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Autore: koopafreak    18/08/2023    1 recensioni
Troppa curiosità spinge l'uccellino nella rete. Se è stato un boo con un paio di scheletri nell'armadio a tesserla, sarà premura dello spettro accertarsi che non voli tanto lontano.
[Seguito de "Danse Macabre"]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Luigi, Nuovo personaggio, Re Boo
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando il cammino della combriccola di Mario e dell’immortale Farfabì si erano incrociati per la prima volta, la nimbi aveva mostrato l’atteggiamento di una giovincella capricciosa che tuttavia, nel momento in cui la sorte del mondo fu riposta nelle sue mani, rivelò infine una profonda nobiltà d’animo. In realtà Farfabì si comportava in maniera tanto puerile, nonostante secoli e secoli di esistenza nella dimensione spirituale, poiché i suoi gelosissimi genitori, i sempiterni custodi dei regni dell’Aldilà, non avevano fatto altro che trattarla come una bambina, viziandola senza riserve per tenerla appagata e al sicuro nelle rispettive dimore dei cieli e degli inferi.

Dopo il compimento dell’impresa per la salvezza universale, alla perpetua infanta fu concessa una breve visita fuori porta per avere un assaggio dell’esperienza mortale che lei, nata nimbi, mai aveva avuto prima. Granbì e Infernia strinsero dunque un accordo coi sovrani della Terra Oscura e del Regno dei Funghi: qualche ora di trastullo nel mondo terreno che l’adorata figlioletta aveva contribuito a preservare in cambio di una snellita alla lista dei precedenti criminali di Bowser, le cui furfanterie non erano trascorse inosservate dall’inflessibile regina spettrale. Farfabì celò l’aspetto di nimbi sotto spoglie umane e venne scortata dai tutori provvisori al parco dei divertimenti di Girasolandia che, con sollievo di questi ultimi, fu di estremo gradimento della bimba che rimase ammaliata dai colori e dalle luci delle giostre variegate, dalla musica disco emessa dagli altoparlanti e dai profumi e dai sapori delle leccornie in vendita nei chioschi.

Bowser e Peach cercarono di accontentare ogni richiesta, ciononostante, i capricci dell’ospite altezzosa non tardarono a susseguirsi implacabili fino a mettere a dura prova la pazienza di entrambi, ai quali non era reciprocato alcun riguardo da parte della monella, convinta di impugnare il coltello dalla parte del manico e di poter disporre di loro come fossero suoi galoppini personali.

Fu il Re Koopa, assai meno incline alla sopportazione e genitore navigato, a ristabilire la disciplina:

« Sono stanco di queste lagne continue, signorinella. Noi ti stiamo facendo un favore e non siamo al tuo servizio. Non hai ancora capito che né Peach né io, specialmente io, siamo agli ordini di chicchessia, ma che siamo qui per nostra scelta e perché i tuoi hanno insistito. Per quanto mi riguarda, se godere di un misero sconticino sulla mia fedina penale vuol dire dover reggere oltre una ragazzina ingrata e insoffribile come te, preferisco portarmi tutte le colpe che ho commesso nella tomba. Una in più o in meno non mi cambia certo l'esistenza ».

Da lì in avanti la convivenza divenne decisamente più piacevole, sino al momento del saluto che avvenne con mutuo affetto (sebbene Bowser non lo avrebbe mai ammesso apertamente).

Le parole del drago si rivelarono tanto severe quanto provvidenziali e quell’evento divenne una pietra miliare nella crescita di Farfabì, che prese consapevolezza della propria condotta e che si convinse così a porre rimedio da sola a ciò che i genitori avrebbero dovuto correggerle, accecati dall’amore verso di lei per imporsi: doveva assolutamente migliorarsi, sia per la dignità sua che per quella dei sudditi che lei doveva rappresentare. Il tempo delle favole e di fantomatici principi azzurri era ufficialmente finito.

Se non fosse stata per quella memorabile giornata insieme ai sovrani Toadstool Koopa, Farfabì sarebbe rimasta chissà quanto a lungo ancora incastrata nel circolo vizioso alimentato da suo padre e sua madre, dalla loro ottusità nel vederla come un eterno pulcino. Nessuno dei due, per esempio, aveva dato la necessaria importanza alla sua scolarizzazione: quando avevano provato ad affiancarle maestri illustri, secoli addietro, la loro volontà si era subito piegata di fronte alle proteste di una ragazzina annoiata e incosciente che ancora non comprendeva il valore dell’istruzione. Non potevano fare a meno di assecondarla in tutto, persino negli sbagli. Era l’unico modo che conoscevano per dimostrarle che le volevano bene.

Al rientro dell’infanta nel regno dei cieli, i luminari snobbati erano stati da lei braccati uno a uno, placcati al volo e supplicati di riprenderla come allieva. Il perdono di molti se lo era dovuto conquistare, studiando da sola tomi su tomi nella Biblioteca Celeste per superare prove di ingresso al fine di convincerli di esser degna del privilegio delle loro lezioni, mentre altri, più indulgenti, avevano accolto con gioia la trasformazione della principessa. Quanto più Farfabì studiava e imparava, tanto più aumentava il suo interesse per ciò che ancora non conosceva. Iniziò dalle artes liberales (Filosofia, Grammatica, Dialettica, Retorica, Aritmetica, Geometria, Musica e Astronomia) e poi spaziò su altre discipline come Storia, Geografia, Scienze Naturali, Arte, Poesia e Letteratura. I nimbi non avevano necessità di riposare o rifocillarsi, quindi la principessa trascorreva ininterrottamente giorni, settimane, mesi su libri e manuali e alternando tra i suoi maestri, sostentata dal desiderio di recuperare il tempo perduto e di riscattarsi.

Il vetusto Granbì e l’austera Infernia non avevano idea della scintilla che aveva innescato un cambiamento di tale entità nella figlia diletta, ma lungi da entrambi distoglierla dal suo percorso di edificazione per porle la domanda. Certo era che, considerato un risultato tanto eccezionale dopo quello che doveva essere un banale viaggio di piacere, il nome di Bowser Koopa era ufficialmente cancellato dall’elenco di malfattori destinati agli orrendi domini del Mondodigiù. Per Infernia fu più facile chiudere un occhio sul protocollo per la prima occasione in milioni di anni grazie anche al notevole contributo di Peach, attivamente impegnata nella missione di redenzione del monarca della Terra Oscura.

Farfabì rivoluzionò l’approccio anche coi sudditi che la circondavano, parlandoci e ascoltando le loro storie: a volte liete, a volte tristi, altre addirittura orribili. Qualsiasi anima le chiedeva udienza, pia o dannata, Farfabì la accoglieva a cuore aperto e i loro racconti pizzicavano le corde della sua sensibilità.

In una manciata di anni una vera principessa sbocciò dalla crisalide di bimba: gentile, umile e benvoluta in egual misura da nimbi e d-moni, avendo abbandonato le cattive abitudini e affinato le virtù, tra queste l’interesse per l‘arte e la musica. Le sembianze di Farfabì erano una proiezione della sua maturità interiore e, se prima la nimbi si era presentata come un’adolescente che secoli di trattamento soffocante e premuroso da parte dei genitori avevano represso allo stadio infantile, ora aveva le fattezze di una giovane donna.

Pur essendo fortemente attratta dal mondo terreno, Farfabì doveva attenersi alle regole primordiali tra mortali e spiriti e limitarsi al ruolo di semplice osservatrice dall’interno dei confini dei regni dell’oltretomba. Un giorno però, preda di una nostalgia stuzzicata dai ricordi, la perpetua approfittò di un momento di distrazione dei sovrani divini, costantemente indaffarati a ricevere nuove anime: varcò in punta di piedi i cancelli eterei e fece ritorno al castello di un certo drago per rendere omaggio a due vecchie conoscenze.

Quando le sentinelle informarono Ludwig che una donna misteriosa era inspiegabilmente riuscita a superare la sorveglianza senza esser intercettata per bussare indisturbata alle porte della fortezza, un fulmine a ciel sereno spezzò la monotonia ripetitiva del principe. Si allontanò dalle scartoffie per andare a verificare di persona e, effettivamente, a ricambiare il suo sguardo con pari perplessità c’era proprio una damigella all’entrata della lugubre dimora. Portava un vestito candido fino alle caviglie e i capelli chiarissimi morbidamente annodati sulla nuca. La pelle rosea sembrava splendere sotto i raggi del sole di quella giornata insolitamente luminosa nella Terra Oscura.

Sulle prime la nimbi, colta alla sprovvista dal volto estraneo, temette che il castello fosse passato di proprietà, perché il drago che le aveva risposto non era Bowser, né gli somigliava molto: era di stazza meno robusta, con una vistosa chioma blu, le basette e gli incisivi superiori che sporgevano leggermente insieme ai canini acuminati. Gli si presentò con timidezza come un’amica dei sovrani, conosciuti durante l’impresa della raccolta dei Cuori Puri per contrastare la profezia nefasta della fine del mondo, e domandò molto educatamente se fossero in casa.

« Posso sapere chi li sta cercando? ». La voce cavernosa e animale del koopa vibrò come un motore al minimo, esprimendo una calma che l’imprevedibilità dell’incontro non aveva intaccato, almeno in apparenza. Ludwig rammentava quanto i genitori avevano riferito a lui e ai fratelli di tale faccenda: il padre aveva l’abitudine di porre l’attenzione sui nemici contro cui aveva combattuto, mentre la madre sulle amicizie strette e in nessuno dei due elenchi era presente una descrizione che coincidesse col profilo della forestiera.

Farfabì tentennò. Non era certa che la sua esistenza fosse ancora un mistero per i mortali, ma la perpetua scelse di non correre il rischio e mantenere discrezione. Giammai dovesse circolar voce che un nimbi aveva calpestato il mondo terreno: i genitori non glielo avrebbero perdonato, sua madre nella maniera più assoluta. « Temo di non poterlo rivelare ». Chinò il capo con umiltà, giungendo le mani. « Non intendo recarvi offesa. Ho le mie ragioni, vi prego di credermi ». A dispetto dell’assurdità della situazione, l’interlocutore non si alterò.

« Posso sapere allora dove vi siete incontrati? » domandò questi, continuando a osservarla guardingo dietro le profonde iridi scure, come se tentasse di leggerle sotto la pelle

La fanciulla scosse la testa. « Non posso precisarlo, mi dispiace ».

Sebbene esteriormente il principe non lasciasse trapelare nulla, dentro di sé si stava arrovellando sull’identità della nuova arrivata, escludendo uno a uno i suoi sospetti. Non gli sembrava una minaccia: se ella desiderava entrare nel castello, avrebbe potuto farlo con la stessa facilità con cui aveva superato le decine di sentinelle e invece si era annunciata all’ingresso. Se aveva aiutato in qualche modo i genitori nella missione dei Cuori Puri, dove potevano essersi conosciuti? Dopo un ultimo sforzo di memoria, un nome affiorò alla mente del principe, quasi sbiadito in fondo alla lunga lista di personaggi. Altruista e valorosa, l’aveva descritta Mama Peach. Una vera peste, l’aveva inquadrata suo padre.

« Non intendo rubare loro troppo tempo, vorrei soltanto salutarli ». Provò a insistere in tono quasi di supplica l’insolita ospite. Il drago le parve tutt’altro che bendisposto, restandosene piantato e indifferente dall’altra parte del pesante portone ricoperto di borchie aguzze che ricordavano il carapace del proprietario.

« I sovrani Toadstool Koopa non sono qui » rivelò pacato Ludwig, leggendo la delusione sul viso della giovane. « Sono impegnati nel Regno di Sarasaland per tutta la settimana, a fini diplomatici ».

Farfabì si sentì così sciocca da non aver considerato prima di partire la possibilità che i suoi amici avrebbero avuto da fare altrove, avendo così nutrito aspettative dolorosamente disattese. « Porgo le mie scuse per avervi importunato » fece infine, mascherando con scarso successo la tristezza dietro un sorriso tremulo che non ingannò nessuno. « Riprenderò la mia strada, ora ». La voce le si incrinò e si passò lesta una mano sugli occhi per asciugare disperatamente le prime lacrime che d’impulso erano sgorgate, sentendosi ancor più sciocca per tale perdita di contegno. Avrebbe voluto così tanto riabbracciarli, persino il tartarugone bisbetico che proprio lui le aveva dato la spinta ad elevarsi (sebbene Farfabì non lo avrebbe mai ammesso apertamente).

Il principe non aveva dubbi ormai su chi lei fosse. « Perché non entrate? ».

Gli occhioni castani batterono con sorpresa, soffermandosi sul volto del koopa ignoto.

« Mai si rifiuterà ospitalità a chi ha aiutato la famiglia reale e, se mio padre e mia madre fossero presenti, di certo vorrebbero che siate trattata col massimo riguardo ». Ludwig si presentò, compiacendosi in segreto alla tenera vista del sorriso sollevato a cacciar via l’espressione incupita, e ricevette conferma che Bowser le aveva parlato di lui e dei fratelli. Considerate le origini di Farfabì, il primogenito Toadstool Koopa non si meravigliò che sino a quel preciso momento la giovane non aveva avuto idea con chi stesse parlando.

Al fine di ridurre l’interessante dislivello in altezza, il drago roteò lo scettro tra gli artigli e assunse sembianze umane con l’outfit che solitamente prediligeva: pantaloni neri e camicia con maniche arrotolate sui gomiti. Con un cenno elegante della mano, la invitò nella fortezza. La perpetua arrossì sbalordita, avvertendo un volo di farfalle agitarsi nello stomaco di fronte allo charme del principe, al fisico piacente, alle maniere squisite. Lusingata e impreparata dinnanzi a cotanta galanteria, cercò di recuperare l’autocontrollo, drizzò le spalle e si sforzò di corrispondere lo sguardo serissimo del principe senza sciogliersi. La fanciulla accettò con un inchino cortese e Ludwig ebbe un fremito quando gli camminò accanto quasi sfiorandolo: emanava un profumo tenue e buonissimo di aria pura, erba fresca e di libri.

La accolse nella sua vita con naturalezza, come il primo raggio dell’alba che penetra discreto dalle imposte. Adorava ascoltarla e cercava continui spunti di dialogo per incoraggiarla a dischiudersi, un petalo alla volta, fino a che l’imbarazzo iniziale non si dissolse, sostituito da simpatia e calore. Gli esternò una sensibilità acutissima e delicata a ogni espressione di bellezza, di ordine e di ritmo e, come era prevedibile, essendo lei familiare anche con l’atroce Mondodigiù, le minacce della roccaforte la lasciarono impassibile. Il principe le aveva proposto un giro turistico per agevolare la conversazione e passeggiare su ponti sospesi sulla lava e la vista di twomp, categnacci, tartossi e altri brutti musi non la distrassero un istante dal dialogo.

Farfabì aveva così tanto da raccontare, non avendo affetti con cui confidarsi, pur rimanendo attenta a non toccare la sfera personale: libri che aveva letto, spettacoli che le sarebbe piaciuto guardare dal vivo, musiche che aveva ascoltato. « Mi rende felice cantare per i miei sudd… per i miei amici! » si corresse mordendosi la lingua. Capitava con crescente frequenza, quando discendeva nell’averno per portare sollievo a qualche anima tormentata, che frotte di dannati le si radunassero intorno pregandola almeno di una canzone, così da aiutarli a dimenticare per un po’ la loro miserevole condizione. Di tutti i maestri che l’avevano seguita, quelli di canto erano stati i più esigenti e bacchettoni, ma le lezioni estenuanti avevano dato ottimi frutti.

« Voi cantate? ». Ludwig era genuinamente interessato. Si arrestò lì dove erano giunti, al centro della gigantesca biblioteca, e la fissò negli occhi con un’intensità tale da farle tremare le ginocchia. « Se non sono troppo ardito, mi concedereste l’onore di un canto? ».

Sulle prime Farfabì fece la modesta, tuttavia acconsentì senza il bisogno di chiedere una seconda volta. La presenza avvenente del principe le causava uno stato di euforia tale da minarle la concentrazione e di conseguenza la qualità dell’esibizione, ma la giovane desiderava impressionarlo per ascoltare il dolce suono dei suoi complimenti. Quel pensiero le diede l’ispirazione sulla scelta del pezzo. Compì pochi passi indietro, trasse un lungo respiro di preparazione e poi intonò:

Il dolce suono mi colpì di sua voce!

Ah, quella voce m'è qui nel cor discesa

Edgardo, io ti son resa

Edgardo, ah, Edgardo mio!

Sì, ti son resa

Fuggita io son da' tuoi nemici

Ah, nemici

Un gelo mi serpeggia nel sen

Trema ogni fibra

Vacilla il piè

Presso la fonte meco t'assidi alquanto

Sì, presso tal fonte meco t'assidi

Si lasciò completamente trasportare dal sentimento del canto struggente e solo alla fine si rese conto di aver modulato gli ultimi versi con la sua vera voce di nimbi, utilizzata per comunicare nell’antica lingua del Mondodisù, l’enochiano. Si era tradita. « È arrivato per me il momento di andare ». Riassunse contegno, spaventata dalle ripercussioni di tale sconsideratezza. « Indicatemi l’uscita, per favore ».

Ludwig si riscosse dalla trance in cui la voce dell’ospite lo aveva indotto. Le ultime parole della famosa aria, distorte in un suono che corde vocali umane non avevano capacità di produrre, penetrante e sovrannaturale, gli scorrevano ancora dentro come se l'eco della voce di Farfabì si perpetuasse in vibrazioni lungo il sistema nervoso: il suono più melodioso e potente che il principe avesse mai udito prima. « Ho compreso chi foste ancor prima di farvi entrare » ammise sollevando una mano per invitarla a non cedere al panico. « Se temete che farò parola della vostra identità con qualcuno, sul mio nome prometto che rispetterò il vostro riserbo ».

« Devo comunque andare ». Farfabì notò da una finestra che i primi colori del tramonto stavano tingendo la cupola celeste: erano trascorse ore intere e lei non se n’era minimamente avveduta. Forse i genitori erano già in agguato ai cancelli eterei, furiosi e impazienti di imporle il castigo più lungo della storia. « Vi ringrazio per il tempo e per le gentili parole dedicatimi. E vi ringrazio per la vostra promessa ». Eseguì un piccolo inchino, trattenendo delicatamente la gonna candida con la punta delle dita. « Non lo dimenticherò ».

« Chiedo il permesso di poter approfondire la vostra conoscenza ». Ludwig espresse risoluto il desiderio che serbava ormai dall’intero pomeriggio. Gli occhi scuri brillarono con speranza e decisione.

La fanciulla ebbe un tuffo al cuore e, dopo attimi di muto sbigottimento, gli ricordò da dove lei provenisse.

« Non importa ». La determinazione del principe non si ridusse di un nanometro: se lui non poteva raggiungerla fisicamente, la musica avrebbe funto da ponte tra loro due, nell’attesa del ritorno di lei nella dimensione dei vivi.

Farfabì, allo stesso modo di tutti i nimbi, aveva la capacità di ascoltare le preghiere dei mortali, pertanto Ludwig avrebbe inviato i suoi componimenti fino agli estremi del Regno dei Cieli e degli Inferi. Sarebbe valsa la pena aspettarla settimane, mesi, o addirittura anni. Nel frattempo i tasti del pianoforte si sarebbero tramutati nelle corde del pensiero del principe e avrebbero dato voce all’affetto, alla nostalgia e alla passione.

La fanciulla non si lasciò certo abbindolare dall’ardire del rampollo Toadstool Koopa che magari credeva di poterla conquistare soltanto con le belle parole, seppur una parte di lei, la più fragile e romantica, che sin da bambina covava ostinata il sogno di incontrare un giorno il suo cavaliere, accolse la sfida.

Non passò molto tempo nel nebuloso Mondodisù che le prime note le solleticarono soffici le orecchie, come un sussurro, e l’esistenza della principessa cambiò irreversibilmente.

Se non scaturiva diretta dal cuore, una preghiera non giungeva all’udito celestiale dei nimbi. Ludwig riversava l’anima ammalata d’amore in ogni armonia rivolta alla sua musa. Più il tempo a separarli si dilatava e più intensi i messaggi del principe divenivano: la inebriavano di una letizia incontenibile che la faceva danzare come una ballerina, le infiammavano i sensi, la commuovevano sino a che le lacrime non le rigavano le guance, la chiamavano, la supplicavano.

Si vedevano di nascosto, senza regolarità e senza cedere all’impazienza, quando la perpetua poteva sgattaiolare via nell’assoluta certezza di non destare attenzioni pericolose. Lui la attendeva devoto e le dedicava spartiti su spartiti, abbandonandosi alla gioia più completa quando gli era finalmente concessa l’opportunità di stringerla a sé e di affondare il viso nei capelli candidi.

I genitori della nimbi non avrebbero mai approvato la relazione, poiché trasgrediva l’ordine naturale tra i loro mondi, perciò Farfabì fu costretta a mantenere il segreto e Ludwig fece altrettanto con la sua famiglia, nel timore che si sarebbe opposta in previsione delle ritorsioni da parte dei guardiani divini. Tuttavia, un’avventura così rischiosa non poteva continuare indisturbata tanto a lungo e, infine, i custodi del regno celeste e degli Inferi presero atto di cosa stava accadendo proprio sotto il loro naso.

Tentarono di porre termine alle evasioni della figlia, ma questa si ribellò con tutte le forze. Rassegnatisi che nulla avrebbe persuaso la loro bambina adorata a privarsi del suo principe, in barba alle regole universali, i sovrani perpetui convocarono al loro cospetto sia lo spasimante che i coniugi Toadstool Koopa per definire una soluzione.

La Regina Infernia propose quella più logica: « Ludwig dovrà rinunciare alla vita e raggiungere Farfabì nella dimensione dei defunti ».

La Regina Peach propose quella più umana: « Farfabì rimarrà nel mondo terreno fintanto che lo desidera e la famiglia Toadstool Koopa avrà cura di lei. Il segreto della sua identità non trapelerà al di fuori dei presenti. Inoltre Farfabì può adattare l’aspetto esteriore all’età che col tempo ci si aspetta che lei dimostri, così non nasceranno sospetti sulla sua vera natura ».

Granbì, compassionevole, acconsentì dinnanzi alle implorazioni della figlia, mentre la consorte non si contentò di una banale promessa ed esigette un giuramento dal diretto interessato: non appena si fosse venuto a sapere dell’identità di Farfabì, che un nimbi aveva lasciato la dimensione spirituale per camminare di nuovo tra i mortali, Infernia avrebbe trascinato il baldo Ludwig nelle sue lande di ombre e tormenti.

Bowser e Peach offrirono prontamente le loro anime in palio, terrorizzati di fronte al rischio di un simile destino per il figlio, ma quest’ultimo, il quale mai avrebbe permesso ai propri cari di pagare il prezzo delle scelte da lui compiute, aveva capito che, dietro tale minaccia, la temibile regina stava di fatto mettendo alla prova la sua volontà, pertanto accettò senza batter ciglio. Anche se fosse finito nell’avernale Mondodigiù, avrebbe sempre avuto Farfabì accanto.

A quelle parole anche l’irremovibile Infernia cedette e la giovane innamorata poté far ritorno felice dall’Aldilà in braccio al suo diletto.

Farfabì era rimasta profondamente colpita dai genitori di Ludwig, specie dalla madre adottiva, che non ci avevano pensato due volte a porre a repentaglio la loro salvezza eterna per proteggerlo e fu inghiottita dai sensi di colpa. Addolorata, chiese loro perdono per aver cagionato tanta pena e per non avere nulla da offrire in cambio della generosità riservatale. All’improvviso la sua risolutezza venne meno: si era appena infilata di prepotenza in un nucleo familiare la cui serenità era stata compromessa per il suo egoismo, costringendoli a convivere costantemente con la paura per l’incolumità di un figlio. Come se ciò non fosse abbastanza, Farfabì lo avrebbe derubato della possibilità di una discendenza, giacché i nimbi non possedevano l’onore di poter generare la vita.

Provò disprezzo per sé stessa. Avrebbe fatto meglio a rientrare nei domini dell’oltretomba, così da restituire a Ludwig la libertà di dimenticarla e di condurre un’esistenza senza il peso di un simile macigno. Cercò di liberarsi dall’abbraccio affettuoso del principe che, dopo aver ascoltato le ragioni per cui il viso del suo prezioso angelo si era improvvisamente rabbuiato, le depose un bacio tenero sulla fronte, lungo e confortante. Per Ludwig era lei la famiglia che questi desiderava e, dopo aver badato a ben sette fratelli più piccoli, non nutriva interesse a crescere anche dei figli.

La Regina Peach le garantì che fosse la benvenuta nella grande famiglia Toadstool Koopa che proprio Farfabì, grazie al suo sacrificio per il quale le erano eternamente debitori, aveva contribuito a preservare.

Per Re Bowser il figlio era grande abbastanza da scegliersi la sposa che il cuore gli comandava e, essendo i Koopa per indole amanti del rischio, il sovrano non era affatto stupito che Ludwig fosse andato a stuzzicare i suoceri più pericolosi su piazza.

Il patto suggellato quel giorno segnò una rinascita per l’immortale Farfabì, che stabilì di lasciarsi alle spalle il passato di nimbi e di ripartire da zero in forma umana, godendosi appieno la vita che le era stata negata in principio. Chiese a Ludwig di darle un nuovo nome che, da allora, le sarebbe appartenuto per sempre.

 

Nota d’autrice:

Non è la prima volta che decido di buttar giù qualche riga su Ludwig e le righe diventano paragrafi e i paragrafi diventano pagine. L’intenzione originaria era di fornire un veloce chiarimento sull’identità di Alba per poi passare ad altro ma, vista la lunghezza di questo excursus, ho preferito ritagliarlo in un capitolo a sé, così nel prossimo ci sarà più spazio per altri argomenti.

Grazie per aver letto fin qui :]

 

Lucia di Lammermoor [Atto III: Scena della Pazzia, "Il dolce suono”] di Gaetano Donizetti

Farfabì [Super Paper Mario] © Nintendo

Alba © koopafreak

  
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