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Autore: Cassandra Moon F451    05/07/2023    0 recensioni
{Attenzione: Spoiler da "I Guardiani della Galassia v.3"} Rocket Racoon, capitano dei Guardiani della Galassia, amato e rispettato per i numerosi atti di eroismo ha imparato ad accettare la propria esistenza, anche nei momenti di tristezza, di nostalgia, anche quando ricorda il sorriso di Lylla, i sogni frantumati da un proiettile nel petto, un cuore che avrebbe desiderato essere suo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Hold up,
Hold on,
Don't be scared,
You'll never change what's been and gone,
May your smile (may your smile),
Shine on (shine on),
Don't be scared (don't be scared),
Your destiny may keep you warm.

 

Rocket socchiuse le palpebre, era disteso supino sul pavimento, osservò il soffitto metallico, non sapeva quanto avesse dormito, era assonnato e percepiva la vicinanza dei suoi amici, Floor aveva il respiro più leggero, muoveva le zampe meccaniche involontariamente, sfiorando il procione di tanto in tanto, mentre Teef aveva la tendenza ad emettere sbuffi pesanti, simili a dei sospiri, Lylla era solita cambiare spesso posizione, ma non quella notte.
Era stata una giornata strana, perché gli assistenti del Sire erano arrivati per prelevare Lylla, non Rocket, l’avevano agguantata per la collottola, mentre Teef aveva tentato di raggiungerla.
«Dove vai? Dove vai? » aveva domandato allarmata Floor. «Portami con te. Dove vai?»
«È tutto okay.» aveva detto Lylla, la sua voce era riuscita a rasserenare gli altri, ma non Rocket, che era rimasto davanti alle sbarre della propria gabbia, aveva cercato una risposta diversa per lui, l’aveva cercata negli occhi miti della lontra, ma lei si era limitata a volgergli un sorriso stanco, tristemente consapevole, ma di cosa, Rocket non l’ aveva capito.
Teef, Floor e Rocket avevano atteso, si erano scambiati frasi d’incoraggiamento, erano sobbalzati ad ogni rumore, quante ore fossero passate era stato impossibile da stabile, era state troppe, aveva sentenziato Floor.
Uno degli assistenti aveva riportato Lylla, aperta la porta, l’aveva adagiata di malagrazia accanto a Teef, mentre Rocket aveva guardato l’uomo, aveva impresso la sua fisionomia nella memoria con l’ astio che aveva sentito crescere, quando aveva scoperto di avere degli amici rinchiusi, come lui, che avevano sofferto, quanto o più di lui. Aveva soffiato dalle fauci, non aveva intenzione di attirare l’attenzione, anzi voleva che Lylla avesse modo di stare tranquilla con lui, con Teef, con Floor.
«Sono ancora un po’ stanca.» aveva risposto a Rocket. «Non è niente di grave.»
Lylla aveva sempre cercato di allontanare la paura, la tristezza dai suoi amici, la sua voce gentile era diventato il suono che Rocket aveva preferito alle melodie del Sire, era il suono che aveva desiderato sentire al risveglio, un attimo prima di cedere al sonno, dopo le visite del Sire, mentre giocava o soltanto immaginava il cielo.
Teef aveva indietreggiato, lasciando maggiore spazio a Lylla, che si era distesa sul fianco sinistro, aveva incurvato leggermente la schiena ed i suoi occhi erano rimasti su Floor, come se avesse qualcosa da comunicare alla coniglietta.
«Cos’è?» aveva chiesto Floor, aveva allungato una zampa in direzione di Lylla, anzi del suo grembo. «Perché?»
Rocket aveva alternato lo sguardo su entrambe, si era sentito confuso, proprio come Teef.
Lylla era stata operata: il grembo era stato rasato, una ferita era stata chiusa con tre punti di sutura. Rocket non aveva idea di cosa chiedere, era stato un taglio minuscolo, in una parte del corpo di cui Rocket aveva ignorato l’utilità. Aveva cercato degli indizi da Floor, ma questa si era dedicata a Lylla, le aveva accarezzato la testa, aveva mormorato che presto sarebbe tornata in salute.
«Cerca di stare ferma. » aveva aggiunto bonario Teef. «Cerca di riposare. Ti porto l’acqua.»
Rocket era rimasto a guardare Lylla, non aveva intenzione di farla affaticare, aveva sentito un peso all’altezza del cuore, si stava impegnando a farlo svanire, le aveva sorriso.
Lylla aveva le palpebre pesanti, la voce era più roca del solito, ma aveva mormorato. «Rocket, va tutto bene.»
Era stata la prima e ultima bugia che Lylla gli aveva detto.  Rocket aveva annuito, aveva fatto ciò che lei avrebbe desiderato: confortare Teef e Floor, fare loro compagnia, addormentarsi quando loro si erano già assopiti.
Era stata una giornata strana, ma Rocket si era persuaso fosse conclusa.

Lylla era una sagoma raggomitolata, scorgeva la sua schiena, le cicatrici e parte della spalla meccanica. Era poco distante dalle sbarre, brevi respiri si susseguivano ad una velocità superiore al normale. Rocket capì che Lylla stava singhiozzando, malgrado la ferita appena richiusa, senza consentire ai suoi amici di confortarla; socchiuse le fauci, si chiese quante volte avesse pianto da sola, sfoggiando il suo splendido sorriso al mattino, scosse la testa per scacciare il quesito, tanto inopportuno e un nodo invisibile serrò la gola.
«Vieni qui.» sussurrò a Lylla, senza preamboli.
Lylla aveva scosso la testa, un gesto appena visibile, reso incerto dal pianto.
«Non sei sola. » disse Rocket, affatto persuaso a lasciare l’altra in lacrime. «Io sono tuo amico.» la voce era bassa, gli occhi fissi sulla schiena di lei.
«Lo so.» Lylla parlò con una tristezza profonda, sconosciuta a Rocket.
«Sono qui con te.» proseguì lui, allungò il braccio, ma non riuscì ad accarezzarla. «Lylla.» chiamò di nuovo, avrebbe voluto sfuggire a quelle barriere, cingerla a sé, cullarla mentre viveva un dolore a lui incomprensibile, ma non poteva farlo, la rabbia era indistinguibile dagli altri sentimenti, li riuniva tutti nella frustrazione.
Lylla sospirò, emise un breve lamento, infine, si volse e il suo muso era bagnato di lacrime, gli occhi gentili congestionati, le braccia portate a celare il grembo, qualcosa che avrebbe voluto dire svanì nell’immensità di un secondo.
Rocket e Lylla si fissarono, non era la prima volta o forse, lo era; entrambi strappati dal mondo per essere le marionette di un pazzo, convinto che il suo potere di infliggere dolore, morte, vita, speranza fosse legittimo. Rocket e Lylla erano vivi, erano reali, erano capaci di amare, di odiare, eppure, non avevano il potere di sfiorarsi, non avevano il diritto di desiderare un contatto fisico, se pure l’avessero avuto, a nessuno sarebbe importato di quel che erano, di quel che sentivano.
Erano le vive marionette di un pazzo, ma chi mai avrebbe ascoltato la voce di esseri come loro?
Rocket digrignò i denti, avrebbe voluto azzannare la verità, ridurla a brandelli, portare i suoi amici nel Nuovo Mondo, ovunque fosse, renderli liberi, perché non lo era mai stati, perché qualcuno aveva deciso non meritassero di scegliere come e dove passare la loro esistenza.
Lylla lasciò scorrere le lacrime, la bocca socchiusa in un’espressione mesta, non arresa, soltanto delusa. «Avremo la nostra ricompensa.» sembrò sicura nel tono, ma non nello sguardo.
Amorevole, tenera, Lylla, che voleva portare la speranza anche nelle anime di chi aveva più metallo che carne nel corpo, perché Lylla sapeva cosa dava dignità ad una creatura e non era la bellezza, non era potenza, era la sua stessa esistenza, l’essere arrivato alla vita con paura e meraviglia. Lylla era così bella, era così preziosa, Rocket non riusciva a formulare una parola che potesse rendere la straordinaria forza di Lylla.
«Vieni qui.» ripeté, il braccio teso verso di lei. «Starai meglio.»
Lylla si mosse cautamente, sino al punto in cui Rocket poté sfiorare il muso dal pelo umido, le dita scesero dalle tempie al suo collo, un movimento ripetuto, una carezza gentile.
«Se potessi… » Rocket si zittì.
Lylla era più calma, quella dolcezza stava rilassando i suoi muscoli, anche i respiri erano regolari. «Se potessi… » lo incoraggiò.
Lui rilasciò l’aria dal naso, fece una smorfia. «Se potessi star male io, al posto tuo.» gli parve un pensiero senza logica, perciò sciocco, però era vero.
Lylla abbozzò un sorriso. «Io non lo vorrei, mai.» il tono divenne morbido, mentre Rocket tornava con le dita sotto i suoi occhi. «Tu sei importante, Rocket. Sei nato per volare nel cielo, per vedere il Nuovo Mondo, per avere quello che ti hanno strappato.Tu costruirai macchine meravigliose. Tu sarai un razzo nello spazio infinito.» era così amorevole, che Rocket pensò di non desiderare altro che lei e ciò che lei avrebbe voluto concedergli.
«Noi tutti siamo nati per questo.» la corresse, sperando di consolarla un poco. Una lacrima cadde sul dito del procione, era tiepida, carica di mille ferite.
«Ricordi la tua mamma, Rocket?» domandò Lylla.
Rocket restò spiazzato, la guardò in cerca di ricordi, percepì un tepore rassicurante ed una sagoma dalla coda lunga, morbida, altre figure più piccole a circondarlo, ma non riuscì a trovare altro. «Non proprio, ma ricordo come stavo.» ammise alla fine. Non pose la domanda, diede per scontato che Lylla non fosse rimasta a lungo con la mamma.
Lei fece un cenno di assenso. «Come stavi?» spostò lo sguardo su Floor, addormentata, poi si concentrò su Rocket.
«Bene.» fu la replica naturale, ma incompleta. «Mi sentivo.» fu lui a distogliere il muso. «Ero amato.» corresse. Adesso, aveva degli amici, c’era Lylla, ma era una sensazione differente, connessa alla sicurezza. Non aveva più provato nulla di simile.
«Tu sei amato.» Lylla non cambiò tono, aveva compreso il senso della sua frase. «Era lo stesso per me, la mia mamma era così bella, Rocket!» la voce era un refolo d’aria impregnato di amore. «Dormivo sulla sua schiena, insieme a mia sorella.» tacque per qualche secondo, riprese fiato, abbassando lo sguardo sulle braccia. «Io non potròaverlo.» confessò.
Rocket sentì un nuovo singhiozzo, ma non capì il motivo: lui stesso sapeva di aver perduto la sua mamma, i suoi fratelli, forse Lylla credeva di rivederli, cercò di sporgersi per cingerle la spalla, per avvicinarsi qualche millimetro in più.
«Ci saremo noi.» la confortò, mentre il senso d’impotenza diveniva dolente, diveniva un istinto rabbioso. «Sei amata, Lylla. Sei la nostra amica.»
Lylla annuì, lo sapeva, c’era dell’altro, Rocket non riusciva ad arrivare alla questione, né poteva sollevarle il muso con le zampe, asciugare il suo pianto. «Ti aiuteremo, Lylla. Io cercherò la tua mamma.»
Lylla alzò la testa, confusa, poi allungò il braccio sinistro, la sua zampa non aveva dita, era fredda, arrivò sino alla  guancia, in un tocco lieve, poi si ritrasse.
Rocket sentì un’emozione totalizzante, che lo estraniava dal presente, che riempieva il suo essere di affetto, di premura, di gioia, di pace, come il tepore perduto di sua madre, come la felicità nel ricorrere i fratellini. «Tu mi hai ridato quello che avevo perso.» riuscì a confessare. «Lylla.» avrebbe voluto ripete quel nome altre mille volte.
«Rocket.» Lylla si fissò il grembo, sin quando non fu imitata da lui. «Non dirlo, non pensarlo.» disse. «Oggi, mi hanno tolto la possibilità di essere mamma. Non avrò dei cuccioli a dormire sulla schiena. Non sentirò le loro zampe contro la pancia. Non esisteranno mai.» pianse e non c’era una sola parola che Rocket trovasse adatta alla situazione.
«Floor sapeva. » fu quasi un pensiero, ma Lylla annuì.
Entrambe non avrebbero avuto cuccioli, però il Nuovo Mondo non prometteva l’immortalità, Rocket era sicuro che sarebbero nati dei cuccioli, ma chi li avrebbe partoriti, chi li avrebbe nutriti, se non fossero divenute mamme?
Era una domanda che portò Rocket a pensare, a fondere la rabbia con la tenerezza, perché non conosceva un modo per aiutare Lylla. Guardò il soffitto, accettando il dolore della sua amata.
«Ho detto la verità.» ribadì con voce ferma, il tono deciso. «Tu mi hai dato quello che avevo perduto. Io sono amato. Tu sei amata. Vorrei prendere il tuo dolore, portarlo sulle mie spalle. Ti starei vicino… Più vicino.» sbottò istintivamente. «Quando ti senti male. Quando ti fanno del male, vorrei strappare la carne da quei musi senza pelo.» prese tempo, ispirò ed espirò. «Lo dico. Lo penso.» si volse verso di lei. «Lylla, tu mi hai dato quello che volevo. Io voglio quello che tu vuoi darmi.» la sua vista si appannò, morse la lingua. «Cresceremo quei cuccioli senza la mamma, lo faremo, noi due.»  ed il futuro sembrava un sogno, era la realtà perfetta, che non osava immaginare, sino al momento in cui non aveva guardato Lylla. «Floor e Teef ci aiuteranno, troveranno dei cuccioli anche loro.» sorrise «Avrai dei cuccioli. Avremo dei cuccioli.» Non aggiunse nulla, quando cercò di ritrarre la zampa, Lylla, lo bloccò con la propria.
Il silenziò cullò i minuti, il sonno dei loro amici, il cuore di Rocket smise di battere forsennatamente, scorse quel piccolo taglio sul grembo, ma Lylla non aveva niente di sterile in sé, lei creava le stelle in un cielo di metallo.
Era così speciale, Lylla.
«Voglio stare con te.» disse, il resto non aveva importanza. «Smetti di piangere.»
Lylla appoggiò la testa ad una delle sbarre, non era calma, strofinò il naso sul suo collo, strinse la zampa sul cuore, senza dire una parola, ma Rocket seppe che Lylla era felice.

 
“Mia amata, mia splendida, mia compagna, Lylla.
È al mio cuore che ha sparato, Lylla. È il mio cuore che ha rischiato di morire, ma tu vi avevi infuso talmente tanta speranza, tanta dolcezza, che  è sopravvissuto, duro e pieno di ferite, vive ancora per me e per te.”

Rocket si svegliò di soprassalto, volse gli occhi sul comodino, dove aveva posato le armi. Era notte, c’era un pacifico silenzio nella sua camera da letto, disteso su di un materasso dal lenzuolo pulito.
Non era in una gabbia. Non c’era Floor. Non c’era Teef. Non c’era Lylla. C’era lui.
Rocket levò a sedere, non avrebbe mai scordato il giorno in cui avevano sterilizzato Lylla, stroncando i suoi sogni, persuadendola di non avere una famiglia, di non suscitare altro amore, se non quello fraterno e lui, Rocket, che sarebbe vissuto e morto per lei, che sognava di vederla cullare Groot Jr e di giocare sui suoi rami, che poteva scorgerla consolare Peter, rassicurare Mantis e piangere Gamora,  proprio lui, non aveva saputo dire la verità. La ripeteva nei sogni, la sentiva nei suo cuore, la teneva stretta nei momenti più bui, quando uno Schiocco di dita lo privava di una famiglia non cercata, amatissima, quando Tasha e Tony sacrificavano tutto per lui, per tutti i giorni che avrebbe vissuto con i Guardiani, con gli abitanti di Knowhere. La verità, una frase breve e devastante, forse intuibile, ma non palesata.
«Ti amo, Lylla. » disse Rocket alle tenebre. «Ti amo con tutto me stesso.» volle prendere fiato, invece, singhiozzò con i denti scoperti, il suo cuore sapeva dare, perché aveva ricevuto, il suo rimpianto era non averlo detto a Lylla. «Ti amo, Lylla.»

 

Just try not to worry, you'll see us some day,
Just take what you need, and be on your way,
And stop crying your heart out.
Stop crying your heart out.
Stop crying your heart out.
{Sto cryning your haert out - Oasis}

   
 
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