Fumetti/Cartoni americani > I Guardiani della Galassia
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Autore: Cassandra Moon F451    03/06/2023    0 recensioni
{Attenzione: Spoiler da "I Guardiani della Galassia v.3"} Rocket Racoon, capitano dei Guardiani della Galassia, amato e rispettato per i numerosi atti di eroismo ha imparato ad accettare la propria esistenza, anche nei momenti di tristezza, di nostalgia, anche quando ricorda il sorriso di Lylla, i sogni frantumati da un proiettile nel petto, un cuore che avrebbe desiderato essere suo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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And I thank you,
For bringing me here,
For showing me home,
For singing these tears,
Finally I've found,
That I belong here.

 

Il nuovo gruppo dei Guardiani era rientrato a Knowhere da una manciata di ore. Erano stati accolti festosamente dagli abitanti, come eroi rincasati dopo un lungo viaggio, era stato piacevole, aveva pensato Rocket, sarebbe riuscito a considerarlo famigliare, se avesse dato fiducia al futuro, ancora una volta. Groot aveva lasciato che una ventina di ragazzini si dondolassero sulle sue braccia, era parso sereno quanto un bambino, mentre Phyla aveva cercato Nebula per riferire i dettagli della missione.
«Ottimo lavoro.» aveva commentato la donna, andando ad affiancare la giovane. «Siamo molto orgogliosi di te.» era un’aggiunta importante per la figlia di Thanos, infatti, Rocket aveva annuito ad entrambe. Phyla aveva rivolto un sorriso raggiante al suo capitano, in cui traspariva la sua totale innocenza e Rocket aveva trattenuto il fiato, perché non poteva mostrare il timore di perderla, di osservare la sua vivacità sbriciolarsi contro la violenza esterna a Knowhere.
Il cerimoniale dei saluti era perdurato per buona parte della giornata: i Guardiani erano stati rifocillati, erano stati messi al corrente delle novità; Rocket si era concesso una visita ai cuccioli, ai procioni che aveva liberato da una gabbia, una simile a quella in cui sua la vita era iniziata. 
Gli edifici destinati agli animali erano ampi, ben illuminati, non c’erano sbarre, bensì porte, cuscini, giocattoli, trespoli, ciotole di acqua e di cibo. Era ciò di Rocket avrebbe sentito il bisogno, non fosse stato scelto, ma era andato oltre quel rimpianto, era riuscito ad accettare la propria consapevolezza, benché artificiale.
I cuccioli erano stati coccolati, vezzeggiati dai ragazzini, dagli adulti, Rocket aveva constatato come avessero iniziato a sembrare capricciosi, ma era stato inevitabile, si era ripetuto, all’ennesimo graffio di uno dei piccoli.
Rocket si era incamminato verso uscita, mentre un felino, anzi un gatto domestico, dal folto pelo nero era arrivato nella direzione opposta, aveva un incedere elegante, gli occhi gialli emanavano un tenue lucore. Aveva già visto il gatto, ma non riusciva a ricordare la circostanza.
«Signore.» l’aveva salutato qualcuna, il tono senza sfumature, la voce morbida. Rocket aveva pensato al gatto, appena incrociato, poi aveva intravisto i capelli biondi di una creatura umanoide, avanti a lui, gli era parsa più matura di Phyla,ma non abbastanza da definirla adulta.
«Rocket.» l’aveva corretta, senza asprezza, la sua voce era diventata ruvida con un’eco metallica, forse era sempre stata una sua impressione, non aveva interesse a indagare, non aveva alcun desiderio di cambiare.
La ragazza aveva abbassato il capo, Rocket era riuscito a vedere una cascata di lunghi boccoli, il colore era simile al biondo che aveva sfoggiato Natasha, due anni prima della Missione; aveva intravisto le mani rosee intrecciate all’altezza del grembo, gli era sembrata gracile per gli scontri, ma aveva creduto lo fosse Mantis e si era reso conto del grande errore. Aveva alzato il braccio destro per congedarsi e si era lasciato le due creature alle spalle.

Rocket non era stupito dai rapidi cambiamenti subiti dalla stazione spaziale, adesso, che Nebula e Drax avevano deciso di farne una casa per la variopinta, chiassosa comunità riversatasi a Knowhere; le difese esterne erano migliorate ed erano comparse le barriere interne, onde evitare incidenti con esseri giovani, curiosi di scoprire nuovi luoghi. Rocket si era messo a disposizione degli amici, aveva ideato un sistema d’illuminazione capace di simulare l’alternasi del giorno con la notte, indispensabile per organizzare le attività dei bambini, secondo il parere di Drax.
Era atteso al bar, ormai convertito nella “Caffetteria 3”, aveva scambiato qualche parola con Kraglin e Cosmo, prima di entrare, un lento respiro, mentre il peso della giornata iniziava a cadere sui muscoli.
L’arredamento era cambiato: c’erano tre ordinate file di tavoli rettangolari, sedie con lo schienale imbottito, un paio di poltrone bordeaux, sgabelli più bassi, cuscini e recipienti per animali, anche la luce era divenuta soffusa, accompagnata da un lieve sottofondo musicale.
Rocket notò Nebula appoggiata alla parete sinistra, le braccia incrociate sotto al seno, il volto serio, lo sguardo pensoso, Drax era più rilassato, seduto ad uno dei tavoli, guardava il proprio pad.
«Gamora ha localizzato Mantis. » esordì Nebula, senza alcuna introduzione, lasciò all’immaginazione altrui il motivo che spingesse Gamora a monitorare la Galassia, in cerca di Mantis e perché tenesse informata la sorella: «È rimasta su di un pianeta per alcune settimane, la popolazione era mite e non ha incontrato ostacoli.» terminò, senza specificare quanto fossero “miti”, gli indigeni, prima dell’arrivo della ragazza. 
«Bene.» disse Rocket, si avviò al frigorifero per cercare una bibita fresca. «Se inviasse altri messaggi, deviali pure sulla nave.» aggiunse, estrasse uno dei contenitori squadrati e vi inserì una cannuccia. 
Nebula acconsentì, attese un’esternazione di Drax, che non arrivò. 
La musica cullò una sensazione di quiete mescolata alla nostalgia di serate meno tranquille, eppure, ugualmente piacevoli. 
«Vogliamo fare una scuola per i bimbi.» esordì Drax, cambiando argomento con voce profonda, appena più seria del consueto. «Abbiamo già una lista di cosa può servire.» 
Nebula rilassò le braccia lungo i fianchi. «Il sistema didattico dovrà prendere in considerazione quattro differenti fasce di età.» illustrò con voce ferma, non gesticolava, non era espressiva, ma Rocket sapeva riconoscere ogni suo stato d’animo ed era tranquilla, anzi, era soddisfatta. «Sono stati individuati gli edifici in cui raggruppare le tipologie di studenti, esamineremo i candidati al ruolo di tutori.» 
«Maestri.» corresse Drax.
Nebula, bloccata nella sua fluida spiegazione, serrò i denti. «E renderemo i locali adatti all’apprendimento. Il materiale è costoso.» si rivolse a Rocket, inclinando impercettibilmente il capo.
Lui non si scompose, dopo l’aver annuito, staccò le labbra dalla cannuccia, deglutì il liquido amaro. «Abbiamo pad e console, non più in uso, posso riconvertirle.» disse con un' alzata di spalle. «Dovrete passarmi i dati da inserire.» 
«Sì.» Nebula abbozzò un sorriso. «Gamora ci farà arrivare un centinaio di console intatte, fra tre giorni.» anche tale informazione non ebbe una spiegazione, quasi che Gamora passasse le giornate a rubare console e riferire gli spostamenti di Mantis a Nebula. 
Rocket si soffermò a valutare la mole di lavoro che lo attendeva, oltre ai progetti sulla sicurezza interna, inviati al terminale nel suo alloggio. 
Fu allora che Drax pose una domanda specifica e scaraventò Rocket in un territorio oscuro, che non aveva intenzione di esplorare, specialmente, dopo la sua prima missione da capitano.
«Sei tu, il padre.» replicò più aspramente di quanto avesse desiderato, cercò il volto di Drax. «Groot non mi ha causato guai di quel tipo.» soggiunse con maggiore ironia.
Nessuno menzionò Kamaria, nessuno l’avrebbe mai fatto, eppure Drax la ricordò, un bagliore di limpida sofferenza attraversò lo sguardo dei suoi occhi più sereni, dopo il ritorno dall’Oblio dello Schiocco.
Rocket trattenne la lingua fra i denti,si pentì di essere stato ruvido, non si scusò, perché non poteva rimediare; appoggiò il contenitore sulla seduta di uno sgabello, aspettò.
Nebula fu la prima a spezzare il silenzio, si avvicinò ai due. «Sono mammiferi, Rocket.» sentenziò, rivolgendosi al procione e distogliendo l’attenzione dall’altro. «Sai cosa può significare.» abbassò la voce, il volto atteggiato a una gravità solenne, quasi drammatica.
Rocket allargò le braccia. «Il numero di uova non aumenterà.» disse scrollando la testa.
Nebula si volse in direzione della porta, osservò Cosmo sollevare dal suolo Illyzia; la bimba estasiata agitò la mano in segno di saluto. Kraglin, Nebula, Drax e Rocket ricambiarono, quasi fosse un gesto naturale, qualcosa di famigliare. Rocket era incerto su cosa significasse per lui, su come avrebbe influito sull’equilibrio raggiunto.
«I loro organi sessuali muteranno. » proseguì Nebula, deglutì turbata; era a disagio con l’argomento, desiderava affrontarlo, chiuderlo e scordarlo. L’espressione sorpresa di Drax confermò il sospetto di Rocket: nessuno l’aveva udita pronunciare la parola “sessuali” .
«Loro vorranno scoprirli, comprendere come unirsi.» scostò il viso, fissando un punto indistinto sulla parete.
Rocket e Drax erano immobili, pietrificati dall’imbarazzo o dalla straordinarietà del discorso, il procione sentì la gola secca, non era sete, era la sgradevole idea di aver perso smalto con la chiosa cinica, che ammutoliva l’uditorio. Era stato battuto da Nebula.
«Quill non dovrà saperlo.» mormorò fra sé e sé.
«Sa che sono mammiferi.» rilevò Drax, socchiudendo appena le labbra.
Nebula arretrò di qualche passo. «Thanos ci diede alcuni documenti da studiare, perché mia sorella ed io avevamo delle differenze a livello riproduttivo.» rivelò la cura paterna per l’intimità delle figliole, non ebbe altro da dire. 
Drax non condivise esperienze personali. Rocket rimase a fissare lo spazio tra i due amici, scacciando dei quesiti posti molto, troppo tempo addietro.
«Scoprite come crescono questi poppanti.» intervenne Kraglin con la grazia di un meteorite in collisione con un pianeta. «Quanto lo saprete, insegnatelo pure a loro.» si alzò in piedi, soffocò uno sbadiglio.
Nebula e Drax convennero in un rapido scambio di battute.
«Ne abbiamo una. » Nebula riacquistò sicurezza. «Va bloccata e interrogata.» disse.
Drax non parve d’accordo, aggiunge delle notizie sulla mammifera in questione. «È molto chiusa.» replicò protettivo.
Rocket comprese di aver incontrato la sventurata, verso cui provò grande compassione.
«La ragazzetta con il gatto.» s’intromise Kraglin. «Quella che Adam fissava manco avesse avuto tre… » non finì la frase, tirò su col naso. «Lei non si ricorda chi sia, mi sa.» sogghignò. «Ci passiamo tutti. »
«Dannazione.» sbottò Rocket, pensando a come affrontare la faccenda con il bambino d'oro.
Illyzia volteggiava ad un metro dal pavimento, Cosmo non scostava gli occhi da lei, scodinzolava per i continui complimenti, le risate, le gambe agitate per aria.
«Io sono stata sterilizzata, prima di partire.» la voce pacata di Cosmo divenne un boato nella testa di Rocket.
Kraglin s’accigliò, rammaricato, Cosmo era un’amica, forse sperava incontrasse l’amore o qualcosa che gli somigliasse, anche gli altri due erano in rispettoso silenzio.
Rocket era esausto, la testa pulsava di ombre, di sussurri provenienti dal passato, salutò i suoi amici, prima che potessero intuire il suo stato d’animo ed uscì.
La bambina aveva disteso il braccio, perché Rocket le sfiorasse le dita: «Mi piace volare.» esclamò al capitano e l’esternazione genuina, innocente, gli strappò un sorriso, si conficcò nell’anima insieme a ogni anelito di tenerezza. Era facile affezionarsi ai piccoli, desiderare di proteggerli, era così doloroso per lui ed altrettanto inevitabile. Rocket avvertì il peso degli assenti franargli addosso. Decise di andare via, negli alloggi, solo con i suoi morti.

 
Feels like home,
I should have known,
From my first breath.

{Home - Depeche Mode}
 
Kamaria: figlia di Drax e di Ovette, uccisa dagli uomini di Thanos.
Phyla: Appartenente all'ultima specie manipolata dall'Alto Evoluzionario, fa parte dei Guardiani della Galassia.
   
 
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