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Autore: EmmaJTurner    11/08/2023    6 recensioni
Anja, botanica che sopravvive con la sua arte raccogliendo e vendendo erbe ai clienti più disparati nella regione fantastica di Zolden, stavolta ha scelto una missione pericolosa: raccogliere fiori di sambuco durante la luna piena. Anja assume quindi Riven, di professione ammazzamostri, per proteggerla dai licantropi.
Anja e Riven, all’inizio concentrati nel loro quieto vagabondare in splendidi boschi traboccanti di specie botaniche e creature fatate, capiranno presto di condividere un raro legale di sangue che per il loro bene - e quello di tutti - deve essere spezzato.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Achillea

“Senti che ti stai guadagnando la paga, ammazzamostri?”

Anja sorrise tra sé nel sentire Riven sbuffare e imprecare sottovoce. Ci fu uno sbattere d’ali e un orrendo rumore di carne tranciata.

Anja saggiò la parete di roccia a cui era appesa in precario equilibrio. Non avrebbe detto a Riven che aveva scelto quel dungeon esclusivamente per valutare il suo potenziale sul campo. Non che il rosperonte non fosse stata una prova sufficiente, ma Anja preferiva essere certa che non si fosse trattato di uno sfacciato colpo di fortuna.

E il primo livello del dungeon di Lavik, gremito di chiropti rossi, faceva al caso suo. Che poi fosse anche pieno di agaricus rosa delle grotte, piccoli funghi eduli fondamentali per la creazione del famoso unguento, era solo un piacevole plus.

Un fendente mosse l’aria nel buio. Un tonfo. “Comincio a pensare che avrei dovuto contrattare il salario” borbottò Riven tra i denti. 

“Per due pipistrelli…” lo stuzzicò lei, frugando tra gli interstizi delle rocce sopra la sua testa. Trovò i funghi che cercava; li colse con delicatezza e li infilò nello zaino che teneva legato alle spalle.

Con un frullio di ali e uno strepito, Anja sentì un’altra bestia cadere sotto la spada di Riven. Si disse che poteva considerarsi soddisfatta. Nessun mostro volante e non era riuscito ad avvicinarsi a lei.

“Ho finito” annunciò la ragazza, lo zaino pieno e pesante sulla sua schiena; scese dalla parete di roccia e balzò a terra. Il pavimento della grotta era ricoperto di cadaveri di creature rosse con ali di pipistrello e grossi musi da zanzara. Anja li saltò via e si diresse verso l’uscita dal dungeon.

Una volta fuori, nel bosco, Riven si mise a pulire la spada. Aveva schizzi di sangue sul viso e sulla camicia, in netto contrasto con il chiarore della sua pelle e il grigio argento dei capelli.

Anja pensò che quell’aspetto impetuoso gli donava. Soffocò quel pensiero con forza e cercò con sguardo una roccia che poteva fare al caso suo. Vi si abbarbicò sopra e studiò il suo bottino di funghi rosa. Non male, non male. Canticchiando, estrasse un coltello da erbe e si mise a curare i funghi.

“Merda”.

“Cosa?”.

“Mi sono tagliata”.

Riven le si avvicinò. “Mi stai dicendo che ho assassinato quattro generazioni di chiropti per proteggerti, e tu sei riuscita a farti male lo stesso?”.

Anja fece un colpo di tosse simile ad una risata. “Questo coltello fa schifo”.

“Usane uno che non fa schifo”.

“Quello che non fa schifo è rimasto dentro il cadavere di un rospo gigante”.

Entrambi osservarono in silenzio il sangue che scorreva cremisi dal suo pollice, imbrattando il coltello e il fungo rosa che aveva in mano.

“Fammi vedere” sospirò Riven, prendendole la mano ferita tra le sue. I guanti di pelle che indossava erano lisci e freddi al tocco.

Riven osservò la ferita per un lungo momento. Anja non disse niente, incerta su cosa lui volesse fare. Sembrava star combattendo una difficile battaglia interiore. Anja sentiva l’ombra del suo sguardo inquieto sul palmo della mano. 

Con un altro sospiro, Riven si tolse il guanto destro e, in un baluginio di anelli d’oro, posò le dita sulla ferita. Un brivido caldo risalì il braccio di Anja. I muscoli di tutto il corpo si distesero. 

Poi Riven mormorò una parola e Anja sobbalzò. Una scossa di energia le aveva attraversato la mano.

“Ma cos…”

Il taglio si era richiuso. 

“Oh. Oh”.

Riven si rinfilò il guanto.

Anja rigirò la mano e mosse le dite. Non sentiva più nulla. Era come se il taglio non ci fosse mai stato. “Questo che è una dote degna di nota!”  gli disse, sinceramente colpita.

Lui non rispose; fissava il bosco con espressione indecifrabile. Anja sentì di nuovo il morso della curiosità. Chi era quell’uomo?!

“Sai Riv, comincio a pensare che tu sia un tipo utile da avere attorno” buttò lì, cercando di provocare una risposta polposa.

“E io comincio a pensare di aver accettato questo incarico con troppa leggerezza, visto la mole di guai che sembri attrarre”.

Anja si inalberò. “Io non attraggo…” 

Riven fece un mezzo sorriso e la lasciò cianciare e insultarlo finché non fu esausta. 

***

Si rimisero in viaggio verso sud. Anja aveva decine di domande affastellate sulla lingua, ma si impedì di parlare ancora.

La mente continuava a tornarle a quella sensazione di calore lungo il braccio. Checché ne dicesse lui, quella non era magia da principianti.

Di sottecchi guardò Riven che cavalcava di fianco a lei. Aveva studiato da incantatore? Era forse… Anja scosse la testa, scacciando quei pensieri, e tornò a guardare davanti a sé. Non doveva importarle. La sua vita era sua. Avrebbe potuto essere un unicorno o una fata dei boschi, per quel che la riguardava.

Riven si accorse dei suoi pensieri tumultuosi e le lanciò un’occhiata. Anja sentì il suo sguardo bruciarle sul collo. Il nervosismo le scivolò via di dosso.

Aspetta un attimo. 

Questo non era normale. Si voltò verso Riven, che aveva già distolto lo sguardo. Ma la sensazione di calore e - leggerezza? - aleggiò ancora tra di loro. Anja aprì la bocca per parlare e la richiuse, non sapendo cosa chiedere.

Anja fece ruotare le rotelle del cervello. Più lo guardava e più c’era qualcosa di misterioso in lui che la attraeva con la forza di una cascata. 

Riven tossicchiò. Era chiaro che non apprezzava quello studio così intenso. 

Anja stava per dirgli che era cento per cento colpa sua e non avrebbe dovuto essere così maledettamente intrigante, quando fu Riven a parlare.

“La ragazza di ieri” iniziò Riven “al negozio. Cosa aveva in faccia?”.

Anja sbatté gli occhi. Non avrebbe potuto scegliere un argomento più desolante di quello. “È il marchio che portano i licantropi che vivono in comunità civili” spiegò. “Se una persona che ha subito un morso da un licantropo vuole continuare a vivere con la sua famiglia, bisogna mettere in pratica alcune accortezze. Primo, prendere regolarmente una pozione antilupo realizzata da un farmacista o da uno stregone - l’ampolla gialla che hai visto. Secondo, avere un luogo sicuro - una cantina, un grotta - in cui poter essere rinchiuso o rinchiusa al sicuro durante la luna piena”.

Anja sospirò. “Quella povera ragazza deve essere stata aggredita di recente: il segno che aveva era fresco. A volte sono perfino i parenti a marchiare le persone che amano. È per la sicurezza di tutti, capisci. Una tragedia, in realtà”.

Si chiuse in un silenzio dolente. Avrebbe voluto aggiungere qual era il vero motivo per cui stavano andando a rischiare la pelle, ma non osò. I fiori di sambuco raccolti durante la luna piena erano un ingrediente fondamentale della pozione antilupo, ma raccoglierli era pericoloso, il che li rendeva preziosissimi e ben pagati. Non molti osavano fare quello che lei tentava ogni mese da molti anni. Si fermò lì. I soldi. I soldi erano la sua forza propulsiva. Il fatto che, senza pozione, quei poveracci avrebbero sofferto le pene dell’inferno e attentato inconsapevoli alla vita dei loro cari, non la toccava. Non doveva toccarla. Anja soffocò vecchi ricordi e sospirò.

Riven non rispose né chiese altro. Cavalcarono in silenzio fino al loro alloggio per la notte.

***

“Ridimmi perché siamo qui”.

Anja, scollandosi i capelli sudati dalla fronte, rispose paziente: “Perché l’achillea raccolta al tempio di Leti è la migliore per realizzare unguenti cicatrizzanti e pozioni curative. E quindi me la pagheranno di più”.

“E perché questo tempio l’hanno fatto in cima a una dannata montagna?”.

“Ti avevo detto che potevi anche non venire. Non ci saranno mostri qui”.

Era una stupenda giornata di sole. I cavalli erano rimasti a valle a godersi il bel tempo e l’erba fresca; Anja e Riv erano invece abbarbicati sul sentiero sud della montagna, sentiero che somigliava ormai sempre di più a una ferrata con pendenza all’ottanta per cento.

Sentendo Riven imprecare per l’ennesima volta dietro di sé, Anja sorrise. Evidentemente, l’arrampicata non era tra le sue specialità.

“L’ideale sarebbe venire qui a raccogliere l’achillea allo zenit del solstizio d’estate” continuò lei, allegra “ma me la farò andare bene lo stesso. Tornerò più avanti”.

“Cioè, rifarai volontariamente questo…” seguirono imprecazioni varie “... di nuovo?”

Anja rise. Forse Riven non era divertente come quella mezza driade che aveva assunto l’anno prima, né sexy come il ranger che l’aveva accompagnata alla necropoli a Ostara, ma era simpatico. “Lo faccio almeno tre volte l’anno” rispose divertita.

Arrivarono in cima senza fiato e grondanti di sudore. Riven aveva finito le imprecazioni da almeno un’ora, decidendo saggiamente di razionare il fiato per riuscire a vedere la vetta. 

Dietro l’ultima sporgenza rocciosa, apparve il tempio. 

L’antico tempio di Leti era ormai solo un rettangolo di colonne spezzate dimenticato tra le rocce e le erbacce montane. Solo l’altare di marmo al centro del colonnato faceva intuire che ci si trovava in un ex terreno sacro. Al di là di esso, centinaia di metri sotto di loro, si estendeva l’intera valle di campi coltivati e colline verdeggianti; e all’orizzonte, stringendo un po’ gli occhi, si poteva vedere lo scintillio del mare. 

Come sempre, Anja pensò che la vista da lassù fosse pazzesca. 

Riven si lasciò cadere a terra, esausto, e osservò il panorama. 

Di ottimo umore, Anja si mise lesta al lavoro. 

L’achillea millefoglie è una pianta erbacea perenne dalle caratteristiche foglie frastagliate, con piccoli fiori bianchi disposti a ombrello e un profumo che ricorda la camomilla. Era utile come cicatrizzante per piccole ferite e, come aveva già spiegato a Riven con eccessivi dettagli, necessaria per fare delle decenti pozioni curative. Raccoglierla nel tempio di Leti, una dea pagana della salute ormai dimenticata, era funzionale per ottenere le piante con più potere magico. Non che Anja avesse la minima idea di come funzionasse la cosa, ma più di qualche stregone glielo aveva confermato e - soprattutto - era disposto a pagare un notevole sovrapprezzo.

Anja frugò tra le colonne bianche e trovò diverse piante al perfetto stadio di fioritura, che raccolse in mazzi ordinati e si legò alla cintura.

Una sensazione di quieto benessere la avvolse. Anja capì di essere osservata. Alzò lo sguardo verso Riven, ma lui aveva già rivolto gli occhi altrove. Ma stavolta Anja era pronta. “Sei mezzo sirena?” gli chiese, avvicinandosi con nonchalance.

Riven corrugò la fronte, ma mantenne lo sguardo davanti a sé. “Sirena? No. Come mai lo pensi?”.

“Quando mi guardi mi sento strana”.

Anja colse un’espressione di quieto panico attraversargli il viso. “Strana?”.

“Sì. Leggera. Una sensazione di positività, di benessere”.

Riven non rispose, la mascella serrata e lo sguardo fisso nel blu del cielo.

“È ok se non vuoi dirmelo” continuò Anja, fingendo di non stare bruciando di curiosità. “Non è un problema”.

Anja si chinò a raccogliere l’achillea poco più in là.

“Potrebbe essere… un problema” buttò lì lui dopo un po’. C’era un’espressione ambigua sul suo viso.

Anja rise. “Pensi che non abbia valutato il rischio? L’ho fatto. E ti ho già assunto”.

Riven non rispose, quindi Anja continuò. “La mia vita è piena di rischi. Si tratta solo di scegliere bene quali vale la pena prendere” annunciò, pomposa.

Fu un divertente scherzo del destino che Anja scelse proprio quel momento per mettere un piede in fallo e rotolare giù da un versante della montagna. 

“Ma che…? Anja!”.

Una decina di metri più sotto, Anja si ritrovò incastrata in un cespuglio di rosa canina, confusa ma perlopiù indenne. 

Riven scese veloce dal dirupo e le tese una mano guantata. Anja registrò distrattamente la facilità con cui lui la tirò fuori, come se fosse senza peso; archiviò questa informazione per analisi successive. 

“Quando si parla di scegliere bene i propri rischi” rimbrottò lui, facendole strada di nuovo verso il tempio. Arrivati in cima, lui si voltò ad analizzare i danni. Corrugò la fronte. “Sei ferita”.

Non era una domanda. Anja era conscia di un vago bruciore sulla fronte e sulle braccia, ma sotto lo sguardo di Riven le pareva che tutto fosse ok. Si toccò la testa e si osservò le dita macchiate di sangue.

“Ah, non è niente, e solo un taglio superfic- wowowow che stai facendo?”.

Riven l’aveva afferrata per una spalla e la stava guardando negli occhi. Una sensazione di calda fascinazione l’avvolse, l’udito divenne ovattato, la svista sbiadì e sfarfallò intorno ai contorni di Riven. Vedeva solo lui e i suoi occhi. Erano verde chiaro, notò.

“Che-che mi stai facendo?” riuscì ad articolare.

“Mettiti calma” le ordinò. 

Riven si tolse i guanti e le sfiorò con la punta delle dita la ferita sulla fronte. Dove la toccava, Anja sentiva la pelle calda e elettrica. Una sensazione di benessere diffuso la fece rilassare. Sbatté le palpebre a rallentatore.

“Qualunque cosa sia, non smettere” sorrise, strafatta.

Riven bofonchiò qualcosa e continuò a sfiorare i tagli sulla fronte e sulle braccia. Dopo qualche minuto si ritenne soddisfatto e si allontanò di qualche passo. Distolse lo sguardo. La sensazione di pace scivolò via piano da Anja, che rimase con la pelle d’oca.

“Wow” sospirò Anja. “Che roba è? Come fai a farlo? Hai studiato da guaritore?”.

SIlenzio. 

“Bè, è stato fico. Mi sento molto meglio. Grazie”. 

Riven si infilò di nuovo i guanti. “Non è fico” mormorò “è… il problema”.

“Che intendi dire?”

Riven non rispose a quella domanda, né a quelle successive; e per quanto Anja si impegnò a essere pedante lungo tutta la discesa della montagna, da Riven non cavò un’altra parola.

Una volta arrivati a valle, silenziosi e carichi di achillea, si rimisero in viaggio verso sud. Anja si sentiva ancora incredibilmente bene. E se il signor mi-piace-fare-il-misterioso non voleva parlare con lei, poco male. Era soddisfatta del suo raccolto. 

E quella notte ci sarebbe stata la luna piena. 

   
 
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