Capitolo 3: L'uomo con la divisa da giardiniere
Durante la messa di Domenica, ad un occhio attento sarebbe
capitato di vedere tra le stuole di fedeli, Mary, la quale appariva distratta
da qualcosa. Se normalmente cantava le lodi del Signore come tutti i suoi
confratelli, quel giorno la sua mente era distante e a più ripetizioni il padre
dovette farle cenno di alzarsi e sedersi, la gente faceva caso a queste cose e
mostrarsi distratti durante la messa o disinteressati avrebbe dato prova di
maleducazione e quindi minori possibilità di trovare marito. Mary però non si
curava di quegli aspetti così secondari e mondani perché, seppur conscia di non
vederlo lì, cercava Adam con lo sguardo, rispondendo automaticamente al padre
quando le faceva notare quando alzarsi e quando sedersi. Il silenzio si fece
assordante, e sentì come se tutti la stessero guardando poi sentì la voce di un
uomo adulto chiamarla fra i denti, quasi con tono allarmato
- Mary! Mary, Siediti!
Si voltò di scatto e a chiamarla era suo padre, seduto come tutti,
tranne lei che tutti stavano osservando chi con sorpresa, chi più contrariato,
chi divertito,
- Mary siediti subito - sibilò di nuovo il padre e lei ubbidì
istantaneamente arrossendo, gettandosi sulla panca come un ciocco.
Il prete scosse la testa rassegnato e continuò la predica. A
cerimonia conclusa, tutti uscirono dalla chiesa non prima di essersi fatti il
segno della croce da bravi cristiani e tra sospiri di sollievo, uno sguardo e
una risatina in direzione di Mary, tutti si dispersero. Mary e suo padre si
stavano dirigendo a casa e lui aspettò di essere lontano dalla calca e dalle
lingue biforcute prima di rivolgersi a sua figlia. Camminarono in silenzio,
Mary assorta nei suoi pensieri e Mr. Delgarno preoccupato per il comportamento
strano mantenuto a messa da sua figlia, non era di certo un ingenuo, sapeva
bene il motivo di quel comportamento distratto e non gli piaceva affatto.
- Davvero non ho parole, che ti è preso oggi? - il tono di Mr.
Delgarno era più preoccupato che contrariato, Mary sembrava distratta - non
sarà mica per quell'uomo, vero?
Mary si sentì colta nel vivo - Eh? No, no ci mancherebbe, è che
sono solo un po' stanca!
Quella risposta non lo convinse e si limitò a risponderle, questa
volta con un po' contrariato
- Ho invitato al ricevimento di domani anche il giovane
Norrington, volevo che lo sapessi.
Il volto di Mary si illuminò ma suo padre continuò prima che
potesse ringraziarlo
- L'ho fatto per un motivo pratico Mary, conosco suo padre di
persona, ma con lui non ho avuto davvero modo questo nuovo Adam e domani
capirai meglio che persona sia e se sia il caso che vi frequentiate. Per quanto
onorevole sia stato il gesto di aiutarti e riaccompagnarti, si è comunque
presentato a casa da solo con te e senza invito e gira voce che che per un
tratto di strada ti ha tenuto sotto braccio.
C'era stato qualcosa nel tono di suo padre, come se si trattasse
di una sentenza già emanata, Mary sentì il sangue gelarsi nelle sue vene tanto
da fermarsi mentre camminavano sul marciapiede alberato che portava verso casa,
si stava pentendo di essersi lasciata così andare, ma se si fosse data la colpa
da sola allora suo padre avrebbe pensato che fosse immatura e ne avrebbe
alimentato la convinzione che non fosse pronta per un fidanzamento o per
contrarre matrimonio, se invece avesse detto che lui le aveva offerto il
braccio allora ecco che sarebbe sembrato che si volesse solo approfittare di
lei, quando lei sapeva che non essere vero. Pareva che non ci fosse una
soluzione facile a quella perniciosa situazione.
- Io - faticava a trovare le parole - non ho visto malizia o
impudicizia in quel gesto, ecco - disse seccamente.
"Brava, complimenti, ora sembri una ingenua
sempliciotta", pensò rimproverandosi. Sapeva di star facendo l'avvocato
del diavolo, consapevole del rischio che correva e stava attivamente evitando
di guardare suo padre negli occhi per evitare di tradirsi.
- Mary, io non voglio che per tua distrazione rovini la tua
reputazione o quella della nostra famiglia - disse il padre con tono duro -
l'entusiasmo nei confronti di quest'uomo non è ciò che mi aspetto da te, vorrei
vederti più morigerata. Sei una donna oramai e voglio essere sicuro che tu
faccia il tuo ingresso in società e che faccia scelte adatte alla tua età.
Il tono di Mr. Delgarno si era fatto più duro, ma fece una pausa
come se volesse in un certo qual modo moderarsi, poi riprese cercando di
riprendere la conversazione con un tono meno irrequieto
- La famiglia Norrington è sempre stata un buon nome da queste
parti, ma devi sapere che la malattia di Norrington Senior lo ha chiuso su se
stesso e lo ha portato ad isolarsi trascinando anche suo figlio. Capirai bene
che queste non sono buone premesse e alla gente piace parlare. Voglio che al
ricevimento di domani tu ti accorga di questi dettagli.
Mary sentì l'ansia montare e il cuore batterle più rapidamente
mentre un brivido gelido le bloccava lo stomaco "vuole convincermi che non
sia adatto a me? Perché mai?", ma annuì senza aggiungere una sola parola.
Era atipico, suo padre non era un uomo apertamente severo eppure nel suo tono
sentiva una strana tensione nei confronti di Adam; certo che quel tono non
ammetteva replica e data la situazione delicata non avrebbe voluto in nessun
modo generare un pericoloso alterco che avrebbe potuto risultare in un
decadimento dell'invito posto ad Adam e una proibizione a rivederlo, "come
se servisse" pensava Mary arricciando le labbra. La conversazione si
chiuse senza che venisse aggiunta un'altra parola da entrambi e continuarono in
silenzio a camminare lungo il marciapiede che portava davanti al grande
cancello in ferro battuto. Rientrando lungo il viale ad accoglierli non ci
furono i due giardinieri che avevano il giorno libero ed erano probabilmente
ancora a messa nel quartiere per immigrati più a sud e ad aprire loro la porta
ci fu la governante, una donna minuta di origini polacche
- Ben tornato Mr. Delgarno, Mary - li accolse reverenziale la
governante - il pranzo verrà servito a breve, accomodatevi prego - e con un
cenno della mano li invitò a seguirla
- Grazie Mrs. Nowak - rispose con un sorriso cordiale Mr.
Delgarno.
Mrs. Nowak fece strada al padrone di casa e a sua figlia verso la
sala da pranzo dall'ampio ingresso, oltre il quale si poteva vedere una larga
scalinata portava alle camere da letto al piano di sopra. Svoltarono alla
destra della scalinata e passarono oltre un elegante salotto arredato con una
raffinata Art Nouveau, proseguirono dunque oltre un ampio arco a tutto sesto
decorato da motivi floreali, contornato da piccole colonnine in bassorilievo
affrescate e giunsero alla sala da pranzo dove un lungo tavolo attendeva il
padrone e sua figlia per il pranzo domenicale.
Non si trattò di un pranzo particolarmente loquace, ad eccezione
della preghiera iniziale, Mary non mangiò molto, il cibo non la attraeva più di
tanto e si era assorta nei suoi pensieri. Suo padre, che non era uno stolto,
aveva notato il silenzio e la mancanza di appetito di sua figlia capendo bene
anche le motivazioni, ma non disse nulla a riguardo e si limitò a indicare il
piatto con un cenno della testa
- Non hai mangiato molto
- Oh, è che non ho fame...
- Che c'è, hai mangiato troppa ostia? - le disse in tono
canzonatorio e Mrs. Novak parve avere un sussulto
- Eh? - Mary trattenne una risata, ma poi tornò composta - no è
che avrei davvero bisogno di riposare un po'. La messa è stata molto lunga oggi
e quella chiesa è buia, inoltre avevo chiesto a Lorelay di farmi un po' di
compagnia ed andare a passeggio, sai vorrei esserle di compagnia senza
addormentarmi mentre passeggiamo.
Uno dei domestici strozzò una risata mascherandola da tosse, ma
Mr. Delgarno soppresse la sua con maggiore accortezza, tradendo un sorriso in
tralice
- Hai gli stessi modi informali che aveva tua madre - c'era della
nostalgia nel suo tono.
- Mi manca molto - rispose Mary seccamente
Ci fu un silenzio di pochi secondi, ma parve durare molto più a
lungo, poi Mr. Delgarno spezzò quel costernato silenzio
- Manca a tutti in questa casa. Beh, vai a riposarti ora, ti mando
a chiamare quando Lorelay è qui.
--
- Davvero ti ha accompagnata a casa? Ma non è buon costume per un
uomo presentarsi così all'improvviso a casa di una donna senza invito e
soprattutto in sua compagnia! - Lorelay era rimasta di stucco dalla storia che
Mary le aveva raccontato e a malapena teneva ancora in mano il biscotto che
stava morsicando mentre passeggiavano lungo un prezioso viale alberato in uno
dei bei parchi della città.
- Lo so, ma è successo tutto così in fretta - Mary si interruppe
facendo un sospiro, c'era qualcosa di onirico nel suo tono e quasi distratto -
il bellissimo giovane Norrington è conosciuto perché suo padre è conosciuto, ma
non ho mai avuto l'occasione di parlargli direttamente, non lo avevo mai notato
prima nonostante l'avessi visto diverse volte - il suo flusso di pensiero si
bloccò bruscamente, come se stesse cercando un ricordo specifico, poi riprese
come se nulla fosse accaduto, lì per lì sorprendendo Lorelay - eppure c'è
qualcosa di diverso in lui come se fosse - Mary si interruppe un attimo di
nuovo - non saprei dire.
- Però Mary io vorrei che stessi attenta, perché l'hai visto una
volta sola, e lo so che può sembrare una persona affascinante, poi sappiamo
tutti che la famiglia Norrington è una buon nome, però ecco, voglio che tu stia
attenta - disse Loreley con tono accorato.
Mary guardò la sua amica, apprezzando la sua preoccupazione, ma
dentro di sé sapeva che non c'era nulla di cui preoccuparsi e sapeva che a
breve molte cose sarebbero cambiate nella sua vita.
- Ti ringrazio Loreley per la tua preoccupazione, ma sono sicura
che tutto andrà bene. Davvero, me lo sento.
Loreley inclinò leggermente la testa da un lato e inarcando un po'
le spalle guardando la sua amica, e Mary sapeva perfettamente che Loreley stava
per attaccare con una delle sue solite raccomandazioni
- Io non voglio fare la strega portatrice di sventura Mary cara,
ma lo hai conosciuto due giorni fa e non sai davvero chi sia. - Fece una rapida
pausa come per cercare le parole - Lo conosci a malapena e non vorrei che tu ti
facessi una idea sbagliata su qualcuno che non conosci, non vorrei che ti
facessi del male o che lui te ne facesse. Non potrei mai perdonarglielo e lo
sai quanto ti voglio bene e non ti dico niente per cattiveria. Mary io penso
che tu ti sia infatuata di Adam ed è una cosa buona, è sempre bello innamorarsi
e io lo so, però ricordati che le relazioni non si costruiscono sull'amore a
prima vista, perché quello esiste nei racconti. Le relazioni hanno bisogno di
essere costruite nel tempo, ma questo tu lo sai bene.
Mary se ne stava a braccia conserte limitandosi ad annuire, era
palesemente da un'altra parte, ma stava sicuramente ascoltando ciò che Lorelay le stesse
dicendo
- Quindi lo vedrai questa sera? - continuò lei - Sicuramente tuo
padre vuole conoscerlo più da vicino, per capire che persona sia ed aiuterà
anche te, sentire come parla, come si muove e cosa pensa. Ricorda che I
rapporti si creano con le abitudini.
- Secondo me si preoccupa in maniera eccessiva. Sono adulta e sono
capace di discernere la malizia.
Lorelay sbuffò - Santa pazienza, in fin dei conti sei la sua unica
figlia e l'ultimo membro della sua famiglia, è normale che voglia sapere chi
sia.
- Oh Loreley, le tue paternali. - Sospirò esasperata - va bene
starò attenta.
Mary sentiva, ma non ascoltava, conosceva molto bene Loreley e il
suo spiccato uso del buon senso. Questa, non era stata diversa. Sin da quando
sua madre se n'era andata a causa del tifo, le è sempre stata molto vicino,
quasi quanto una sorella maggiore nonostante abbia due anni in meno di lei,
alle volte prendendosi anche tutte le responsabilità che non avrebbe dovuto e
di questo Mary le era davvero grata.
Due anni e mezzo prima Loreley si era innamorata di un
bell'avvocato che veniva dal Nord Dakota, tale Sigmund Johansson, ricco,
affascinante e intelligente, un uomo sicuramente da sposare di cui anche Mary
un po' si era invaghita. Lorealay e il suo promesso sposo erano ufficialmente
fidanzati in casa e di lì a poco ci sarebbe stato un matrimonio di cui Mary era
molto felice. Sembrava che tutto andasse a gonfie vele, c'erano le premesse per
un futuro idilliaco per Lorelay dove non le sarebbe più mancato nulla eppure,
purtroppo, la realtà si rivelò non essere come l'aveva sperata. Lorelay a suo
tempo raccontò che il suo promesso sposo si dimostrò essere una persona
inaffidabile, un alcolista violento, ma soprattutto depravato. Il matrimonio
venne annullato dopo una lite rovinosa tra Sigmund e i genitori di Lorelay e da
allora non ne volle più sapere di matrimoni, ma sopratutto non voleva che la
sua amica finisse nel mezzo di una situazione analoga. Mary le stette vicino
più di chiunque altro, perché ben si ricordava quanto Loreley le fosse stata
vicino quando sua madre morì.
Mary lasciò cadere la conversazione e durante il resto della
giornata non avevano più parlato di Adam o di matrimoni o di qualsiasi altra
cosa che avrebbe potuto mettere la sua amica a disagio e una volta terminato di
prendere il loro tè se ne andarono a fare una passeggiata che le portò lungo il
viale interno del parco dove Mary per la prima volta aveva conosciuto Adam.
Nonostante ormai parlassero del più e del meno, passeggiando adombrate dal
lungo viale alberato nel mezzo del parco, Mary indugiava in quel posto dove
aveva conosciuto l'uomo che lei reputava essere quello dei suoi sogni e su cui
aveva fantasticato tutta l'adolescenza e si perdeva in un vago vaneggio muto
pensando alle lunghe passeggiate che un giorno avrebbero potuto fare insieme.
Pensò, in un senso religioso di andare anche a fare visita, nel frattempo che
si incamminavano, al piccolo roveto, dove le si era incastrato il vestito; ma
con sua grande delusione quando arrivò, il roveto non era più lì, dovevano
averli rimossi tutti poiché evidentemente avevano causato problemi non soltanto
lei ma anche altre persone. Tra le varie persone che con una lenta falcata
temporeggiavano nell'ombrosa passeggiata, probabilmente per ritardare quanto
più possibile l'inevitabile passaggio sotto il sole estivo, spiccava una
signora, vestita con una camicia in giorgette blue con il pizzo al collo e una
lunga gonna di faille dello stesso colore, un vestito datato che però si
intonava ad una donna avviata sull'orlo della sessantina, la quale stava
passeggiando mano nella mano con un bambino. Mary la intrasentì ringraziare fra
se e se il sindaco che avessero rimossi tutti i roveti, sembra che qualcuno si
fosse lamentato che dei bambini si fossero fatti male o di altre signore in cui
il vestito era rimasto impigliato; ora al loro posto c'erano dei piccoli
cespugli di biancospino. Sicuramente i rovi non avrebbero causato più alcun
problema, però un po' le dispiaceva perché voleva ringraziarli che l'avevano
trattenuta per abbastanza tempo per conoscere Adam "Cosa diavolo stai
pensando Mary? Ma sei impazzita? Ora vuoi parlare con le piante?" Pensava
Fra se e se in quel momento in cui realizzò che voleva andare a ringraziare una
pianta una cosa assolutamente priva di senso
- Mary ma mi stai ascoltando? - Le chiese Loreley mentre
passeggiavano lungo il vialetto
- Devo parlare con le piante - disse spontaneamente, come dando
voce ad una meteora che avrebbe dovuto rimanere senza voce nella sua testa,
mentre Lorelay si fermò con la bocca semi aperta e un'espressione confusa
- Mary? Tutto bene?
-Eh? Ah sì! No. Scusa no, hai ragione, non stavo ascoltando stavo
pensando che - si interruppe un po' imbarazzata - lascia stare è solo una
sciocchezza
- Santo cielo Mary stai veramente con la testa tra le nuvole, sei
proprio cotta!
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Ore 12:30
Si dirigono
verso la piazza del Comune accompagnati da Norrington Jr., attendono per alcuni
minuti e poi entrano nel Comune, non so se stiano andando nello studio del
sindaco.
Ore 14:30
Escono dal
Comune, si dirigono verso il centro. Norrington Jr. torna indietro e si
appresta a soccorrere una ragazza rimasta impigliata con la gonna in un
cespuglio di rovi. Conversano, lei sembra essere infastidita, Ma sembra
cambiare atteggiamento poco dopo il contatto, forse è rimasta punta da uno dei
rovi. Dopo poco si allontanano. Li seguo.
Ore 15:30
Fanno un
lungo giro, lei ride, lui anche (di riflesso?), parlano del più e del meno,
camminano soli facendo un giro ampio, continuo a seguirli.
Ore 16:30
Si apprestano
ad arrivare a quella che presumo sia la casa della ragazza, il nome sulla targa
antistante il cancello recita "Villa Delgarno"
Ore 16:32
Norrington
Jr. sembra parlare con, presumo, Salvador Delgarno, il padrone di casa. Hanno
un contatto. Continuano a parlare, ma non comprendo la conversazione, sono
troppo lontani.
Ore 16:53
Arrivano ai
convenevoli, si salutano. Norrington Jr. si gira verso il proprietario di Villa
Delgarno, probabilmente per rispondergli e si appresta ad andarsene a passo sostenuto.
Ore 16:55
Norrington
Jr. esce dal cancello della villa e rimane fermo qualche istante per poi
proseguire verso sinistra tornando a piedi oltre la collina, sempre a passo
sostenuto. Non lo seguo ulteriormente.
Questo era quanto c'era scritto sul suo taccuino. Aveva fatto le
sue ricerche su tutte le persone ricche e avvenenti della città, El Senior
Delgarno era un uomo con una attività avviata, particolarmente proficua, con
dei proventi molto stabili, ma gli sembrava strano che avessero interesse per una
persona molto conosciuta in una così grande città, si lasciò scappare una
risata strozzata e iniziò a sospettare che si fosse effettivamente sbagliato.
"Non ho trovato nessuno, e non se ne vede si sente traccia, bravi,
bravi" ma se la sua intuizione fosse stata corretta?
"E io che volevo farmi assumere come giardiniere qui dai
Delgarno per stare più vicino a casa dei Norrington, stupida ragazzina
svenevole" sbuffò mentre diede un calcio ad un sassolino sul marciapiede
su cui l'ombra pomeridiana si andava via via stagliando "ma è possibile
che si presenti più e più volte a casa loro, bene ma mica troppo",
continuava mentre scendeva giù per la strada di lieve pendenza.
"L'ambizione è sempre stata il loro forte" diceva
pensieroso fra se e se il giovane uomo, che dopo aver raccolto gli strumenti da
giardiniere, se ne andava verso la periferia in zone dove la sua pelle
olivastra, forse un po' troppo vistosa per il centro popolato principalmente da
bianchi, si sarebbe meglio confusa con le altre sfumature della terra, che così
raramente colorava i quartieri centrali dopo le ore lavorative e durante le
festività.
Ancora con indosso la divisa da giardiniere, si girò dal lato
opposto della casa dei Delgarno, per poi proseguire verso il centro, alla
stazione del Tram dove, nel vagone riservato agli immigrati, si sarebbe recato
verso sud, alla periferia.
Il tram era affollato e rumoroso, come ogni giorno tra l'altro, La
gente era stretta e accalcata su se stessa e le risate dei bambini, il vociare
eccessivo degli adulti e l'odore del sudore, si mescolavano insieme; erano i
suoni e gli odori della giornata che volgeva al termine quanto precursore di
quello che sarebbe stato il giorno dopo, ma all'uomo con la divisa da giardiniere questo non
importava, come se fosse una cosa esterna dalla sua sfera di interesse.
Guardava distrattamente fuori dal finestrino ed erano lì, uno appresso
all'altro, i caffè eleganti, gli alimentari, le lavanderie a gettone, le sale
da biliardo, i bar, i bei palazzi in stile liberty tirati a lucido, sinonimo
del benessere del centro di quella crescente città che diventava sempre meno
rurale e sempre più industriale e cosmopolita. Nel tragitto, tra le varie
stazioni, le villette a schiera con i bei giardini che si potevano intravedere
da lontano, e i palazzi con i balconi adornati da vasi di fiori che
impreziosivano le piazze di colori e profumi, la gente per bene che camminava
allegramente, lasciavano gradualmente spazio ad un panorama urbano meno tirato
a lucido e più reale: le strade diventavano mano a mano più dissestate, le case
di periferia erano più malmesse, per chi chiaramente poteva permettersi una
casa di proprietà, anche la fauna urbana cambiava, sguardi più vigili, più
tesi. Ma quella tensione non era nello sguardo dell'uomo con la divisa da
giardiniere, la sua mente era molto più lontana, concentrata su altro.
Scese dopo una decina stazioni, e si mosse verso una zona
principalmente abitata da ispanici: messicani, spagnoli, cubani e portoricani.
Se ne andò in un locale particolarmente affollato, che da quando era arrivato
in America frequentava in maniera piuttosto assidua: l'Alforja
Casera. Era un locale particolarmente affollato e c'era un gran vociare da
far venire il mal di testa, eppure quel luogo era vivace, diversamente dalla
quotidianità fuori da quelle quattro mura, fatta di privazioni e polverose
monocromie mentali. Non solo c'era molta vitalità, ma la musica popolare e le
canzoni, si impastavano con quegli odori che difficilmente si sarebbero sentiti
così intensamente da altre parti: oltre i banconi, dove da una piccola
finestrella si potevano vedere i cuochi apparire e scomparire nel mentre che si
muovevano rapidamente nelle cucine, si potevano udire lo sfrigolare del cibo in
preparazione nelle padelle in cui l'odore dell'olio si mischiava con quello dei fagioli
riccamente speziati, dove dominanti erano il cumino, la paprika, il coriandolo
e la noce moscata; l'impasto di odori, colori e suoni avrebbe fatto sentire
chiunque a casa. Lui però non pareva partecipare attivamente a questa meritata
tregua dopo una lunga giornata di lavoro e pare che non fosse un uomo di molte
parole, una persona che sarebbe passata piuttosto inosservata: un'uniforme
da lavoratore, un aspetto poco curato, una folta capigliatura bruna e una barba
folta e trasandata. Ordinò il solito, si sedette aspettò che gli arrivassero
cibo e la birra, che vagamente ricordava una caña, e nel frattempo si scorse le
dita sugli occhi incorniciati da profonde occhiaie infossate che gli davano un
aspetto piuttosto lugubre.
Consumò il pasto piuttosto in fretta, ma non freneticamente, ma piuttosto come
uno che fosse stato seriamente affamato da giorni troppo lunghi. Finito di
mangiare, aprì il suo taccuino e dedicò diverso tempo a passarsi la matita
consunta avanti e indietro sulla tempia mentre ne sfogliava le pagine.