Kwagatama- parte
II
Adrien era
strano in quei giorni. Si comportava come sempre, eppure Marinette
avvertiva
qualcosa che non andava in lui, e tutto era cominciato sette giorni
prima, quando
si era svegliata in un letto non suo e due braccia che la avvolgevano
nel più
dolce degli abbracci.
Quella sera
non riusciva a dormire, anche se il suo orgoglio non glielo permetteva
non
avrebbe mai confessato al suo ragazzo che senza di lui faceva fatica ad
addormentarsi. Per questo aveva approfittato delle chiavi che lui le
aveva
regalato per dormire nel suo letto, lasciandosi andare a quel profumo
che le
era familiare ma che amava ogni giorno di più.
E la mattina
dopo, ad accoglierla al risveglio non c’era un sorriso
raggiante più del sole
ed un bacio delicato sulle labbra. C’era invece il volto
dubbioso e preoccupato
del biondo, un volto che lei non gli aveva mai visto addosso rivolto a
lei.
Da quella
mattina nel suo verde vedeva sempre una scintilla di sospetto, come se
lei
avesse fatto qualcosa di sbagliato, e non le andava giù che
la osservasse in
quella maniera senza avere idea del motivo.
Ed avrebbe
approfittato del loro solito appuntamento durante l’ora di
pranzo per chiarire,
una volta e per tutte.
Marinette
aveva raggiunto il suo ufficio come amministratore delegato in cui
Adrien si
chiudeva per gestire la casa di moda che suo padre gli aveva lasciato
in
eredità. Tante volte aveva cercato di convincerla a lavorare
per lui dopo
l’università, e sebbene fosse onorata dal fatto
che il suo ragazzo vedesse in
lei un talento ineguagliabile, preferiva non doversi adagiare
sull’alloro per
cercare lavoro. Avrebbe prima valutato tutte le possibilità,
e poi scelto.
Entrò
nella
maison Agreste. Passando per la hall principale, come sempre affollata
di
personale e stilisti che correvano da una parte all’altra
come mosche sul
formaggio, si fermò a salutare Nathalie ed Émilie prima di
bussare alla porta accanto.
«Pranzo
espresso per lei, signor
Agreste!» lo salutò così spalancando la
porta, prima di sentirgli dire
“avanti”. «Una quiche e dei croissants
firmati Dupain-Chen!»
«I
miei preferiti.» da dietro la
scrivania, un elegantissimo Adrien le lanciò
un’occhiata divertita, mentre lei
si avvicinava per appoggiare le borse con cui trasportava il cibo sulle
poltrone. «Ma questo lo sai già.»
«Impossibile
non saperlo, con te che
mi mormori ogni mattina che vuoi sempre qualcosa di sfornato da mio
padre.»
Marinette lo prese in giro, e lanciò un’occhiata
ai bozzetti che lui aveva in
mano. «Problemi con dei modelli?»
«Si,
c’è qualcosa che non quadra. I
tagli sembrano tutto tranne che armonici, e non mi convince il
materiale
usato.» Adrien le rivolse un’occhiata disperata.
«Ti dispiacerebbe aiutarmi? In
queste cose sei molto migliore di me, Mari.»
«Sai
che non posso resistere al tuo
sguardo supplicante. Passa qui, li controllo appena finiamo di
mangiare.» la
ragazza prese in mano il plico per poi appoggiarlo sulla sedia accanto
a sé. «È
successo qualcosa ultimamente?» gli domandò
esitante, passandogli il pranzo,
mentre gli si formava una palla di disagio nel petto.
Aveva deciso di
non tentennare una
volta entrata nella maison, avendo raccolto tutto il suo coraggio
mentre
camminava. Si era messa a parlare a se stessa, imponendosi di stare
calma e di
non agitarsi, ma aveva finito con strillare talmente forte che una
mamma aveva
portato via il proprio bambino dal parco giochi… al di
là della strada.
Ma mettere le
sue paure a tacere era
stato semplice. Ora rimaneva la paura di come Adrien avrebbe potuto
rispondere
a quella domanda.
E se non
l’amasse più? E… se fosse
innamorato di un’altra?
Iniziava a
girarle la testa
violentemente.
E la faccia del
suo ragazzo divenne
inespressiva. «Intendi tra di noi, non è
vero?» sospirò, davanti
all’espressione stupita di Marinette. «Ti conosco
come le mie tasche,
Marinette. Se mi avessi posto la domanda riferita alla maison, lo avrei
capito.
E, per la cronaca, qui va tutto bene.»
«E
quindi immagino sia successo
qualcosa tra di noi per essere arrivato a questa conclusione.»
«Si,
è successo qualcosa.»
Marinette
incominciava a sudare
freddo. «Ti… sei innamorato di
un’altra?»
Si aspettava
qualsiasi reazione, quando glielo chiese così direttamente.
Ma non
Adrien che scoppiava a ridere.
Lo vedeva
sbellicarsi come mai aveva fatto, e si era dovuto reggere alla
scrivania per
non collassare a terra, nonostante fosse seduto. E lei era rimasta in
piedi,
sentendosi una scolaretta idiota.
«Oh
mio dio, Mari. Non penso che tu
possa mai più eguagliare questa battuta con le tue
figuracce, davvero.» Adrien
si asciugò una lacrima, ma ritornò serio quando
notò come Marinette era
sconvolta dalla sua reazione. «Aspetta, eri seria?»
«Ti
sembra che sto scherzando?»
«Beh,
visto la grande idiozia che hai
detto, speravo fosse una delle tue battute.» gli occhi
smeraldo di lui si
riempirono di amore, tanto da farli brillare come pietre preziose.
«Non potrei
mai innamorarmi di un’altra ragazza che non sia tu,
Mari.»
«Ed
allora cosa c’è che ti preoccupa? È
da una settimana che mi guardi con aria sospetta, e sinceramente mi
sono
stufata di questa situazione.» Marinette perse le staffe, e
sbattè i palmi
delle mani sul vetro della scrivania. «Io e te ci siamo
sempre detti tutto, detesto
che ci sia qualcosa di non detto tra noi.»
«Ed
hai ragione, per questo ora ne
parleremo.» il ragazzo si lasciò andare contro lo
schienale della sedia. «In
verità, avevo già deciso di affrontare la
questione oggi.»
La giovane e
futura stilista si
sedette, impaziente. «Perciò parla.»
«Te lo
chiederò senza fare troppi giri
di parole.» Adrien la fissò intensamente, la
suspense che vibrava nell’aria. «Sei
Ladybug?»
«Adesso
sei tu a fare battute idiote.»
eppure non rideva.
«Andiamo,
buginette. Ora giochiamo a
carte scoperte: la mia domanda era solo di cortesia, perché
il kwagatama che porti
al collo parla più di te.»
Lei si
portò la mano al collo di
riflesso, stupita, per poi capire che Adrien stava aspettando quella
reazione
per confermare ogni suo dubbio. Sospirò. «Immagino
che non sia stato solo il
kwagatama a fregarmi, Chaton.»
Oramai non erano
più Marinette ed
Adrien, non erano più i ragazzi innamorati follemente
l’uno dell’altro.
Ora erano i
supereroi di Parigi,
coloro che avevano appena scoperto la verità l’uno
sull’altra.
Ora sapevano.
«Affatto.
Mi è bastato leggere un
messaggio di maestro Fu una nota a lato del libro dei Miraculous e
ricollegare
tutte le volte in cui sei scomparsa per lasciare il posto al tuo alter
ego. Per
non parlare della somiglianza.» Adrien unì le mani
dietro la testa e stese le
gambe. «E tu che mi dici? Non sembri per niente sorpresa dal
fatto che io sia
Chat Noir.»
Marinette ebbe
un lampo in cui lo vide
vestito con la sua solita tuta nera, il campanellino, la maschera e la
coda. Per
il momento lasciò perdere il fatto che Adrien avesse violato
la sua privacy, ma
di quello ne avrebbero parlato più tardi. «Non
lo sono, non ora. Qualche giorno fa
invece ero sconvolta, quando ho notato un certo esserino nero di nome
Plagg
gironzolare per la tua camera alla ricerca di camembert.»
«Ed io
che pensavo di essere stato
discreto.» la vocina dell’interessato era ovattata,
ma poi la testolina del
kwami della distruzione sbucò fuori dal taschino della
giacca del biondo. «Immagino
sia un potere dei guardiani.»
«Semplicemente
Marinette non è
stupida.» intervenne Tikki, uscendo dalla borsa della
ragazza, sentendosi in
dovere di difenderla.
«Hai
ragione, Tikki. Marinette non è
stupida.» Adrien le osservò, sorridendo.
«E neanche io. Ma al di là del fatto
che tu sei Ladybug ed io l’abbia scoperto così,
adesso posso dirtelo in faccia.»
«Cosa?»
la sua ragazza divenne
curiosa.
«Di
quanto io sia fiero ed orgoglioso
di te. E che ti amo, sia la mia dolce ed imbranata Marinette, sia la
determinata e coraggiosa Ladybug.»
«Come
lo sono io di te. Ti amo, sia il
calmo e riflessivo Adrien, sia l’arrogante e divertente Chat
Noir.»
Si
sorrisero. Nonostante ci fossero molte altre cose da dire riguardo alle
loro
identità di eroi, per ora bastava che si mostrassero i
kwagatama e ridessero
dei loro se stessi più giovani che non ci erano arrivati
prima.