Questo
capitolo mi fa
abbastanza schifo e lo avevo scritto settimane fa, ho deciso di
pubblicarlo perché
è uscito in italiano The Sun and The Stars e sospetto che
presto rientrerò di
forza nella mia fase Percy Jacksoniana.
Un paio di punti: arrivata a questo punto della storia vorrei tornare
indietro
e cambiarla in più punti, ma ahimè non posso, il
problema è che i personaggi
hanno sviluppato sfumature diverse dal primo pensiero, la trama
generale è
rimasta invariata, ma ci sono stati cambiamenti.
Inoltre, ho sempre cercato di adattare ICDI al canone Riordiano,
aggiustando e modificando
dove mi era permesso, in base ai libri, senza devastare la trama (anche
se a
volte sì, vi faccio una confessione, il ruolo di Eritteo
contro July, in
origine, era di Orione, ma Orione era troppo diverso e troppo
distante), considerate
sempre che ho cominciato a scrivere questa storia che non era ancora
uscito The
House of Hades e a pubblicarla in contemporanea con Blood of Olympus
(sul sito
questa storia ha quasi 10 anni, ma sui diversi pc che ho avuto ne ha di
più. Ho
cominciato a scriverla prima del mio diploma, help), tutta questa
premessa era
per dire che con TSATS mi arrendo (questa storia segue il canon fino
alla Torre
di Nerone), non terrò conto di niente uscito da quel libro
ne dal successivo
previsto per l’autunno, ne modificherò la trama se
per caso dovessimo
imbatterci in qualche mostro/personaggio, altrimenti rischio di mandare
tutto
in malora, credeteci, o meno, dal punto di vista di trama: abbiamo
passato
il Rubicone.
Non ci sono più personaggi da conoscere, da introdurre (a
parte qualche dio,
personaggio secondario, ospite del capitolo o per qualche micro trama e
ovviamente personaggi la cui identità è rimasta
ancora misteriosa: Il-Dio-Vestito-di-Bianco
o El-G e Quilly solo accennati, ma loro due sono gli ultimi) ma
finalmente:
abbiamo tutti i giocatori, tutti nel posto giusto, tutti che vanno in
direzioni
specifiche.
Vorrei dirvi che siamo in dirittura di arrivo, ma … no.
Però non possiamo più tornare indietro.
Un bacio per tutti coloro che sono arrivati fin qui, per chi ha mollato
prima,
per chi ogni tanto si ricorda, per chi verrà!
RLandH
Ps
– Il titolo iniziale
di questo capitolo doveva essere: Ehilà questo
è il capitolo con tutti i
call-back!
Il
nemico del mio nemico
è il mio … riluttante alleato?
Immagino di sì
Heather
V
Le
onde magnetiche dei
cellulari rendevano i mezzosangue facili bersagli dei mostri, circa.
L’avevano
spiegata così ad Heather quando Qbert l’aveva
portata al Campo-Mezzosangue la
prima volta e così lei l’aveva dovuta spiegare a
sua madre.
Chirone però all’alba degli anni duemila si era
ritrovato a far fronte a
qualcosa che era capitato raramente nella sua secolare –
millenaria – vita di
educatore di giovani eroi: i genitori.
Quando Daisy Shine aveva sentito quella storia da sua figlia non era
stata per
nulla concorde con Chirone. Heather ricordava l’estate
successiva alla prima
che aveva passato al campo, di aver attraversato l’America in
Aereo – “Madre,
Zeus potrebbe essere turbato”, “Se così
sarà che se la prenda con quel simpaticone
di suo figlio” – per raggiungere New York
per poter parlare a tu-per-tu con
Chirone.
In quell’occasione non pochi mostri avevano cercato di
ucciderle ed Heather
continuava a pensare di aver salvato sua madre per il rotto della
cuffia. Daisy
Shine era rimasta incinta giovane, troppo giovane, da un ragazzetto
bellissimo –
retroattivamente aveva ammesso che non c’erano dubbi che
fosse un Dio – che
le aveva promesso il mondo e poi era scomparso.
Heather si era chiesta per anni perché sua madre non odiasse
suo padre o lei
– Daisy Shine le aveva assicurato che nulla al mondo
l’avrebbe mai indotta a
provare qualcosa che non fosse un amore esautorante per Heather e
nessun
rancore per il suo amante passeggero, ‘Da lui ho
avuto te’ aveva
risposto.
Daisy Shine aveva scoperto che il padre di sua figlia fosse un dio
– “Sai una
parte di me ha sempre sospettato non potesse essere tutto vero, tutto
umano”
– quando Heather stessa lo aveva scoperto e quasi un anno
dopo di lei che era
Apollo.
Così Chirone quando si era visto palesarsi Heather, dodici
anni, viso coperto
di graffi e fuliggine, e la sua madre troppo giovane con sguardo
determinato
aveva capito che non avrebbe mandato facilmente via la donna.
Però le aveva spiegato che da un paio d’anni
esisteva una casella della posta a
Long Island, che Argo controllava quasi una volta a settimana, dove i
genitori
potevano scrivere e dove i figli potessero rispondere –
quando per qualche
ragione i messaggi di Iris non avessero funzionato, con i genitori
mortali
sprovvisti di vista succedeva spesso.
Ogni settimana, Heather – per l’invidia e la rabbia
degli altri bambini –
riceveva sempre molte lettere; specie dopo aver deciso di non tornare
con la
fine dell’estate, di restare al campo a tempo indeterminato.
Alcuni mezzo-sangue riuscivano a vivere una vita completa, ma Heather
non
voleva costringere anche sua madre a nascondersi dai mostri, quando la
donna
stessa non possedeva la vista.
Aveva fatto male, malissimo – per questo non cercava mai di
pensarci, ma dopo
la stoccata della freccia velenosa di Troilo – e la profezia!
– ed un’occhiata
alla giovanissima Sky, incinta di un bambino mezzo-dio, ma per
Heather
era stato impossibile ignorare la mancanza di sua madre.
Aveva leccato il bordo della busta prima di chiuderla ed infilarla
nella
cassetta delle lettere. 24883 Se Baseline St. Hillsboro, Oregon, Stati
Uniti
d’America – l’indirizzo di sua madre,
della casa dove era cresciuta, con le
piante di erica e brugo[1]
in giardino.
Aveva scritto davvero poche cose: Ti amo e sto bene mamma!
E non si illudeva che quelle poche parole non avrebbero reso sua madre
piena di
ansia, specie quando avrebbe riconosciuto l’indirizzo diverso
da solito di Long
Island.
Aveva preso l’altra busta dalla borsa ed aveva leccato anche
il bordo di quella
per chiuderla, controllando per l’ennesima volta poi
l’indirizzo, era quello
della casella postale del campo – a Long Island –
ma non ne era sicura.
Aveva scritto una lettera per Darren, per fargli sapere che era viva
che stava
bene, che le dispiaceva tanto di non averlo contatto prima, dopo la
loro brusca
interruzione in bagno, dopo non avevano più funzionato i
messaggi. Aveva
cercato di essere quanto più sintetica nelle informazioni da
riportare a
Chirone ed aveva evitato di riferirsi che si fosse messa in viaggio con
Jude e
Bernie, due mezzosangue che avevano seguito il fuoco fatuo di Chirone.
Aveva evitato di raccontare dell’avvelenamento ma solo del
suo legame con
l’Aten e che andava a farsi aiutare da un tale El-G, sotto
consiglio di Grande
Madre Idea.
Inoltre, riportava la separazione tra lei e Qbert che avrebbe condotto
una
povera anima persa al campo e che non aveva idea di come proseguire la
missione.
E si era sentita così in colpa per le sue omissioni e le sue
menzogne.
Quando
aveva infilato
anche la seconda lettera nella buca delle poste aveva sollevato lo
sguardo
verso Puma. “Patatina?” aveva chiesto retorico lui,
allungando verso di lui la
busta aperta. “Sì, ti prego” aveva
risposto lei, infilando la mano nel
pacchetto.
Erano in viaggio da due giorni, quando aveva pensato di fermarsi per
inviare le
lettere ed aveva avuto l’impressone che la sosta avesse
giovato a tutti.
Heather si sentiva strana, non aveva altro termine per descriversi, una
parte
di se sentiva chiaro e netto il veleno che stava corrodendo il suo
corpo, era
come una mano invasiva sul suo corpo, sulla sua anima, come se certi
parti di
se non fossero più sue ed il potere dell’Aten non
aiutava: era fuoco vivo che
scorreva nelle sue vene. Dopo il rituale con il mago egiziano, aveva
cominciato
a portare un guanto sulla mano marchiata, per coprire la luce
iridescente, che
si vedeva comunque coperta dalla stoffa. Sentiva la sua pelle
più calda di quanto
non fosse mai stata, quando era tramontato il sole dopo il primo
giorno, aveva
illuminato l’ambiente come se fosse stata una lampadina e non
era riuscita a
spegnersi.
Almeno aveva recuperato quel controllo.
“Non riesco ancora ad abituarmi all’idea che ti
chiami come un animale” aveva
ridacchiato lei, “Disse quella con il nome di una
pianta” aveva risposto il
ragazzo, facendo trillare di più il pacchetto di patatine
per invitarla a
prenderne altre, “È un nome importante, non
è Puma è Pumayyaton, Re di
Tiro
… forse lo conosci come Pigmalione” aveva
considerato lui. “Era quello della
statua?” aveva chiesto, “No, quello era Pigmalione
re di Cipro, stesso nome,
diverso re” aveva risposto.
Heather aveva inghiottito le patatine, “Meglio che un tributo
a una pianta”
aveva buttato fuori lei.
Puma aveva sorriso verso di lei, quasi incoraggiante, “Se
può consolarti trovo
molto belle le callune” aveva stabilito,
sornione.
Heather era arrossita. Era uno splendido figliolo, aveva occhi verdi,
ma non
così verdi, più simile alla chartreuse,
alto, con le lentiggini sulle
gote, come quelle di Darren, ed una zazzera biondo ardente. Un tipo di
bellezza
che faceva sentire un po’ in colpa Heather pensando al suo
povero Darren.
“Come stanno?” aveva chiesto Heather facendo
riferimento ai loro umorali
compagni di viaggio-
“Be, il tuo amico chiacchiera poco – ma mi han
detto che questo è normale – e Bernie
non sta bene” aveva risposto Puma, con un sorriso di vetro.
Heather non conosceva Bernie LaFayett, non aveva minimamente avuto idea
della
sua esistenza, neanche durante la battaglia di Manhatthan, ma avevano
combattuto fianco a fianco durante la battaglia di Sciro,
l’aveva vista
disintegrarsi davanti a lei e ricomporsi, l’aveva ricondotta
all’Ovile.
Aveva saputo in seguito, poi, che Bernie avesse visto morire il suo
amico
mostro – Heather non aveva voluto
indagare – avuto una conversazione con
sua madre: la terribile Nyx – Heather non aveva potuto
indagare – ed
aveva rincontrato Jude con cui non aveva un buon rapporto –
Heather aveva saputo,
invece.
Jude l’aveva salvata a Manhatthan e, poi, abbandonata, senza
spiegazioni.
Heather non era stupita, Jude sembrava decisamente il tipo capace di
scomparire
senza dare una spiegazione, in una qualsiasi mattina, ma aveva
trascinato
Heather nella ricerca di Bernie, quando aveva pensato che la ragazza
fosse in
pericolo.
“Vado a parlare con Bernie” aveva considerato
Heather, “Non dovresti parlare
con Jude?” aveva chiesto invece Puma – che nome
buffo, non aveva ancora avuto
modo di interrogarlo su di lui, tipo: era anche lui un servo di Crono?
– prima
di ingollare delle patatine. “Avrebbe più senso
ma, primo: Jude non
parla; secondo: Jude sta attivamente cercando di
evitarmi, sai sensi di
colpa; terzo: io e Bernie abbiamo proprio bisogno
di parlare” aveva
spiegato pratica, “Cose da ragazze, immagino” aveva
scherzato Puma.
“Immagino che cose di ragazze riguardino Lilith e la
conversazione che avete
avuto nella sala macchine del C.I.B.E.L.E” aveva buttato
fuori Puma, “Sì, sai
così: cose da ragazze, profezie mortali” aveva
scherzato forzatamente Heather.
“Allora io mi assicuro che il tuo amico silenzioso non si dia
alla fuga, mi
hanno detto che è una sua specialità”
aveva scherzato con divertimento, “Oh,
be, sarebbe carino, visto che è lui la guida”
aveva scherzato.
Jude era in macchina, che con una penna cercava di scrivere qualcosa su
un
taccuino, Heather sospettava fosse un: mi dispiace tantissimo che il
veleno che
ho progettato con il mio amico Al ti stia uccidendo.
Gli aveva sorriso incoraggiante ed il suo amico aveva immediatamente
deviato lo
sguardo.
Lei aveva raggiunto Bernie, che si era seduta su una panchina, nel
parco vicino
e guardava con sguardo neutro i bambini giocare.
“Sai a casa mia c’era un parco come
questo” aveva detto Bernie, casualmente,
mentre Heather si sedeva al suo fianco, stava consumando una bibita
gassata
dall’odore dolciastro e gliene offrì
immediatamente un po’. “Vicino casa mia
c’era la superstrada” aveva scherzato Heather,
“Ma io avevo un bel giardino
pieno di fiori” aveva buttato fuori.
Di tanto in tanto Heather si era chiesta perché non fosse
nata figlia di
Demetra, aveva anche ipotizzato potesse esserne discendente da sua
madre, ma
non aveva ricevuto mai notizie in merito …
“I ragazzini del parco erano cattivissimi e prendevano sempre
in giro me e mia
sorella, ma Bells non si faceva mai mettere i piedi in testa”
aveva ricordato
Bernie.
“Credo che voi due siate la prima coppia di gemelli
semi-divini di cui sento
parlare” aveva considerato Heather, “Da Castore e
Polluce” aveva aggiunto, “Non
quelli della mitologia, due ragazzi del campo … figli di
Dioniso”.
“Luke Castellan diceva fossimo un miracolo, di solito quando
nascono due
gemelli mezzosangue, uno dei due è per forza mortale, sai
Castore-e-Polluce,
Ercole-e-Ificle … ma noi, noi no” aveva risposto,
“Inoltre siamo due gemelli
figli di una dea – e questo è davvero una
rarità”.
Era quasi interessante come Luke Castellan risultasse un nome casuale
sulle sue
labbra, al Campo era una figura così complicata e
indipendentemente da chi lo
giudicava aspramente e chi con più mollezza, riabilitando la
sua memoria con il
suo ultimo sacrificio, indipendentemente: nessuno pronunciava il suo
nome.
Heather ricordava la prima volta che lo aveva visto quando
l’aveva accolta
nella Casa di Hermes, con il suo sorriso rassicurante e gli occhi
smaliziati,
quasi raggiante, quasi divino – era andato via
quell’estate.
Il Campo-Mezzosangue aveva sanguinato e pianto quando il suo figlio
amorevole
l’aveva tradito. Tutti loro erano passati sotto le cure di
Luke Castellan, per
breve o per lungo tempo, forse solo Annabeth Chase era sua e forse solo
i figli
di Hermes erano i suoi fratelli, ma Luke Castellan era stato in qualche
modo il
fratello maggiore di tutti loro.
“Be, una non è la notte che avanza
se non fosse speciale” l’aveva presa
in giro Heather, ricordando le parole che Bernie aveva raccontato lei,
dopo la
conversazione con sua madre nel Tartaro, “Be, mia madre era
abbastanza convinta
che Bells dovesse esserlo, poi ha cambiato idea” aveva detto
leggermente
stizzita, ondeggiando una mano e sul suo palmo di onice nerissimo era
apparsa
uno strano cannocchiale, aveva dei punti di luce, fiochi sì,
ma visibili, come
piccoli diamanti.
“Oh, cosa è?” aveva chiesto con
interesse.
“Un caleidoscopio magico, onestamente non so quale sia il suo
funzionamento, me
lo ha dato mia madre per cercare l’arma, ma una volta
funziona e dieci no”
aveva considerato leggermente offesa.
“Oh, l’arma!” aveva commentato Heather,
chiudendo le mani sul viso.
“Oh, l’arma” aveva fatto eco Bernie, con
un tono mogio. Non avevano discusso di
cosa avrebbero fatto quando avrebbero trovato l’arma, Heather
era intenzionata
a riportarla al campo come piano B contro la terribile Gea –
aveva già perso la
Stella di Erebo, che era rimasta come protezione al C.I.B.E.L.E.
– e non aveva
idea di cosa volesse Bernie, o Jude, o Puma.
Quasi si pentiva di aver accettato la supplica di Qbert di portare la
giovane
Sky al Campo-Mezzosangue.
“Non avreste dovuto essere in tre, a proposito?”
aveva chiesto Bernie, cogliendola
di sorpresa, “Sì, avremmo dovuto se fosse stata
una missione vera. Chirone non
voleva far andare nessuno, la profezia di Rachel erano solo frammenti
ma … era
una speranza ed io volevo fare la mia parte. Ho detto a Chirone che
sarei
andata con o senza il permesso, Qbert ha accettato di accompagnarmi ed
anche
Darren voleva venire, ma … Un mezzosangue in pericolo
bastava e avanzava” aveva
raccontato.
Bernie sembrava interessata, “Per una volta ho sentito che
questo era il mio
momento” aveva scherzato, “Lungi da me immaginare
una purga specifica contro i
figli di Apollo” aveva scherzato, guardando il dorso della
sua mano dove sotto
il guanto rifulgeva il rossetto d’oro permanente del Sol
Invictus.
Heather aveva chiamato suo padre ma aveva risposto il suo aspirante
nemico – divertente!
E così tipico di suo padre, Heather lo pregava e rispondeva
un suo avversario,
mentre i suoi nemici si occupavano di tormentarla fino alla morte.
“Direi che questa era la tua missione,
sì” aveva considerato Bernie ma non
c’era gioia nella sua voce. Il Sole che muore.
Oh, be, lei era figlia di Apollo, era benedetta dall’Aten e
stava morendo.
Tutto regolare.
“Ti ricordi i versi della profezia
dell’Oracolo?” aveva chiesto con interesse
Bernie, “Sì” aveva ammesso,
“La profezia di Rachel è su un’arma
però, non è
detto che sia la profezia dei libri sibillini, quella che parla di me,
di te e
della progenie di due dee” aveva considerato.
Da Lilith non erano riusciti a cavare fuori niente, se non che fosse
complice
di Eris – una delle poche dea ad aver letto casualmente la
profezia, almeno una
parte …
“A proposito di questa cosa, ho interrogato Puma, non ci
crederai mai ma non sa
nulla o quasi di mitologia, ripensandoci non mi sorprende che
Mr-Sparo-E-Poi-Chiedo sia poco avvezzo allo studio. Comunque:
normalmente si
assistono a casi in cui un semidio ha più genitori, tipo,
Teseo no, che era
figlio di sua madre, del re di Atene e di Poseidone, nella mitologia
norrena
esistono pochissimi casi di due genitori divini per un
semidio” aveva spiegato
Bernie.
“Orione, in una versione è figlio di Zeus,
Poseidone ed Ermes che hanno fatto
pipi su qualcosa” aveva ricordato Heather – non
riusciva a rammentare come lo
avesse scoperto, qualcuno doveva averglielo detto, era sembrato
divertente. “Ma
indovino: due madri mai?” aveva chiesto
poi Heather, osservando il
profilo di Bernie, “Dei norreni esclusi, si
intende” aveva considerato,
giocando con il suo caleidoscopio la figlia di Nyx.
“Be, dopo aver conosciuto Xander figlio di Freya, direi che
non mi sento di
escluderli dall’equazione” aveva scherzato
forzatamente.
Poi era caduto il silenzio tra loro, “Fammi vedere questo
caleidoscopio” aveva
considerato Heather allungando una mano verso l’oggetto.
Bernie aveva allungato
verso di lei l’oggetto, “Come lo usi di
solito?” aveva chiesto con curiosità.
Nel momento in cui le sue dita avevano toccato il simil-cannocchiale
aveva
sentito un flusso d’energia attraversarla, come una scossa, i
piccoli diamanti
si erano accesi ed Heather aveva sentito il bisogno di ritrarsi, prima
di
combattere il suo impulso.
“Oh wow!” aveva esclamato Bernie, mentre scioglieva
la presa dall’oggetto. “Puro
manto della notte che incontra una figlia del sole potenziata dal disco
solare,
un miracolo che non abbiamo fatto boom!”
aveva scherzato.
Bernie si era lasciato sfuggire una risata, quasi liberatoria.
“Allora: come lo
fai funzionare?” aveva chiesto di nuovo Heather,
“Ci guardo dentro e faccio
ruotare le parti e le immagini cambiano, passano da specchi di luce di
ogni
genere a … altre cose” aveva considerato.
“Ma niente arma?” aveva indagato ancora,
“Ma niente arma” aveva ripetuto
Bernie.
Heather aveva sentito l’oggetto tra le sue mani, con
nervosismo, e poi aveva
chiuso un occhio e guardato dentro. Aveva incontrato un intricato
sistema di
colori di ogni genere, che si riflettevano in forme geometriche sempre
più
strane, aveva cominciato a far ruotare le lenti, osservando i
cambiamenti
sempre più intriganti, poi mossa da qualcosa aveva fatto
schioccare le dita,
spingendo un raggio di luce perché lo illuminasse come era
suo interesse ed
invece di colori sgargianti al giro successivo era apparso un campo
verde ed un
albero dalle foglie grandi su cui sonnecchiava un drago, il Campo,
aveva
cercato di stringere il campo ma l’immagine era cambiata.
Era Darren nel campo di fragole che discuteva con Miranda Gardiner!
Aveva girato ancora le lenti ed aveva visto Qbert che teneva una borsa
al
fianco di Sky e girato ancora le lenti aveva visto altro ed altro, fino
a che
non era tornati i
colori.
“Oh capito” le aveva detto.
“Cosa?” aveva chiesto Bernie confusa,
“Questo non è un mezzo, questo
è un
regalo” aveva specificato.
“Come?” aveva domandato l’altra.
“Non è un modo
per raggiungere l’arma, non è un cannocchiale, non
serve per vedere, ma
per guardare” aveva spiegato,
“Ora è tutto più chiaro”
aveva detto
Bernie sarcastica. “Non vedi niente con un caleidoscopio,
guardi solo le
immagini che le pietre e gli specchi al suo interno riflettono, creano
composizioni bellissime che intrattengono i bambini, gli adulti, a cui
ispirarsi e cose del genere” aveva cominciato ad illustrare
Heather didascalica.
“Quindi mia madre mi ha dato un caleidoscopio per vedere
delle belle immagini?”
aveva chiesto retorica, “Non molto da mia madre”
aveva considerato.
Heather aveva sorriso: “Questo è magico, sospetto
che oltre fuori anche dentro
ci siano frammenti di stelle, che ti permettono di vedere cose belle
per te, io
ci ho visto casa, mia madre, il mio ragazzo” aveva spiegato
con calma.
Bernie si era morsa un labbro, “Ci ho visto Bells ed
Al” aveva spiegato calma,
“Quindi sì” aveva considerato,
“Probabilmente mamma voleva farmi … vedere gli
altri” aveva pensato. Heather aveva sorriso,
“Magari scoprirai in futuro la sua
utilità, due anni fa mio padre mi ha regalato un rametto di
erica e neanche una
settimana fa ho scoperto come utilizzarlo” aveva valutato
Heather.
“Riesco a percepire che c’è un secondo
fine, una delle stelle la ho donata alla
terribile dea primordiale Talassa” aveva considerato.
“Magari dovrai offrirla
ad un altro dio, magari ad El-G” aveva ridacchiato Heather,
guardando le labbra
lucenti sulla sua mano, allungando verso la sua compagna la sua il suo
caleidoscopio.
“Magari … posso guardare il Tartaro è
vedere Arvey” aveva considerato Bernie,
guardando l’oggetto con più morboso interesse,
“Puoi tentare” aveva considerato
Heather, “Mi dispiace per il tuo amico, comunque”
aveva considerato,
“Probabilmente non ti sarà di alcun aiuto: ma so
come ti senti” aveva detto.
Lee. Michael.
Poteva il caleidoscopio guardare ovunque fossero le loro anime
immortali?
“Ti ricordi i ragazzi del parco di cui parlavo
prima?” Bernie aveva interrotto
il suo vagare mentale, “Quelli che prendevano in giro te e
tua sorella?” aveva
chiesto retorica, “Arvey li ha uccisi e li ha
mangiati” aveva detto Bernie, il
suo tono era neutro, senza giochi, senza nulla, “Ha anche
rotto il braccio di
Bells per evitare che scappassi e mia madre mi ha detto che ha tenuto
lontano
da tutti” aveva spiegato, c’era qualcosa di rotto
in lui, la sua voce, le sue
emozioni sembravano un fiume in piena. “E lo so che lo ha
fatto, che ha
fagocitato ogni cosa che potesse ferirmi ma anche ogni cosa che potesse
amarmi
… eppure, mi manca” aveva soffiato e lacrime amare
avevano segnato le guance
tonde e piene. “Avevo lui anche quando non avevo
nessuno” aveva detto.
Sembrava mostruoso …
“L’amore non è razionale, anche quando
è malvagio” aveva spiegato pratica
Heather, pensando al suo padre volubile, che non rispondeva alle sue
chiamate,
che fossero disperate o solo guidate dal bisogno, ma che lei non
smetteva di
amare. Bernie le aveva sorriso, con le lacrime a segnarle le guance,
“Volevo
dirti grazie di cuore per aver cantato per me, la tua voce mi ha
riportato in
questo mondo” aveva considerato.
Heather aveva sorriso di rimando, “Non facciamola diventare
un’abitudine, eh,
non sono particolarmente brava a tirare fuori le persone da nubi
oscure” aveva
scherzato, godendosi quel momento di intimità.
Aveva l’impressione che quel ringraziamento, unito alla
confessione sul suo
amico mostro molto territoriale, sancisse qualcosa di diverso, di
nuovo, di più
personale.
“Non ho conosciuto molti figli di Apollo, in effetti solo
uno, ma sei un sacco
diversa” aveva valutato Bernie mesta, “Fidati io
sono piuttosto nella norma,
riguardo a Carter, sicuramente è un tipo, però mi
manca” aveva sputato fuori
Heather senza pensarci, non poteva essere nessun’altro
infondo, se non suo
fratello Carter.
“Sembrava sempre avesse un limone in bocca” aveva
considerato Bernie, quasi
amichevole, Heather aveva annuito, “Non me lo ha mai detto ma
era palese che
gli fosse successo qualcosa” aveva detto nervosa, qualcosa
che lo aveva spinto
quel giorno a fare i suoi bagagli, con la fine dell’estate e
rispondere
solamente con un sorriso mesto al ‘Ci vediamo!’ di
Heather.
Neanche sul campo di battaglia si erano visti, Heather ne era grata
perché non
avrebbe saputo cosa fare dopo la
Battaglia del labirinto e poi a Manhatthan. Sentiva Carter
la colpa per
Michael e Lee?
“Dii imortales, che assurdità,
un anno fa eravamo per le strade di
Manhattan a cercare di ucciderci ed ora guardarci” aveva
dichiarato Heather.
“Sì, gloria ai titani, la mia vita è
una barzelletta” aveva ridacchiato la
ragazza, grattandosi la fronte, “Se … se trovassi
io l’arma e la consegnassi io
al Campo, pensi che ecco, gli dèi sarebbero disponibili ad
una indulgenza?”
aveva chiesto Bernie.
Questo! Questo l’aveva stupita.
“Vuoi la verità? Nessuna cazzo
di idea, gli dèi fanno le cose a caso, ti
perdonano per aver aiutato a mappare il labirinto e poi ti castigano
per aver
corteggiato la ninfa sbagliata” aveva sputato fuori,
“Vuoi unirti al campo?”
aveva chiesto, era proprio strano da pensare, immaginava che tutti i
seguaci di
Crono fossero profondamente anti-divinità. “Non lo
so? Quando avevo dodici anni
un lestrigone mi ha rapito e portato da Luke Castellan, non ho avuto
molta
scelta ed … è stato bello al
C.I.B.E.L.E.” aveva considerato. Era strano da
pensare per Heather che Bernie non avesse potuto avere scelta, che non
avesse
mai conosciuto da fare, era meno facile da odiare Carter, Alabaster ed
i
ragazzi che avevano tradito, ma Bernie?
Heather aveva sorriso, “Forse da Grande Madre Idea potrai
tornare sicuramente”
aveva valutato, pensando a come era stata gentile ed amichevole la dea
con
loro, “Penso sia la prima volta che una Dea si sia dimostrata
così disponibile”
aveva valutato. “Perché hai combattuto per gli
dèi se ne parli sempre così
male?” aveva domandato incuriosita, “Uhm
… il male che conosci come ti sembra?
Ma in realtà, ti direi che forse è il fatto che
gli dèi non abbiano alcuna
intenzione di mangiarmi, questo credici è un ottimo
incentivo” aveva scherzato.
Bernie aveva ridacchiato, “Lo sai, no? Mi ha sconvolto il
fatto che dopo
Manhattan, dovevo guardarmi dai mostri” aveva considerato,
sembrava quasi una
battuta. “Ho ucciso la mia prima Dracena ha dodici anni, non
ho idea neanche
come sia successo, grazie a Qbert per lo più”
aveva ridacchiato.
Aveva pensato al satiro e l’ultimo saluto lacrimoso che si
erano scambiati, era
davvero turbata dalla sua assenza, “Sembra un tipo
simpatico” aveva
considerato.
“Dovevi conoscerlo quando sognava tiasi
dionisiaci!” aveva riso Heather. Bernie
l’aveva guardata, con intensità, aveva occhi
scuri, come legni bruciati ed
avevano lo stesso intenso calore, ed aveva sorriso.
“Stavo pensando che … il nostro caro Jude
spergiura che questo El-G debba
sapere qualcosa su questa profezia, però, ecco, sai mi
è sembrato molto
insistente” aveva valutato Bernie, grattandosi sotto il
mento. “Pensi stia
mentendo?” aveva chiesto Heather, “Quando ha
parlato di El-G, dopo che ho
raccontato il mio sogno, Grande Madre Idea ha detto che era una cosa
plausibile, quindi no, ma credo abbia altre ragioni per raggiungere
questo
El-G” aveva riportato Bernie, con gli occhi scuri distanti,
il loro discorso
però non aveva potuto trovare seguito.
Jude
si era affacciato
verso di loro, con espressione colpevole sul viso mentre teneva un
foglietto di
carta strappata tra le mani tremolanti. “Sappiamo che puoi
parlare” lo aveva
rimproverato bruciante Bernie.
Avevo lui quando non avevo nessuno …
Heather doveva immaginare che Jude
avesse finito per incarnare tutte le persone che volenti o nolenti
avevano
dovuto abbandonare Bernie, per questo era così arrabbiata
con lui. Il labbro
inferiore di Jude era tremato e le sue guance si erano fatte di un
rosso
infuocato mentre margherite fiorivano tra i capelli biondi, mentre
frustrato
allungava un biglietto verso Heather.
Lei lo aveva preso, “Non ti forzerò a parlare se
non vuoi farlo” aveva detto
accondiscendente.
Jude le aveva sorriso, grato. Bernie aveva fatto una smorfia meno
comprensiva.
Heather aveva scartato il foglietto osservando ciò che Jude
aveva scritto. Una
sola parola: Zagreo.
“Zagreo?” aveva chiesto con perplessità
Heather, “Gloria ai Titani, già la tua
lingua è atrofizzata, anche le tue mani, più di
due parole potevi scriverle?”
aveva domandato con rabbia Bernie, oltre alle margherite erano fiorite
anche
campanule sulla nuca e dietro le orecchie, di colori brillanti.
“Fratello” disse Jude, toccandosi sullo sterno,
sembrava sempre che ogni parola
pronunciata fosse un dolore indicibile sul suo cuore.
Quello di Jude non era un problema legato alla voce, alle parole, ma
alla
comunicazione, poteva parlare, poteva scrivere, ma non voleva farlo. Voleva
che il mondo rimanesse fuori.
“Tuo fratello? Zagreo? Non sapevo avessi un fratello, ci stai
proponendo di
andare da lui invece che da El-G?” aveva chiesto Heather,
“Lui parla a
differenza tua?” aveva chiesto provocatoria Bernie.
Jude aveva scosso il capo in segno di diniego, tirando fuori dalla
tasca dei
jeans logori il taccuino ed una penna, “Parla!”
aveva gridato Bernie. “Morto”
aveva detto lugubre Jude.
“Bene: Zagreo. Fratello. Morto” aveva ripetuto
Heather, “Un terzetto rassicurante,
Jude, che facciamo? Ci scriviamo una sciarada?” aveva
risposto caustica Bernie.
Anche Puma gli aveva raggiunti, “Se abbiamo finito con le
chiacchiere e le
lettere, possiamo per cortesia ripartire, Atlantic City ci
aspetta” aveva detto
con un tono pieno di divertimento, quasi. “Vorrei prima
mangiare qualcosa di
più di due patatine ed uno slushie”
aveva considerato Bernie, sorridendo
verso il suo amico, anche se l’allegrezza si era fatta
piuttosto fiacca.
“Secondo
voi ha un odore
giusto?” aveva chiesto Puma, odorando la sua fajitas,
“Sì” aveva risposto
Bernie, aggrottando un sopracciglio. “Scusami …
vivo in un posto che non
dispone di molte … novità” aveva
considerato Puma leggermente nervoso.
“Le Fajitas non sono una novità … sono
internazionali, globali” stava
rispondendo Heather, osservando il suo piatto con un certo gusto
– almeno il
veleno non le aveva tolto l’appetito –
“Aspetta: da dove vieni?” aveva chiesto.
“Da un’isola non segnata sulle mappe che
teoricamente non esiste” aveva
risposto con un sorriso sornione Jude, “E credo di cui tu non
dovresti parlare”
aveva considerato Bernie. “Gea si sta svegliando, il mondo
sta finendo, credo
sia ora di accettare che Nuova Cartago esista” aveva
spiegato. “Oh, numi, stavo
per chiederti se fossi di Atlantide” aveva scherzato.
“Oh no, ma ci sono stato, in vacanza, quando avevo quindici
anni … organizzano
delle feste da paura” aveva spiegato subito Puma, facendole
ridacchiare.
“Indovino, Hannah si è fatta cacciare anche da
quelle?” aveva chiesto Bernie,
un sorriso quasi genuino si era aperto sul suo volto, “Puoi
scommetterci” aveva
risposto Puma.
“Aspetta non scherzavi, sei stato davvero ad
Atlantide?” aveva chiesto Heather
stupita, “A Bensalem ma è circa la stessa cosa:
filosofi, inventori,
completamente fuori dal mondo e con feste da paura[2]”
aveva spiegato nuovamente.
Heather aveva preso la sua cocacola zero ed aveva preso un sorso
generoso,
“Quando avevo dodici anni il mio mondo si è
capovolto perché ho scoperto degli
dei, del campo e sai … altro. Ed ora scopro che le cose che
ancora mi mancano
sono tantissime: il C.I.B.E.L.E., i norreni, gli egizi, nuova Cartagine
e pure Atlantide”
aveva ammesso.
Jude aveva emesso un singulto, “E tante ancora non
so” aveva considerato
guardando lo sguardo colpevole del suo amico, ‘e
chissà quante non ne vedrò mai’
aveva pensato.
“Sì, tipo devo farmi dare la ricetta di queste
cose e portarle a casa” aveva
concordato Puma.
“Si, concordo sono ottime” aveva detto un uomo
accomodandosi al loro tavolo.
Nessuno sembrava turbato nel piccolo locale messicano della sedia che
era stata
spostata e del nuovo ospite. “Stiamo per essere
attaccati?” aveva chiesto Puma,
guardando con tristezza il suo piatto, “Da me? Dei no,
finirei per farmi
piuttosto male credo, fai un sacco di cardio, vero?” aveva
chiesto quello
retorico, osservando i muscoli di Puma, “In realtà
sono un guerriero
fantastico, eh, ma a detta di mio padre – gran paraculo
– non
abbastanza” aveva raccontato. L’uomo aveva un viso
giovane e gli occhi da
vecchio, non erano verdi e questo bastava per tranquillizzare Heather,
era uno
castano dolce, che incarnavano un viso olivastro e ricci capelli rame.
Bernie aveva sbuffato, “Ti prego, abbiamo avuto una settimana
impegnativa”
aveva languito, prendendo la sua coca-cola possessiva,
“Sì, sì, ho sentito”
aveva considerato il giovane uomo, estraendo dalla tasca dei jeans
della carta
da pergamena ripiegata, gli aveva rovesciati sul tavolo prima di
passare un
foglio a Puma, uno ad Heather e anche uno a Bernie.
“Il primo è: il primo, unico e solo, il
secondo è: gli arti di Chirone, le
gioie di Rhea e le disgrazie di Crono, l’ultimo accomuna il
cinabro e la
passione. Quando avrai sciolto e riunito la questione, allora avrai la
tua
occasione” aveva letto Bernie piena di confusione,
“Cos’è? Una profezia?”
aveva chiesto. L’uomo aveva sorriso: “Tecnicamente
è una sciarada, ma sì è
anche una profezia. Ti sarà utile” aveva precisato
l’uomo, “Okay?” aveva
bisbigliato lei.
Heather aveva guardato il suo foglio, “Sei, tipo, un
dio?” aveva domandato,
nella pergamena erano riportare delle note musicale su un pentagramma,
in
chiave di violino, “Dei del cielo no, no, solo un umile
sacerdote” aveva
risposto l’uomo con calma, “Indovino: anche a me
servirà dopo” aveva
considerato, “Forse non proprio a te, ma chi può
dirlo, io potrei ma sai … le
regole” aveva ammesso.
“Non capisco questa lingua” aveva detto Puma,
“Che imbarazzo, mandarsi messaggi
ultimamente è complicato ed abbiamo dovuto essere brevi per
non indisporre un
dio inca? Poco simpatici” aveva detto l’uomo dai
capelli rame, recuperando il
foglio da Puma, “Polissena dice di stare bene e di
aiutarvi” aveva riportato
l’uomo.
“Oh!” aveva esclamato Puma sorpreso,
“È stata molto carina” aveva
considerato,
Heather aveva sentito prudere la ferita infettata che Troilo le aveva
scoccato,
“Sei uno dei suoi fratelli, si?” aveva chiesto.
“Era la ragazza a tavola,
vero?” aveva chiesto Bernie, che forse non aveva avuto modo
di assistere e
recuperare tutte le sfumature.
L’uomo aveva annuito, “Eleno, figlio di Priamo, per
aiutarvi” si era presentato,
“Si sente in colpa per aver abbandonato Polissena la prima
volta, per me no,
invece” una voce lugubre aveva gracchiato, di fronte Eleno,
dal capo libero del
tavolo si era seduta Cassandra, con la stessa giacca a vento blu con i
bottoni
ed i riccioli folli.
Heather aveva afferrato subito il coltello sul tavolo,
“Cassandra mi dispiace,
ma avevo chiaramente detto che andava fatto un sacrificio espiatorio,
ma papà
non mi ha ascoltato, d’altronde non mi ascoltava
mai” si era lamentato Eleno,
“Non fare questo gioco con me, Eleno” aveva
sottolineato la donna inferocita,
“Tu eri solo incazzato perché non ti avevano dato
quella poveretta di Elena, ci
hai condannati tutti, hai barattato la tua liberta per la vita di
Polisenna, la
forma di Ecuba, la dignità di Andromaca, la vita di
Astianatte e, dei, la mia,
la tua compagna di ventre, mentre ti lamentavi che non si teneva
giustizia ad
Apollo, io venivo stuprata nel tempio di Atena e ridotta come una
schiava”
aveva ringhiato Cassandra.
“Okay, questa mi sembra una conversazione fin troppo intima,
che probabilmente
dovreste risolvere fuori” aveva buttato fuori Puma.
Bernie aveva messo una mano su quella di Heather, “Anche a me
non piacciono gli
dèi, diverse creature – umani, dei e mostri hanno
tentato di forzarsi su di me[3]
– e mia
sorella se n’è andata senza mai
guardarsi indietro, ma ti prego lasciarci andare …
“ aveva detto calma, “Forse
pensi che Gea potrà soddisfare la tua vendetta, ma
poi?”.
“Prima di tutto non lavoro per Gea … Giganti,
titani, dei, uomini sono tutti
marci” aveva dichiarato Cassandra, “E lo si
può vedere o starei nel vecchio
mondo a dare fastidio ai sette eroi dell’Olimpo”
aveva aggiunto la donna.
“Stanno tutti bene?” aveva chiesto Heather, quasi
senza controllo. Cassandra l’aveva
ignorata, riprendendo il suo discorso: “Onestamente non mi
importa un fico
secco, ho vissuto e sono già morta una volta, se il mondo
finisse domani il mio
unico rimpianto sarebbe di non aver visto Apollo prostrato ai miei
piedi
chiedermi perdono”.
“Cassandra” l’aveva rimproverata
bonariamente Eleno, “Giusto; in realtà sono
qui per scusarmi” aveva detto profetessa, voltando lo sguardo
verso di lei,
Heather aveva avuto un tremore, perché quegli occhi erano
ancora folli e
cattivi.
“Per aver cercato di uccidermi?” aveva detto
Heather non mollando il coltello,
“Sì” aveva concesso la sacerdotessa,
“Perché?” aveva chiesto senza perdere
mordente.
“La prima: era uno spreco di tempo, tu morirai lo stesso,
stai già morendo, e
non sarò io … scusa ho visto solo il tuo futuro
quando l’ho profetizzato” aveva
detto senza vergogna Cassandra. “Perché io ti
credo?” aveva domandato Heather,
cercando di ignorare la cattiveria e la gravità nella voce.
Era il sole che moriva, doveva immaginare che stesse morendo.
“Penso sia una difesa di Apollo” aveva cinguettato
la profetessa prima di
riprendere: “Secondo: ti ho osservata, ucciderti non avrebbe
ferito Apollo in
alcuna maniera, evidentemente sei la figlia di cui gli importa di meno,
al tuo
fratello traditore manda volatili e fa visite, per te …
Asclepio, il Sol
Invictus, per fino Polissena per chiedere aiuto a mio fratello che
è il più
devoto seguace di Apollo” aveva dichiarato.
Faceva un po’ male sentirlo nero su bianco, Heather aveva
sentito le lacrime
premere sulle ciglia, “Aspetta … hai detto
fratello traditore? Carter?” aveva
chiesto speranzosa.
“Occhi a mandorla, incazzato come una biscia ed in compagnia
di una focosa Empusa?”
aveva chiesto retorica Cassandra, “Si!” aveva
esclamato Bernie. L’Empusa lo
confondeva un po’ come informazione
“Terzo” aveva ripreso la profetessa, “I
miei fratelli potrebbero avermi
riportato alla ragione ed avermi fatto valutare che gli unici che
dovrebbero
pagare nella mia vendetta dovrebbero essere i veri colpevoli ed ho
acconsentito
ad aiutarvi perché se Gea vincesse io non potrei mai
soddisfare la mia seta.
Aiace è già ri-morto ucciso da una figlia di
Atena, Apollo si sta nascondendo
da qualche parte, ho intenzione di trovare Clitennestra –
scommetto che quella
frigida puttana è tornata in vita – e poi
ucciderò anche Eleno” aveva
stabilito, guardando il fratello, “Non mi opporrò,
la mia cecità ed orgoglio mi
hanno costretto a vivere oltre quanto era mio desiderio e sopravvivere
a tutti
i miei cari, il dolore di Andromaca, mi ha consumato ed accetto la
morte” aveva
considerato Eleno.
“Spero abbiate convinto anche Troilo” aveva
considerato Puma, “Tranquillo,
Polisenna lo tiene legato al suo mignolino” aveva stabilito
la profetessa
strizzando l’occhio verso di lui.
“Fantastico” aveva considerato Puma,
“Bene, noi abbiamo fatto la nostra parte,
la canzone per Heather, il messaggio per …
Berenyx?” aveva considerato Eleno,
“Per me e il giovane Jude, niente? Escluso, i saluti di
Polisenna che ricambio
volentieri” aveva chiesto. Eleno lo aveva guardato con
sguardo intenso, “Vuoi
un consiglio Pumayyaton Phoenix? Attento alla signora
Abbandonata” aveva
considerato.
“Sono confusa, nessuna profezia?” aveva chiesto
Heather.
“Cassandra è la profetessa, io sono
l’indovino, io posso darti le condizioni
necessarie” aveva detto. “Questa non mi sembra una
condizione necessaria, è una
dannata sciarada” aveva replicato Bernie, facendo ondeggiare
il foglio.
“Scusate un tempo ero molto più preciso, ma caso
mai non lo sapeste Pitone sta
soffocando il dono profetico di Apollo. Riesco a vedere qualcosa solo
perché ho
avuto il mio dono da serpenti sussurranti … ma sono devoto
ad Apollo, quindi …”
aveva spiegato Eleno, “Poi insomma, penso sia parte del
pacchetto che un
indovino parli per oscure vie” aveva provato quello.
Senza molta convinzione.
“Ovviamente, siamo passati da Troia non può cadere
se non ci sono certe
condizioni a sciarade e pentagrammi” aveva sbuffato Puma.
“Per me? Niente?” aveva chiesto allora Jude,
parlando con quella sua voce
pesante e cavernosa, “Per te? Per te c’è
il mondo intero Jude Mortimer, nel suo
splendore e nel suo orrore, ma non ti è concesso
scappare” aveva sentenziato.
“Bene, abbiamo portato i nostri messaggi, fatto le nostre
ammende” aveva detto
Cassandra alzandosi, quello sguardo cattivo era rimasto nei suoi occhi,
“Godetevi
il pasto prima che diventi un impiastro/ perché a breve
arrabbiato arriverà un
mostro” aveva sentenziato Cassandra.
“Merda!” aveva dichiarato Heather sapendo che da
questo momento nessuno dei
presenti avrebbe mosso un solo dito per scappare più
velocemente, “Sai cosa
Cassandra? Tieniti la tua ammenda io non ti perdono”.
“Cassandra!” l’aveva rimproverata Eleno,
prima di voltarsi con vergogna verso
di loro, pieno di imbarazzo, “Non posso controllarlo,
funzionano così le
profezie” aveva spiegato Cassandra, neanche un po’
imbarazzata.
“Almeno potreste dirci che tipo di mostro?” aveva
gridato Heather, “Si chiama
Sibari, la troverete una persona parecchio …
velenosa” aveva risposto
Cassandra.
Fantastico, altro veleno.
“Secondo me scherzavano” aveva commentato Puma,
ovviamente, “No, ma ho
intenzione di ordinare qual cos’altro prima che tutto vada al
tartaro” aveva
sbuffato lei.
D’altra parte del tavolo, Jude, con i suoi occhi che
cambiavano ad ogni battito
di ciglia la guardava pregno di colpa.
‘Be, sai cosa, ‘pa? Grazie. Odio la mia
vita’ aveva pensato sarcastica
Heather, il marchio dell’Aten aveva cominciato a bruciare
leggermente.
[1]
Nel
primo capitolo ho detto che Heather si chiamava così per
Erica – questo perché
Heather è la traduzione di Erica, che è anche una
pianta. In inglese, però, la
pianta di Heather non è l’Erica ma è il
Brugo.
[2]
Avevo
deciso che la parentesi Benselamita dovesse essere cancellata da questa
storia
e trattata come una gigantesca allucinazione (No sul serio è
una parte inutile
che avevo inserito in previsione di un ‘sequel’ che
difficilmente ora avrà vita
perché questa storia è diventata mastodontica ed
io sempre più lenta negli
aggiornamenti. Però visto che lo avevo inserito, ho pensato
fosse okay
sfruttarlo per qualche battuta).
[3]
Ehm …
Tecnicamente Bernie ha ricevuto un bel po’ di limoni non
richiesti (Il dio
vestito di bianco, Hannah, Arvey e tecnicamente Neottolemo aveva mire
anche
peggiori).