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Autore: EmmaJTurner    21/08/2023    5 recensioni
Anja, botanica che sopravvive con la sua arte raccogliendo e vendendo erbe ai clienti più disparati nella regione fantastica di Zolden, stavolta ha scelto una missione pericolosa: raccogliere fiori di sambuco durante la luna piena. Anja assume quindi Riven, di professione ammazzamostri, per proteggerla dai licantropi.
Anja e Riven, all’inizio concentrati nel loro quieto vagabondare in splendidi boschi traboccanti di specie botaniche e creature fatate, capiranno presto di condividere un raro legale di sangue che per il loro bene - e quello di tutti - deve essere spezzato.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Stramonio

Camminarono e cavalcarono fino al tramontare del sole. Non era sicuro dormire nel bosco in quella zona, ma non avevano molta scelta. Almeno non era una notte di luna piena. 

Una volta legati i cavalli e preparati i giacigli, Anja si arrabattò per accendere il fuoco senza successo. Si voltò verso Riven, che si inginocchiò e soffiò sul mucchietto di rametti secchi. Dopo poco una fiammella vivace prese il sopravvento. “Comodo” commentò Anja. Riven sorrise, probabilmente ricordando l’ultima volta che, a ruoli invertiti, avevano acceso un fuoco. Era stato alla locanda all’incrocio? Pareva ieri e una vita fa.

Mangiarono e parlarono del più e del meno. Il fuoco scoppiettava allegro mentre il cielo si tingeva di blu. Anja, sdraiata con le braccia sotto le testa, riuscì a vedere le prime timide stelle sbucare tra le foglie dei faggi. La notte profumava di bosco e di funghi. 

Anja lanciò un’occhiata a Riven, seduto di fronte a lei dall’altra parte del falò. Fissava il fuoco; le fiamme danzavano sul suo viso immobile, gli occhi come tizzoni verdi nell’oscurità. 

“Sei preoccupato”.

Riven parve riemergere da un luogo lontano. Sbatté le palpebre e prese un profondo respiro. “Come?”.

“Sei preoccupato” ripeté Anja. 

Riven tornò a guardare le fiamme. “Credo che spezzare il legame sia una buona idea” disse infine. “Al momento, io non posso tornare a vivere la mia vita… senza di te. Sarebbe indicibilmente doloroso. Ma tu non sei un drago; non mi aspetto e non desidero che tu cambi nulla della tua, di vita. Ho invaso il tuo spazio solo perché hai proposto tu di assumermi, e all’epoca mi era parsa una buona idea. Ma non avevo valutato l’aspetto umano della cosa”.

“Che intendi?”.

“In questa forma, quello che provo è più difficile da controllare”.

Le parole rotolarono fuori dalla bocca di Anja prima che potesse mordersi la lingua. “Cosa provi?”.

Riven sembrò in dubbio, ma poi roteò gli occhi in un’espressione esasperata e la guardò. Al di là delle fiamme, i loro occhi si incontrarono. 

Anja all’inizio si sentì, come sempre, estremamente rilassata. Ma c’era dell’altro. Cominciò a sentire un gran caldo, e una lenta, controllata frenesia le inondò le vene. Il respiro le si fece rapido e irregolare. Un basso ronzio le obnubilò il cervello. Si sentì spaventata, tramortita… ammaliata.

Anja si lasciò scappare un singulto. “Questo… lo senti anche tu?”.

“Tutto il tempo”.

Dio”.

“Lo so”.

“Mi spiace”.

“Non è colpa tua”.

Riven abbassò lo sguardo. Anja, stravolta, si sentì ancora più motivata nella loro missione. “Spezzeremo questa… cosa impronunciabile. Il legame. Così sarai libero”.

Riven fece un sorriso a metà tra lo speranzoso e l’afflitto. “Penso davvero che sia la soluzione migliore per entrambi. La più sicura. Ma devo ammettere che mi spaventa l’idea di… perderti”.

Anja si sentì a disagio. Le dispiaceva per Riven, ovviamente. Che sfiga incredibile era essere assegnati come compagno di vita ad un individuo di un’altra specie? Era davvero un brutto tiro del destino, quello. Doveva aver fatto incazzare qualche divinità, in questa vita o nell’altra.

Riven si passò una mano sul viso. Anja intuì che stava combattendo una faticosa battaglia interiore.

L’uomo lasciò ricadere la mano e fece un respiro tremulo. “Posso solo, magari…?” le chiese, e allargò le braccia in un invito silenzioso. “Per allentare la tensione” si affrettò a specificare.

Anja sapeva che era un errore. Un errore epico. Ma come poteva rifiutare? Lo sguardo triste e perso di Riven era una forza gravitazionale ineluttabile. Per allentare la tensione, si disse Anja. Si alzò dal suo giaciglio e fece i tre passi che la separavano da Riven. Si sedette accanto a lui e, con delicatezza, si infilò tra le sue braccia, posando la testa sulla sua spalla. Lui sospirò come se gli fosse stato tolto un enorme peso dal petto, e la strinse a sé con un braccio. 

Stettero lì un po’ a godersi il calore l’uno dell’altra. Anja pensò che tutto sommato era piacevole. Lo scoppiettio delle braci, il profumo di legno bruciato, la frescura della notte montana. Si rilassò contro la spalla di Riven, mentre la mano di lui le accarezzava il braccio. Era per lui, si disse. Per placare il suo dolore. Per la sfiga cosmica del destino. Anja galleggiava in una bolla di calda beatitudine.

Lieta e inconsistente come una nuvola, Anja sorrise e alzò il viso verso di lui. I loro sguardi si incrociarono. E il mondo si frantumò in mille schegge di vetro. 

Cazzo.

Altro che rilassatezza, altro che leggerezza e luce. Sotto gli occhi verdi di Riven, così vicini, Anja si sentì fatta di lava infuocata. Un’eccitazione feroce la aggredì facendola gemere. Lo sguardo di Riven passò da spaventato, a sorpreso, a rovente, a affamato. Il cervello di Anja andò in cortocircuito. Voleva solo farsi prendere ripetutamente, qui e ora.

Si separarono ansimando. 

“È stata una brutta idea”.

“È stata una pessima idea”.

Si voltarono a fissare i lati opposti del bosco.

“E adesso?” chiese Anja. Il cuore le martellava nelle orecchie. Era tutta sudata.

La voce di Riven era a metà tra l’eccitazione e il panico. “Non ho soluzioni. Si può combattere o cedere, immagino”.

“Cedere sembra un’ottima opzione in questo momento”. Anja si stupì della smania della sua stessa voce.

“Dio, sono d’accordo” gemette Riven.

Lentamente, ansanti e dubbiosi, si voltarono di nuovo a guardarsi. Il falò languiva, un’ultima fiammella ad attendere la loro decisione. Anja si morse il labbro. Vide gli occhi di Riven saettare famelici sulla sua bocca.

“Oh, fanculo” disse, e si gettò su di lui. Il fuoco si spense in uno sbuffo di fumo.

***

Anja si svegliò in un bozzolo di lieto tepore. Era intrappolata tra le braccia di Riv con il viso contro il suo petto. Emanava un calore adorabile, e il suo cuore batteva stabile e lento, molto più lento di quello di un essere umano. Uscendo a fatica dal torpore, Anja si chiese che ora fosse. Il fuoco era spento da tempo, le braci fredde. 

Lui aprì gli occhi e la guardò. Lei arrossì nel vedere il pigro affetto che gli scaldava il viso; sapeva benissimo che c’era un’espressione analoga sulla sua faccia. 

Riven le baciò la fronte. Stettero così un’eternità, con lui che le accarezzava piano i capelli e la schiena. Anja pensò che quel singolo momento fosse il più bello della sua vita. Si sentiva al sicuro e in pace con il mondo come mai si era sentita prima. Per un rapido, egoista momento, desiderò che non finisse mai.

E perché doveva finire, poi…? Ah già: il sangue di drago, la predestinazione, la sfiga cosmica, pericolo mortale, eccetera. Anja ritrovò la lucidità e cercò di districarsi dall’abbraccio, ma un dolore noto la fece gemere.

“La ferita?” chiese Riven.

“Sì. Non brucia più ormai; tira solo un po’”.

Senza parlare, lui spostò la mano dalla sua schiena fino a sfiorarle la benda sopra il seno. Mormorò un incanto ormai conosciuto e un flusso fresco di piacere le invase il petto.

Anja pensò che avrebbe potuto morire felice così.

Si alzarono silenziosi e frastornati. Caricarono i loro effetti sui cavalli e fecero sparire i resti del falò. 

Da un lato, Anja era lieta che non avessero parlato di quello che era successo quella notte; dall’altro ora non desiderava altro che ributtarsi tra le sue braccia. 

No, Anja, no. Non ci pensare nemmeno. Ingoiò l’egoismo e spinse i talloni sui fianchi del cavallo, che si incamminò docile lungo il sentiero.

***

 

Orion Delacourt, sovrintendente della gilda dei maghi della regione, viveva in un cazzo di castello in cima ad una cazzo montagna. Anja si segnò di insultare Thalia per non averle specificato il dislivello di ottocento metri che separava la città di Alega dalla residenza “fuori mano” del mago.

Avevano dovuto lasciare i cavalli in una malga prima di inoltrarsi nel fitto susseguirsi di tornanti rocciosi che portavano alla vetta, dove i faggi avevano lasciato il posto a larici e abeti rossi sempre più radi.

Dopo due ore intense di sudore e imprecazioni, arrivarono ad un pianoro erboso. Tra la roccia e un piccolo lago tondo color zaffiro era incastonato un castello di pietra bianca, alto e sottile, come a sfidare i picchi innevati che si stagliavano in lontananza.

Quando si avvicinarono all’edificio, Anja notò a terra le foglie frastagliate e irregolari dello stramonio. Quei fiori bianchi a imbuto, ora chiusi - si aprivano solo di notte -, crescevano floridi nei campi incolti, ai margini delle strade, soprattutto in vicinanza dei luoghi carichi di energia magica, come i ritrovi del piccolo popolo, terreni consacrati e, non a caso, le case dei maghi. Conosciuto anche come “erba del diavolo” o “erba delle streghe”, lo stramonio è una pianta velenosa usata per omicidi e suicidi dalla notte dei tempi. Grazie alle sue proprietà narcotiche, sedative ed allucinogene viene utilizzato per stimolare preesistenti doti di chiaroveggenza e per rivelare incantesimi nascosti.

Dalla quantità di fiori di stramonio che cresceva attorno al castello, Anja non ebbe più dubbi. La magia di Orion Delacourt scorreva potente in quel luogo.

E si fece un appunto mentale di raccoglierne un po’ prima di andarsene, dopo aver risolto tutta quella faccenda.

Bussarono al pesante portone di legno. Nessuno rispose, ma il chiavistello brillò di azzurro e si aprì con un clunk. Anja e Riven si scambiarono un’occhiata e entrarono nel castello.
   
 
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