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Autore: VigilanzaCostante    30/08/2023    2 recensioni
Mary, Sirius, Remus. Una storia a tre voci in cui ognuno canta dal suo punto di vista. Deliberatamente ispirato al triangolo amoroso presente nell'album Folklore di Taylor Swift (August, Betty, Cardigan).
[Questa storia partecipa alla challenge "Il triangolo sì, Taylor l'aveva considerato" indetta sul Forum della Penna]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Uno, due, tre: le volte che mi hai perso

 
Ho resistito al tuo fascino per anni, e sono caduta in trappola un agosto soleggiato, raro per l’Inghilterra, e raro per noi. Aria salata, ruggine alla porta: hai bussato nella mia vita, per rimanerci solo una manciata di secondi.
«Sei sicura?» mi hai chiesto, spostandomi un ciuffo di capelli biondi da davanti alla fronte. Avrei voluto rigirarti la domanda, perchè eri nervoso come non ti avevo mai visto prima, come nessuno ti aveva mai visto prima: Sirius Black, irriverente, arrogante, pieno di sé. Eppure, ti stavi mangiucchiando l’unghia del pollice sinistro, e non riuscivi a guardarmi negli occhi.
Mi hai baciato, allora, forse perché volevi tacere il tuo senso di colpa; e io ti ho baciato forse per fare lo stesso. E mentre mi stringevi, mentre ti stringevo, ti sentivo scivolare via. Mi sono giusto bagnata le labbra con il tuo sapore, come un sorso di vino rosso troppo forte e inebriante per potercisi annegare.
Agosto avanzava e così i nostri incontri clandestini, ricordi la volta in cui sei passato a prendermi con la scopa dietro a quel centro commerciale babbano? Mi sono chiesta, nel momento in cui hai riso a una mia battuta sciocca, se a scuola mi avresti salutato. Se avresti tentato di sgattaiolare nel dormitorio femminile Grifondoro, se avresti chiesto a James e Peter di lasciarti in pace una sera o due.
Ma sapevo che la risposta era no. Perché il sorriso graffiato dalle cicatrici di Remus Lupin mi tormentava dietro alle palpebre socchiuse. Pensavi non lo sapessi, che il tuo segreto fosse al sicuro da ogni voce corridoio. Mi andava bene che lo credessi, perché mi vergognavo a farmi toccare da te pur sapendo che non saresti mai stato mio.

 

But I can see us lost in the memory
August slipped away into a moment in time
'Cause it was never mine
And I can see us twisted in bedsheets
August sipped away like a bottle of wine
'Cause you were never mine
'Cause you were never mine, never mine
 
Eri come vino sulle mie labbra carnose, sulle mie labbra da bambina, volevo assaggiarti e ti ho assaggiato: perché la fame d’amore è più pericolosa della paura, e mi bastava volerti per ricevere l’ubriaca illusione di essere amata.
 
 
 
☆☆☆


Il vociare dei ragazzi dentro all’Espresso di Hogwarts dà l’idea di un crescendo musicale. Inizialmente sono solo sussurri, per non disturbare i pochi adulti presenti nelle carrozze, poi però scappa qualche risata, aumenta il volume, qualcuno addirittura finisce a rincorrersi per il corridoio. Sento pronunciare il mio nome e quello di Mary, e un’ansia persistente mi stringe nella bocca dello stomaco. Remus, Remus, Remus. Incessante, rumoroso, il tuo nome mi frulla nella testa senza darmi tregua. Devo trovarti, Remus. Devo parlarti. Marlene ha spifferato tutto, non riesce mai a tenere la bocca chiusa e di solito nessuno dà retta ai suoi pettegolezzi – siamo tutti convinti che alcuni li inventi di sana pianta, soprattutto quelli sui professori. Eppure, tu ci hai creduto questa volta. Forse perché te lo sentivi nel petto, o forse perché è la verità: ho baciato Mary McDonald, l’ho toccata, stretta, chiudendo gli occhi e cercando di non notare la differenza. Mentre tu hai passato il mese di agosto a soffrire per la luna piena, a casa tua, senza nessuno dei tuoi amici perché non hai voluto che ci trasformassimo in Animagus fuori dai confini di Hogwarts. Remus, mi hai respinto, hai respinto il mio aiuto, ti sei chiuso in te stesso e a me cos’è restato da fare? Non è una scusa. Ma è quando mi sono sentito allontanato, che ti ho tradito.
Non state ufficialmente insieme mi sussurra una voce maligna, particolarmente simile a quella di mio fratello. Scaccio via quel pensiero, perché so che non significa niente. Ti ho promesso fedeltà, e ho ferito l’unica persona che non si merita altre cicatrici.
«Peter!» esclamo, notando il nostro amico tra la folla di studenti. «Hai visto Remus?».
Gli occhietti piccoli come spilli di Peter si fanno ancora più sottili, più tesi. Come se stesse attraversando un conflitto morale.
«Ti ha detto di non dirmelo, non è vero?».
«Sì» e mentre Peter guarda a destra e a sinistra, sperando che James arrivi a salvarlo, non mi arrendo. So di essere in grado di manipolare le persone – devi imparare a farlo, quando nasci grifone in un covo di serpi – e sono consapevole del ridicolo potere che ho sul più debole dei miei amici. Di solito odio sfruttarlo, ma…
«Dai Pete, lo capisco che glielo hai promesso, ma Remus ha bisogno di me adesso. Dobbiamo parlare. Non gli dirò che me l’hai detto tu, puoi fidarti di me come io mi fido di te, amico». Insisto ancora un po’, per riuscire a farlo capitombolare.
«È nell’ultimo scompartimento del treno, quello un po’ angusto che è quasi sempre libero».
 
Mi aprirai? Mi verrai a parlare? Oppure mi manderai a fanculo? I pensieri corrono più veloci di me, che improvvisamente indugio di fronte alla porta, il cuore a mille, le mani tremanti.
Busso, piano, poi un po’ più forte. Nessuno risponde, allora faccio scorrere la porta dello scompartimento tentando di non far rumore.
«Vai via» la tua voce è roca, rotta dal pianto. Stai guardando fuori dal finestrino e non accenni a girarti.
«Ti prego Lunastorta, perdonami» voglio quasi mettermi in ginocchio, afferrarti la gamba, accarezzarti il fianco. Girati, guardami in faccia, dimmi che mi odi o che mi ami a tal punto da perdonarmi.
«N- no» ma la tua voce si arrotola su se stessa, arrendendosi fievole al richiamo.
«Ho sbagliato. Sono stato uno stupido e probabilmente sarà uno dei rimpianti più grandi della mia vita» ma ho solo diciassette anni, e non so niente, niente, tranne che mi manchi.
«L’hai detto anche due anni fa con lo scherzo a Piton, eppure continui a ferirmi, Sirius».
Mi ritrovo – come inconsapevole dei miei stessi movimenti, comandato dalla memoria muscolare – davvero in ginocchio di fronte al tuo corpo gracile. Non so cosa rispondere, perché so che è vero: ti ho ferito. Sia due anni prima, sia adesso.
«S-scusami Remus» sospiro. «Io, io non so neanche come scusarmi, io mi sento solo tremendamente in colpa e voglio che tu sappia che non ha significato niente, niente».
E mentre lo dico ad alta voce, mi accorgo che è vero, per quanto sia orribile. Non ho provato niente mentre la baciavo, e non ho mai smesso, mai di pensare a te. Al modo in cui tu mi tocchi, al modo in cui tu mi stringi, alla tua risata soffice, alla tua passione trattenuta per paura che risulti troppo chiassosa.
La confessione ti fa finalmente volgere la testa verso di me, ma il tuo sguardo non è ferito, è di fuoco. È arrabbiato.
«E allora perché l’hai fatto? Perché hai fatto questo a me e a quella povera ragazza?».
Non lo so.
«Non lo so».
Non so niente.
«Non sai mai niente, vero Sirius?».
So che mi manchi.
«So… so che mi manchi. E lo sai anche tu» e mi aggrappo alla tua mano, la stringo, sperando che tu non la lasci andare. Non vedendomi così disperato. Così rotto.
«Lo so» sospiri di rimando, allontanandoti un po’ ma senza distogliere lo sguardo. Il cardigan grigio di tuo padre ti sta enorme, soprattutto sulle spalle e sui polsi, facendoti sembrare ancora più piccolo della tua età. Intravedo una nuova cicatrice e la accarezzo con il pollice, e mi sembra di sentirti tremare ancora sotto al mio tocco. Il “mi manchi anche tu” rimane sospeso nell’aria, ma più assordante di ogni parola che finora mi hai detto.
 
But if I just showed up at your party
Would you have me?
Would you want me?
Would you tell me to go fuck myself?
Or lead me to the garden?
In the garden would you trust me
If I told you it was just a summer thing?
I'm only seventeen, I don't know anything
But I know I miss you
 

 
☆☆☆
 
Ricordo con troppa ansia quell’agosto solitario. Ricordo la sensazione di paura che mi mordeva la bocca dello stomaco, la paura di essere sostituito – di non essere più abbastanza, di non poter essere amato, di doverti lasciare libero. Ricordo la convinzione di meritarmelo, di venir tradito, dato che mi sentivo un mostro.
Ora la Gazzetta del Profeta dice che il mostro sei tu. James, Lily, Peter, non ci sono più. Ci siamo solo te ed io – quindi solo io, perché a baciarti potrebbe essere un Dissennatore, e la tua anima non è più stretta tra le mie dita.
Ricordo quel giorno sul treno, il tuo sguardo terrorizzato all’idea di avermi ferito. Era stato un capriccio, ti era passata la voglia di novità ed eri in ginocchio davanti a me. E io te l’ho lasciato fare: ti ho lasciato piangere, urlare, pregare. E ti ho perdonato – come sembra sciocco e piccolo quel tradimento, in confronto a quello di adesso? Perché non riesco a odiarti, ora, come ti odiai allora?
Non sono stato io – è come se sentissi la tua voce sussurrarmelo e ho paura a crederci, ho paura a fidarmi di un’allucinazione. Sei stato tu, Sirius. Come con lo scherzo a Piton, come con Mary. Devi essere stato tu.
 
Quella volta mi hai detto che non sapevi niente, che eri solo un ragazzino. Penso che io allora sapessi tutto, molto più di adesso. Come può una persona sapere tutto a diciassette, e niente a ventuno? Gli adulti dicevano che non conoscevo nulla del mondo, ma io conoscevo te. Il modo in cui hai dipinto stelle intorno a ognuna delle mie cicatrici, il modo in cui mi hai raccolto dal pavimento come se fossi il cardigan vecchio di mio padre che nessuno vuole indossare. Nemmeno io, da quando non ci sei più tu. Nemmeno io mi voglio più indossare.
 
And when I felt like I was an old cardigan
Under someone's bed
You put me on and said I was your favorite
To kiss in cars and downtown bars
Was all we needed
You drew stars around my scars
But now I'm bleedin'






 
Nota dell'autrice:
Eccomi qua, nonostante la storia non mi soddisfi al 100%. Ma ogni scommessa è debito (ah non era così?) ed è agosto. Quando sono uscite le date del tour di Taylor mi sono detta "Se riesco a prendere i biglietti, scrivo una song-fic al mese", e questo è il primo mese e inizia il calendario dell'avvento in cui l'avvento è il concerto. Urlo solo al pensiero. Bene, oggi siamo il 30 agosto, quindi quale modo di concludere se non: august slipped away into a moment in time

'CAUSE IT WAS NEVER MIIIIIIIIIIIIIIIIIINE

 
   
 
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