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Autore: Glance    18/05/2023    0 recensioni
I capelli sparsi sul cuscino, la nuca e il collo umidi di sudore in una notte senza un alito di vento.
La leggera sottoveste incollata sulla pelle dorata dal sole del giorno che si era spento da poche ore.
La voce del mare la chiamò
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Guidava sentendosi un verme, per quella debolezza, che viveva come un tradimento nei confronti della famiglia di Samuela che lo aveva accolto dopo la perdita dei suoi genitori e, stava male, anche per come sentiva di stare approfittando di Agatha. 
Per questo sospirò profondamente imboccando il viale di accesso al cottage.
Tra poco, se la sarebbe trovata davanti con tutte le sue domande e, sapeva, che sarebbe stato difficile, se non impossibile, provare a darle delle risposte.
Aveva parcheggiato la macchina, e faticando a coordinare i movimenti era arrivato davanti alla porta e sentì gelare il sangue nelle vene; un conto ,era farsi tutti i suoi bei ragionamenti, un altro trovarsela lì davanti, determinata ad avere le sue risposte, non lasciandogli nessuna alternativa, alibi o via di fuga.
Avrebbe dovuto mentirle, del resto era diventato piuttosto bravo a farlo, e sperare che lei sa la bevesse.
La casa era immersa nel silenzio e, per un attimo, fu assalito dal timore che, non trovandolo fosse andata via.
Non poteva pensarla da sola in giro, se le fosse capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato e mentre valutava il da arsi, la vide addormentata sul divano, con la stessa espressione di quando era bambina.
A quella visione il tempo sembrò fermarsi, e le mani d’istinto si mossero verso di lei per raccogliere una ciocca di capelli e farla scivolare tra le dita.
Dormiva, il respiro regolare, serena nella penombra della stanza che rendeva quel momento irreale.
Si accovacciò davanti a lei e rimase a guardarla: i tratti del viso delicati, le ciglia lunghe, le labbra ben disegnate, si rese conto che era ancora più bella di come la ricordava.
In quel momento il battito furioso del suo cuore stava gridando che apparteneva a lei soltanto e non poteva essere di nessun’altra.
Respirò e sembrò come se riuscisse a farlo profondamente per la prima volta da quando era andato via.
Quando la vide muoversi si sentì gelare il sangue nelle vene.
Gli occhi di Samuela si aprirono nella poca luce, lo intuì più che vederlo, ma questo fu sufficiente perché gli gettasse le braccia al collo.
Il primo istinto, quello che rispondeva al buon senso, lo fece ritrarre, ma la verità era che quel contatto gli era mancato.
Si irrigidì appena, e poi la strinse a se, con tenerezza.
Fu grato alla penombra della stanza, che non avrebbe permesso a Samuela di vedere la sua emozione.
Lei però lo sentì tremare, si scostò appena incredula davanti a quella reazione.
“ Lorenzo …” Sussurrò piano. Comprendendo che lui l’amava tanto quanto lei.
“ Ti prego, Sammy non dire niente.” La sua risposta lo tradiva nel tremito della  voce.
“ Perché? Perché non me lo hai detto, perché hai voluto che io….”. Tornò a stringersi a lui.
“ Sai che questo non è possibile vero?” Lo disse piano, accarezzandole dolcemente i capelli.
“Perché no?”
“Oh, per almeno un milione di ragioni, e sono solo alcune di quelle che mi vengono in mente. Ma la prima in ordine d’importanza è che sarebbe sbagliato.” La scostò da lui e le prese il viso tra le mani, rendendosi conto che aveva gli occhi pieni di lacrime.
“Ma l’amore non può essere mai sbagliato; pèr nessuno.” La voce era incrinata dal pianto.
“ Ma questo si: Per noi lo sarebbe. Devi dimenticarmi Sammy. Non doveva andare così, non dovevi sapere … ti chiedo perdono, per tutto.” Dire quelle parole, era come auto infliggersi un dolore.
“E tu potrai farlo. Potrai dimenticarmi?” Fece quella domanda come se stesse lanciando una sfida.
Lorenzo non riuscì a sostenere quello sguardo, abbassò gli occhi e non rispose.
“Lo vedi? Non riesci neanche a rispondermi.” E lo costrinse a guardarla, voltandogli il viso.
“ Ti prego Sammy…”
“ Non posso Lorenzo. Non posso lasciar perdere, arrendermi, rinunciare a te, a noi per le tue paure, le tue stupide convenzioni sociali. Sono maggiorenne, da quasi quarantotto ore. Se ne faranno tutti una ragione.”
“ Non potrei guardare più negli occhi tuo padre.”
“Tu mi ami Lorenzo? Rispondi.”
“Perdonami, ti chiedo scusa. Ma io …”Non gli lasciò il tempo di rispondere, si alzò di scatto e accese la luce.
Quello che vide Lorenzo fu la determinazione dei suoi occhi e sapeva che quello sguardo non lasciava margini per nessuna discussione.
La vide riprendere il bagaglio e il giaccone.
“E adesso che fai?” Domandò, sapendo che la risposta non gli sarebbe piaciuta affatto.
“ Beh se hai deciso che questa storia è già finita prima di essere iniziata, non ho motivo di restare ancora qui; me ne vado.”
“ Ti rendi conto di che ore sono?”
“Perfettamente.”
“ E dove pensi di andare?”
“ A riprendere l’aereo per tornare a casa.”
“ In piena notte.”
“ Esattamente.”
“ Non se ne parla. Scordatelo, sei sotto la mia responsabilità. Tuo padre è stato fin troppo chiaro.”
“ Beh si dà il caso che sia io l’unica responsabile di me stessa, quindi me ne vado e da sola. Tu resta pure qui a dirti di volermi dimenticare se ci riesci.” Davanti alla porta sentì le braccia di Lorenzo trattenerla.
“ Non ti lascio andare via. Cerca di ragionare.” L’aveva cinta alla vita, poggiando il mento sulla sua spalla.
“ Non rimango qui, se non mi vuoi.” Sentì quell’abbraccio stringerla ancora di più.
“ Non ho detto questo, ho detto che non possiamo, no che non ti voglio. Se non ti volessi sarebbe tutto più facile.” Lei si sciolse da quell’abbraccio e si voltò a guardarlo.
“ Ma senti quello che dici?”
“ Non sono credibile vero?”
“ Direi di no.” Sentì nuovamente le sue mani stringerla ai fianchi. Si mosse azzerando la distanza tra di loro. La stava fissando in un modo che le fece fermare il cuore, sentì una scarica elettrica attraversarle il corpo e le gambe venirle meno. Il suo respiro sul viso le fece girare la testa.
“ Eh no, non lo sono hai ragione tu.” Disse avvicinando la bocca quasi a sfiorarle le labbra. Fece risalire una mano lungo la schiena fino dietro la nuca. La sorresse facendole inclinare la testa, indugiò ancora combattuto e poi si arrese: la baciò, con tutta la dolcezza e il trasporto di cui era capace.
“Non voglio che tu vada da nessuna parte senza di me, piccola peste.” Lei lo guardò scoppiò a ridere e affondò il viso sul suo petto.
Le mani di lui indugiarono tra i suoi capelli e il piccolo pettine ritornò al suo posto.
 
 
 
  
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