli cambiare idea ma era impossibile che ci sarebbe riuscita. Aveva imparato a conoscerlo dopotutto e sarebbe stata egoista nel farlo, aveva fatto la scelta più difficile.
Klaus si girò a osservarla, sentiva ancora le parole sulla sua pelle e quando la figura di Caroline scomparve in lontananza udì nuovamente quelle parole.
«Non ti dimenticherò mai»
   
 
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