Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Lalani    14/09/2009    2 recensioni
“La ragazza si voltò di nuovo verso la tavolata, mentre le lacrime si dissolvevano, e tornò a guardare lo strano spettacolo delle luna spiona e dei fuochi d’artificio scintillanti. E, per l’ennesima volta, si sentì una prigioniera in una gabbia di cristallo. Proprio come lei, la principessa invisibile. In fondo, a Lavinia non è stato permesso scegliere.”
Fan fic su Hinata e sulla crudeltà della vita reale. Tributo a Lavinia, la principessa invisibile.
PRIMA CLASSIFICATA AL CONTEST "I CAN'T STAY WITHOUT MUSIC" DI ONLY_ME
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Atto Secondo: Petrolio Bianco
Three Days to Death



The time of my departure's near
I say a prayer please, someone saves me


“Che poi è tutta una gran fregatura”.
Ino si stava spegnendo(l’ultima fiamma di una candela), e le lacrime colavano come cera incandescente.
Sembrava che tutto il suo sottile corpo si sciogliesse in acqua oleosa; il generoso trucco scivolava via come un fantasma. Striature nere, da tigre disperata, graffiavano le guance candide, quasi albine, e scomparivano nella chioma bionda.
La parte interna guancia, tenera, venne imprigionata di nuovo dai denti.
“Quale destino bastardo mi tiene inchiodata qui? Perché, porca troia?” mormorò Ino, per niente adirata, ma assente, atona; si rigirava la sigaretta tra le mani, guardandola come se fosse un santo protettore o un’ancora che odorava di salsedine e di speranza. Difficile scegliere la similitudine adatta. Ma la sigaretta continuava a fumare e a morire un poco alla volta( maliziosa martire) e così uccideva le ultime speranze di Ino, il suo ultimo sollievo.
Forse, pensava Hinata, anche la bionda presto sarebbe andata a supplicare Gaara per una pasticca rosa shocking. Forse anche lei era debole. Lasciò libera la guancia dai denti affamati.
“Che vita è una vita che ti porta in cima e poi ti trascina giù, nel fango, nella merda?” continuò Ino, in una litania e una nenia di pensieri sfusi.
Si erano lasciate cadere nel corridoio davanti alla classe, la bionda e la bruna, l’attraente e la timida, le due antitesi, l’una trascinata dalla caviglia ferita, l’altra dal peso alla pancia.
Hinata non era mai stata amica di Ino, e le aveva sempre invidiato il sorriso perenne, la felicità smisurata; le aveva sempre criticato le gonne vergognosamente corte e la voce intenzionalmente acuta e civettuola. E soprattutto il fatto di appartenere ad una famiglia amorevole ed essere figlia di genitori sorridenti e sereni.
Eppure ora erano accumunate da un comune dolore.
“Prima il maestro Asuma, poi questo…Io sono sempre vissuta nel sole, io sono il sole. Perché ora è notte?” borbottò Ino, mentre evaporava via, come pulviscolo nella luce.
No, in fondo Ino non era debole, non sarebbe sprofondata negli abissi bluastri della droga. Sarebbe bruciata come una falena impazzita, imbevuta nel petrolio bianco, il petrolio che non brucia, e poi sarebbe rifiorita.
Perché anche adesso che era bagnata di dolore acre e forte come whisky, Ino sembrava risplendere come una cometa e il suo dolore era solo la terra bruciata dove ricostruire il suo cuore. Bastava cambiare un “h”: togliere da earth la lettere finale e metterla all’inizio, heart. Semplice, l’inglese.
Hinata, per l’ennesima volta, si sentiva una minuscolo puntino di inchiostro sbiadito in un immenso foglio bianco: Ino riusciva a sminuire il suo immenso dolore per far risaltare il proprio. Forse lo faceva apposta, forse no.
“Tu sei forte, Ino. Nonostante la ferita, ritornerai a ballare. E potrai rendere fiero il povero professor Asuma” sussurrò Hinata, per darle conforto e appoggio, gli elementi di cui lei era completamente priva.
“Non dire minchiate”
“Anche tu lo sai. Non ti sono ancora arrivati i risultati delle analisi: la tua caviglia non è perduta, non come il maestro Asuma”.
“Mi sembra tutta una montatura: che senso ha? La mia vita mi ha tradito” continuò Ino, mentre si tormentava la coda bionda e sfaldata “Ho sempre sognato di diventare in gamba come il maestro e una ballerina invidiabile. Perché mi hanno tolto i sogni? Questo dolore è troppo intenso…così forte che non riesco più a dormire, a sognare. Ho anche pregato, ma sembra che Dio mi abbia abbandonata, questa volta”.
Hinata comprendeva il suo dolore: Asuma era un fidato amico dei signori Yamanaka e tante volte era stato presente nella vita di Ino; tante volte, da imparziale professore o da fedele consigliere. La perdita della danza, l’hobby dell’infanzia che era diventata la passione dell’adolescenza, e del maestro Asuma, avevano tolto il significato di tutte le sue preghiere.
“Ce la farai” sussurrò nuovamente Hinata.
Ino era forte, pensava Hinata, come un Cinghiale che scavalcava le vette innevate e le radure fiorite. Certo, era strano vedere un cinghiale che si truccava gli occhi e si infilava i fiori dietro le orecchie; eppure i suoi genitori avevano dato il nome e il destino di una guerriera, a quella bellezza nordica e luminosa. Non era come Chouji, il bonaccione, la Farfalla fragile che si posava su fiori delicati, assetata e sempre ingorda di cibo, né come Shikamaru, che aveva ben poco dell’altero Cervo.
Ino avrebbe continuato a correre nei boschi bui, furibonda e vogliosa come faceva solo un animale guerriero: avrebbe continuato a danzare anche dopo la morte del caro maestro Asuma, con gli occhi rossi e il cuore sanguinante.
Era una bionda Didone, ma non disperata come quest’ultima. Ino non si sarebbe mai ferita, ma sarebbe riaffiorata dalla fiamme, dal petrolio bianco, una fenice ammantata di luce.
“Ma non credo di essere l’unica ad essere stata tradita”.
Gli occhi luminosi di Ino si insinuarono in quelli opachi di Hinata, alla ricerca del suo intimo dolore che tutti avevano tentato di sradicare da quella timidezza, assetati di pettegolezzi. Tutti volevano sapere cosa avesse finalmente combinato la santarellina Hyuuga per divenire la fidanzata di Itachi Hyuuga, dopo anni di balbettii e di silenzi: un’esistenza di apatia e castità.
La campana squillò in perfetta sincronia con l’ennesima rottura del cuore di Hinata. Un altro spillo, un’altra fitta alla pancia, sempre più pesante. La classe si riempì di nuovo di caldo, di camice scollate, di sorrisi timidi, di calze slacciate, di ormoni mal repressi. C’era troppo caldo per seguire la spiegazione sulle funzioni e Hinata sentiva sguardi annoiati e accusatori cadere su di lei come tante meteoriti che pungevano come il ghiaccio sulla pelle: troppi per la sua anima riservata, che si piegava sotto quegli sguardi, dolorante e afflitta.
Troppi pettegolezzi in troppi pochi giorni, sulla timida e silenziosa Hinata, che mai avrebbe pensato di poter diventare l’ artefice di uno scandalo, di diventare l’errore della famiglia Hyuuga. L’ora di matematica si trascinò fino all’agognato e stridulo canto della campanella,che segnava la fine dell’ennesimo giorno di studio. Stava per riporre i libri nella cartella, quando una voce familiare la chiamò.
“Hinata, posso parlarti un attimo?”
Hinata si voltò, e sentì tutte le sue ossa tendersi e scricchiolare, racchiuse in un manto gelido. Maggio sembrò sparito, ma per un solo istante. Si avvicinò alla cattedra e scrutò il volto della professoressa, nascosto da un manto di capelli color ebano.
Gli occhi della professoressa Kurenai Yuhi erano tramontati dietro le sue palpebre, e non scintillavano più con quella spensierata allegria con cui insegnava e con la quale aveva accolto il professor Asuma nella sua vita. Ora, come diceva il suo nome, il suo destino, il rosso rubino era svanito tra le coltri notturne. E con lui tutto il corpo ancora tonico ed attraente dell’insegnate sembrava sfaldarsi, prosciugato dal caldo, quello stramaledetto caldo di fine Maggio, di fine scuola, di fine.
La professoressa Kurenai si torse un boccolo sfatto e crespo, nero e cupo.
“Come sai, ho discusso con la preside in merito a quello che è successo” mormorò sfinita, dal caldo, da un cuore spezzato dissolto in cenere. La perdita di Asuma non era ancora stata lenita: era ancora lì, sul suo cuore, si vedeva bene.
Hinata strinse le palpebre, sperando che le lacrime si confondessero con il sudore. Si strinse le mani nel grembo pallido, dove le viscere si avviluppavano come una vipera velenosa che reclamava cibo.
Ormai era troppo tardi per ricamare cuori o estirpare demoni, professoressa.
“Non comprendo la decisione di tuo padre di ritirarti dalla scuola e di fidanzarti all’improvviso: so solo che è stata colpa anche del mio intervento. Non ho capito appieno quello che è successo, ma temo di aver compromesso la tua situazione…” continuò l’insegnante, incerta e dubbiosa “Sarà riunito il consiglio scolastico per discutere del fatto, e spero che tuo padre cambi idea: non può ritirarti dalla scuola e farti prendere lezioni private a sedici anni, e tutto per il matrimonio, è assurdo” continuò l’insegnante, anche se l’assurdo, mormorato tra labbra morsicate e screpolate, sembrava rivolto esclusivamente al suo dolore personale. A lei, al suo matrimonio sepolto.
Hinata si piegò leggermente, per nascondere la paura e l’angoscia che crescevano negli occhi, come uova che prima o poi si sarebbero schiuse. Una fitta alla pancia la stordì. Cosa ne poteva sapere, la professoressa Kurenai, del suo dolore, ora che era concentrata sul suo lutto e aveva abbandonato il suo sorriso smagliante con il quale li aveva iniziati ai dilemmi della matematica?
Hinata sapeva di essere egoista, ma davanti al suo dramma non riusciva a capacitarsi di essere stata tradita e abbandonata dalla sua insegnate preferita.
Kurenai sospirò e una scintilla di preoccupazione si accese nei suoi occhi.
“Hinata, devi dirmi cos’è successo veramente e come possiamo rimediare” mormorò concitata “il consiglio vorrà i particolari, e avrò bisogno del tuo aiuto…tuo padre non può importi questo, non lo puoi accettare. Riusciremo a fargli cambiare idea, insieme”.
Hinata si piegò di nuovo, per trattenere la rabbia, che colava con la bile nel suo stomaco; ancora una volta l’impotenza e la vergogna bruciavano nel suo animo, per il tradimento dell’insegnate. Perché le aveva fatto questo, se da quando era arrivata al liceo, quando era ancora una ragazzina con le lacrime agli occhi e i capelli da bambina, l’aveva accompagnata e consolata come la sua povera mamma non aveva potuto fare? Hinata credeva di aver trovato una stabile figura materna in Kurenai, dopo essere stata educata dalla freddezza del padre e dalle smancerie servili dei camerieri. La professoressa Kurenai era una figura autoritaria ma giusta, inflessibile ma stabile, fredda ma coscienziosa, una donna forte che solo di recente si era sciolta tra le fiamme dell’amore. Era una madre perfetta, la madre che ora si stava suicidando col suo soffocante dolore. La madre che non poteva aiutarla, che non poteva soccorrerla, anche se Hinata continuava a chiamare aiuto, nei suoi occhi perlacei. La madre che l’aveva condannata.
In fondo, anche Lavinia era stata abbandonata dalla madre, sparita tra i flutti  che l’avevano trascinata nell’Ade. Amata non era stata amata abbastanza.
Hinata spostò il suo sguardo sugli ultimi ritardatari che non erano ancora usciti dall’aula, sulla soglia della classe: il Cinghiale ferito che veniva sorretto dalla fragile Farfalla e dal pigro Cervo. Ino guardava verso il soffitto, nel tentativo di nascondere le lacrime ai suoi amici e di camminare meno goffamente sulla caviglia ferita. Sembrava un angelo che stava cadendo sulla terra, le ali bruciate e l’aureola perduta nel cielo infinito, e che stesse pregando per un perdono o una grazia. Un ultimo sprazzo di biondo e poi scivolò via, sorretta dai sue fedeli amici, che l’accompagnavano nella sua uscita di scena. Quello che Hinata aveva sempre e maggiormente invidiato ad Ino erano il carattere movimentato e allegro che le aveva permesso di trovare amici fedeli e la libertà che l’aveva portata a vivere una vita piena di sole, con i suoi due più cari compagni.
. L’unica persona di cui Hinata si poteva fidare, che era cresciuta in una meravigliosa prigione di cristallo, le era stata portata via. E ora non lo vedeva neanche, il Dio a cui rivolgere le proprie preghiere.
“Io non voglio ostacolare il volere di mio padre” sussurrò Hinata e prima che l’insegnate, furibonda, replicasse, continuò “Oltre a quello che sapete già, professoressa, si è aggiunta una complicanza imprevista, che non può essere nascosta o modificata”.
Kurenai sarebbe sopravissuta al petrolio bianco che le stava accecando i sensi e l’anima, perché non avrebbe carbonizzato le sue carni mature, come quelle snelle di Ino. Ma il corpo fragile di Hinata si stava liquefacendo nel petrolio nero, l’assassino. Lei e il dolore di Lavinia stavano bruciando vivi.
La rabbia di Kurenai si sciolse e il suo rossetto scivolò come una sbavatura di sangue, mentre comprendeva che lei e la sua allieva erano appesantite dallo stesso fardello al livello della pancia. E Hinata, negli occhi dell’insegnante, lesse sgomento, sorpresa, fiducia tradita, stupore, in quegli occhi attoniti. Gli stessi sentimenti che avrebbe provato una madre.


Allora: il petrolio bianco è un tipo di petrolio che, a differenza di quello nero, è usato come solvente; se te lo metti sulla pelle e poi le dai fuoco questa fa la fiamma ma non brucia la pelle. In questo modo ho analizzato il differente dolore di Ino( che bruciava di dolore ma sarebbe sopravissuta) e quello nero di Hinata. Ino è disperata per la morte di Asuma( che qui ho reso come un fedele amico di famiglia e insegnante) e per la ferita alla caviglia, che potrebbe compromettere il suo futuro di ballerina. In questo atto si fanno dei riferimenti a Didone, che, innamorata follemente di Enea, si è suicidata dopo la sua partenza, e ad Amata, madre di Lavinia e sposa di Latino, che si è suicidata buttandosi in un fiume perché non avrebbe sopportato che sua figlia sposasse Enea( e il suo odio fu una delle cause della guerra fra Enea e Turno).
Shatzy: ciao carissima!!*LaLa spupazza Shatzy^^*. Vedere i tuoi commenti è un’immensa gioia, immensissimaXD! Anche a te piace Gaaruccio??Io lo adoro, è il mio preferito! Adoro i cattivi redenti…ma anche i cattivi e basta!Mi dispiace, ma ogni capitolo tratta di un personaggio diverso e questa è l’ultima comparsa di Gaara(sorry!!)I capitoli sono cinque, quindi dovrai sopportarne solo altri dueXD bacioni, Flavia!(che bel nome*_*)
Damis: me si da una botta in testa, scusa ho sbagliato a scrivere il nome!*LaLa chiede venia*. Brava, cominci già ad intuire qualcosa??Poi mi dirai se i tuoi sospetti erano fondati! Anch’io adoro Gaara, è il mio amore^^. Attendo la tua recensione!Bacioni ,LaLa

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Lalani