Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Ricorda la storia  |      
Autore: Eneri_Mess    04/08/2023    0 recensioni
Lui non era fatto per quelle cose. Erano eventi per persone normali e né lui né i suoi compagni lo erano.
Eppure, avevano deciso di festeggiarlo ugualmente. Avevano deciso che avrebbero passato San Valentino tutti insieme.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ango Sakaguchi, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Storia scritta per il COW-T13 con il prompt “quadriglia”.
Warning: Odasaku / Dazai / Chuuya / Ango (POV Ango). In un ipotetico futuro in cui Odasaku è (redi)vivo. 





 

Come Ango sopravvisse al suo primo San Valentino







 

La scrivania era un disastro. Le penne erano rotolate in terra, i fogli fuori dalle cartelline erano sparsi come foglie su un vialetto dopo una forte raffica di vento. Ango si era sentito come una di queste quando Chuuya era piombato nel suo ufficio alle quattro di notte e non aveva voluto sentire ragioni.

“… te lo avevo detto, Quattrocchi…” ansimò il rosso, sfilandosi l’ultimo dei guanti con i denti, l’altra mano già occupata sul basso ventre dell’ex spia. “… se avessi di nuovo fatto le ore piccole saremmo arrivati a questo.”

Ango gemette, inarcando la schiena e premendosi un braccio sugli occhi. Non aveva idea di dove fossero volati gli occhiali, sperava solo non si fossero rotti come l’ultima volta.

“… devo finire-”

“So io cosa devi finire” lo stroncò sul nascere il Dirigente, chinandosi a baciargli e mordicchiargli la base del collo. “Finirla di ridurti a fare questi orari assurdi e dimenticarti di mangiare.”

La risposta di Ango non fu minimamente coerente, ma un insieme di ansimi e gemiti nel sentire le mani del rosso su di sé.

Anche se il suo senso del dovere stava protestando, il resto di sé - che ormai apparteneva a Chuuya in più di una forma - accolse quell’interruzione con sollievo e una certa dose di risposta, nonostante la stanchezza.

Cercò il viso del rosso attraverso la patina con cui vedeva il mondo in quel momento e lo chiamò debolmente, conscio di star viaggiando sulla linea dell’incoerenza. I contorni di ogni cosa erano sfuocati e i colori macchie che si fondevano, ma la sua ancora rimasero quei capelli di un fuoco pallido.

“Sei con me, Quattrocchi?” gli chiese Chuuya a un passo dalle labbra, facendo resistenza a quel bisogno inconscio con cui Ango lo stava attirando come una parte essenziale di sé.

“S-Sì…” balbettò in risposta l’ex spia, nonostante si sentisse a un passo dal cedere. Voleva Chuuya, voleva il sollievo che era in grado di dargli, ma la spossatezza gli stava calando tutta insieme. Il piacere delle dita del rosso prima, e il sesso vero e proprio a seguire, diedero il colpo di grazia alle sue quasi quaranta ore di veglia.

Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima che si riducevano così. Chiusi nel suo ufficio personale, a quell’ora della notte, riempiendo la stanza di gemiti e ansimi e trasformando il lavoro di una giornata in una costellazione di fogli da riscrivere, umidi del loro piacere.

C’era stato un tempo in cui Ango non sarebbe riuscito a immaginare una scena del genere neanche per gioco - cominciando dal fatto che non si ritenesse una persona così fantasiosa, soprattutto in campo sessuale, per finire con un classico Non potrei mai fare una cosa del genere dove lavoro.

Poi Chuuya era tornato nella sua vita e, come in passato, più di quattro anni prima, l’aveva stravolta. Era successo tutto talmente in fretta che la spia non era neanche sicuro di come fossero arrivati a quel punto. Che era solo uno dei due più importanti sconvolgimenti degli ultimi mesi, ma Ango in quel momento aveva le facoltà mentali solo per pensare al Dirigente. E alla sua lingua.

“C-Chuuy-ah” gemette, quando il rosso lo stuzzicò, conscio della sua ipersensibilità dopo averlo portato all’estasi appena due minuti prima. Si tese per uno spasmo involontario e chiuse le dita su un braccio del più giovane, con una presa che avrebbe voluto essere serrata, ma che perse di mordente dopo pochi secondi.

Chuuya si stava ancora dedicando alla sua pelle sensibile, ma con meno malizia e più premura, sciogliendo tutta la tensione residua. Intrecciò le proprie dita alle sue e risalì fino al collo di Ango, alla mandibola, con baci insistenti, fino a quando non si trovarono l’uno nelle labbra degli altri.

Con un ghigno, il rosso rimise gli occhiali alla spia.

“Sono ancora integri” scherzò, per poi scrutarlo con un’occhiata più di rimprovero. “Hai dormito almeno un’ora?”

Ango sospirò, non sforzandosi nemmeno si alzare la testa per guardarlo meglio.

“Ho preferito farmi una doccia durante la pausa” confessò, riflettendo vagamente che il suo inconscio doveva essere stato lungimirante dove Ango proprio non aveva immaginazione.

Chuuya però non risultò particolarmente contento della risposta.

“Sei un coglione” gli disse senza mezzi termini.

“Sto lavorand-aah

Il rosso non lo fece finire, mentre le sue dita sapevano dove e come toccarlo per interromperlo e farlo contorcere.

“Io so che dopo il secondo orgasmo dormi come un bambino per almeno dieci ore di fila” e a modo suo fu una minaccia. “Puoi decidere se qui o a casa.”

Sulla faccia di Ango si leggeva un chiaro Ho del lavoro da finire, ma serrò le labbra prima che una sola parola potesse firmare quella condanna. Anche se erano amanti, Chuuya rimaneva un mafioso che manteneva la parola data e la ex spia voleva evitarsi altre pessime figuracce con i colleghi (e con la fortuna che aveva, sarebbe incappato certamente in Tsujimura, la cui fantasia non aveva nessuno dei limiti che Ango percepiva della propria. Era anche l’unica persona a sapere realmente tutta quella storia e a tifare per il suo superiore).

“… a casa.”

“Ottima risposta, Quattrocchi” e gli stampò un bacio sulla guancia, prima di tirarlo su così velocemente, con la leggerezza con cui avrebbe raccolto un giocattolo rovesciato in terra, che ad Ango girò la testa. Ma Chuuya non si mosse, restando in mezzo alle sue gambe e sostenendolo. Lo guardò dal basso verso l’alto con un sospiro più pacato.

“Hai una cera orribile e il mio intervento ti ha solo ridato un po’ di colore, ma sembri sul punto di una febbre da stress” mormorò, passandogli la mano sulla fronte. Era tiepida e sudaticcia per l’attività recente, ma anche bianca come il latte. Ango chiuse gli occhi, accogliendo quella carezza.

“… mi prenderò un giorno di ferie…” mormorò poco convinto, come se al contempo stesse cercando di fare i conti per capire se potesse permetterselo. “… o chiederò di sbrigare qualche lavoro da casa.”

“Lo sai che non sono la stessa cosa? Vedi di prenderti almeno due giorni di ferie, così festeggeremo come si deve.”

Ango lo guardò senza capire.

“… Festeggiare?”

Era sicuro che il Capodanno fosse passato da un mese abbondante.

“Domenica? Il quattordici? Ti dicono niente?” sbuffò Chuuya, scuotendo la testa. “Hai detto che te lo sei segnato anche in agenda.”

E nel dirlo, recuperò quest’ultima dal casino sulla scrivania, mettendogliela in mano. L’agente del governo la sfogliò cercando di ricordarsi che giorno fosse. Quando vide l’appunto per quel fine settimana, anche il resto del colore sulle guance impallidì.

Abbandonò la fronte sulla spalla del rosso con un mezzo singhiozzo di miseria verso se stesso, lasciando cadere il libretto.

Ohi! Ti senti male!?”

“… portami a casa” lamentò debolmente Ango.

Non voleva pensare. Voleva dormire. Possibilmente per un mese intero, così da saltare quell’incombenza che aveva tutti i tratti distintivi di una catastrofe annunciata.

Lui non era fatto per quelle cose.

Erano eventi per persone normali e né lui né i suoi compagni lo erano.

Eppure, avevano deciso di festeggiarlo ugualmente.

Avevano deciso che avrebbero passato San Valentino tutti insieme. Il primo San Valentino in cui si sarebbero presi del tempo per loro, per quella relazione bislacca che li aveva visti avvicinarsi, pezzo dopo pezzo, disgrazia dopo disgrazia. 

Se avessero raccontato la loro storia - di come almeno tre di loro avessero cercato di ammazzarsi l’un l’altro, uno fosse effettivamente morto e risorto, e poi, non sapendo neanche loro come, si fossero riavvicinati, al punto che ora non si poteva fare il nome di uno senza pensare agli altri tre… be’, probabilmente qualcuno ci avrebbe scritto un film solo per come suonasse inverosimile.

Nonostante tutto, quella Domenica avrebbero dato spazio e tempo unicamente a quel loro legame, quell’affetto senza un nome definito. 

E Ango non era pronto.

 

* * *

 

Dazai si adagiò contro il bordo della vasca con un sospiro estatico, completamente immerso nella sensazione piacevole dell’acqua calda.

“La Lumaca aveva ragione quando ha detto che - cito testualmente - Sei un deficiente stacanovista che meriterebbe di essere licenziato in tronco e non sapere più cosa fare nella vita.” 

Aggrottò la fronte, riaprendo gli occhi e dando la chiara impressione di essere stato colto da un secondo, fugace pensiero. 

“Non sapevo fosse così sadico. So che a sedici anni aveva escogitato un numero inutile di torture nei miei confronti, ma… Oh!

Si alzò d’improvviso, schizzando un po’ di acqua tutto intorno. Un’epifania.

“Allora forse è questo che significa vero amore!? Ti ama così tanto che ti augura ogni disgrazia, se fosse almeno utile a farti stare bene!” Ci ragionò su un attimo, picchiettandosi il mento con un dito. “Potrebbe essere il motivo per cui mi augura sempre di morire?” 

Ango non si mosse di un millimetro a quei discorsi insensati - come se fosse diventato un tutt’uno con l’altro lato della vasca. Strinse appena gli occhi neanche Dazai lo avesse pungolato con una forchetta in un fianco. In più, senza occhiali poteva solo immaginare l’espressione del compagno.

“È lavoro, devo farlo…”

“Ma tu ci credi nella vita dopo il lavoro?”

Ango aggrottò la fronte, guardandolo senza capire. Dazai non si spiegò, come suo solito. Raccolse un po’ della schiuma nella vasca e ci soffiò sopra, per poi liberarsi del residuo e riscivolare nell’acqua calda. Urtò le gambe di Ango e cercarono una posizione più comoda, finché il detective non appoggiò un piede fuori, sul bordo.

“Qual è l’ultimo libro che hai letto?”

Ango emise un verso sofferto, piegando la testa di lato. Questo lo fece sentire davvero misero.

“Potresti fregarne uno di poesie alla Lumaca, se ti possono interessare i poeti maledetti. Oppure aiutarmi a capire dove Odasaku tiene i suoi appunti segreti. Voglio sapere la trama del libro che sta scrivendo.”

“Non potresti consigliarmi qualcosa da comprare?” invece di coinvolgermi in qualche illecito, omise.

“Dove starebbe il divertimento?” Dazai gli lesse nella mente con la facilità con cui avrebbe aperto una porta. 

Con le dita Ango si massaggiò gli occhi. Sprimacciò le palpebre con il bisogno di mitigare la stanchezza. Anche se il bagno caldo era rilassante, non riusciva a lasciarsi andare.

Quando tornò a fissare davanti a sé, trasalì. Dazai si era spostato - possibile che anche in mezzo all’acqua riuscisse a essere tanto silenzioso? O era lui a essere totalmente tra le nuvole? - e ora era ad appena qualche centimetro da lui.

Il detective non gli diede tempo di dire nulla che gli lasciò un bacio sulle labbra.

Ne seguì un altro. E un altro ancora e a ognuno Ango sentì un nodo venire meno.

L’acqua sciabordò contro i bordi, finendo anche fuori, quando si risistemarono l’uno contro l’altro. Anche immerso quasi del tutto nella vasca, Dazai riusciva ad apparire come un gatto, riempiendo uno spazio senza occuparlo davvero e dando l’idea di fare le fusa. Quando lasciò andare la bocca dell’agente del governo si leccò le labbra, con espressione soddisfatta.

“Meglio?”

Se qualcuno, più di quattro anni prima, avesse avvertito Ango che la sua vita sarebbe stata stravolta e rivoltata e che si sarebbe trovato in quella situazione intima con un ex Dirigente della Port Mafia ora detective, un Dirigente attuale e un ex mafioso tuttofare che ora si divideva tra fare il detective occasionale e l’aspirante scrittore… faceva già ridere così. Ed era tutto capitato a lui - in senso buono…? - un’ex spia e agente del governo, probabilmente la categoria peggiore sommando le altre tre.

“Meglio” sospirò arreso all’emozione calda che Dazai gli aveva fatto scivolare dentro letteralmente a suon di baci.

“Allora… il pensiero di San Valentino ti pesa così tanto?”

Ango fissò Dazai come si guardava qualcosa in bilico e lo si pregava con tutte le forze di non cadere, ma risultò inutile. Era la costante sensazione che aveva con l’ex Dirigente e, ancora una volta, non era stato smentito. Guardò altrove.

“… non è qualcosa da me.”

“Non ti senti all’altezza di mangiare cioccolatini a forma di cuore e bere uno o due bicchieri di qualsiasi alcool comprerà la Lumaca?”

Messa in quel modo sembrava molto semplice.

“Non ne ho mai festeggiato uno” e si sentì sciocco ad averlo detto nell’esatto momento in cui Dazai ridacchiò.

“Escluso Chuuya, che ha ricevuto dei cioccolatini da presunte ammiratrici segrete…” e il suo sguardo era troppo candido per essere innocente. “Nessuno di noi l’ha mai neanche preso in considerazione credo. Ce lo vedi Odasaku a festeggiare San Valentino?”

Ango ci pensò un attimo.

“In realtà… sì. Con te.”

Si scambiarono un’occhiata. Dazai sbatté un paio di volte le palpebre come se non avesse realmente recepito le parole dell’ex spia. Ango si strinse leggermente nelle spalle.

“Be’ pensavo che, insomma, all’epoca della Port Mafia… voi due aveste già passato almeno un paio di San Valentino insieme. Davate quell’idea di… intimità.

Dazai ridacchiò di nuovo e si risistemò contro il bordo della vasca, guardando al soffitto.

“Sarebbe stato interessante…” Scosse la testa, come a liberarsi dell’idea sciocca, anche se rimase chiaramente appesa al bordo dei suoi pensieri. “Chissà se mi avrebbe preparato dei cioccolatini.”

“Credo che li avrebbe comprati. Più per questione di tempo.”

Ango rispose prima di rendersene davvero conto, seguendo quel filo di logica spicciola insieme a un piccolo sorrisetto all’idea.

“Avrebbe di certo cercato la cioccolateria migliore” continuò, spostandosi qualche ciocca umida dalla fronte. “Quelle che fanno anche dei bei pacchetti.”

“Sarebbe venuto a chiedere a te, uomo dell’intelligence, non credi?”

L’ex spia ci rifletté un attimo prima di annuire, troppo preso per soffermarsi sulla battuta.

“Penso che avrei stilato una lista di possibilità e alla fine gli avrei proposto la migliore tra le meno care.”

Dazai espose il labbro inferiore.

“Sempre troppo razionale.”

“Be’, anche se era nella Port Mafia il suo stipendio-”

“E perché per Domenica non segui proprio questa idea invece di farti prendere dal panico?”

Oh. Ango si sentì di nuovo uno stupido. Non aveva realizzato come quel giro di ipotesi riguardasse il suo essere restio sulla faccenda e un modo per dargli un esempio da seguire.

“Ma spero che al governo paghino abbastanza perché tu possa comprarci i cioccolatini più costosi” concluse Dazai schizzandolo con l’acqua ed esibendo un ghignetto. “Non vorrai darla vinta alla Lumaca che si presenterà solo con cose ultra lussuose per ricordarci che siamo degli scappati di casa.”

Quell’auto ironia rasserenò internamente Ango.

La vita era davvero insensata e imprevedibile, ma cercò di non pensarci finché riusciva a scaldargli il petto.

 

* * *

 

Da qualche tempo Ango stava scoprendo lati di sé che la sua mente non aveva mai preso in considerazione. Ed erano tutti aspetti che, a farne una lista, sarebbero razionalmente rientrati in Cose da non fare mai, assolutamente, piuttosto la morte

Questo per una serie di motivi che spaziavano da quella vergogna che non ti fa più incrociare lo sguardo di qualcuno, al semplice quanto radicato imbarazzo di compiere certe cose in luoghi totalmente inappropriati.

Eppure, Ango non sentiva di avere la fermezza per dare l’alt a se stesso. Se si fosse visto da fuori, si sarebbe biasimato e accusato senza remore, ma vivendo il momento… la scusa più blanda era attribuire quel tipo di frenesia e irragionevolezza al quadro generale. La vita gli aveva già mostrato cosa significasse perdere tutto, per poi restituirglielo. Ma questo non implicava che, dall’oggi al domani, sarebbe potuta succedere una seconda Mimic.

Quindi, quando le mani di Odasaku lo trovarono infilandosi sotto la giacca, dopo quasi un’ora passata a girovagare per librerie alla ricerca di qualcosa per ricominciare a leggere e di un paio di regali, Ango interiormente si sciolse come se non avesse aspettato altro.

Non parlarono, non subito. Ango appoggiò il libro che aveva in mano sulla prima pila disordinata che gli capitò - era una libreria vecchia, labirintica, ordinata senza senso logico, piena solo di usato e di storie da raccontare o, nel suo caso, da vedere tramite Discorso sulla decadenza. Inclinò il collo per lasciare spazio all’ex tutto fare e ricevere i suoi baci, la barba sfatta e ispida a pizzicargli la pelle.

“Dazai mi ha detto che stai cercando qualcosa di nuovo da leggere.”

Ango sospirò, lasciando fluire un gemito altrimenti rumoroso. Le dita di Odasaku stavano conquistando parti di lui senza impegno, accendendo un desiderio inappropriato - ma la vocina si spense con un altro bacio dietro l’orecchio.

“Hai… qualcosa da consigliarmi?”

Ma la mente del quasi-scrittore sembrava da tutt’altra parte e non giunse risposta, nonostante la conversazione l’avesse accennata lui. 

Voltò Ango e lo spinse, senza irruenza ma con decisione, contro la scaffalatura. Era inchiodata a terra e così stipata che neanche scricchiolò nel sostenere il loro peso. Le dita dell’ex spia, coperte dai guanti di pelle - una precauzione necessaria circondato com’era di ricordi impressi nei libri usati - si strinsero sulla camicia, mentre il resto di lui accoglieva quel fuori programma.

Sul serio, Ango si sarebbe auto denunciato se avesse dato retta alla ragione. Lasciò invece le redini all’istinto, alla voglia di sentire invece che di pensare. Avrebbero potuto essere beccati, ma in quel caso Odasaku lo avrebbe visto con cinque secondi di anticipo - sarebbe stata poi intenzione dell’ex tuttofare dare retta o meno a Flawless. Erano adulti da molto tempo - troppo tempo - ma in quel momento entrambi non davano l’idea di conoscere alcuna regola o pudore.

Abbandonarsi al piacere in una libreria doveva però essere uno di quei guilty pleasure che Ango non sapeva di avere. L’odore di Odasaku mischiato alla carta, all’idea della letteratura, dei manuali, della saggistica immobile lì ad accogliere i pochi e soffocati gemiti che si lasciavano sfuggire, era qualcosa che riempiva la parte di mente ancora cosciente dell’agente del governo.

Era come con Dazai, quelle rare volte che si incrociavano all’Agenzia di Detective e fatalmente l’infermeria era vuota; o come con Chuuya, quando irrompeva nel suo ufficio e la scrivania diventava l’unico sostegno a cui aggrapparsi. Luoghi e momenti del tutto inopportuni, sbagliati, sconvenienti in una misura tale che, a posteriori, era meglio non pensarci o sarebbe stato addirittura peggio - emozioni che correvano libere, arrossando guance e generando un calore poco utile più in basso.

Ango aveva fatto a meno di tutto quello per la sua intera esistenza, eppure l’impressione era quella di un albero che aveva aspettato troppo per donare i propri frutti e ora ci fosse solo abbondanza, tanto, troppa. Era strano, era probabilmente un comportamento in cui ricercarne cause, eppure l’ex spia riusciva solo ad addentare i doni insperati e lasciare che la polpa gli macchiasse anche i vestiti.

Perdere tutto ti cambia la vita.

Era banale quanto era una verità così semplice da non lasciare spazio a no, forse, ma.

Un tempo aveva vissuto quasi esclusivamente di bugie per far quadrare tutto. Era lavoro, era una missione. Il lato umano lo aveva colto alla sprovvista prima con una sequenza di graffi minimi, giustificabili, finché non era affondato un arpione. Lo squarcio era stato doloroso, era penetrato a fondo e aveva lasciato dei bordi frastagliati. Aveva perso Odasaku, Dazai e Chuuya in una sequenza tanto veloce quanto ricca di errori, sbagli, di se mai realizzati.

Con quale razionalità poteva affrontare il ritorno, negli anni a seguire, di tutto quel bagaglio emotivo? Come una valigia persa in aeroporto e inaspettatamente riconsegnata dopo anni, senza neanche un bigliettino di preavviso.

Ango l’aveva accettata senza pensarci due volte. Ci sarebbe potuta essere dentro una bomba, non gli era importato. Andava bene così. Andava bene chiudere gli occhi al buio, vagare alla cieca e, semplicemente, fidarsi.

Quando Odasaku li portò entrambi al piacere, lì contro la libreria stipata di romanzi, fiabe e biografie, lasciarono entrambi un’altra storia impressa nel silenzio e nella memoria. Forse qualcosa da raccontare, un giorno, sperando di essere ancora insieme.

In quel momento, tornando in loro, si concessero soltanto una breve risata e un sospiro nel districarsi, risistemarsi e salvare le apparenze al meglio.

“Hai trovato qualcosa da leggere?” sospirò Odasaku, passandosi una mano tra i capelli e guardandosi intorno come se fosse appena entrato.

“Non ancora…”

L’ex tuttofare accennò un piccolissimo sorriso, che per chi lo conosceva voleva dire molto.

“Meglio così. Il mio regalo di San Valentino non sarà un di più.”

Ango a volte si chiedeva come meritasse tutto quello che aveva. 

* * *
 

Domenica - e quindi San Valentino - arrivò in un battito di ciglia.

Per Ango fu come rivivere il giorno di un esame. L’ansia di non essere all’altezza, di impappinarsi davanti al professore, ricevere un voto poco soddisfacente. Appena varcò la soglia della suite deluxe affittata per l’occasione, Chuuya pensò bene di fargli passare subito il pensiero mettendogli in mano un calice di vino.

“Bevi e cerca di rilassarti. Qui l’unico a cui può succedere qualcosa di brutto e inevitabile è lo Sgombro.”

“Sempre carino nei miei confronti” borbottò Dazai, arrivando alle spalle di Chuuya e lasciando scivolare le braccia intorno al suo collo. “A me non lo hai offerto il vino e sono qui da prima!”

“Fottiti.”

“Di già?” e il detective cercò di afferrare il suo bicchiere, ma il Dirigente si oppose in tutte le maniere, finendo col mettere su un teatrino dei loro. 

Ango ebbe così il tempo di appoggiare la busta con le scatole di cioccolatini sul piano della cucina e dare poi una chance al vino. Non si stupì di come scivolò sulle sue papille gustative inondandolo di un sapore inebriante e sciogliendo quei nervi annodati stretti.

“Il piano della Lumaca è farti ubriacare prima del dessert, io ci andrei piano” scherzò Dazai, arrivandogli vicino e scrutando la busta che si era portato dietro. Era trasparente ma elegante, con stampato il nome della cioccolateria in oro e dentro si potevano scorgere tre scatole incartate finemente. Le guardò con uno sguardo indecifrabile, con una storia negli occhi mai raccontata. 

“La consiglieresti a Odasaku la prossima volta?”

Ango ricordò la conversazione nella vasca e comprese quell’occhiata dal sapore malinconico.

“Se le vendite del suo primo libro andranno bene non avrà problemi a comprarteli.”

Entrambi risero. Suonarono alla porta e Chuuya marciò verso l’uscio con un cipiglio contrito. Era Odasaku.

“Toglimi dalle scatole lo Sgombro o giuro che lo butto di sotto” minacciò il Dirigente come saluto. Nonostante questo, Odasaku si chinò a dargli un bacio mentre entrava e Chuuya diede l’impressione di calmarsi subito - e anche arrossire leggermente. 

La loro dinamica era probabilmente la più particolare, quella che lasciava sempre sia Ango sia Dazai incuriositi. Pareva di vedere un domatore di tigri alle prese con un cucciolo particolarmente riottoso e messo all’angolo a soffiare. Ma, come tutti avevano sperimentato almeno una volta, la calma e le mani di Odasaku sapevano risolvere ogni situazione.

“Ho portato il dolce” disse quando si staccò, come se non fosse successo nulla, alzando una delle buste che aveva con sé. Ma quella che attirò di più l’attenzione fu la seconda, piena di pacchetti regalo. Fu Dazai il primo ad avvicinarsi, già ridacchiante.

“È San Valentino, non Natale.”

“Non riuscivo a decidermi.” L’ex tuttofare aggrottò la fronte, fissando lui stesso la busta. “È la prima volta che lo festeggio.”

In maniera forse sciocca, Ango si sentì meno sulle spine dopo quella confessione. Bevve il resto del vino e trovò lo spirito per avvicinarsi.

“Cosa prevede il programma? Scendiamo a cena al ristorante?”

Erano nell’hotel più lussuoso di Tokyo - era inutile soffermarsi sull’ovvietà che fosse la Port Mafia a pagare quella serata, visto che aveva organizzato tutto Chuuya - e sarebbe stato uno spreco non approfittare dello chef stellato per cui era ulteriormente famosa la struttura. Il vino doveva avergli messo un certo coraggio per farlo pensare così a ruota libera.

Chuuya stirò un sorrisetto molto vicino a essere un ghigno.

“Perché mescolarsi alla plebaglia quando possiamo avere il servizio in camera senza venire disturbati. Se dovessi per sbaglio ammazzare Dazai avrei pochi testimoni di cui occuparmi.”

“Odasaku, difendimi tu!” e il detective finse di svenire tra le braccia dello scrittore, che lo afferrò nonostante le mani ancora impegnate a tenere le buste.

Ango si concesse di stirare le labbra e lasciarsi trascinare dalla situazione allegra.

Era il suo primo San Valentino e ci era arrivato facendosi una serie di paranoie inutili perché sarebbe stata una serata come un’altra in compagnia delle persone su cui si reggeva il suo mondo. Cioccolatini, vino, regali, piani a parte, poteva solo rilassarsi, lasciarsi andare e godersela.



 

---

Ehilà, è da un po’ che non bazzico da queste parti. 

L’ultimo capitolo di BSD mi ha risvegliata un po’ e ho cacciato questa storiella che non avevo ancora pubblicato qui. Spero che allieti un po’ questo inizio Agosto =) 

Per chiacchiere o per seguire quello su cui scribacchio mi trovate sul canale telegram, instragram e twitter sotto il nick enerimess

Alla prossima ~

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Eneri_Mess