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Autore: TaliiaaJossy    26/08/2023    0 recensioni
2020, Venezia. Nina Antelmi è una giovane come tante altre reclusa in casa durante un'atroce pandemia. Immersa dalla noia e soprattutto dallo studio, si ritroverà trasportata indietro nel tempo per colpa di un vecchio libro di letteratura tedesca. Vienna, 1917. Un'atroce annata, a cui però riuscirà a scampare grazie all'aiuto di antichi parenti. In un lungo viaggio alla riscoperta di vecchi e ormai andati costumi, Nina troverà anche l'amore della sua vita. James.
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Vorrei soltanto sottolineare una cosa: è un'opera di fantasia. Già solo per la questione dei viaggi nel tempo non è ovviamente da prendere sul serio, soprattutto dal punto di vista storico. I fatti storici inseriti non saranno infatti specifici o accurati, ma non sarebbe comunque stata mia intenzione. Considerate queste paginette che inserirò come un piccolo svago, un piccolo mondo, non per forza vero. Non un rapporto di storia, ecco xD. Se state cercando opere storiche accurate, tipo veri romanzi storici, questo non credo sia ciò che fa per voi. Un saluto!
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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-Hai mai guidato in vita tua? –domandai curiosa a James, dopo essere saliti in macchina. Ero stranamente molto emozionata, non ero ancora stata davanti una di quelle auto d’epoca e vedere com’erano diverse da quelle odierne mi faceva ancora sbattere gli occhi dallo stupore.

-Sì, ho guidato anche parecchie volte-rispose guardandosi intorno con il cambio e gli specchietti. –Soltanto che le macchine erano un po’ diverse da questa.

-Diverse in che senso? Modelli meno avanzati?

Feci per mettermi la cintura, ma come non c’era nei sedili posteriori, non c’era in quelli davanti. Che sciocca.

-Sì, all’incirca.

Sentì la macchina accendersi e fare un forte borbottio. James rise.

-Cavoli, senti come canta. Direi che è proprio in forma.

-Herr Schubert non credo abbia badato a spese-dissi quando cominciammo a partire verso l’albergo. Cominciava a salirmi un po’ d’ansietta e per cosa potete immaginare.

-Non smetterò mai di essergli grato per questo. Sì, io ho già guidato, certo, però non erano macchine mie. Questa è proprio la prima che possiedo.

Sorrisi felice per lui.

-Quando saremo a Londra posso provare a fartela guidare. Non è poi così difficile, ci sono solo tre marce.  

Feci una smorfia: non avevo ancora imparato guidare e non credevo nemmeno che avrei mai dovuto farlo dato che anche dopo la scuola avrei di gran lunga preferito studiare a Venezia e, si sa, in quella città non si andava in giro in macchina. In compenso, però, avevo il brevetto nautico e ne andavo alquanto fiera.

-Mhmm, non credo che faccia per me. Non lo ho mai fatto, ma credo ugualmente di essere un’incapace.

-No, non dire così. Se non hai mai provato non puoi sapere se sei una frana, e poi tutti sanno guidare oggigiorno, persino i bambini se avessero le gambe più lunghe.

-Bè, allora semmai ne avessimo occasione ti farò vedere quanto non sono in grado. Vedrai con i tuoi occhi-risi, incrociando le braccia.

-Ed io sarò molto aperto a farti imparare. Paziente, molto paziente.

 

Arrivammo all’albergo chiamato ‘Der Schwan’, ovvero il cigno. Era un posto elegante, raffinato, doveva averlo scelto Frau Schubert. Era molto stile anni ’20 per quanto il periodo stesso non fosse nemmeno cominciato. Per una notte sarebbe stato più che apprezzato.

-Vieni-mi disse James prendendomi la mano. Dopo aver lasciato i bagagli nella hall, un facchino ce li avrebbe portati in camera, entrammo dentro un ampio ascensore assieme ad altri signori molto più anziani di noi.

-Oh, ma che belli, due giovani sposi-esclamò sorpresa la vecchietta assieme all’ipotetico marito. -Vi auguriamo tanta felicità.

-Grazie-sorridemmo entrambi.  

Non sapevo se da domani sarebbe cominciato ad esser strano sentirmi dare della moglie e vedere James come marito, in fin dei conti non avevo avuto ancora il tempo di metabolizzare il tutto. Supposi che mi ci sarebbe voluto più tempo per abituarmici. Per adesso, comunque, mi sarei accontentata di sposo e sposa. Anche quelli suonavano bene.

-Bene, questa dovrebbe essere la nostra stanza-disse James girando la chiave in una delle porte del terzo piano.

Ero alquanto curiosa dato che con me non avevo un telefono in mano e dunque non potevo cercare su internet e vedere come sarebbe stata la nostra stanza. Dio, quanto mi mancava il mio Iphone.

Dall’ingresso s’intravedeva subito un grande letto a baldacchino e anche un grande lampadario composto sia da candele che piccole lampadine. I colori della stanza erano molto caldi e accoglienti. Poco distante dalla toilette c’era addirittura una bottiglia di champagne.

-Non credo di averne molta voglia al momento-ribadì pensando a tutto il cibo che avevo mangiato e anche a un po’ di birra. Ma pensando all’ansia che ribolliva nello stomaco cambiai subito idea.

-Ripensandoci, sarebbe un peccato non festeggiare ancora un po’, non trovi? –afferrai la bottiglia congelandomi le mani. Cominciai a scartare il tappo, ma per qualche strano motivo le mani cominciarono a tremarmi. James si avvicinò.

-Aspetta, ti do una mano… Ehi, tutto bene? Tremi come una foglia. Hai freddo? –si preoccupò sfiorandomi le dita. Mi maledii subito per averglielo fatto notare.

-No, affatto. In realtà fa po’ caldo qui-spiegai cercando di apparire convincente. Allargai un po’ il collo del vestito, cominciava a punzecchiarmi. Mi andai a sedere sul letto nella speranza di darmi una calmata. Ero una causa persa.

James posò lentamente lo champagne nel cesto del ghiaccio. Con la stessa calma si avvicinò ai piedi del letto dov’ero seduta e mi s’inginocchiò di fronte, i suoi occhi azzurri dritti su di me. Ancora non mi capacitavo di quanto fossero belli quei due colori così intensi.

-Dunque è proprio vero che non sai mentire, Mrs. Sheffield.

Mi fece sorridere: a Mrs. Sheffield mi sarei abituata con inaspettata velocità.

-Non ti ho mentito, infatti. Freddo non ce l’ho.

-Allora perché tremi? –si fece serio, prendendomi gentilmente le mani. Perché avevo l’impressione che sapesse già la risposta alla sua domanda? Mi capiva fin troppo facilmente quel ragazzo.

Feci per mangiarmi le unghie, ma le mie dita erano strette tra le sue. Arrossì, non sapendo se parlargliene o meno.

-Beh, è che… sono un po’ nervosa, tutto qui. Adesso sappiamo entrambi cosa deve succedere, d’altronde ogni cosa si svolge come uno schema, no? Anche il nostro matrimonio lo è stato, solo che di sposarmi ero più che lieta, mentre adesso…

-Adesso non te la senti di fare ciò secondo alcuni dovremmo fare, è corretto? –mi sorrise leggermente.

Annuì, mordendomi il labbro.

-Però posso darmi una calmata, bevo un po’ di champagne e passa tutto, credimi. Non sono sempre così, non mi faccio sempre prendere dall’ansia. Solo che oggi tra il matrimonio e la cerimonia, i parenti e…

-Guardami e ascoltami attentamente, Nina-mi bloccò serio ed io obbedì. –Se stasera non te la senti, fine del discorso. Non c’è nemmeno da discuterne, è chiaro? Accadrà quando entrambi lo desidereremo, va bene? Non sono quel tipo di uomo e mai lo sarò.

Lo guardai colpita e… ancora più sicura della mia scelta riguardo al matrimonio. Una delle scelte migliori che potessi fare.

-Certo, se ti va di bere un po’ di champagne per me non c’è problema-ritornò più allegro.

-Cosa ho fatto per meritarmi una persona come te? -domandai persa nella sua incredibile comprensione.

-Potrei fare la stessa domanda.

-Direi che siamo stati fortunati-gli accarezzai i capelli biondi. Erano straordinariamente morbidi. Le mie mani non tremavano più.

-Io di più-concluse dandomi un bacio sulla fronte.

 

Dopo essermi data una veloce lavata nel piccolo, ma comunque raffinato bagno, rientrai nella stanza con addosso solo la camicia da notte che mi era abbastanza lunga. L’abito da sposa l’avevo appeso nella speranza che non si piegasse. Avevo fatto un po’ di fatica a togliermelo, però per evitare ulteriori imbarazzi con James decisi che era meglio fare da sola. Quando mi vide sembrò trasalire sul posto. Io arrossì: era proprio carino con addosso solo il pigiama a pezzo unico. Mi aveva sempre fatto ridere, eppure a lui non stava così male.

Senza dire nulla ci accomodammo insieme dentro il letto matrimoniale. La notte stranamente era fredda, dunque non mi lamentai affatto delle coperte aggiuntive che avevano lasciato.

-Posso? –mi chiese indicando il suo braccio sulle mie spalle. Annuì e appoggiai la testa sul suo petto. Sentire il suo respiro calmo e pacato fu sorprendemente rilassante.

-Sai-ripresi io dopo un timido silenzio-credo che tu sia l’uomo più rispettoso che abbia mai incontrato. E non lo dico per generalizzare sul vostro genere maschile, sì insomma non siete tutti dei casi umani come non lo siamo nemmeno noi donne-stavo per caso facendo discorsi troppo futuristici? Mi dovevo fermare? Non ci diedi peso sul momento-solo che qui a Vienna ho incontrato per la gran parte guardoni o allungatori di mani. Non so se mi spiego…

-Tutto ciò non mi sorprende affatto-continuò serio e un tantino imbronciato, incrociando le dita della sua mano libera con la mia. –Molti uomini non sanno proprio come ci si comporta di fronte ad una signorina e… in parte non li biasimo, con la tua bellezza ne avrai fatti impazzire molti.

-L’importante è far impazzire quelli giusti-ribattei dandogli un veloce bacio a stampo.

Avrei voluto parlare con lui tutta la notte, eppure ero così stanca che mi addormentai secca dopo nemmeno dieci minuti. Che ci potevo fare? Di solito ero una tipa più notturna, ma quella giornata era stata troppo particolare per non essere stanca. Insomma, mi ero sposata!

In compenso mi svegliai nel cuore della notte dopo aver avuto un incubo: dalla notte dei bombardamenti erano molto più frequenti di prima e non erano mai facile di sopportare, ma in silenzio mi ostinavo a lasciar correre.

Pensai di trovare James accanto a me, ma il braccio trovò solo un angolo vuoto e freddo. Alzai subito lo sguardo alla ricerca di mio marito e lo vidi intento a fumare dalla finestra spalancata. Mi sorpresi e non mi sorpresi allo stesso tempo: era strano che non lo avessi già beccato, ma non dovevo lamentarmi, all’epoca c’era più gente che fumava rispetto chi non fumava. Ero io la pazza a non farlo.

Mi alzai dal letto e guardai l’ora: le tre di notte.

-Ehi, non riesci a dormire? –mi avvicinai a James, che fece subito per spegnere la sigaretta. –Fermo, non ti preoccupare. Ormai mi ci sono abituata.

Lui lo fece ugualmente, dandomi una semplice occhiata colpevole. –Era da mesi che non ne fumavo una. Non so perché, ma… stasera ne ho sentito il bisogno.

-È perché non riesci a dormire? –domandai preoccupata.

Lo sentì scoccare la lingua sul palato, gli occhi azzurri improvvisamente tesi dritti sul cielo notturno. Immaginai dove stesse andando a parare.

-Te lo confesso, tanto prima o poi lo avresti scoperto. Da quando sono tornato dalla Francia, io… dormo sì e no tre ore a notte. E quando succede mi sembra di ritornare indietro… Mi sveglio di soprassalto tutto sudato, ogni tanto urlo… Non è proprio una bella visione-arrossì. –Sono contento di non averti svegliata, prima…

Mi sentì come se qualcuno mi avesse strizzato il cuore. Non avrebbe dovuto affatto vergognarsene, le atrocità che quei due occhi blu dovevano aver visto andavano oltre ogni mia immaginazione, anche se pure i miei ne avevano assistito in maniera più ridotta. Ma non si stava parlando di me al momento.

-E allora avresti dovuto svegliarmi tu! –alzai un filo la voce, ancora un po’ roca per via dell’ora tarda. Lui mi guardò confuso ed io gli puntai un dito contro il petto.

-Io ora sono tua moglie, la donna che ti porterai appresso per il resto della tua vita e anche se detta così suona male, non importa. Io sono qui per starti accanto, per sostenerti finché morte non ci separi! Ce lo siamo promesso qualche ora fa e già te lo sei scordato? Ascoltami, James, io non posso comprendere il dolore a cui sei andato in contro in Francia, mai lo saprò, tuttavia io sono qui, io ti sto accanto per qualsiasi cosa. È stata una mia scelta e se hai bisogno di conforto, io ci sono. Se me ne vorrai parlare pure, io sarò qui, pronta ad ascoltarti. Ma se osi ancora una volta vergognartene di fronte a me, bè… tua moglie potrebbe avere molto da ridire a riguardo-gli diedi un pizzicotto e lui gemette con aria divertita.

Mi accarezzò i fianchi e mi strinse a sé con gli occhi che sembravano sbrilluccicare sotto la luce della luna. Io continuai seria. –Bada a come parli di mio marito. La prossima volta non sarò così gentile.

Percepì un leggero calore crescermi in vita, sentendo le mani di James fare su e giù per i fianchi. Era eccitato, per caso? Forse la ero un po’ anch’io, i suoi occhi avevano fatto un radicale cambio nel corso della mia sgridata da perfetta donna di paese. Sorridevano come un pesce lesso ed io facevo fatica a comprendere.

-Guarda che sono seria!

-Oh, questo l’ho capito. E d’ora in poi non credo che contraddirò più mia moglie. Anzi, se permetti mi piacerebbe… compiacerti, farmi perdonare, sempre se per te non è un problema.

-E come, scusa? –incrociai le braccia con aria pensierosa, poi la lampadina della stupidità si accese. –Ah, ci sono arrivata adesso…

Mi rimisi in gioco, facendomi più maliziosa. L’ansia di prima sembrava essere completamente svanita. Era stata l’oscurità della notte a corrompere il mio animo puro ed innocente? Una frase del genere avrebbe fatto vomitare Herr Schubert, ma io non ero mai stata un’artista originale e mai la sarei stata.

Mi avvicinai e gli avvolsi le braccia intorno al collo.

-Come ha intenzione di farsi perdonare, Mr. Sheffield?

Mi baciò più appassionatamente del solito e percepì le labbra andarmi a fuoco. Baciava troppo bene.

Trasalì sorpresa: si staccò di colpo avvicinando ancora di più il mio bacino al suo. E, beh, a quanto pare avevo trovato il modo di risollevare il morale ad un soldato prossimo ad un disturbo post traumatico.

-Se vuoi che smetta basta che tu lo dica, okay? –mi guardò dritto negli occhi ed io annuì, anche se non capì subito bene le sue intenzioni.

Abbassò la testa fino ad accovacciarsi sopra di me, gemetti nel sentire le sue mani fredde tenermi le cosce al di sotto della veste. Poi salirono sempre più in alto e mi sfiorarono in punti che da sola avevo imparato a conoscere. Trasalì, comprendendo ogni sua maliziosa intenzione. Il resto del corpo lo percepì come in bilico, così mi appoggiai alla finestra e le mani sui suoi capelli biondi. Li strinsi, nella speranza però di non fargli male. Non parve lamentarsi.

Quasi ebbi il solletico sentendomi baciare e mordicchiare in modo quasi giocoso, per poco non abbozzai una timida risata, però il tutto si trasformò in una miriade di sensazioni decisamente più piacevoli, soprattutto nuove. Nessuno prima d’ora mi aveva toccata in quel modo: le gambe non erano abituate e presto si fecero molli come due caramelle. La lingua di James rendeva ogni singolo movimento lento ed estenuante, si godeva ogni istante in cui mi stringevo o mi facevo prendere da brevi spasmi, nella speranza che continuasse a seguire gli ordini dei gemiti che invano cercavo di trattenere.

Raggiunsi il culmine del piacere più in fretta di quando facevo da sola. Cavoli se era bravo…

Quando rividi i suoi occhi, ancora vogliosi ma anche soddisfatti, mi lanciai sulle sue braccia e lo baciai trattenendo un lungo respiro. Si era fatto caldo e vivo come mai, le mani dalle vene sporgenti che mi accarezzavano in continuazione. Gli sorrisi persa in quel blu immenso.

-Portami a letto.

Mi prese subito in braccio come la sposa che ero stata e che ero ancora. Ero pronta per tutto ciò che avevo sognato e niente al mondo avrebbe potuto rovinarmelo.

   
 
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