La principessa
ed il guerriero
II. Confessioni
Osservare il
cielo era una delle attività preferite di Lena. Nel pieno
della notte quando
sapeva che tutta la casa era piombata nel sonno, le piaceva
sgattaiolare per i
corridoi di casa sua pur di arrivare al grande patio della sala.
Adorava stare
ore e ore ad osservare il cielo notturno, a contarne le stelle, sperare
che
qualche cometa passi per poter esprimere un desiderio, a far compagnia
alla
luna immobile nel cielo. Era una delle poche volte in cui riusciva a
far valere
i suoi numerosi studi in astronomia, ad applicare nozioni che sapeva
essere a
quel tempo indirizzate solo agli uomini. Eppure suo padre gliel'aveva
insegnate, e lei passava notti insonni ad additare le stelle ad una ad
una e
dirne il nome a bassa voce.
Ed anche se
quella notte solo per quella notte lei e la sua famiglia erano ospiti
presso il
palazzo dello shogun, Lena decise comunque di tentare.
Chiuse la
porta dietro di sé, sperando che non cigolasse.
non aveva intenzione di svegliare i suoi genitori i quali
dormivano
nella stanza attigua alla sua, perciò cerco di fare il minor
rumore possibile,
scegliendo addirittura di non indossare le scarpe. Perciò, a
piedi nudi, si
lasciò scivolare fino ai balconi esterni, i quali davano la
vista su un'intera
città e sull'acqua scintillante del fossato che li
circondava.
Si
appoggiò
sognante al parapetto, con gli occhi fissi sul firmamento, senza
rendersi conto
di una figura che la stava osservando.
Shin stava
passando di lì per puro caso. Non riusciva a dormire, come
ogni altra notte,
perciò decise che una passeggiata per raggiungere la quiete
e magari stancarsi
ulteriormente per sprofondare in un sonno privo di incubi fosse
d'obbligo. Era
appena uscito dalla sua camera quando aveva visto una figura esile e
sottile
sgattaiolare tra i corridoi. Pensando fosse un ladro o peggio ancora
una spia,
l'aveva inseguita, e solo dopo essere usciti all'aria aperta, l'erede
dei Tokugawa
riconobbe la chioma argentea che rifletteva sotto i raggi deboli della
luna.
Quando
l'aveva vista, quel pomeriggio, era rimasto sconvolto. Vladilena
Milizé
probabilmente non era la donna più bella che avesse mai
visto, eppure c'era
qualcosa di seducente nel modo in cui lo guardava,
nel modo in cui si muoveva, nella maniera con
cui conversava. Non vi era malizia, eppure il primo pensiero che gli
passò per
la testa era quello intrinseco alla speranza che non smettesse mai di
prestargli attenzioni. Occhi che sembravano pietre lunari per quanto
scintillavano, lucidi come i capelli che ondeggiavano ogni suo passo.
Il suo
essere lì soltanto, anche durante la cena, sembrava essere
quasi avere gli
stessi effetti di una calamita che lo attirava verso di sé
senza alcuna
possibilità di scappare.
L'erede
della casata più vicina a suo zio era talmente affascinante
e curiosa che mai
si era sentito così attratto da una donna. Certo avevo avuto
le sue avventure,
ma le sensazioni che aveva provato ad ogni incontro segreto non reggeva
neanche
il minimo confronto con i brividi che aveva provato ogni qualvolta che
lei
posava gli occhi su di lui.
Scoprire che
le piaceva scappare la notte per poter anche solo osservare le stelle,
una cosa
che poteva sembrare insignificante agli occhi degli altri, a lui invece
metteva
addosso un'attrazione impareggiabile. Da quello che aveva potuto
assumere
durante la la cena coi loro ospiti, Vladilena sembrava essere in cerca
di
conoscenza, e più di tutti aveva partecipato alla
discussione di strategie
militari che si era intavolata tra lui, suo zio e Vaclav
Milizé. Con profonda
ammirazione, si era reso conto che possedeva una mente acuta, elastica.
e
sembrava portata per la strategia e per la logica militare, gli
sembrò tutta
figlia di suo padre. Era intelligente, e parlare con lei era talmente
facile e
piacevole che sarebbe stato ore ad ascoltarla senza mai annoiarsi.
E lo faceva
anche in quel momento, mentre lei elencava sottovoce le stelle che
riusciva a
riconoscere. Ad un certo punto lei smise di parlare, e Shin,
corrucciato, non capì
immediatamente che cosa l'avesse fatta fermare. Osservo la sua
espressione, e
la vita impegnata a pensare mentre lo sguardo era fisso su una
costellazione in
particolare che lui conosceva molto bene.
«É la
costellazione della cintura di Orione, quella che state
osservato con tanta intensità.» La
aiutò uscendo dall'ombra,
facendola saltare sul posto per lo spavento. «Perdonatemi. Non
volevo spaventarvi,
ma passavo di qua per caso e vi ho vista.»
«Non
c'è niente da perdonarvi, Nouzen-sama. Anzi non dovrei
neanche essere qua.» Lena non
riusciva a smettere di
guardarlo dritto negli occhi. «Non riuscite a
dormire?»
«Possiamo dire
che non sono abbastanza stanco perché il mio
sonno sia tranquillo.» Il guerriero si
appoggiò al
parapetto a qualche centimetro di distanza da lei. Non riusciva proprio
a
starle troppo lontano, e per lui fu naturale come se fosse un'abitudine
piazzarsi a quei dieci centimetri di distanza, tanto che se avesse
voluto con
un passo sfiorarle il braccio con il suo. «E voi,
Milizé-sama? Anche voi fate
fatica a dormire?»
«Possiamo dire
che, benché vostro zio sia immensamente ricco,
il mio futon batte il suo.» Rispose
scherzando lei, e quando
vide che la sua battuta aveva provocato un leggero sorriso sulle labbra
di
Shin, il suo cuore manco letteralmente un battito. «Sapete, questa
è la mia prima volta nella capitale.»
«Davvero non
siete mai venuta in visita negli anni precedenti?»
«Mio padre non ha
voluto. All'epoca ero ancora troppo piccola
e avevo bisogno di essere educata dai maestri in maniera tale da
affrontare il
viaggio e l'incontro con lo shogun con le giuste conoscenze e con le
giuste
maniere. E diciamo anche che non ero così interessata a
lasciare casa mia.»
«E cosa facevate
a casa vostra?»
«Cosa faccio
tutt'ora, se vogliamo dirla tutta.» Lena sorrise
ripensando a quei momenti di pace e di
solitudine che a volte le mancavano. «Mi piace
moltissimo leggere
passeggiare nei dintorni dell'han, dedicarmi alla scrittura
e…»
«E?» Shin sembrava
davvero curioso di
sapere quale altra sorpresa quella donna gli riservava. «Avanti, non
siate timida. Non vi prenderò in giro.»
Lena
arrossì,
e volse lo sguardo a suo precedente obiettivo. «Adoro studiare.
Mi piace conoscere
cose nuove e comprenderne la logica, collegarle ad altre nozioni mi
piace tutto,
e soprattutto mi piace l'astronomia. Sapere che nell’universo
ci sono pianeti,
la luna, il sole, le stelle, tutte cose che sembrano così
vicine ma in realtà lontane
anni luce. Mi piace pensare che nelle stelle ci siano scritte storie
che gli
esseri umani non potranno mai capire né comprendere.» Lena
indicò la corona di Arianna. «Quella
è la corona boreale. La conoscete?»
«Non bene quanto
la cintura di Orione.» Shin rivolse un
sorrisetto. «Volete
illuminarmi, Vladilena-sama?»
«Solo Lena,
Nouzen-sama.»
«Allora solo Shin.
Direi che dopo queste confidenze possiamo
evitare le formalità no? D'altronde, abbiamo la stessa
età.»
«Avet-cioè,
hai 16 anni come me?» Lena era
sorpresa, si aspettava che
fosse più grande di lei di almeno due anni.
«Sì,
siamo coetanei.» Shin le si
avvicinò ancora di poco,
beandosi delle leggero profumo di violetta che sembrava accompagnarla
ad ogni
movimento. «Ma non
è questo il punto della nostra discussione. Ti va di
raccontarmi quale triste vicenda si si nasconde dietro quella
costellazione?»
«Con molto
piacere Shin.» Con un dito
Lena unì le stelle che
formavano la costellazione, soggetto del loro discorso. «La storia si
concentra perlopiù sulla mitologia, in
particolare gira attorno alle vicende e alle leggende la cui
protagonista è
Arianna. La prima riguarda il matrimonio tra Arianna e Dioniso, il
quale voleva
regalarle una corona come simbolo della loro Unione, che fece
realizzare da Efesto,
Dio dei vulcani e degli artigiani,
che
però Dioniso lancio nel cielo quando lei morì.»
«È
molto triste.»
affermò
Shin seguendo il
dito affusolato della giovane.
«È
vero ma quasi tutte le leggende mitologiche sono un po’
tristi. Una seconda leggenda racconta di Arianna figlia di minosse la
quale
offrì il proprio aiuto a un eroe Teseo che venne mandato nel
labirinto per
sconfiggere il Minotauro. Molti pensano che Teseo e Arianna si erano
innamorati, eppure quando lui la portò via la
abbandonò sull'isola di nasso
dove venne trovata da Dioniso che la sposò e le
regalò la corona, promettendole
di prendersi sempre cura di lei e di amarla.»
«Insomma alla
fine, si sposa ed è felice.»
«Sì,
ma un dio è eterno una vita umana non lo è mai.» Lena
sospirò. «A volte,
tendiamo a dimenticare
alcune differenze che però sono inequivocabili, di cui
scordarsene sarebbe un
terribile errore.»
«Sembra che parli
per esperienza.» Il tono della
giovane era talmente cupo da sembrare
sbagliato, se uscito dalla sue labbra. Un pensiero gli
balenò nella testa, e
l’ipotesi lo orripilò a tal punto
da
sentire la gelosia bloccargli la gola e le vie respiratorie. «Per caso si
tratta… di qualche giovane che ti interessava?
«Che mi
interessava, no. Nel villaggio in cui vivo non c'è una
singola persona che mi interessi su quell'ambito. Ma qua ad
Edo…» Lena lo
guardò con la coda dell’occhio, mordendosi il
labbro. «Forse potrei
aver trovato quella persona ma penso che siamo
piuttosto diversi e non credo che le differenze di rango si possono
colmare
così facilmente.» Gli stava
dicendo tra le righe che
le sarebbe piaciuto conoscerlo a fondo, e si domandò se Shin
avesse capito.
«Oh.»
La delusione
del ragazzo pesava tra di loro, ma lei non comprese il vero motivo per
cui
sembrava così afflitto. Temette che lui avesse sì
compreso, ma che aveva
intenzione di rifiutarla.
Tra loro
calò un velo di incomprensione, pesante tanto da soffocarli entrambi. Lena si
accomiatò
per prima, usando la scusa di essersi stancata e di aver bisogno di
riposare
per la mattina successiva, ma quando arrivò nella sua stanza
avvolta nel suo
futon, si lasciò andare alla lacrime amare.
Era quello
ciò che si sentiva quando si veniva rifiutate?
†
† † †
La mattina
dopo alzarsi fu una tortura. Lena si sentiva gli occhi così
gonfi e pieni di
lacrime ancora, e doveva davvero avere un brutto aspetto se Kurena ed
Anju
avevano lanciato un urlo nel vederla in quelle condizioni. Eppure lei
non
poteva farci niente: aveva pianto tutta la notte, per poi addormentarsi
per lo
sfinimento solo poche ore prima di doversi alzare. Non aveva alcuna
voglia di
incontrare lo shogun né di vedere suo nipote, e sperava in
qualche modo di
poter rifilare una scusa su una possibile malattia in maniera tale che
almeno
lei sua madre potessero recarsi alla loro residenza di Edo senza dover
pesare
sulle spalle dello shogun, mentre suo padre presentava la sua relazione.
Era nelle
sue stanze quando sentì bussare alla porta. Sentì
i passi leggeri di Anju
avvicinarsi all'entrata e parlottare con l'ospite, prima di richiamare
la sua
attenzione. «Lena,
c'è Shinei Nouzen-sama alla porta per te. Posso farlo
entrare?»
La giovane
Milizé sospirò sconfitta. A nulla era valso
saltare la colazione, se il nipote
dello shogun si presentava nel suo appartamento per vederla di
proposito. Non
poteva certo rifiutare la sua visita, era pur sempre parente prossimo
di chi li
ospitava, e benché volesse evitare di rivivere la vergogna
della notte
precedente, la parte più egoista e masochista di lei voleva
vederlo l'ultima
volta prima di andarsene da Edo. Il solo pensiero bastò
perché qualcosa nel suo
petto si incrinasse, e si rese conto che per la prima volta non sarebbe tornata a casa
felice come sempre
di riprendere la propria vita da dove l’aveva lasciata.
Era bastato
un giorno, un giorno soltanto, perché la sua esistenza e
tutti i suoi interessi
si capovolgessero, come se delle mani giganti di Atlante avessero
afferrato la
terra per i suoi emisferi e l'avessero strattonata avanti e indietro
furiosamente. Questo era l'effetto che aveva avuto sulla sua vita nel
giro di ventiquattr’ore
tutto era cambiato, ma allo stesso tempo tutto era rimasto identico.
Sarebbe
partita, e solo Amaterasū poteva sapere
che cosa sarebbe successo.
Lei
probabilmente si sarebbe sposata,
Shin pure, e sarebbe diventato lo shogun migliore di cui la storia
giapponese
avrebbe mai potuto parlare.
«Fallo
entrare.» si arrese a quella
che era la volontà del suo cuore. Quel dannato muscolo
involontario non
riusciva a smettere di palpitare così forte nel suo petto
tanto da farle male.
Perché doveva prendersi una cotta del genere per la persona
che non poteva
avere? Era sì figlia di un daimyo, ed era ricca, ma non era
abbastanza nobile
perché potesse risultare un'ottima candidata per diventare
sua moglie e doveva
farsene una ragione.
Per quello avevo
accettato di vederlo.
Per potergli dire addio un'ultima volta nella mia testa, e poterlo
salutare
come un'amica, anche se di tempo per diventarlo non ne avevano avuto.
«Buongiorno
Lena.» la salutò così
sedendosi al suo fianco.
«Buongiorno
Shin.»
«A
colazione tua madre mi hai detto
che non stavi tanto bene, per questo hai preferito rimanere nei tuoi
appartamenti per riprenderti prima di partire. Stai tanto
male?» ai suoi occhi
stanchi sembrava così preoccupato per lei, ma immagino che
fosse semplice
preoccupazione data dal fatto che in quel momento si trovava al
castello con
loro e si sentiva in qualche modo responsabile per lei.
«No,
è solo un forte mal di testa,
dato dal fatto che ieri notte non ho dormito granché. E tu?
Sei riuscito ad
addormentarti?»
«A
dire la verità no.» lui le
confessò, spiazzandola poi con la frase successiva:
«Ho passato tutta la notte
a chiedermi quale delle mie parole ti è risultata
così tanto sgradita da
scappare via.»
Lena si
sentì tremendamente in colpa
nei suoi confronti, se ne vergognava immensamente. «Non
è per colpa tua Shin,
anzi. Sei stato così gentile e disponibile con me, e non
è certo colpa tua del
perché io sia fuggita.»
«E
allora perché Lena?» Shin era
disperato, e le parole si riversarono tra loro come un fiume in piena.
«Perché
mi hai lasciato lì da solo quando io avrei voluto passare
tutta la notte lì con
te?»
«Co-cosa?»
La giovane
Milizé era rimasto senza
fiato davanti a quella confessione aggressiva ma allo stesso tempo
così dolce.
Non se lo sarebbe mai aspettata, eppure gliel'aveva detto non poteva
sognarsi
parole del genere parole che nei suoi sogni più reconditi
avrebbe tanto voluto
sentire pronunciare da quelle labbra così sagge e belle.
«Lena.»
Shin le prese una mano
d'impulso, portandosela al petto. «Io non voglio che tu te ne
vada, almeno, non
con delle questioni in sospeso tra noi. Ieri quando mi hai parlato del
ragazzo
che ti interessava ho reagito in quel modo perché ero
geloso. Insomma, è la
prima volta che incontro una ragazza così... così te.»
«Così…me?»
«Sì.
Così bella, così leggiadra ed affascinante,
così colta, così spiritosa, con la quale
è così facile parlare. E non è vero
che ieri ti ho trovata per caso ad osservare il cielo, bensì
ti avevo inseguita
e sono rimasto lì ad ascoltarti fin quando non ti sei
bloccata.»
«Davvero?»
Il tono di voce di Lena
grondava lacrime di emozione. Lei si schiarì la voce,
prendendo coraggio. «E
saresti ancora geloso se ti dicessi che il ragazzo che mi interessa
conoscere
sei tu?»
Non fu
necessaria una risposta, perché
a Lena bastò sorriso radioso di Shin. Il suo volto che fino
a quel momento era
cupo aveva ripreso una tale luce da essere contagiosa, e lei prese quel
momento
e se lo mise nel cuore per conservarlo il più a lungo
possibile.
«Quindi…
potrò venirti a trovare?» Il tono
dell’erede dei Tokugawa si era fatto speranzoso,
mentre stringeva ancora la mano tra le sue.
Lena gli
sorrise, radiosa come non mai. «Quando vorrai,
sarò la ad aspettarti
con ansia. Solo, non farmi aspettare troppo.»
[To be
continued…]